mercoledì 6 maggio 2009

LA CRISI LA PAGHINO BANCHE E PADRONI NON I LAVORATORI!


La crisi del sistema capitalistico coinvolge tutti i paesi con effetti sociali e occupazionali devastanti; si prevede che il PIL mondiale (la ricchezza prodotta nel 2009) conoscerà, per la prima volta dal 1945, un segno negativo,-1%. E per l’Italia sarà anche peggio: -4% un dato drammatico che significa centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno. Una realtà assai lontana dalla propaganda del governo.
Centomila posti infatti sono già stati persi in Piemonte nell’ultimo anno; molte aziende minacciano di chiudere, altre migliaia di posti a rischio, decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione con redditi miserevoli, quando già i salari normali non permettono di arrivare alla fine del mese.

Chi paga la crisi?
Confindustria e Governo, in piena concordia, vogliono farla pagare ai lavoratori, ai precari, alle donne, ai migranti. Non certo a banche e imprese. E anche l’intervento pubblico viene attivato per garantire gli azionisti privati dalla perdita di capitale e dei profitti a cui erano abituati. Infatti gli Stati continuano a rovesciare miliardi di euro su banche e imprese, a sostegno delle rendite finanziarie e dei profitti, cioè su tutti quelli che sono i responsabili della crisi.
Non un soldo è stato tirato fuori per salvaguardare i salari, le pensioni, i posti di lavoro.

Di fronte alla crisi globale serve l’unità di tutte le lavoratrici e i lavoratori per far pagare la crisi a coloro che l'hanno provocata, banche e padroni.
Per questo serve una mobilitazione sociale per un programma d'urgenza che preveda:
o il salario minimo e il salario sociale per i periodi di non lavoro,
o il divieto dei licenziamenti,
o la nazionalizzazione delle banche e delle imprese che licenziano,
o una patrimoniale che colpisca le grandi fortune
o un intervento pubblico massiccio, orientato alla difesa del lavoro e nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali.

Nei mesi scorsi Sinistra Critica ha raccolto le firme per una legge popolare sul salario che prevede un salario minimo di 1300 euro, un salario sociale di 1000 euro per i periodi di non lavoro e per la cig a zero ore, la pensione minima a 1000 euro la reintroduzione della scala mobile. Abbiamo raccolto 70 mila firme ed oggi, questa legge è la prima legge di sinistra arrivata in parlamento. Ringraziamo tutte e tutti coloro che l’hanno firmata e sostenuta.

Oggi vogliamo difendere questi contenuti sociali e di alternativa anche nelle elezioni provinciali, con una nostra lista che è composta, non di imprenditori, funzionari politici, affaristi, ma di lavoratori e lavoratrici di piccole e grandi fabbriche, impiegati, insegnanti, pensionati, giovani precari, cioè tutti coloro su cui grava il peso della crisi.
Battiamoci per questi contenuti sociali per costruire una vera alternativa alla crisi capitalistica.

Nessun commento: