sabato 30 gennaio 2010

IL CAPITALISMO SPIEGATO AI BAMBINI ...da Marchionne e in soli 5 capitoli


L’amministratore delegato della Fiat Marchionne, con pochi e qualificati atti, ha spiegato in modo semplice, comprensibile a tutti, quale sia la natura del capitalismo.

Atto primo

Va negli Stati Uniti e si impadronisce della grande casa automobilistica Chrysler (in crisi) senza tirar fuori un soldo: pagano il governo americano (miliardi di dollari) e i lavoratori che perdono diritti e salari e che subiscono la chiusura di diversi stabilimenti produttivi.

Atto secondo

Sempre dagli Stati Uniti Marchionne annuncia che Termini Imprese sarà senz’altra chiusa perché non è redditizia. La Fiat, come tutte le aziende, deve fare soldi, non è un’opera pia; gli dispiace per i lavoratori che restano a casa, ma alle questioni sociali e a questi ultimi ci deve pensare lo Stato….

C’è da chiedersi, ma allora perché tenersi le imprese private se servono solo ad arricchire i soliti noti e a sfruttare i lavoratori usa e getta?

Atto terzo

La Fiat, nonostante un anno di gravissima crisi economica e la chiusura dei conti in rosso, distribuisce cospicui dividendi (237 milioni) ai suoi azionisti grazie al fatto che ha incassato milioni di euro con i soldi pubblici della rottamazione. Facile guadagnare coi soldi regalati dello stato e dei suoi contribuenti!

Atto quarto

Marchionne annuncia che 30 mila lavoratori Fiat saranno messi in cassa integrazione per 15 giorni, perché il mercato a gennaio ha subito una forte contrazione. Per garantire i profitti futuri i lavoratori devono ancora una volta subire una ulteriore riduzione dei loro già modestissimi salari, senza per altro avere alcuna garanzia sul futuro occupazionale.

Atto quinto

Mentre negli stabilimenti più a rischio di chiusura si moltiplicano le iniziative anche drammatiche di lotta, là dove si lavora e quando si lavora (vedi carrozzerie di Mirafiori) l’azienda impone ritmi e carichi di lavoro sempre più intensi e pesanti, lo sfruttamento selvaggio. Per questo oggi (27 gennaio) le lavoratrici e i lavoratori delle carrozzerie hanno realizzato con successo uno sciopero di 4 ore.

Questo sistema economico e sociale che sfrutta senza pietà la classe lavoratrice, che crea milioni di disoccupati e una precarietà dilagante, che taglia la spesa sociale e che usa le risorse dello stato per garantire i profitti ai privati e socializzare le perdite, non è accettabile.

LE NOSTRE VITE VALGONO PIÙ DEI LORO PROFITTI!

Sosteniamo lo sciopero del 3 febbraio delle lavoratrici e dei lavoratori della Fiat

Stagione di sgomberi


Dalla casa occupata Boccia squat di Torino, fino ad Ischia e Pianura. Demolizioni, sgomberi e scontri con la polizia che denotano la totale indifferenza rispetto all'emergenza casa di molte famiglie.


Marzia Matarese
È stagione di sgomberi in Italia. Dopo l'episodio dello Zetalab di Palermo, sgomberato violentemente il 19 Gennaio e rioccupato il 24, è il turno di altre città. Nella mattinata di ieri è toccato a Torino, dove le forze dell'ordine sono intervenute militarizzando la zona e procedendo con lo sgombero della casa occupata “Boccia Squat”, quattro le persone denunciate per occupazione. Già precedentemente erano state colpite altre occupazioni torinesi: l'8 gennaio l'”Ostilè e il 25 il “Velenà”. Anche in Campania la tensione è alta. Ad Ischia, in seguito a manifestazioni contro l'abbattimento di case di necessità, nella notte la rabbia degli isolani è esplosa, sfociando nello scontro con le forze di polizia (il video degli scontri http://www.ischiablog.it/index.php/attualita-e-notizie/scontri-contro-la... ) per impedire la demolizione di un edificio a Casamicciola, comune dell'isola, in cui abitava una famiglia. Sempre nel napoletano un episodio simile si è svolto a Pianura, quartiere periferico della città, dove in via Torciolano si sono verificate tensioni con la polizia in seguito allo sgombero di un edificio da abbattere. Arrestato un uomo che salito sul tetto ha lanciato pietre sulla polizia. A corollario di ciò la totale indifferenza delle istituzioni campane riguardo le necessità abitative della popolazione, infatti già da tempo si susseguono casi di occupazioni a scopo abitativo in assenza di politiche adeguate. Dire poi che le demolizioni sono un provvedimento necessario per dare un segnale forte contro la cemento connection dei clan camorristici e combattere l'abusivismo, significa non voler considerare il modo in cui viene gestito il patrimonio immobiliare pubblico. Basti pensare allo scandalo Global Service Campania in cui si vide coinvolta la Romeo s.p.a., che aveva, tra le varie cose, in gestione la manutenzione delle case popolari del Comune di Napoli, tra cui molte situate nel quartiere di Pianura.

martedì 26 gennaio 2010

«E' ora di un coordinamento nazionale contro la crisi», report dell'Assemblea delle fabbriche in crisi del 23 gennaio


Da ilmegafonoquotidiano.it


Buon risultato della prima riunione nazionale di fabbriche in lotta per difendere il lavoro. Tra le proposte: la costituzione di un vero raccordo nazionale, la realizzazione di una vera assemblea entro tre mesi, coordinamenti territoriali. E una scadenza: in piazza il primo marzo accanto agli immigrati
che. ant.

Mettere in collegamento le lotte, aprire un confronto, stabilire relazioni, far pagare la crisi ai padroni. Battersi, insomma, per il blocco dei licenziamenti, l’aumento del salario, la riduzione dell’orario, la requisizione delle aziende e il vincolo industriale delle aree.
«A Milano stiamo cercando di attivare una generazione di lavoratori disabituati da quasi vent’anni di concertazione ma è assurdo che non ci sia ancora stato un vero sciopero generale dalla proclamazione di questa crisi», ha detto Massimiliano Murgo, delegato Rsu della Marcegaglia alla riunione di stamattina in una Casa del popolo romana, nel quartiere Trionfale, dove sono confluiti un centinaio di lavoratori di fabbriche in crisi per abbozzare una piattaforma e un’agenda da mettere in comune. Ne è venuta fuori dopo cinque ore di dibattito una risoluzione che lancia la proposta di un coordinamento nazionale, dell’estensione dei coordinamenti territoriali e di un’assemblea di tutti entro tre mesi. Naturalmente saranno tutti in piazza il primo marzo coi lavoratori immigrati.
S’è trattato di un primo appuntamento, scaturito da un appello preparato dai coordinamenti milanese e piceno e subito sottoscritto da realtà analoghe del Friuli, del trevigiano, di Livorno, del gruppo Fiat, della Sardegna, dall’assemblea autoconvocata di Roma, per «ricostruire, il più velocemente possibile, un’unità sempre maggiore della classe lavoratrice a prescindere dal comparto lavorativo, dall’appartenenza sindacale, dalla nazionalità, ecc».
Da qui la proposta: «Riteniamo quindi che per rafforzare queste reti nate dal basso, per costruire legami unitari ancora più grandi e incisivi, per stimolare la costruzione di coordinamenti in ogni distretto produttivo, sia necessario organizzare un momento di confronto diretto e autoconvocato tra tutte queste realtà di lotta contro la crisi per tentare di costruire un coordinamento nazionale».
Se il padronato utilizza la crisi per riscrivere i rapporti di forza, l’autonomia dei lavoratori deve servire a sottrarsi dalla tendenza concertativa a farsi carico delle ristrutturazioni ma «unificare le lotte, farle uscire dall’isolamento», ha detto, in apertura, il dipendente della leader confindustriale, raccontando l’esperienza milanese di coordinamento e l’urgenza di uno strumento nazionale. Via via hanno preso parola molti dei convenuti riferendo sia di mobilitazioni emblematiche - dalla Agile alla Maflow - sia di esperienze di collegamento territoriale. Quella friulana, restituita da Alessandro Perrone della Eaton, è nata davanti al presidio della Safilo quando è iniziata la convergenza di altre aziende in crisi. E ora il coordinamento sta svolgendo un ruolo importante tra i lavoratori dell’indotto Fincantieri di Monfalcone. «Il 10% della popolazione del Friuli è dato dai 50mila lavoratori in mobilità, cassa integrazione o disoccupati», dice Perrone. In ogni storia emerge il rapporto difficile con i sindacati, sebbene tutti gli intervenuti abbiano una delega o una tessera Fiom, Cgil o dei sindacati di base: «Non è possibile - aggiunge Perrone - che il sindacato pensi che il suo lavoro finisca con la firma della cassa integrazione».
«E’ stata un’iniziativa utile per la modalità con cui è stata costruita - commenta per Sinistra critica Gigi Malabarba - che va oltre le specifiche appartenenze e può costituire un punto di riferimento per chi vuole superare la frammentazione delle lotte e delle sigle per favorire una dinamica positiva dal basso, per rendere le mobilitazioni in sintonia con l’esigenza di riunificazione. L’omogeneità delle esperienze in corso ha favorito l’individuazione di una piattaforma: contro i licenziamenti, per il salario sociale ecc... Buona l’accoglienza della proposta della Rete europea della marce per una scadenza a Bruxelles il 17 ottobre per contestare l’Ue, la migliore amica del liberismo, che ha proclamato il 2010 anno contro la disoccupazione e la povertà».

Il documento finale
La crisi del capitalismo sta estromettendo dalle aziende migliaia di lavoratori e lavoratrici, dimostrando che tutti i settori vengono toccati da essa. è un fatto ormai evidente che i lavoratori, precari, disoccupati, studenti, stanno direttamente pagando le conseguenze di questa crisi strutturale, internazionale del capitalismo.
La chiusura di stabilimenti, delocalizzazione delle produzioni, licenziamenti dei precari, ristrutturazioine della scuola e conseguente indebolimento e peggioramento qualitativo del sistema di formazione, aumenta e intensifica lo sfruttamento. Quanto sta succedendo ci pone come lavoratrici e lavoratori di fronte a delle scelte da condividere in modo trasversale a prescindere dalla sigle sindacali di appartenenza e non. Siamo di fronte ad un attacco che spinge tanti lavoratori ad iniziative di lotta mai viste prima per ribadire la volontà di resistere a questo attacco.
Assistiamo a forme di lotta che vanno al di là della proclamazione di scioperi e dell'occupazione di fabbriche esponendo i lavoratori personalmente senza le giuste tutele che li dovrebbero salvaguardare. L'esempio della INNSE è una battaglia vinta che ha ridato nuove energie a tutti noi per riorganizzare la resistenza nel paese.
Si rende dunque necessario creare una vera forma di solidarietà e partecipazione fra tutte le lotte dei lavoratori.
Per tanto l'assemblea dei coordinamenti e dei delegati delle fabbriche in lotta del 23 gennaio propone:

- La costruzione di un coordinamento stabile nazionale di tutte le realtà di lavoro in lotta.
- La costruzione, laddove non esistono ancora, di coordinamenti territoriali.
- La formazione di un network informatico che garanticasca un'informazione puntuale da tutti i nodi territoriali
- La costruzione di mobilitazioni generali territoriali e nazionali unificanti per tutte le lotte
- Promuoviamo la partecipazione a tutte le iniziative che si svolgeranno nella giornata del primo marzo a sostegno dei lavoratori migranti.
- Seguiamo le proposte e le dinamiche di costruzione di mobilitazioni contro la precarietà e la disoccupazione a
livello internazionale

Proponiamo di organizzare entro i prossimi tre mesi una assemblea nazionale più ampia per coinvolgere più realtà di lavoratori in lotta e verificare l'avanzamento delle proposte lanciate nella riunione odierna.
Da qui è importante e fondamentale costruire un movimento vero di lavoratori uniti contro la crisi che rimetta al
centro la ripresa di una coscenza di classe capace di contrastare i licenziamenti, le speculazioni e le ristrutturazioni padronali, e che metta in discussione gli attuali rapporti di forza nella società.
FACCIAMO PAGARE DAVVERO LA CRISI AI PADRONI!
Roma 23 gennaio 2010

lunedì 25 gennaio 2010

LA MAFIA RISPONDE ALLA GRANDE MANIFESTAZIONE DI SUSA



Ieri a Susa oltre 40.000 (si, proprio quarantamila) cittadini hanno sfilato pacificamente per confermare la loro contrarietà alla nuova linea TAV-TAC Torino-Lyon e ai sondaggi previsti.
Insieme a loro numerosi sindaci, moltissimi amministratori e tutta la Comunità Montana. con alla testa il suo Presidente.
Contemporaneamente a Hendaye, nei Pirenei francesi, 50.000 francesi e spagnoli dimostravano con le stesse motivazioni l’opposizione a quella tratta del “Corridoio 5”.
E’ stata redatta una DICHIARAZIONE COMUNE tra i movimenti NOTAV di Italia, Francia e Spagna che chiede alla Comunità Europea di rivedere le politiche faraoniche sulle grandi infrastrutture trasportistiche e ai tre governi una sospensione delle attività ad esse legate.
Come risposta a questa grandissima giornata che ha dimostrato che gli oppositori al TAV sono sempre tantissimi e determinati, nonostante le moine dell’ Osservatorio del signor Virano e il Piano Strategico della Provincia del signor Saitta, questa notte è stato incendiato il Presidio NOTAV di Borgone.
QUESTA VOLTA GLI ATTENTATORI HANNO LASCIATO LA FIRMA : “SI TAV”
ANCHE QUESTA VOLTA, COME LA SETTIMANA SCORSA QUANDO E’ STATO INCENDIATO IL PRESIDIO DI BRUZOLO, SONO VENUTI AL BUIO
COSI’ COME AL BUIO VENGONO LE TRIVELLE SCORTATE DA INGENTI FORZE DI POLIZIA
STESSO METODO, STESSI MANDANTI: IL PARTITO DEL MALAFFARE, BIPARTISAN NELLA SPARTIZIONE DEL DENARO PUBBLICO, E LA MAFIA, MAGARI CON IL CONTRIBUTO DEI SOLITI SERVIZI SEGRETI “DEVIATI”
STAMATTINA AL LINGOTTO QUESTI PERSONAGGI SI TROVERANNO INSIEME, MA SAPPIANO CHE LA DETERMINAZIONE DELLA VALLE DI SUSA CONTRO IL TAV ESCE RAFFORZATA DA QUESTI ATTI CRIMINALI.
STAMATTINA ALLE 10,00 ASSEMBLEA POPOLARE AL PRESIDIO DI BORGONE
NO TAV, NO MAFIA
I comitati NOTAV Valle di Susa, Val Sangone, Torino e cintura
Susa, 24 gennaio 2010

domenica 17 gennaio 2010

NoTav, il movimento si rifà vivo






Dopo un'assemblea all'Università di Torino si moltiplicano i presìdi davanti ai sondaggi dei terreni. Sabato ci sarà una marcia. Intanto Chiamparino avvia un'iniziativa "bipartisan", insieme alla Lega, per mettere in sicurrezza i lavori


di Emiliano Viti
Con una assemblea all'Università di Torino il 13 Gennaio con oltre 250 partecipanti e la nascita di nuovi presidi in Val di Susa, il movimento No Tav sta dimostrando che non è al capolinea, come tante testate nazionali hanno annunciato all'indomani dell'inizio dei sondaggi. Ad oggi, oltre a Susa dove un presidio è stato attivo da subito nella mattinata del 12, ci sono presidi cittadini nei Comuni di Rivoli, Villarbasse, Rivalta di Torino, Orbassano, Bruino, Sangano, Trana, Coazze, Valgioie e Giaveno. Sabato 16 alle ore 14:30, a Torino, invece è stata lanciata una marcia sui luoghi dei sondaggi. Inoltre a Vicenza i No Dal Molin hanno inscenato una protesta in solidarietà coi presidi No Tav e si sono detti pronti a partire per sostenere attivamente chi sta resistendo a questo ennesimo scempio ambientale. Mancano una quindicina di giorni per dimostrare all'Ue che il tracciato della Torino-Lione sia definito, altrimenti il finanziamento di 670 milioni di euro in ballo potrebbe saltare. Non a caso i più nervosi in queste giornate sono proprio coloro che da sempre hanno sostenuto il progetto della Tav. Chiamparino, sindaco di Torino in odore di candidatura come capolista per il Pd alle prossime Regionali, ha lanciato insieme al deputato Pdl On.Napoli, una iniziativa bipartisan a sostegno della Tav per sabato 24 Gennaio. Luogo dell'iniziativa: il Lingotto di Torino. Parteciperanno sia gli Enti locali, ovvero Regione Piemonte e Provincia di Torino che Confindustria. Obiettivo dell'iniziativa, in base a quanto affermato dal Sindaco Chiamparino, trovare un accordo trasversale, un impegno comune dei due candidati alla Regione Piemonte, Bresso (Pd) e Cota (Lega), in modo che chiunque vinca, abbia come priorità la realizzazione della Torino-Lione.
I vari comitati dai presidi invece ribadiscono, «La Tav è l'icona contemporanea dello spreco economico ed energetico, di un modello di sviluppo che respingiamo, consci di agire in difesa del nostro territorio e di tutti i cittadini italiani ed europei che rischiano di essere depredati delle loro
risorse».

TORINO - SABATO 16 GENNAIO 2010: MARCIA NO-TAV, NO-SONDAGGI LUNGO CORSO MARCHE
La marcia, cui hanno partecipato quasi 4.000 persone, ha simbolicamente visitato i siti dei previsti sondaggi G24, G25, G27.



Sarà Dura.

mercoledì 13 gennaio 2010

IL CLIMA CAMBIA,CAMBIAMO IL CLIMA


Cosa fare dopo il fallimento del vertice di Copenaghen?

In Italia bastano due giorni di pioggia per creare frane ed alluvioni; solo allora i governi sembrano accorgersi dei cambiamenti climatici, per dare al riscaldamento del pianeta la colpa di boschi estirpati, letti dei fiumi non ripuliti, argini non rafforzati. E non si parla delle mille Piccole opere di cui il nostro paese avrebbe bisogno, al posto delle Grandi opere, inutili e devastanti. Come la TAV, ostinatamente riproposta in questi giorni dal centrosinistra e dal centrodestra.
Se passiamo ad un'orizzonte più ampio dell'Italia, anche nel recente summit di Copenaghen le maggiori potenze economiche hanno miseramente fallito e sono state incapaci di proporre soluzioni credibili a quei problemi ecologici mondiali che ormai sono sotto gli occhi di tutti. Il capitalismo si è dimostrato incapace nelle questioni ambientali, come prima in quelle finanziarie, di accettare alcun limite e regolazione dello suo strapotere, anche a costo di far saltare il pianeta.
Come ha scritto Daniel Tanuro dal vertice di Copenaghen, ormai la lotta per un trattato internazionale ecologicamente e socialmente efficace si giocherà nelle strade – piuttosto che nei corridoi dei vertici - e sarà una battaglia sociale più che un dibattito tra esperti.
La politica e la scienza dovranno tornare al posto di comando sull'economia, ma ci riusciranno solo se, partendo da giusti principi, sapranno comunque farsi consapevolezza, organizzazione e forza popolare.

Per parlare di queste cose vi invitiamo

Venerdì 15 Gennaio alle ore 21
nella sala della Circoscrizione 7
Corso Belgio 91


Introduce Giorgio Carlin, comm. Ambiente di Sinistra Critica torinese
interverranno:

Gianna De Masi di Arcipelago Ecologista
Elena Sargiotto di Attac Torino e del Comitato Acqua Pubblica Torino
Antonella Visintin di Legambiente Ecopolis
Giorgio Gardiol, giornalista ed ex senatore
Mino Marchetti, presidente di Magna Carta e delegato piemontese del CNP
un attivista di No More Cop di ritorno da Copenaghen
Dario Ortolano della segreteria provinciale di Sinistra Critica

Sinistra Critica – Piemonte

martedì 12 gennaio 2010

“UNIONE SACRA” CONTRO LA VAL SUSA


Sinistra Critica del Piemonte e nazionale esprimono la loro piena solidarietà e sostegno alle ragioni e obbiettivi della popolazione della Val Susa e del movimento no Tav che in questi giorni si stanno battendo con coraggio e determinazione, più che mai uniti, per difendere il loro territorio e l’ambiente dall’assalto predatorio delle forze padronali, cementificatori e costruttori che hanno nel progetto Tav un’occasione d’oro per fare profitti a spese degli interessi della comunità e dello stato.

Dietro di loro si è formata una vera e propria “unione sacra” che lega, come un sol uomo, centrodestra e centrosinistra piemontesi e nazionali, giornali nazionali e locali, tutte le forze imprenditoriali, e naturalmente il governo del centro destra, una vergognosa “unione sacra” che vuole a tutti i costi mandare avanti un progetto insensato e distruttivo del territorio, del tutto inutile e dannoso come razionalmente in questi anni il movimento valsusino ha dimostrato davanti all’opinione pubblica.

Proprio per questi i giornali e le forze politiche hanno scatenato una vergognosa campagna di stampa, cercando in ogni modo di realizzare quello che da molto tempo non sono riusciti a fare: screditare e isolare il movimento e le legittime rappresentanze istituzionali schierate al loro fianco. L’osservatorio tecnico è diventato apertamente il luogo dove studiare come fare il tav e quindi aperto solo a quei comuni che si dichiarano sostenitori della Grande opera.

Ma ancor più grave è che questa situazione ha permesso il dispiegamento da parte del governo delle forze di polizia, strumento di intimidazione preventiva immediata e di possibile repressione diretta.

Sinistra critica appoggia fattivamente il blocco dei sondaggi, la cartina di tornasole usata dall’ “unione sacra” per ottenere i finanziamenti europei. Sinistra Critica fa, inoltre, appello alla più ampia unità delle forze politiche e sociali, che vogliono difendere gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, l’ambiente e il territorio dagli interessi delle lobby capitaliste e dai loro rappresentanti politici, per costruire un vasto movimento di solidarietà e resistenza in tutta la regione e il paese

Fa appello alle altre forze della sinistra, che anche in queste settimane hanno mostrato subordinazione e sudditanza ai partiti del centro sinistra, di avere il coraggio di rompere con questi e di partecipare alla costruzione di uno schieramento politico alternativo all’”unione sacra”.

Le ragioni dell’ambiente e del territorio devono valere più dei loro profitti. NO TAV!

SINISTRA CRITICA

domenica 10 gennaio 2010

La verità di Rosarno


Che i migranti fossero i primi a pagare la crisi era cosa nota, ma a Rosarno gli si chiede anche il resto. Condizioni di vita disumane, salari da fame non corrisposti, la puliza etnica e la deportazione di massa. L'odio esplode nell'Italia dell'apartheid di Stato


di Nina Ferrante
Arriviamo nelle prime ore del giorno e ad accoglierci in lontananza spari, a ricordare, come una minaccia, quell'ordine che per qualche ora è stato sovvertito a Rosarno. Le storie che raccontano quegli uomini corrispondono più o meno alla cronaca di questi giorni, ma la verità puzza di gomme bruciate e di stalla. Il resoconto di quanto accaduto è noto: sei immigrati sono stati colpiti con armi da fuoco mentre tornavano dai campi. Questa non è una novità. Molti di quelli che lavorano qui hanno memoria di episodi del genere negli anni passati, possono farne una lunga lista mentre continuano a chiedere se il colore della pelle può essere un buon motivo per prendersi un colpo di fucile. Ma il razzismo non è solo odio per il colore della pelle, la verità sta nei campi, nei pochi frutti rimasti ormai troppo maturi sugli alberi di una stagione di raccolta ormai agli sgoccioli. Stagione di miseria, di mesi interi in condizioni disumane e rare giornate di lavoro non ancora pagate. È accaduto così anche gli altri anni; le minacce cominciavano alla fine del raccolto, intimorire, mettere in fuga prima che tutte le “giornate” siano riscosse. Valore delle parole e del tempo per un bracciante in nero: “giornata” è un unità di misura non di 24 ore, ma di 25 euro, stagione non è caldo e freddo, piogge e sereno, autunno e primavera. Le stagioni hanno il nome di ciò che si raccoglie, qui a Gioia, si chiama arance e mandarini. Una stagione è composta da diversi mesi di sveglie all'alba a sperare di esser chiamato per faticare e da rari giorni li lavoro effettivo, pagati molto spesso, o non pagati altrettanto,a fine mese. E questa potrebbe anche essere un'usualità nelle terre di 'ndrangheta, dove l'economia gira anche con la paura.
Quest'anno però le cose sono andate diversamente. Le condizioni di vita nettamente peggiorate e le giornate di lavoro nettamente diminuite, un pò per la crisi che affronta anche il settore agricolo, ma anche perché proprio per la crisi quest'anno c'erano molta più forza lavoro disponibile. La maggior parte di questi lavoratori provenivano dalle fabbriche del nord, a Torino Piacenza Padova erano stati i primi a pagare la crisi, e qui a Rosarno gli si chiedeva anche il resto. Ciò che realmente è cambiata quest'anno è la reazione, il furore la rabbia e l'indisponibilità a subire ancora l'ennesima. Queste non sono congetture e ricostruzioni, questa è al verità raccontata, urlata a Rosarno, che solo una sacrosanta esplosione di rabbia ha reso visibile al paese intero. Questa la verità che puzza peggio di una stalla, delle fabbriche dismesse, di persone che dormono stipati fin dentro i silos e le cisterne, senza niente, perfino l'acqua, in cui condizioni igieniche sono termini radical chic, in cui non c'è nulla di umano. Sommato a tutto ciò le condizioni di lavoro, Auschwitz non è un paragone esagerato. È la verità che sbattono in faccia i lavoratori di Rosarno, la stessa di Castelvolturno, San Nicola Varco e dei campi in Puglia.
Abbiamo poi percorso appena trecento metri alla ricerca dell'altra verità, quella che puzza della gomma bruciata al presidio contro gli immigrati, tutta da ricostruire fatta di controllo del territorio, di 'ndirne e inceneritore, che non va urlata, ma praticata con fucili e bastoni dai penultimi sugli ultimi. Vivere nella Piana di Gioia Tauro non è facile per nessuno, dove il diritto è favore e il pane per molti è il sussidio per la disoccupazione nel settore agricolo. Questo l'ordine insovvertibile che questi uomini devono immediatamente ristabilire con una reazione esemplare. Raggiungere fin l'ultimo nero per infliggergli con pallini e bastoni la lezione per tutti, e dimostrare che a Rosarno tutto è calmo, tutto sotto controllo. È così che ci siamo ritrovati a girare per casolari dove vivevano altri immigrati, dove abbiamo assistito alle minacce e le aggressioni che sarebbero continuate finchè l'ultimo africano non avesse lasciato la Piana ed effettivamente gli spari, i pestaggi e gli incendi sono continuati per tutto il giorno.
E dove non arrivano le ronde di pochi Rosarnesi, arriva in grande stile lo Stato con il migliore dispiegamento di forze. Migliaia di immigrati, molti dei quali con regolare permesso di soggiorno e molti altri rifugiati, sono stati condotti i pochissime ore verso Crotone dove qualcuno ha scelto di rimanere nel CPA e altri sono partiti coi treni e altri mezzi di fortuna per una nuova odissea. Decine di autobus, riempiti fino all'ultimo posto da persone la cui totalità degli averi era al massimo uno zainetto. Lo sforzo massimo di mediazione culturale durante l'operazione condotta dalle stesse forze dell'ordine era il continuo “camòn lezgò” di un poliziotto che dava sfoggio delle lingue davnti alle telecamere. Abbiamo visto partire senza meta, scortate, stipate all'inversomile, auto che non avremmo scommesso neanche che potessero partire.
La pulizia etnica e la deportazione di massa fatta coi mezzi della polizia e dei carabinieri è proprio la lezione che Maroni e questo Governo danno a chi per poche ore sovverte l'ordine dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, della totale assenza di diritti per una parte della popolazione, dell'apartheid di Stato.

sabato 9 gennaio 2010

Regionali, Sinistra Critica: Basta con il Pd, la sinistra presenti liste alternative


Serve una risposta anticapitalista e ecologista alla crisi e al razzismo

Il disastro del centrosinistra in relazione alle prossime Regionali è sotto gli occhi di tutti. Non solo dal punto di vista amministrativo e di governo le Regioni del Pd lasciano un'eredità negativa ma anche dal punto di vista della politica e delle prospettive immediate i comportamenti di quel partito danno ragione a chi sostiene, da molto tempo, l'impossibilità di alleanze di governo con il Pd.
Il caso della Puglia o del Lazio, nella loro opacità e tatticismo, sono emblematici, così come il bilancio di governo di tante altre regioni, come la Campania, la Calabria, il Piemonte, la Toscana, l'Emilia, la Liguria, l'Umbria, in cui, con politiche antipopolari e antiecologiche, si è contribuito a spianare la strada alla destra.
Anche per questo crediamo che ci sia l’esigenza di costruire alle prossime Regionali, liste anticapitaliste e ecologiste attorno a tre caratteristiche: alternativa al centrodestra ma anche al centrosinistra; rinnovamento del personale politico e dei simboli; apertura reale ai movimento e ai conflitti sociali. O con il Pd o con le ragioni di un'alternativa possibile per quanto tutta da costruire.
Siamo disposti a partecipare alla costruzione di queste liste con chiunque si renda disponibile e pensiamo che nell'attuale crisi italiana, l'esplicitazione di un punto di vista alternativo, di classe, ecologista, femminista, antirazzista possa costituire un contributo vitale a una nuova prospettiva. Sta a tutte le altre forze della sinistra implicate in questa dinamica dire da che parte stare.

Flavia D'Angeli, Piero Maestri, portavoce nazionali di Sinistra Critica

Regionali, la scomparsa della sinistra

Accade a sinistra
Maltrattata, messa da parte, subordinata alle scelte che Pd e Udc prendono in altre stanze ha solo una possibilità per riemergere: lasciare il Pd al suo destino, presentare liste omogenee in tutta Italia alternative a centrodestra e centrosinistra. E provare così a risorgere



di Salvatore Cannavò [ www.ilmegafonoquotidiano.it ]

Tutto qui? Il meglio che ci possa capitare è dunque Emma Bonino o Nichi Vendola? E' questa la bandiera che la sinistra variamente organizzata è in grado di presentare e offire alle prossime elezioni Regionali? E' chiaro che lo smottamento e la destrutturazione del concetto stesso di sinistra sono piena fase avanzata.
La situazione rischia di essere comica. Intanto per lo spettacolo che il Pd ha offerto di sé al Paese e ai suoi elettori. L'eterna oscillazione, l'eterna sindrome morettiana (quello di Palombella Rossa) del "fare finta di tirare a destra per poi tirare a sinistra" con il portiere avversario che para; l'eterno opportunismo e burocratismo pallido. Come nelle primarie. Prima vengono esaltate e mitizzate come lavacro democratico e palingenesi della politica. Poi, quando davvero servono, in Puglia nell'affaire Vendola, nel Lazio, oppure in Umbria dove si fanno la guerra veltroniani e dalemiani, vengono scansate come un ingombro. Da non credere. La comica diventa drammatica e si avvia a trasformarsi in tragedia all'uscita del responso elettorale.
Ma il problema più grave riguarda la cosiddetta sinistra. Che, a parte il caso Vendola (ma come finirà?) non tocca palla. Non viene consultata nella scelta delle candidature commentandole il giorno dopo, ripagata così nel peggiore dei modi nella sua totale subordinazione alle scelte Pd. Poi, per peggiorare la situazione, cerca di divincolarsi da questa condizione supina cercando di fare asse con Di Pietro e l'Idv il quale però, a sua volta, cerca solo di alzare il prezzo della propria alleanza con il Pd. E il quadro si fa sempre più desolante. Intanto perché un bilancio serio sull'attività di governo che ha visto, negli ultimi cinque anni, le due principali forze di sinistra, Federazione e Sel, governare in dieci regioni, non viene fatto. Anche perché è un bilancio del tutto negativo. Il Lazio è finito sommerso dalla vicenda Marrazzo che si è portata via il buco della Sanità e la politica antipopolare in tema di inceneritori e discariche: la Toscana è un capitolo fatto di privatizzazione dell'acqua, scempio edilizio e abuso ecologico; la Campania, un buco nero che compete in opacità, malaffare e corruzione solo con la Calabria; la "Puglia migliore" ha dovuto cambiare mezza giunta regionale per motivi giudiziari e solo a fine legislatura ha chiesto scusa, nei fatti, a quel Riccardo Petrella defenestrato dalla presidenza dell'Acquedotto pugliese. Insomma, inaugurata nel 2005 dall'allora Prc, nel pieno della svolta di governo, delle primarie pugliesi e della, allora, futura e annunciata vittoria dell'Unione contro le destre, il governo del centrosinistra naufraga nelle Regioni come è naufragato a livello nazionale.
Però viene reiterato. Al di là delle chiacchiere, ad oggi sia Federazione che Sel vogliono siglare gli accordi ovunque (e si parla anche di un accordo tra le due forze per superare eventuali sbarramenti del 4%). In Lombardia la Federazione farebbe l'accordo anche con Penati dopo aver subito da quest'ultimo la cacciata dalle provinciali in campagna elettorale. Nei siti web e nei blog di sinistra Emma Bonino viene definita potabile e ormai già digerita - oggi ha ricevuto un implicito endorsement dal manifesto - mentre sulle altre candidature non si è neanche alzata un'obiezione. E' stato un disastro il governo Prodi nel 2006, non è difficile prevedere un'altra disfatta quest'anno. A partire dalla Puglia dove ormai a Vendola, incaponito a presentarsi con il Pd, restano tre soluzioni tutte perdenti: vedersi sostituito da Boccia, correre e essere accusato della sconfitta; essere accettato dal Pd, correre contro Pdl e Udc, ed essere accusato della sconfitta; ritirarsi, e quindi perdere (certo, gli resta la possibilità di correre e vincere, come l'altra volta, ma dovrà farlo con quel Pd che oggi lo odia....auguri).
E invece la situazione lascia spazio all'unica strada utile da percorrere. Una sinistra che si sganci programmaticamente e politicamente dal Pd - quindi dappertutto, in forma organica - , che si riapra al mondo e alla vita, che provi a definire un proprio programma contro la crisi, che si dia un profilo anticapitalista, ecologista, femminista, attento ai diritti (come invece riescono a fare solo i radicali) e in grado di presentare una sua proposta autonoma, con proprie candidature regionali e con un progetto di medio-lungo respiro, un'ipotesi di ricostruzione di una soggettività critica e alternativa all'esistente. Lasciando il Pd al suo destino e non rincorrendolo fin dentro le stanze di Casini e dell'Udc (ricordate? quella di Cuffaro e soci). Si corre il rischio di far vincere la destra? La destra ha già vinto grazie agli errori della sinistra. Facendo altri errori e condannandosi alla scomparsa, la destra sarà solo più forte.

venerdì 8 gennaio 2010

16° Congresso della IV Internazionale. Una nuova sinistra mondiale


I congressi mondiali sono sempre momenti importanti nella storia della IV Internazionale. Delegati di tutte le organizzazioni, correnti e militanti si ritrovano per fare il punto sulla situazione internazionale, su questioni cruciali del programma marxista rivoluzionario, su esperienze significative e diverse di costruzione di partiti anticapitalisti, socialisti e rivoluzionari.

Il 16° Congresso della IV Internazionale, che si terrà nel febbraio 2010, costituisce già un avvenimento per i marxisti rivoluzionari. Saranno presenti delegazioni da una sessantina di paesi di tutti i continenti. Testimone delle capacità della IV Internazionale di partecipare a processi unitari e al dibattito politico pluralista nella sinistra radicale, questo congresso riunirà anche un numero importante di organizzazioni invitate, che non fanno parte della IV Internazionale.

Il congresso si colloca in un momento particolare della situazione mondiale segnata da una crisi globale, una "crisi di civiltà" del mondo capitalista, una crisi che combina le dimensioni economica, sociale, alimentare, in breve una crisi che mette in evidenza ogni giorno il costo umano sempre più elevato del funzionamento del sistema capitalistico. Il fallimento del vertice di Copenaghen ne dà una clamorosa illustrazione. Contrariamente a quanto sostengono tutti i cantori del "capitalismo verde" o della "rifondazione ecologica del capitalismo", la logica essenziale del sistema, vale a dire la ricerca del profitto, si oppone agli interessi fondamentali dei popoli e dei lavoratori del mondo. Uno dei compiti del prossimo congresso sarà di riesaminare gli sviluppi attuali della crisi economica mondiale e di attualizzare un programma di transizione rispetto alla crisi capitalista.

Questo lavoro programmatico troverà nuove dimensioni, in particolare nei confronti dello strazio ecologico del pianeta. E' il senso della presentazione alla discussione di una risoluzione sulla crisi ecologica e sui grandi assi di una "risposta ecosocialista". Questa volontà di attualizzazione o di innovazione programmatica nel quadro dei riferimenti generali al marxismo rivoluzionario è una delle qualità della corrente marxista rivoluzionaria rappresentata dalla IV Internazionale. Questa reattività nell'elaborazione ha costituito un apporto fondamentale per analizzare gli sviluppi del capitalismo nel secondo dopoguerra, per capire le dinamiche delle rivoluzioni degli anni 1960 e 70, per orientare i marxisti rivoluzionari nelle lotte contro l'oppressione delle donne, delle lesbiche e degli omosessuali, per capire le grandi linee del nuovo periodo storico determinato dalla globalizzazione capitalista, la caduta dello stalinismo, l'evoluzione social-liberista e le modificazioni strutturali che conosce il movimento operaio nei paesi capitalisti sviluppati.

E' in questo quadro che il prossimo congresso sarà uno dei luoghi di scambio su nuove esperienze di costruzione di movimenti, correnti rivoluzionarie o partiti anticapitalisti in senso ampio. L'appartenenza a una corrente internazionale che ha assicurato una continuità storica nella lotta contro il sistema capitalista, ma anche contro tutti i sistemi di oppressione, in particolare gli Stati burocratici dell'Est, e che si richiama a un progetto di autoemancipazione, fornisce una serie di strumenti teorici e politici per formarsi una precisa visione del mondo. Questo patrimonio deve essere preservato, mantenuto, arricchito. E' il senso della IV Internazionale, delle sue pubblicazioni, delle sue attività, delle sue formazioni internazionali. Ma oggi si tratta di discutere anche una nuova prospettiva più ampia, quella dei raggruppamenti che corrispondono al nuovo periodo storico. Bisogna operare alla convergenza di una serie di esperienze e di correnti sociali e politiche, sulla base "di una comprensione comune degli avvenimenti e dei compiti". Il Bloco de Esquerda in Portogallo, l'Alleanza Rossa e Verde in Danimarca, il PSOL in Brasile, le correnti per la costruzione di un nuovo partito dei lavoratori in Corea del Sud, lo LPP del Pakistan, il Partito polacco del lavoro (PPP), le correnti di sinistra di Die Linke in Germania oppure il NPA in Francia, costituiscono, ciascuno a modo suo, forme di organizzazione di questa sinistra anticapitalista. In alcuni paesi dell'America Latina o dell'Africa, questa questione si può porre nei rapporti con le forze del nazionalismo indigenista radicale o rivoluzionario tramite fronti antimperialisti. Queste forme costituiscono momenti o spazi di raggruppamento per forze rivoluzionarie. Questa impostazione, che avevamo discusso in occasione del 15° Congresso della IV Internazionale, nel 2003, è stata uno dei riferimenti per orientarci nei processi di riorganizzazione del movimento operaio. Oggi deve essere approfondita in una situazione segnata dalla crisi globale. Esige di tenere conto della comparsa di animatori di mobilitazioni e movimenti contro lo sfruttamento capitalista, del nuovo sindacalismo di lotta, delle riorganizzazioni politiche in corso a sinistra, della ripresa del movimento altermondialista per mezzo dalla lotta per "cambiare il sistema, non il clima", per fare emergere una nuova sinistra anticapitalista indipendente dalla socialdemocrazia e dal centro sinistra.

Ben inteso, un tale obiettivo non si può riassumere in una serie di ricette o di modelli di organizzazione. Ognuna di esse ha la propria storia, le proprie tradizioni, tenendo conto di ciascuna realtà nazionale, ma la ricerca di convergenze deve essere al centro delle discussioni per la costruzione di nuove forze anticapitaliste. La storia della IV Internazionale ci insegna anche che le discussioni programmatiche generali si fanno su scala internazionale ma le scelte tattiche nazionali spettano alle organizzazioni o partiti nazionali. In tal modo, ciascuno apporta il proprio contributo e arricchisce la discussione generale. Il senso di un congresso della IV Internazionale è anche questo.

François SABADO , membro del Comitato Politico Nazionale del Nuovo Partito Anticapitalista (NPA, Francia) è membro dell'Ufficio Esecutivo della IV Internazionale e redattore di Inprecor.

Documento congressuale "Il ruolo e i compiti della IV Internazionale"
Contributo di D. Tanuro sul cambiamento climatico
Contributo di M.Lowy sul cambiamento climatico
Note sulla situazione internazionale
Sulla V Internazionale proposta da Chavez
Segui il congresso sul sito di International Viewpoint (tutti i contributi e gli interventi tematici in inglese)
Segui il congresso sul sito di Inprecor (tutti i contributi e gli interventi tematici in francese)

lunedì 4 gennaio 2010

Prime bombe sullo Yemen


Aerei sauditi bombardano le postazioni dei ribelli islamisti del nord dello Yemen. In Somalia, intanto, il primo ministro annuncia un'imminente offensiva su larga scala contro i miliziani radicali di Al Shabaab


da Nigrizia
Hanno chiuso ieri le ambasciate di Gran Bretagna e Stati Uniti a Sanaa, in Yemen. Quasi un segno dell'imminente rappresaglia nei confronti degli esponenti di Al Qaeda nel paese, legati all'attentato terroristico condotto da un cittadino nigeriano lo scorso 25 dicembre, contro un volo della Delta Northwest Airlines, da Amsterdam a Detroit.
La chiusura delle ambasciate è infatti stata seguita da una dichiarazione, ieri, del premier britannico, Gordon Brown, che assicurava azioni più efficaci nella lotta al terrorismo, in particolare nello Yemen e in Somalia.
Lo stesso giorno l'aeronautica militare saudita ha attaccato la regione di Saada, nel nord dello Yemen.
La notizia è stata diffusa dai ribelli islamisti Houthi del paese, che hanno accusato l'Arabia Saudita, stretta alleata degli Stati Uniti, di aver ucciso nel bombardamento 54 persone. Né le autorità di Sanaa, ne quelle di Riyad, hanno però confermato la notizia.
I ribelli sciiti Houthi hanno iniziato nel 2004 una campagna armata nel nord dello Yemen, lamentando un'emarginazione sociale economica e religiosa. Da allora centinaia di persone hanno perso la vita mentre decine di migliaia sono state costrette ad abbandonare le proprie case.
Nuove azioni sarebbero attese anche in Somalia, dove il primo ministro, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha annunciato, sabato, un'imminente offensiva su larga scala contro le milizie islamiste radicali che fanno capo ad Al Shabaab.
«Le nostre truppe sono pronte a cacciare questi terroristi fuori dalla capitale entro la fine di gennaio, continuando a prendere i territori ancora sotto il loro controllo», ha detto Sharmarke.
Secondo fonti del governo, la locale missione di pace dell'Unione Africana si sarebbe attrezzata per fornire alle milizie governative tutto il suo supporto, inclusi armi e mezzi blindati.

Dal centro del paese giungono intanto notizie di violenti scontri, durati tutto il fine settimana. Le milizie di Al Shabaab avrebbero attaccato, senza successo, la città di Dhusa Mareb, nel centro del paese, lasciando sul campo almeno 47 morti. Mentre nella cittadina sembra essere tornata la calma, scontri sono segnalati a Beledweyn e un po' in tutte le regioni centrali del paese.
La Somalia, senza un governo effettivo dal 1991, ha mostrato, negli anni, di essere del tutto incapace di uscire dall'endemica condizione di guerra in cui versa. La fiorente economia di guerra, che si è affermata in questo lungo periodo di anarchia, ha reso, poi, la pace ancora meno "conveniente" oggi, rispetto al passato.

Nigrizia - 04/01/2010