sabato 24 luglio 2010

23-26 Settembre 2010, Chianciano: Seminario Nazionale di Sinistra Critica


23-26 Settembre 2010, Chianciano: Seminario Nazionale di Sinistra Critica


La crisi non è terminata e non terminerà molto presto. Dopo la fase delle bolle speculative e dei salvataggi finanziari è invece arrivata quella del "massacro sociale" con la prima finanziaria "europea" della storia. Il fronte delle classi dominanti di tutta Europa ha deciso di far pagare tutto il conto della crisi ai lavoratori e alle lavoratrici e la manovra finanziaria di Berlusconi e Tremonti, quella conservatrice di Merkel e Cameron, quella "progressista" di Zapatero, hanno tutte lo stesso segno: una "guerra di classe" i cui effetti non sono ancora del tutto visibili.
La crisi non è un incidente atmosferico o una calamità naturale. Ha precise ragioni, una sua logica interna e produce effetti sociali dirompenti. Il seminario di Sinistra Critica - che quest'anno si tiene a Chianciano, in Toscana - vuole cercare di capire cos'è davvero la crisi e indagare meglio e da vicino com'è fatto oggi, cosa pensa, cosa può proporre quel soggetto di classe di cui c'è un disperato bisogno. Capire la crisi, capire il soggetto che deve combatterla, immaginare vie d'uscita anche sul piano di proposte alternative alla logica dominante.
Il seminario si articolerà attorno a relazioni unitarie tenute in plenaria e poi a workshop diversi in un programma ampio e differenziato in cui uno spazio preciso sarà garantito alla lettura di genere della crisi e alla necessità di cimentarsi con un soggetto della trasformazione che è composto da identità differenti.

Il seminario si svolgerà presso l'hotel Santa Chiara di Chianciano. Il costo del seminario è di:
120 euro per tre giorni in pensione completa a persona
90 euro per due giorni in pensione completa a persona
50 euro per un giorno in pensione completa a persona

Per le stanze singole è previsto un supplemento

Il Programma del Seminario
Exit strategy
Per organizzare una via d'uscita alla crisi
Chianciano, 23-26 settembre

Giovedì 23 settembre
Dalle ore 18 accoglienza dei partecipanti

Venerd' 24 settembre 9,30

La crisi, come funziona, come se ne esce di Danilo Corradi

Gruppi di lavoro:
Beni comuni, merci e proprietà
Globalizzazione, Stati e Istituzioni
La rivoluzione come utopia possibile

Ore 13 pranzo

Ore 15-16 report in plenaria dei gruppi di lavoro

Ore 16-18 Commissioni
Il lavoro culturale con la presentazione di Nuova rivista Letteraria
Internazionale e internazionalismo

Ore 18: Tavola rotonda:
Una risposta comune alla crisi
Interventi di esponenti Fiat, Maflow, Eutelia, Telecom, Università, della Rete delle marce europee
Coordina Gigi Malabarba

Sabato 25 settembre ore 9,30
Composizione di classe e soggettività di Lidia Cirillo

Gruppi di lavoro
Lavoro, giovani e autorganizzazione
Lavoro migrante e razzismo
Ideologia e coscienza di classe

Ore 13 - pranzo

Ore 15-16 report in plenaria dei gruppi di lavoro

Ore 16
Classe e genere

gruppi di lavoro
La crisi e la femminilizzazione del lavoro
Classe, genere e identità
Le forme del patriarcato e la violenza

Ore 21 Festa

Domenica 26 settembre, ore 9,30
Una risposta politica alla crisi, relazione di Flavia D'Angeli

Dibattito in assemblea

venerdì 23 luglio 2010

Il 16 ottobre occasione di una risposta alla crisi. La Fiom allarghi la manifestazione all'opposizione sociale


Dichiarazione di Franco Turigliatto, portavoce nazionale Sinistra Critica

La promozione di una manifestazione nazionale sui temi del lavoro e dei diritti dei lavoratori è molto opportuna e utile. Bene ha fatto la Fiom a lanciare l'iniziativa per il prossimo 16 ottobre e Sinistra Critica lavorerà per la sua riuscita. Ci auguriamo, e lavoreremo in questo senso, che la giornata possa essere effettivamente ampliata dalla stessa Fiom a tutta l'opposizione sociale al governo affinché diventi una risposta sociale alle politiche del governo e indichi una via d'uscita alla crisi. Se è vero, come Sinistra Critica ripete nella sua campagna nazionale che "Le nostre vite valgono più dei loro profitti" è altrettanto vero che l'unica risposta efficace oggi ai colpi ricevuti dai lavoratori è l'unità delle lotte. Noi lavoreremo per questo nei prossimi mesi.
Torino, 21 luglio 2010

Fiat, prendi i soldi e scappa


Per la Fiom Marchionne ha abbandonato il progetto "Fabbrica Italia" e si appresta a andarsene dall'Italia. Possibilmente dove troverà governi che finanzieranno la Fiat come quello serbo o come lo stesso Obama in Usa. Una tesi che viene, sorprendentemente, confermata dal commento di Massimo Mucchetti pubblicato dal Corriere della Sera


Massimo Mucchetti (Corriere)
e Salvatore Cannavò (Il Fatto)
Il caso Fiat e la Fabbrica Italia
Senza aiuti è il mercato che conta

di Massimo Mucchetti (da Il Corriere della Sera)
La Borsa ha applaudito i disegni di Sergio Marchionne. il resto dell'italia no: partiti di opposizione, esponenti del governo, sindacati, anche quelli moderati. Perfino la Confindustria, pur appoggiando l'illustre associato, non vorrebbe scontri radicali.

La scissione tra il settore auto e le attività affini (tra cui le non affini partecipazioni editoriali), che resta alla Fiat Spa, e il resto del gruppo, che va alla neonata Fiat Industrial, è passata in secondo piano rispetto all'annuncio del trasferimento di alcune produzioni da Mirafiori alla Serbia.

La mossa della Fiat sorprende solo chi non aveva mai letto con attenzione i suoi bilanci. Ma i distratti, in Italia, sono una folla: politici, industriali, banchieri, commentatori. Oggi esaltano il Marchionne che salva Detroit con i soldi della Casa Bianca e scoprono preoccupati che lo stesso Marchionne trova in qualche sporadico sciopero della Fiom la scusa per depotenziare Mirafiori, visto che il governo italiano è in bolletta. Il ministro Roberto Calderoli parla degli aiuti pubblici, ma è storia vecchia. Per condizionare le scelte della Fiat sulla base di una storica gratitudine, ci vuole una capacità politica che finora non si è vista. Con la scissione, la famiglia Agnelli riconosce di non essere più l'azionista di riferimento adatto nella partita globale dell'auto. Potrebbe essere un bene per gli Agnelli e per l'Italia, se l'Italia avesse un'alternativa sua, non subalterna alla Borsa che applaude la delocalizzazione in Serbia.

Questa idea forte oggi non si vede. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, invita a riaprire il tavolo sul progetto Fabbrica Italia. Il leader dell'opposizione, Pieriuigi Bersani, coglie la palla al balzo per censurare l'assenza del ministro dello Sviluppo economico. Ma di tavoli si muore se non si sa che cosa si vuole ricavarne. Non si era detto che Fabbrica Italia giustificava Pomigliano, un accordo che colpisce le cattive abitudini campane e, al tempo stesso, indebolisce il sindacato, anche quello moderato? Per dirlo bisognava aver capito che cosa fosse Fabbrica Italia. Ma, se oggi se ne deve riparlare, vuol dire che non tutto era chiaro. Adesso, bisogna capire quanto la Fiat guadagna su un auto in Polonia o in Serbia o in Brasile e quanto vuole guadagnare in Italia e a quali condizioni, e poi misurare se Fabbrica Italia faccia avanzare o arretrare il Paese. Poi, ridimensionata la questione Fiom al suo rango modésto, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che qualche anno fa si era occupato del caso, ci dirà quanto la nuova Fiat collinti con gli standard di civiltà del suo La paura e la speranza.

La Fiat ha cambiato strategia e rischia di abbandonare l'Italia
Intervista a Maurizio Landini, segretario generale Fiom


Salvatore Cannavò (da Il Fatto quotidiano)
Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, è molto preoccupato per quello che sente e legge sui giornali. Le mosse della Fiat non solo non lo convincono ma è convinto che rappresentino un cambio di strategia da parte del Lingotto con una prospettiva ormai nemmeno tanto nascosta: l'uscita della produzione dall'Italia. Per questo lancia l'allarme, chiede una discussione “seria” di strategia industriale e annuncia un'intensificazione della mobilitazione della Fiom.

Landini, con la decisione della Fiat di aprire una nuova produzione in Serbia Mirafiori è davvero in pericolo?
Direi di più, quello che viene meno è il piano industriale presentato lo scorso 20 aprile ai sindacati e al governo. Il cambiamento di strategia ci pare evidente e il caso Serbia lo indica chiaramente. La Fiat va lì perché non tira fuori nemmeno un euro: la fabbrica è stata ricostruita dal governo, per 10 anni non pagherà tasse, avrà un contributo di 10mila euro per ogni lavoratore assunto, ha ricevuto contributi dal governo serbo e dalla Bei e i lavoratori guadagneranno 400 euro al mese. Vogliamo fare così anche in Italia?

Ma da dove viene questo cambio di strategia?
In realtà, a dispetto del risalto mediatico, la Fiat è in difficoltà: la famiglia non intende mettere mano al portafoglio per investire, non ha idee di innovazione del prodotto, il progetto del 1.400 mila vettura all'anno è eccessivo e quindi riaggiusta il tiro. La tenuta del Cda a Detroit è simbolicamente propedeutica a una Fiat internazionalizzata con la testa negli Stati Uniti. E in questo senso la chiusura di Termini Imerese e il ridimensionamento di Mirafiori sono solo un primo segnale.

Ma si investe a Pomigliano.
E a noi va bene. Va ricordato, però, che non avendo pagato per diversi mesi gli stipendi agli operai – in cassa integrazione – e non pagando i premi di luglio, certi investimenti sono in larga parte pagati dai lavoratori stessi. Come del resto è avvenuto con la Chrysler: una parte delle risorse viene dai Fondi pensioni dei sindacati azionisti e una parte dallo stesso Obama.

Marchionne dice che il cambio di strategia dipende dalla mancanza di serietà dei sindacati italiani.
Si tratta, questo sì, di un modo poco serio di affrontare i problemi. Noi abbiamo detto che siamo disposti a fare anche i 18 turni e a fare una trattativa seria se la Fiat è disposta a sedersi davvero a un tavolo. In realtà si tratta di diversivi che nascondo i problemi reali.

Ma è tollerabile, chiede ancora Marchionne, che un lavoratore prenda un permesso familiare e vada a una manifestazione?
Quello che non è tollerabile è far finta di non vedere quello che sta succedendo. I lavoratori si stanno mobilitando con punte di consenso alla Fiom inaspettate. E' intollerabile che mentre gli operai guadagnano 1200 euro al mese e spesso sono in cassa integrazione, si aumentino i compensi ai dirigenti e si distribuiscano dividendi agli azionisti. Quanto all'accusa ai lavoratori italiani di aver fatto guadagnare meno di altri, di chi è la colpa se i lavoratori stanno in Cassa integrazione, dei lavoratori stessi?

La Fiom alzerà il tiro della mobilitazione?
Domani (oggi, ndr.) c'è lo sciopero in tutto il gruppo. Il 28 luglio terremo un'assemblea, aperta alle forze politiche, davanti a Montecitorio. E poi abbiamo già indetto una manifestazione nazionale per il 16 ottobre. Ci aspettiamo che sia una manifestazione allargata a tutte le forze sociali interessate a uscire dalla crisi salvaguardando il lavoro, i diritti, la democrazia.

giovedì 22 luglio 2010

La Fiom lancia la mobilitazione d'autunno


Promossa per il 16 ottobre, sabato, una manifestazione nazionale "per il lavoro, la democrazia, il contratto". Diventerà la manifestazione unitaria dell'opposizione sociale? Intanto il Comitato centrale dei metalmeccanici Cgil rinnova la segreteria: escono Rinaldini e Cremaschi, entrano Airaudo e Bellavita. Fuori, per sua scelta, la minoranza legata a Epifani


La Fiom lancia la prima mobilitazione d'autunno promuovendo una manifestazione nazionale per sabato 16 ottobre "per il lavoro, i diritti, la democrazia e la riconquista di un vero Contratto nazionale". La manifestazione, recita il documento approvato martedì dal comitato centrale dei metalmeccanici Cgil, sarà "aperta alla partecipazione sociale e dell’opinione pubblica" formula un po' generica che non fa capire se si tratterà di una manifestazione dell'intera opposizione sociale disponibile a convergere su quella data oppure una manifestazione "Fiom" con le sue caratteristiche specifiche. Si vedrà nei prossimi giorni come l'organizzazione di Landini intende utilizzare la scadenza che comunque mette in moto un percorso di risposta sociale alla crisi e alla particolare gestione che della crisi, in combutta con l'Unione europea, fa il governo Berlusconi - e in particolare il suo ministro del Tesoro che in molti, compreso il Pd, vedrebbero alla guida di un governo "istituzionale". La Fiom, del resto, lancia la mobilitazione anche per reggere la propria vertenza con la Fiat, con la Federmeccanica e per rompere l'isolamento costante in cui cercano di gettarla Cisl, Uil e anche un pezzo della Cgil. Nel Comitato centrale che, oltre alla manifestazione di ottobre, ha ribadito lo sciopero nel gruppo Fiat e la partecipazione alla mobilitazione europea promossa dalla Ces il prossimo 29 settembre - e a cui ha aderito il Forum sociale europeo di Instambul - è stata rieletta anche la segreteria nazionale dopo l'uscita da essa, per decorrenza dei termini di mandato, di Gianni Rinaldini e Giorgio Cremaschi. Con un colpo a sorpresa, però, la minoranza interna, legata alla maggioranza Cgil di Epifani e Camusso, ha deciso di non entrare a far parte dell'organo esecutivo che è stato rinnovato per metà e che ora vede quattro componenti. Accanto al segretario generale, Landini e alla riconfermata Laura Spezia entrano invece il piemonte Giorgio Airaudo, già segretario Fiom del Piemonte, e il bolognese Sergio Bellavita, segretario della Camera del lavoro di Parma e esponente della Rete 28 Aprile ormai sciolta dopo l'esito dell'ultimo congresso.
Il Comitato centrale ha inoltre eletto il presidente dell’organismo dirigente. Con 11 voti contrati e 13 astenuti, sarà Giorgio Cremaschi a ricoprire questo incarico.

martedì 20 luglio 2010

Acqua, un milione e 400mila firme: ora i referendum


Consegnate stamattina ufficialmente alla Corte di Cassazione 1.401.492 firme per i tre questini referendari per ripubblicizzare l'acqua. E' il record di firme raccolte nella storia dei quesiti referendari del nostro paese. Il Comitato promotore chiede una moratoria dell'affidamento dei servizi idrici fino allo svolgimento del referendum, e invita le forze politiche a non provare a scippare il voto ai cittadini


Una diga fatta di scatole, un muro simbolico per contenere le conseguenze dell'applicazione del decreto Ronchi sulla privatizzazione della gestione delle risorse idriche. È stato questo, insieme a dodici striscioni distesi sui sanpietrini di piazza Navona lo sfondo della manifestazione per l'acqua pubblica organizzata dal Comitato promotore dei referendum per consegnare ufficialmente il milione e 400mila firme raccolte per la richiesta di referendum in Corte di Cassazione.
La raccolta firme per la ripubblicizzazione dell'acqua, partita tre mesi fa, il fine settimana del 24 e 25 aprile, ha visto impegnati su tutto il territorio italiano migliaia di volontari che hanno organizzato banchetti, manifestazioni, dibattiti sull'acqua bene comune dell'umanità. «In tre mesi - spiega Guido Barbera, presidente di 'Solidarietà e Cooperazione Cipsi' - abbiamo raccolto il maggior numero di firme rispetto a tutte le altre esperienze referendarie italiane. Con il migliore dei presupposti possibili comincia da qui l'avventura, un lungo percorso che ha come prossima tappa 25.000.000 di votanti nel 2011. Per alcuni sono solo numeri, per noi sono la storia del nostro futuro!».
Prima di spostarsi davanti alla Corte di Cassazione, per la consegna delle firme, il comitato promotore ha ribadito la richiesta al governo di «emanare un provvedimento per la moratoria degli affidamenti dei servizi idrici previsti dal decreto Ronchi almeno fino alla data di svolgimento del referendum». In piazza Navona, i promotori hanno anche chiesto alla politica di essere messi in condizioni di andare al voto. «Che nessuno inviti gli italiani ad andare al mare. Non scippateci quest'ultimo strumento di espressione - spiega Tommaso Fattori, del Contratto mondiale per l'acqua. «L'attenzione di tutto il mondo è puntata sul nostro Paese - aggiunge - dal quale ci aspetta lo stesso risultato ottenuto dalla Francia sul tema della gestione dell'acqua, cacciare le multinazionali». Un risultato che, attraverso il referendum, arriverà secondo Corrado Oddi, della Cgil. «Quella per i referendum per l'acqua pubblica è la più grande raccolta di firme per un referendum nella storia del nostro paese».

lunedì 19 luglio 2010

L'autoritarismo della Fiat di Marchionne


Oggi a Melfi e negli altri stabilimenti Fiat scioperi e manifestazioni contro i licenziamenti punitivi alla Fiat. La libertà di sciopero, la libertà di informazione, la libertà di pensiero, le libertà in quanto tali sono oggi in discussione alla Fiat. L'accordo di Pomigliano ne è solo un esempio.


Giorgio Cremaschi
Le rappresaglie antisindacali che la Fiat sta pianificando in questi giorni a Melfi come a Mirafiori, sono atti di autentico fascismo aziendale. Si perseguitano i delegati che organizzano gli scioperi contro i carichi di lavoro eccessivi e gli impiegati che informano i colleghi della solidarietà degli operai polacchi con quelli di Pomigliano. La libertà di sciopero, la libertà di informazione, la libertà di pensiero, le libertà in quanto tali sono oggi in discussione alla Fiat. All’origine di tutto questo c’è la strategia industrialmente debole, ma furba e arrogante di Sergio Marchionne. L’amministratore delegato della Fiat non è mai stato un industriale. E’ un banchiere svizzero chiamato a salvare la Fiat dal fallimento. (...)
Questa operazione è riuscita al prezzo di durissimi sacrifici dei lavoratori e, come sempre avviene nell’economia finanziaria, ha portato ingenti guadagni a Marchionne. L’amministratore delegato della Fiat è stato poi così chiamato a salvare la Chrysler, che la Mercedes aveva abbandonato. Lì, con l’aiuto di ingenti finanziamenti pubblici, è riuscito a piegare i sindacati. Che prima accusava di miopia e intransigenza e che invece oggi elogia con gli stessi toni con cui il generale Custer parlava degli indiani chiusi nelle riserve. Marchionne ha poi riportato in Italia quel successo e, usando una carta che da noi funziona sempre, si è presentato come il libero americano che mette a posto i fannulloni assistiti. Ha così ottenuto un consenso pressoché unanime nel Palazzo. Che non si è certo chiesto perché importanti dirigenti abbiano abbandonato la Fiat per dirigere altre aziende delle auto in Europa. Che non si è certo interrogato sulla credibilità di un piano industriale che si fonda su numeri presi dal libro dei sogni della vecchia Fiat – 6milioni di auto prodotte assieme alla Chrysler. Nessun spirito critico in Italia verso le strategie della Fiat. Di questo Marchionne ha approfittato coprendo così debolezze e contraddizioni. La ripresa di Pomigliano, promessa tra 2 anni, serve a coprire la chiusura - oggi - di Termini Imerese. L’accordo separato, con Cisl e Uil e altri amici, serve a coprire il flop del plebiscito richiesto ai lavoratori. I licenziamenti di delegati e militanti sindacali servono a coprire i fallimenti di un’organizzazione del lavoro che vuole imporre ritmi e condizioni che consumano le persone e possono funzionare solo con la soppressione dei più elementari diritti. Infine l’autoritarismo e l’intimidazione servono solo a coprire il clima di ottuso ossequio con cui si distrugge ogni forma di partecipazione e creatività dei lavoratori. Sì alla Fiat c’è il fascismo, non solo perché si colpiscono le libertà e i diritti dei lavoratori. Ma perché così si coprono mancati investimenti, burocratismi, servilismi e clientele che prosperano e rendono inefficiente l’azienda più di prima. Marchionne è tanto piaciuto a Scalfari perché ha dichiarato di porsi dopo la nascita di Cristo. Sicuramente la sua cultura e la sua pratica sono però antecedenti alla costituzione repubblicana ed eredi di quella pessima tradizione delle classi dirigenti italiane che coniugava inefficienza e propaganda, privilegio e autoritarismo. Lo svizzero americano Marchionne è un padrone italiano collocato tra gli anni 30 e gli anni 50.

(Da Liberazione)

martedì 13 luglio 2010

Marchionne va giù duro, ma i lavoratori resistono bene


Dopo aver subito un duro colpo d'arresto a Pomigliano con il fallimento del plebiscito, Marchionne moltiplica gli attacchi e le provocazioni contro i lavoratori.
A Melfi, mette in cassa integrazione parte dei lavoratori e nello stesso tempo pretende di aumentare la produzione del 10%. A Mirafiori lascia intendere di non voler pagare il premio di risultato (già dimezzato lo scorso anno) tanto atteso dai lavoratori dopo i lunghi periodi di cassa integrazione che hanno taglieggiato i salari. Ma la Fiat sta trovando pane per i suoi denti. Le lavoratrici e i lavoratori stanno rialzando la testa: scioperi e manifestazioni a Melfi, scioperi e grandi e combattivi cortei a Mirafiori e all'Iveco a Torino. La direzione aziendale reagisce a questa inaspettata mobilitazione operaia rispolverando il vecchio metodo vallettiano dell'intimidazione e repressione.
E' il momento di unificare i diversi fronti con una iniziativa di lotta di tutto il Gruppo Fiat. Così come è necessario costruire una mobilitazione generale dal basso che sappia unire le tante lotte sparse per il paese per la difesa del lavoro, del salario e dei diritti, più che mai sotto attacco della Confindustria e del governo.

SCIOPERI A MIRAFIORI E IVECO
La Fiat prova ancora una volta a tagliare i salari, cercando di non pagare il premio di risultato, ma si becca scioperi massicci a Mirafiori e all’Iveco e all’ex ITCA di Grugliasco con grandi e combattivi cortei di lavoratrici e lavoratori che non si rassegnano alle pretese del padrone.

Mentre cerca di colpire i salari, la Fiat, contemporaneamente, nell’anno più nero della crisi, distribuisce 260 milioni di euro di dividendi agli azionisti e aumenta i compensi dei dirigenti del gruppo (5,6 milioni di euro annui perMarchionne). E’ una vergogna.

POMIGLIANO NON SI PIEGA
La Fiat pretendeva la totale sottomissione dei sindacati con ritmi infernali e la rinuncia allo sciopero e al pagamento della malattia, ma la Fiom e i sindacati di base non si sono piegati; il plebiscito voluto dai padroni, dai sindacati complici e da amministratori in odor di camorra non c’è stato. Il 40% dei lavoratori ha detto No al ricatto e Marchionne è costretto a procedere nel progetto della nuova Panda senza aver piegato i lavoratori.

SCIOPERI A MELFI
Nello stabilimento di Melfi la Fiat ha messo in cassa integrazione una parte dei lavoratori e ha preteso nello stesso tempo un aumento della produzione del 10%!. I lavoratori hanno reagito scioperando e manifestando con la direzione aziendale che fa ricorso al vecchio metodo dell’intimidazione e repressione: sospensione cautelare per un lavoratore e due delegati Fiom.

LA FAVOLA PER BAMBINI DI MARCHIONNE
Marchionne nella lettera inviata ai dipendenti rispolvera la vecchia favola per i bambini che non ci sono i “padroni”, che siamo tutti nella stessa barca. Ma a chi vuole darla a bere? Non inganna nessuno. Tutti vedono che in questa barca qualcuno rema come un disperato con sempre maggiore fatica, meno soldi in busta paga e più cassa integrazione mentre gli altri, i padroni, gli azionisti, i dirigenti si ingrassano ogni giorno di più coi profitti, i bonus milionari e gli alti stipendi.

CONTINUIAMO A RIALZARE LA TESTA
Le lotte di questi giorni hanno dimostrato che i lavoratori possono rialzare la testa; sono tornati a scioperare forti e uniti per il salario, contro l’aumento dei carichi di lavoro, per la dignità e i diritti. Serve ora una iniziativa di lotta di tutto il Gruppo Fiat.
o I salari vanno aumentati. Il premio di risultato deve essere pagato per intero.
o Ritiro delle misure disciplinari
o No al lavoro da schiavi, si ai diritti
o Il lavoro esistente deve essere diviso tra tutti perché tutti abbiamo bisogno di un lavoro senza perdita di salario.
o Se il padrone minaccia di portare via la produzione la fabbrica deve essere messa sotto controllo pubblico.
o Costruiamo una grande mobilitazione unitaria e generale di tutte le lavoratrici e lavoratori per battere il disegno di Marchionne, della Confindustria e del Governo.

SINISTRA CRITICA Torino Sede di Mirafiori via Podgora 16

domenica 11 luglio 2010

BOTTA CONTINUA: SOLIDARIETA' CON GLI OPERAI DELLA MANGIAROTTI DI MILANO


Era già successo qualche settimana fa, l'11 giugno, quando erano stati sgombrati dalla palazzina della direzione che avevano occupato, dopo che l'azienda si era rifiutata di applicare le sentenze della magistratura relative alla sospensione della Cigs e al rispetto degli accordi sulle produzioni da mantenere a Milano: i poliziotti, invece di andare a prendere a casa il signor Mangiarotti inadempiente, se l'erano presa con i lavoratori.
Ma oggi la loro presenza 'fastidiosa' per le vie del centro di Milano, dopo aver incontrato il console di Francia e quello degli Stati Uniti - i paesi in cui risiedono i committenti delle loro produzioni - deve essere stata ritenuta troppo ingombrante. E allora nei pressi della Prefettura hanno voluto sbarrargli la strada, senza permettergli neppure di avvicinarsi al Palazzo del Governo. Già qualche segnale era stato mandato 'bonariamente' tempo addietro via Digos: quest'anno non ci sarà un'altra INNSE.
Così ne è seguita una mezz'ora di scontri in corso Monforte, col saldo di un operaio in ospedale e altri quattro contusi. Ma di lì nessuno si è mosso, finchè non si è ottenuto un incontro col Prefetto e l'avvio di un tavolo istituzionale con Regione e proprietà (l'ennesimo in sei mesi di presidio...).
La Mangiarotti Nuclear produce per l'allestimento di centrali nucleari (destino cinico proprio perchè gli ex operai Ansaldo, come Danilo Ferrati - principale rappresentante sindacale in azienda - erano stati promotori del referendum antinucleare più di vent'anni fa) ed è tutt'altro che in crisi. Fa gola a Camozzi, proprietario dell'area (sì, quello che ha acquistato l'Innse...in cambio di qualche favore d'area...), speculare in una zona appetibile a cavallo tra Milano e Sesto San Giovanni, dismettendo insieme a Mangiarotti la fabbrica con tutti i suoi lavoratori.
Riaprirà a Monfalcone l'anno prossimo, pensando di utilizzare personale sloveno a termine, proveniente dal vicino confine: peggio della Bolkestein!
Nell'assoluta indifferenza delle istituzioni lombarde, Regione in primis, ma col sostegno di altre aziende in lotta - al corteo era presente una delegazione della Maflow - gli operai della Mangiarotti non desistono. A loro va la piena solidarietà di Sinistra Critica di Milano, i cui militanti continueranno a garantire il proprio sostegno a questa lotta che può e deve vincere.
Oggi Lorsignori hanno voluto festeggiare a loro modo i cinquant'anni della mattanza del Luglio '60. Bene, si ricordino di com'è finita con Tambroni e Scelba e pure con i caporioni fascisti appesi a qualche gru di qualche porto...

Sinistra Critica - Organizzazione per la Sinistra Anticapitalista

mercoledì 7 luglio 2010

manifestazione cittadina contro i Centri di identificazione Temporanea.


Sinistra Critica Torino aderisce e partecipa alla manifestazione cittadina contro i Centri di identificazione Temporanea.


SABATO 10 LUGLIO ORE 16 PIAZZA SABOTINO
a seguire

Concerto ore 21 in C.so Brunelleschi (di fronte al CIE) con Fucktotum, Paranza del Geko, Nadya...




Di seguito l'appello con le prime adesioni



Tutto e cominciato con la paura dello straniero, dell'immigrato che invade le nostre strade portando delinquenza, degrado e insicurezza. Un sentimento diffuso ad arte dalla stampa e dalle televisioni, che vede uniti i politici di destra e di sinistra in una guerra ai poveri che ha il solo scopo di coprirele falle di un sistema in crisi reintronducendo nuove forme di schiavismo ed emarginazione.
Al culmine di questa deriva razzista delle moderne democrazie, le politiche della fortezza Europea prevedono le chiusure delle frontire, l'espulsione sistematica degli immigrati irregolari e l'istituzione di centri che in molti non esitano più a chiamare Lager.

Mentre il presidente del consiglio dichiara che l'Italia non è un paese multietnico e il ministro dell'interno dice che bisogna essere cattivi con i clandestini, la polizia si trova investita di poteri eccezionali che con sempre più drammatica frequenza si trasformano in pestaggi e retate, ricatti, stupri,umiliazioni, carcere e disperazione per chi è giunto in questa terra abbagliato da falsi miraggi e costretto da condizioni di vita sempre più difficili nel sud del mondo.

Isolati dal resto della società e circondati da un muro di silenzio e indifferenza generale, i centri di identificazione ed espulsione (ex C.p.t. recentemente ribattezzati C.i.e.) sono tuttavia divenuti negli ultimi tempi, anche a causa dell'inasprimento della detenzione previsto dall'ultimo pacchetto sicurezza, luoghi di lotta e resistenza dalle molte forme.

Fortunatamente, mentre dentro si susseguono proteste e scioperi della fame, evasione e rivolte, c'è ancora chi davanti a queste oscenità solidarizza con gli oppressi e cerca di diffondere una cultura e una pratica ispirata ai principi di libertà e uguaglianza.

Per questo sentiamo la necessità di unire ancor più le forze e di organizzare, parallelamente ai percorsi già esistenti intrapresi dalle varie realtà, una giornata di mobilitazione contro i C.i.e. che possa essere un momento di convergenza delle molteplici ed eterogenee lotte ed esperienze antirazziste.

Tutti i soggetti e gli individui interessati a definire e costruire questa giornata sono invitati a partecipare ad una discussione collettiva che si terrà Lunedì 14 Giugno presso la sede di radio Blackout (Via Cecchi 21/A) alle ore 18:30.



CHIUDERE I C.I.E. ORA




10 luglio. Adesioni al corteo

10luglioAntirazzista



Hanno dato sinora la loro adesione:

Collettivo immigrati autorganizzati

Collettivo Gabelli

Federazione Anarchica Torinese - FAI

CSOA Askatasuna

CSOA Gabrio

Torino Squatter

Circolo di cultura GLBT Maurice

Sinistra Critica

Confederazione Unitaria di Base – Federazione di Torino

Unione Sindacale di Base - Federazione di Torino

No Tav – Autogestione - Torino

No Tav Torino

Comitato antifascista “18 giugno”

Comitato pace di Robassomero

Cast – Collettivo Anarchico Studentesco Torinese

Laboratorio Anarchico “Perlanera” – Alessandria

FAI del Monferrato

CSA Lacandona – Valenza

Circolo Vighetti Meyer – Rifondazione Comunista - Bussoleno

CanaveseRosso - Collettivo Resistente

Gruppo L’Erba - Casatenovo

Circolo Zabriskie Point – Novara

Partito Comunista dei lavoratori

Gruppo Emergency - Torino

Coordinamento "Non solo Asilo" per i Rifugiati

Convergenza delle culture - Torino

24-30 luglio 2010: 27° campeggio internazionale


Dal 24 al 30 luglio si terrà a Perugia il 27° campeggio giovani internazionale rivoluzionario, femminista ed ecologista organizzato dalla Quarta Internazionale e promosso in Italia da Sinistra Critica.
Nel momento in cui più pesantemente nel nostro paese si sentono gli effetti della crisi del capitalismo e delle politice neoliberiste del governo Berlusconi, questo campeggio in Italia assume un importanza particolare. Un'occasione concreta per discutere, confrontare lotte ed esperienze, per progettare campagne contro la crisi, la guerra, la precarietà, la privatizzazione dei beni comuni e dell'istruzione, così come sui temi di genere ed lgibt.


Un momento importante per chi è impegnato nei movimenti sociali e nei comitati territoriali, nelle scuole e nelle università e nella costruzione di una sinistra anticapitalista europea, senza se e senza ma, alternativa alle destre ma anche alla "sinistra" liberista.
Ospitare in Italia questo appuntamento si rivela un'occasione importante per tutt* quell* che non si arrendono alle derive autoritarie e razziste del governo Berlusconi, ai licenziamenti e alla mercificazione di ogni diritto e bene essenziale, non rinunciando mai a costruire nei e con i movimenti sociali un'alternativa di società, una rivoluzione.
Solidarietà internazionale, femminismo, ecologismo, giovani e movimenti sociali, strategie, migranti, scuola e università, marxismo, antifascismo, beni comuni, guerra, precarietà, lgibt, saranno i temi al centro dei sette giorni.
Un campeggio totalmente autogestito dai/lle partecipanti, per provare a dimostrare, anche se nel piccolo e per poco tempo, che un altro mondo oltre che necessario è possibile, e che sono possibili altri tipi di relazioni umane, di divertimento, di gestione degli spazi comuni. All'interno del campo è prevista la presenza di uno spazio femminista ed uno lgibt, che permetteranno l'approfondimento, il confronto e l'autorganizzazione di soggetti che vivono oppressioni specifiche, quella di genere e quella sessuale: due spazi per rimettere in discussione categorie imposte dalla società... e ancora workshop, forum, formazioni, meeting e feste tutte le sere, tra cui quella donne e quella lgibt.
Il costo del campeggio è di 135€ comprensivi di posto tenda e pasti. E' necessario portare con sè una tenda, una torcia, sacco a pelo, gavetta (o piatto e posate) per avere una sostenibilità ambientale del campeggio senza un utilizzo eccessivo di plastica.

Promuovono: Sinistra Critica, NPA (Francia), OKDE-Spartakos e Kokkino (Grecia), Associação Política Socialista Revolucionária (Portogallo), Sat Alleanza Rosso-Verde (Danimarca), Isquierda Anticapitalista (Spagna), Attac-Tunisia, JGS (Belgio), MPS-Solidaritè (Svizzera), Ungsocialisterna (Svezia), RSD (Germania), Rebel (Olanda), collettivi giovanili di Polonia e Lussemburgo.

Il Programma del Campeggio Internazionale

24 Luglio: FORUM D'APERTURA

25 Luglio: CRISI ED INTERNAZIONALISMO
formazione: la crisi in una prospettiva storica
meeting serale: lotte sociali contro la crisi

26 Luglio: ECOLOGIA
formazione: ecosocialismo vs capitalismo verde
meeting serale: da Seattle a Copenaghen, un nuovo movimento

27 Luglio: CLASSE, GENERE, IDENTITA'
formazione: composizione della classe
meeting serale: femminismo e anticapitalismo, uno strano matrimonio
festa donne

28 Luglio: CLASSE, GENERE, IDENTITA'
formazione: coscienza di classe e autorganizzazione
meeting serale: quali diritti per i soggetti lgibt?

29 Luglio: CLASSE, GENERE, IDENTITA'
escursione
meeting serale: per una sinistra anticapitalista - dedicato a Daniel Bensaid

30 Luglio: STRATEGIE
formazione: costruire partiti anticapitalisti per cambiare il mondo
meeting di chiusura

Ogni giorno workshop tematici e permanenti (ecologia, lavoro e crisi, università, scuola, antirazzismo, America Latina, Anti-NATO), workshop pratici, spazio donne, spazio lgibt, incontri interdelegazione, feste.

martedì 6 luglio 2010

La Fiom e la sinistra


Assemblea pubblica in piazza Montecitorio in occasione della consegna della Legge di iniziativa popolare sulla rappresentanza sindacale. Presente tutta la sinistra, il Pd e Di Pietro. Tutti uniti dietro la Fiom ma forse solo per un giorno


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Non è bastato il sole a picco del mezzogiorno romano per far fallire l'iniziativa della Fiom che oggi davanti a Montecitorio ha dato vita a un'assemblea pubblica sulla sua Legge di iniziativa popolare per una nuova rappresentanza sindacale presentata a Montecitorio e al presidente Fini. L'invito a partecipare era stato inviato alle forze politiche di opposizione, anche non parlamentare, e a tutti i gruppi parlamentari così come a tutte le segreterie di categoria Cgil nonché a Fim e Uilm. Tra le categorie si è presentata solo quella dei Chimici e la Funzione pubblica mentre le forze politiche erano presenti praticamente tutte: Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, Antonio Di Pietro, Cesare Salvi, attuale portavoce della Federazione della sinistra, Franco Turigliatto, portavoce di Sinistra Critica, Roberto Musacchio, di Sinistra e Libertà, Marco Ferrando, portavoce del Pcl. E tutti, con accenti - e credibilità - diversi hanno ribadito una forte solidarietà alla Fiom, alla sua lotta e al suo percorso su Pomigliano. Anche il Pd che oltre a chiedere alla Fiat di confrontarsi con quel 40% di lavoratori che a Pomigliano non ha accettato il suo piano si è detto disposto a inserire il dibattito sulla democrazia sindacale nell'agenda parlamantare. Più esplicito, su questo punto è stato però Di Pietro che ha preso «un impegno preciso» con la Fiom per mettere all'ordine del giorno dei lavori della Camera il progetto di legge. Che prevede il referendum tra i lavoratori per validare definitivamente un accordo, l'estensione delle Rsu a tutte le aziende, anche quelle con meno di 15 dipendenti e il proporzionale puro per l'elezione di queste rappresentanze eliminando la percentuale (33%) riservata a Cgil, Cisl e Uil.
Da sempre in linea con questa posizione le forze di sinistra intervenute hanno concentrato il loro intervento sul caso Pomigliano con Salvi che ha riproposto il discorso un po' classico della democrazia che parte dai luoghi di lavoro per proporre una «forte mobilitazione popolare in grado di unire tutti i conflitti in corso con l'obiettivo di cacciare il governo Berlusconi-Bossi». Dal canto suo Franco Turigliatto, reduce da diversi incontri con i lavoratori Fiat di Mirafiori, ha insistito sul valore dello scontro a Pomigliano come chiave per resistere ai "padroni". «Il No di Pomigliano ha un forte valore positivo perché dice che si può resistere» bastava vedere la contentezza dei lavoratori di Mirafiori che hanno scioperato in solidarietà. In questa chiave la lotta di Pomigliano va estesa e allargata, sapendo che attorno ai lavoratori, attorno a questi fenomeni di resistenza, «si può costruire un'opposizione efficace e utile al governo di Berlusconi, della Marcegaglia e dell'Unione europea che ha dichiarato "guerra" ai lavoratori». Stessa impostazione da parte di Marco Ferrando che, oltre a richiamare le responsabilità del centrosinistra e del Pd in particolare, ha sostenuto che «non si batte Berlusconi senza partire dalla difesa dei diritti del lavoro» salutando il comportamento della Fiom come un'utile atto di «ribellione operaia». Anche Musacchio ha messo l'accento sugli aspetti unitaria ringraziando la Fiom perché «ha permesso alla sinistra di ritrovarsi unita in piazza» e invitando a proseguire in questo senso.
Landini, nelle conclusioni dell'assolato dibattito - in cui hanno preso la parola anche militanti Fiom, il giurista Allevi e il costituzionalista Gianni Ferrara - ha ribadito le posizioni su Pomigliano e sulla democrazia sindacale, sostenendo la determinazione del sindacato metalmeccanico a proseguire una mobilitazione puntuale. Poi tutti a sollevare le decine di scatoloni con oltre 100 mila firme da consegnare, simbolicamente, al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Chiedendosi se gli impegni unitari e la convergenza di accenti e discorsi sarà davvero in grado di stimolare un'iniziativa unitaria delle varie sinistre politiche, sindacali e sociali.

lunedì 5 luglio 2010

L'orgoglio di Pomigliano


Assemblea di 1500 delegati e quadri della Fiom per dire alla Fiat che quell'accordo non si firma. Salta anche l'ipotesi di "protocollo aggiuntivo" proposta da Sacconi mentre da Torino si pensa a come aggirare le resistenze. Da Termini Imerese parte la manifestazione itinerante che si concluderà in un "presidio di massa" a palazzo Chigi


Salvatore Cannavò
(da Il Fatto quotidiano)
La vera novità della giornata, nell'infinita vicenda Fiat, è l'esibizione dell'"orgoglio Fiom". Il sindacato metalmeccanico della Cgil, infatti, ha tenuto proprio a Pomigliano un'assemblea dei delegati del gruppo automobilistico insieme ai grandi gruppi industriali. Un'assemblea che ha ribadito, con forza e anche caparbietà, quanto la Fiom va ripetendo da un mese, e cioè che l'accordo su Pomigliano ha delle zone di incostituzionalità e che pertanto non può essere approvato. Solo che stavolta lo ha ribadito, non con una conferenza stampa o una dichiarazione ma con una manifestazione di circa 1500 tra delegati, segretari locali, dirigenti che hanno "abbracciato" coralmente il proprio segretario generale accolto da un applauso convinto e entusiasta. Chi dava la Fiom per spacciata, ha detto l'assemblea, si è dovuto ricredere e ora l'organizzazione "ribelle" in Cgil è al centro delle attenzioni. E dalle parole di Landini, e poi dal documento conclusivo approvato all'unanimità - quindi anche con il consenso della minoranza interna, i "riformisti" legati a Epifani e Camusso - le indicazioni sono chiare: la Fiom darà il suo assenso a un accordo che si inscrive nell'ambito del contratto nazionale e che non preveda deroghe alla legge e alla Costituzione, non ad altro. E per dare forza a questa linea, l'assemblea ha dato mandato a intraprendere nel mese di luglio un'iniziativa itinerante che partirà, non casualmente da Termini Imerese (stabilimento destinato alla chiusura e che la Fiom vuole difendere) per toccare le maggiori piazze italiane, fino ad arrivare alla presidenza del Consiglio dei ministri. «Faremo un presidio di massa davanti a palazzo Chigi» dice un entusiasta Giorgio Cremaschi.
L'assemblea è servita anche a sgombrare il campo dall'ultima delle opzioni uscita dal cilindro del ministro Sacconi: l'ipotesi cioè di un «protocollo aggiuntivo» all'accordo, da far firmare alla Fiom, in cui si sarebbero "spiegate" meglio le parti controverse, specificando i limiti previsti dalla Costituzione. Una firma che, in casa Fiat, era stata presentata come un "patto di non belligeranza" con la Fiom per raggiungere lo scopo che più sta a cuore all'azienda torinese: evitare il "boicottaggio" della Fiom all'intesa. Solo che una volta visto il testo che, appunto, "spiegava meglio i contenuti dell'intesa" in Fiat hanno detto di no. Ma a dire un no ancora più chiaro è stato ieri Landini e la Fiom tutta, chiarendo di non essere disponibili a nessun "protocollo aggiuntivo" ma solo a un accordo chiaro e in linea con il contratto nazionale. Appunto, "nessuna novità" come viene sottolineato anche in casa Fiat dove, però, sulle intenzioni della Fiom non c'era nessun dubbio e nessuna attesa. Quello che interessa, invece, all'azienda di John Elkanne e Sergio Marchionne è riuscire a sedersi finalmente al tavolo con i quattro sindacati firmatari dell'intesa per arrivare a «implementare» l'intesa stessa. In che modo? L'obiettivo è individuare i modi legali con cui applicare quell'accordo disinnescando l'opposizione della Fiom: e qui le opzioni al momento che circolano sono due. Una nuova società che sostituisca la Fiat e assuma solo gli operai "buoni", ipotesi che non piace a Cisl e Uil; oppure un modo per indurre gli operai di Pomigliano a "controfirmare" l'intesa stessa assicurando così di non contrastarla in fabbrica. E' un'ipotesi che la Fiom teme ma che esclude possa essere realizzata. Per il momento in Fiat la parola d'ordine è "attendere" e quindi l'azienda non si pronuncia.
Chi invece parla dell'assemblea Fiom sono la Cisl e la Uil che, ovviamente, irridono alle posizioni del sindacato Cgil - «non sono queste manifestazioni a portare lavoro a Pomigliano», dice il segretario della Fim, Farina - escludendno qualsiasi tipo di protocollo aggiuntivo e chiedendo invece all'azienda di «decidere rapidamente l'avvio degli investimenti» e di fissare al più presto un incontro.
Anche la nuova segretaria generale designata della Cgil, Susanna Camusso, insiste sul tema dell'investimento perché «il tempo dell'investimento è anche il tempo della ricostruzione di una soluzione condivisa da tutti». Dal lato Fiat si conferma che la prossima fase sarà proprio quella che prevede l'avvio dell'investimento ma non si fa mistero che la soluzione di "tamponamento" della Fiom non è stata ancora trovata. E questo, ancora per il momento, dà forza alla Fiom, come dimostra l'assemblea di ieri, in particolare i combattivi interventi dei vari delegati o la scelta di far parlare gli immigrati di Rosarno, e come dimostra il luglio "di lotta" che Landini ha delineato. Compreso lunedì prossimo quando a Montecitorio la Fiom depositerà le oltre 50 mila firme raccolte in calce alla sua legge di iniziativa popolare per una normativa chiara sulla rappresentanza sindacale.