sabato 27 febbraio 2010

Parte la campagna "le nostre vite valgono più dei loro profitti"!


La crisi non è finita. A dispetto delle menzogne degli uffici studi, degli organismi internazionali, del governo Berlusconi, la crisi economica globale non è finita e gli effetti drammatici su lavoratricie lavoratori sono appena iniziati.Ma cos’è questa crisi? Ci hanno raccontato che è tutta colpa di banchieri cattivi che hanno messo in difficoltà la “sana” economia e gli imprenditori produttivi con le loro speculazioni finanziarie.La realtà è un po’ differente. Non ci sono imprenditori “buoni” e speculatori “cattivi”: la finanziarizzazione dell’economia e le speculazioni borsistiche sono state uno strumento che il capitale nel suo insieme ha utilizzato per aumentare i profitti attaccati negli anni ‘60/’70 dalle conquiste operaie e sociali e dalle diverse condizioni di scambio internazionali.Per abbattere quelle conquiste il padronato ha utilizzato tutti i mezzi per imporre il proprio dominio: ristrutturazioni e delocalizzazioniproduttive, distruzione delle tutele giuridiche del lavoro, precarizzazione, divisione tralavoratori nativi e migranti…Oggi la crisi continua, e continua l’uso della crisi da parte dei padroni che espellono migliaia di lavoratori dalla produzione, riducono i diritti e aumentano lo sfruttamento di chi lavora. La speculazione sulle aree è lo strumento più diffuso dell’uso padronale della crisi, favorito dallepolitiche governative – che dagli Stati uniti all’Europa (e all’Italia)hanno iniettato ingenti aiuti finanziari proprio alle banche e agli stessi responsabili della crisi - e dalla sostanziale acquiescenza della minoranza parlamentare.E sono proprio i Marchionne di turno – salutati anche a sinistra come imprenditoria “progressista”– a fare il lavoro più sporco e a insegnarci cosa sia il capitalismo italiano: acquisire nuove impresesenza tirar fuori un soldo; chiudere stabilimenti interi scaricandone i costi sociali sul bilanciodello Stato; aumentare comunque carichi e ritmi di lavoro negli stabilimenti ancora in funzione; utilizzare cassa integrazione insieme a straordinari in nome della flessibilità; e distribuendo cospicuidividendi ai propri azionisti utilizzando i finanziamenti pubblici.Così sono capaci tutti di fare gli imprenditori!E intanto continuano le appropriazioni private dei beni comuni e pubblici, e anche la pesante epericolosa crisi ambientale diventa occasione di nuovi profitti con il “capitalismo verde” e il mercato delle emissioni.Decisamente questo sistema economico e sociale che sfrutta senza pietà lavoratrici e lavoratori, checrea milioni di disoccupati, lavoro nero e una precarietà dilagante, che taglia la spesa sociale e che usa le risorse dello stato per garantire i profitti ai privati e socializzare le perdite, non è accettabile.

Davvero le nostre vite – sempre più a rischio - devono valere più dei loro profitti!

martedì 23 febbraio 2010

Spegni la censura, accendi blackout



Questa mattina la polizia perquisisce Radio Blackout di Torino, sequestra gli hardisk e il telefono cellulare. Per più di un'ora viene oscurato anche il segnale radio. «Una operazione di polizia inconsistente volta a criminalizzare l'Assemblea Antirazzista Torinese che da mesi protesta contro i Cie», dice la redazione

da Radio Blackout
Nel pieno della campagna «spegni la censura, accendi blackout!», ad un mese dalla scadenza prevista del contratto d’affitto con cui Chiamparino cerca di mettere a tacere una storica voce libera e indipendente della città, Radio Blackout subisce questa mattina un nuovo attacco censorio e intimidatorio.Con la scusa di un’operazione di polizia inconsistente, volta a criminalizzare l’Assemblea Antirazzista Torinese, che da mesi organizza appuntamenti pubblici di protesta contro l’orrore dei centri di identificazione ed espulsione, la radio viene di fatto sequestrata per più di 6 ore, impedendoci di andare in onda con il nostro consueto palinsesto di quotidiana contro-informazione. Per più di un’ora è stato anche staccato il segnale radio. Messi sotto sequestro apparecchiature informatiche fondamentali per la quotidiana attività della radio.La nuova «grande operazione», fatta di 23 perquisizioni, 3 arresti «cautelari» in carcere e altre 3 custodie ai domiciliari è costruita, ancora una volta, su reati di scarsissima rilevanza penale: insulti, reati contro il patrimonio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale e una generica associazione a delinquere. Tre dei colpiti da questi provvedimenti sono nostri redattori.A ordire la trama contro i «nemici pubblici», il sostituto Pm Andrea Padalino, già salito agli onori delle cronache per la proposta razzista di rendere obbligatorie le impronte digitali per gli/le immigrati/e.Radio Blackout non si è mai sottratta dal denunciare pubblicamente con la propria attività informativa le ossessioni xenofobe di questo pubblico ministero. Non ci stupisce che con la dilatata perquisizione mattutina della nostra sede èe con l’operazione tutta] il Pm in odore di carriera cerchi anche una personale vendetta.L’indagine si sgonfierà presto, il tutto si risolverà ancora una volta in un nulla di fatto. Ma intanto, attraverso la scusa di misure «cautelari», s’imprigionano e zittiscono le voci scomode. Per parte nostra diamo tutta la nostra solidarietà agli arresati e denunciati. Come mezzo di comunicazione libero e indipendente denunciamo la pretestuosità di un attacco che giudichiamo censorio e intimidatorio. Un attacco che, guarda caso, cade in un momento particolare della vita di Radio blackout e della stessa città di Torino.Mentre si preparano le elezioni regionali e l’ostensione della sindone, le contraddizioni che attraversano la città e il territorio circostante restano tutte aperte: crisi, disoccupazione, casse integrazione che volgono al termine, l’opposizione popolare all’Alta Velocità, le ribellioni dentro i Cie, il massacro della scuola pubblica. Si cerca insomma di normalizzare una delle poche voci libere della città.Ma Radio Blackout non si fa intimidire e rilancia: la data di scadenza sul tappo continuiamo a non vederla… Spegni la censura, accendi Blackout!

domenica 21 febbraio 2010

1° marzo 2010. Giornata di lotta dei migranti



Il razzismo del “pacchetto sicurezza” del Governo si combina con la crisi
provocata dalle banche e dai padroni dopo anni di profitti.
Il razzismo e la crisi sono le due facce della stessa medaglia: lo
sfruttamento del lavoro migrante. La colpa della crisi è dei banchieri, dei
poteri finanziari, di chi da sempre si arricchisce sfruttando il lavoro di altri, di chi
si è arricchito con le speculazione finanziarie, di chi ha voluto un’economia
mondiale fasulla che distrugge l’ambiente e affama l’80% della popolazione
mondiale. Per i loro profitti hanno prodotto nuove guerre coloniali, distrutto le
economie locali, sfruttato le risorse naturali, costretto alla fuga dalla propria
terra milioni di persone.
Il governo italiano è, più che mai, al servizio di questi banchieri, finanzieri
e speculatori. Per nascondere il proprio fallimento e il fallimento delle politiche
dei potenti, vuole far credere che se gli italiani stanno male la responsabilità è
degli immigrati.
L’obiettivo è di ricattare i lavoratori immigrati per costringere a peggiori
condizioni di lavoro di tutti: italiani e immigrati, regolari e irregolari.
Per queste ragioni, in questi anni, centro-destra e centro-sinistra hanno fatto
a gara per varare leggi che sfruttassero meglio il lavoro migrante. Per
rendere sempre più precari i migranti. Una legge razzista come la Bossi-Fini
è sempre in vigore e nessuno l’ha abolita.
È ora di dire basta! Sinistra critica sostiene e appoggia la giornata di lotta dei migranti del primo
marzo indetta da diverse associazioni migranti e antirazziste. La giornata, che in altre città
prenderà la forma di un vero e proprio sciopero, avrà come protagonisti sin dalle prime ore del mattino
innanzitutto i lavoratori migranti delle fabbriche, delle cooperative e dei servizi.
E’un’occasione importante per gli immigrati per difendere i loro diritti e per gli italiani di unirsi nella
difesa dei propri compagni di lavoro e quindi anche di se stessi. Gli immigrati non sono il “nemico”.
Non lottare per i diritti e a fianco degli immigranti significa privarsi del sostegno di centinaia di
migliaia di donne e uomini nella lotta comune per il salario, per i servizi sociali, per una società
più democratica e più giusta.
Per il ritiro dei provvedimenti razzisti del Governo e dei Comuni
Per la libertà di circolazione dei migranti
Per l’accoglienza di tutte e tutti e la chiusura dei CIE
Per l’unità delle lavoratrici e dei lavoratori migranti e italiani
Per una sanatoria di tutti i migranti presenti sul territorio: permesso per tutti !
Le nostra vite valgono più dei loro profitti!!!
Lunedì 1° Marzo 2010
Manifestazione davanti a Porta Nuova
Ore 17
Il colore scelto per la giornata di protesta è il giallo: metti un nastro giallo sul tuo
balcone, la tua auto, al braccio.
Sinistra Critica

venerdì 19 febbraio 2010

COMUNICATO SINISTRA CRITICA


A FIANCO DEL MOVIMENTO NO TAV, CONTRO L’AGGRESSIONE POLIZIESCA E CHI LA SOSTIENE

Sinistra Critica esprime la propria piena solidarietà ai militanti No Tav feriti dalle brutali cariche della polizia e a tutto il movimento della Val Susa impegnato nella sacrosanta battaglia per difendere il futuro del proprio territorio dalla voracità capitalista delle imprese costruttrici e dalle forze politiche dei due schieramenti che in modo bipartisan le sostengono e vogliono ad ogni costo imporre un progetto insensato che serve solo a foraggiare coi soldi pubblici le lobby del cemento e dell’asfalto.
Denuncia il comportamento aggressivo e antidemocratico del governo e delle forze di polizia che in totale disprezzo della volontà della popolazione vuole imporre con la forza le proprie scelte.
Ma denuncia nello stesso tempo il comportamento delle forze locali e nazionali del PD che si sono schierati vergognosamente e senza pudore con la repressione poliziesca.
Esse non sono solo complici del governo, ma col loro totale impegno a favore della TAV sono anche pienamente corresponsabili, sul piano politico e pratico, di quanto sta avvenendo; sono infatti in prima fila, coadiuvati dai mass media, fianco a fianco con la destra di Cota, nel cercare di sconfiggere il movimento sociale e democratico della Valle.
In questo quadro di aggressione al movimento di lotta, appare ancor più incomprensibile e contraddittoria la posizione di quelle forze della sinistra che difendono il movimento NO TAV e nello stesso tempo sono alleati politici con chi lo attacca.
Sinistra Critica sostiene e partecipa alla fiaccolata di Bussoleno e invita all’unità dei movimenti sociali e del movimento dei lavoratori per battere i progetti padronali, per la difesa dell’ambiente e dell’occupazione.

Le nostre vite valgono più dei loro profitti!

Le botte e la resistenza in Val di Susa



La polizia manganella furiosamente e spedisce un ragazzo e una signora all'ospedale. Ma la mobilitazione non si ferma. «Pensano di piegarci ma noi andiamo avanti». Oggi conferenza stampa e domani fiaccolata

di Emiliano Viti


Il Governo vuole risolvere la questione Torino-Lione a suon di manganellate. Il cambio di registro si è visto ieri notte quando le forze dell'ordine hanno caricato a freddo. Già il giorno prima, a Coldimosso, i no Tav avevano contestato il posizionamento di una nuova trivella. Ma nel tardo pomeriggio del 17 Febbraio, dai presidi di S.Antonino e Susa sono partite decine di manifestanti verso Coldimosso, tra Bussoleno e Susa, dove sono all'opera le ruspe per il sondaggio S72.Come già visto per il posizionamento delle altre trivelle, lo spiegamento di forze dell'ordine è imponente. I No Tav riescono ad aggirare il blocco sulla statale passando per le vie dei boschi, arrivando così in pochi minuti a 10 metri dal cantiere. Dopo qualche slogan e il lancio di qualche palla di neve, il vicequestore Spartaco Mortola, tristemente noto per i fatti del G8 di Genova, ordina ai suoi uomini di caricare. La determinazione dei manifestanti mantiene il presidio davanti al cantiere.Intanto, le forze dell'ordine chiudono completamente la SS24 e l’autostrada con più blocchi per impedire ad altri manifestanti di raggiungere il luogo della trivella. Le cariche si fanno man mano più pesanti con veri e propri inseguimenti. Due sono i feriti gravi trasportati all'ospedale le Molinette: un corrispondente di RadioBlackOut, in prognosi riservata, e una signora che forse rischia di essere operata, per un forte colpo al basso ventre. Nella conferenza stampa di stamattina, 18 Febbraio, i No Tav hanno dichiarato: ”Ciò che è successo si commenta da solo. Questo è un Governo che non cerca affatto il dialogo con le istituzioni locali ma impone con la forza le proprie decisioni!”. “Il Governo comincia ad essere particolarmente nervoso.” - spiega Lele dei No Tav - “Pensavano di prendere per stanchezza il movimento, invece in Val di Susa la resistenza prosegue e per ogni trivella posizionata continua la mobilitazione popolare. Ad oggi su 91 sondaggi, solo 13 sono iniziati. Lo ribadiamo, sono solo sondaggi mediatici”. Fu il Governo a dichiarare che i "sondaggi saranno fatti di giorno con il consenso della popolazione". Tutto il contrario.
La mobilitazione in Valle dunque prosegue, per domani è indetta una fiaccolata alle ore 18:00 da Coldimosso fino a Bussoleno. Come dicevano le manifestazioni NoTav: "Sarà Dura". Lo sarà soprattuto per chi vuole chiudere la partita Torino-Lione come se fosse un problema di ordine pubblico. 


lunedì 15 febbraio 2010

CONTRO LA CRISI UNIRE LE LOTTE


Le nostre vite valgono più dei loro profitti

Costruiamo un movimento contro la crisi e il razzismo, all'insegna dell'unità e della radicalità, per battere Marchionne e Marcegaglia, Berlusconi, Gelmini e Tremonti,
le multinazionali di casa nostra e quelle di oltreoceano.
Sinistra Critica lavora per una sinistra alternativa anticapitalista, capace di promuovere ed essere riferimento del conflitto sociale, alternativa alla destre e al Pd, che rilanci la lotta al berlusconismo sul piano dell’opposizione alle sue politiche e che ricostruisca pazientemente la capacità di stare nei luoghi di lavoro e nei quartieri e di parlare con la voce dei bisogni e degli interessi di lavoratrici/lavoratori italiani e migranti

Venerdì 19 febbraio ore 21
Sala dell’Antico Macello
via Matteo Pescatore angolo via Vanchiglia
INCONTRO con gli esponenti dei movimenti sociali

Introduce Gippò Mukendi
Intervengono: Alessandra Algostino università di Torino,

Ezio Elia delegato New Holland,

Luca Gabriele del collettivo lavoratori Comdata,

Pasquale Loiacono delegato Fiat Mirafiori,
Ezio Bertok del comitato No Tav Torino
Elena Sargiotto del comitato acqua pubblica,

Graziella Sillipo del comitato contro il nucleare,

conclude Franco Turigliatto portavoce nazionale di Sinistra Critica

sabato 6 febbraio 2010

Solidarietà con i lavoratori e le lavoratrici in lotta


A fianco dei lavoratori dell’Alcoa, dell’Eutelia, della Fiat, di tutte le fabbriche grandi e piccole dove gli operai lottano per difendere il loro diritto al lavoro.

Unire le lotte per battere Marchionne e Marcegaglia, Berlusconi e Tremonti, le multinazionali di casa nostra e quelle di oltreoceano

Solo attraverso una durissima lotta e piantando le tende sotto Palazzo Chigi i lavoratori dell’Alcoa sono riusciti a tenere aperta una partita che coinvolge duemila operai e le loro famiglie in una regione la Sardegna, attraversata da una crisi produttiva ed occupazionale più grave ancora di quella che attanaglia tutto il paese; lo hanno fatto contro una multinazionale arrogante e violenta e di fronte a un governo inattivo, che solo all’ultimo, è stato obbligato a muovere qualche timido passo, per altro del tutto indefinito.

Così come è stata la lotta - più di un anno- delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Eutelia/Agile a impedire la loro sconfitta, massicci licenziamenti e imponendo all’esecutivo di convocare a una trattativa tutte le parte interessate in questo duro scontro sociale e sindacale.

Due vicende esemplari che sono la punta dell’iceberg di una crisi economica dirompente e dell’utilizzo che ne fanno i padroni: più di due milioni di disoccupati, un ricorso alla cassa integrazione senza precedenti, centinaia di fabbriche in lotta contro la chiusura, per bloccare i licenziamenti e le delocalizzazioni delle produzioni, le speculazioni delle aree.

Vicende esemplari che rivelano la natura del sistema capitalistico; in nome del profitto, le persone, le loro vite, il futuro di interi territori non dovrebbero valere più nulla. Il capitalismo, il dio mercato considerano i lavoratori come limoni usa e getta, pretendono e prendono i soldi pubblici per distribuire dividendi agli azionisti, chiedono ed ottengono con una legge dopo l’altra sempre maggiori sgravi fiscali fino alla vergogna dello scudo fiscale per evasori e bancarottieri; usano i finanziamenti dello stato per ristrutturare e licenziare e, quando si presenta una occasione più redditizia di investire il capitale, non esitano a chiudere da un giorno all’altro una azienda e a spostarsi in altri paesi, o più semplicemente a tirare giù la serranda perché vogliono a speculare sulla rendita fondiaria delle aree interessate.

Per questo noi diciamo: “tutto questo è inaccettabile: le nostre vite valgono più dei loro profitti”.

Per questo affermiamo con forza la necessità di unire le lotte e di costruire un vasto movimento unitario dal basso di mobilitazione e resistenza per creare i rapporti di forza per battere le forze padronali, quel movimento che le forze sindacali confederali non hanno voluto colpevolmente costruire, o perché del tutto complici del padronato e del governo, o perché vogliono limitarsi a una opposizione formale nella speranza di riconquistare l’agognato tavolo della concertazione.

Non sarà il richiamo ipocrita di un papa reazionario, nemico delle donne, che chiede ai padroni di essere buoni, (come chiedere a una tigre di diventare vegetariana) a salvare la classe lavoratrice, ma solo una mobilitazione ampia e prolungata.

E per questo non basta una scelta di resistenza, vogliamo proporre una piattaforma di lotta per ribaltare i rapporti di forza.

Lo abbiamo già fatto con la legge di iniziativa popolare depositata in parlamento lo scorso anno, proponendo salari minimi di 1.300 euro al mese per legge; salario sociale e minimi previdenziali di 1.000 euro al mese; una nuova scala mobile; il recupero del fiscal drag; pagati dai profitti e dalle rendite.

Proponiamo oggi una piattaforma di lotta per difendere i posti di lavoro e le attività produttive:

* Bisogna imporre il blocco dei licenziamenti, occorre ridistribuire il lavoro esistente tra tutti quelli che ne hanno bisogno, riducendo l'orario di lavoro a 32 o a 30 ore a parità di salario;

* di fronte ai licenziamenti e alla chiusura delle aziende non ci si può far fermare dalla “sacrosanta” proprietà privata, occorre la requisizione dell’imprese, devono passare in mano pubblica con il rilancio o la riconversione delle loro attività e con un controllo democratico da parte di lavoratori e lavoratrici, (le esperienze di autogestione dei lavoratori argentini che salvarono numerose aziende, possono essere un esempio). E questo deve valere per qualunque azienda, tanto più per quelle della Fiat, che rimane la struttura industriale portante del paese.

Per fare tutto questo serve una nuova struttura pubblica, capace di intervento finanziario e di riorganizzazione produttiva; per farci capire, serve una nuova IRI, democratica, non carrozzone burocratico in mano ai boiardi pubblici, ma ente sottoposto al controllo sociale dei lavoratori e dei cittadini.

* una difesa e un allargamento dei diritti di un proletariato che non è più solo bianco e non è solo maschile. Questo significa prima di tutto una regolarizzazione permanente per le lavoratrici e i lavoratori immigrati e una lotta al lavoro nero e clandestino, attraverso il divieto dei subappalti e la requisizione di tutte le imprese che utilizzano lavoro nero e schiavistico;

* è indispensabile l'istituzione di un salario minimo intercategoriale e forti aumenti di salari e pensioni e un reddito dignitoso per tutti i periodi di non lavoro; mentre le tutele dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori vanno estese a tutti;

Uniti con una piattaforma rivendicativa forte si può avere la forza per far valere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

venerdì 5 febbraio 2010

Francia, la sinistra e il velo


L'Npa di Besancenot candida in una lista delle regionali una ragazza con il velo. «Condivide la nostra battaglia per una società anticapitalista, femminista e internazionalista» dicono i portavoce dell'organizzazione. Ma la stampa e il resto della sinistra vanno all'assalto. Leggi il dibattito tradotto dal sito Mediapart.fr


Il Nuovo partito anticapitalista (Npa) di Olivier Besancenot è oggetto di diverse critiche da parte della stampa, della sinistra e da qualche esponente interno, per aver annunciato la presentazione di una candidata con il velo alle prossime elezioni regionali. «Si tratta di una ragazza che porta un leggero velo, un foulard, e che è candidata dal collettivo locale di Vaucluse, nella regione Paca» ha detto Pierre François Grond, portavoce nazionale della campagna elettorale. L'Npa ha spiegato che la scelta «del collettivo del Vaucluse è stata fatta dopo un dibattito serio e complesso». La candidata è «una militante femminista, anticapitalista, internazionalista che ritiene di indossare il velo in ragione delle proprie convinzioni religiose». «La fede - ha aggiunto - è una questione privata che non può fare ostacolo alla partecipazione alla nostra lotta una volta che i fondamentali laici, femministi e anticapitalisti del nostro partito sono sinceramente condivisi».
Nel dare la notizia, Le Figaro aveva fatto dire a Besancenot che «si può essere femministe, laiche e portare il velo», affermazione che lo stesso Besancenot ha dovuto smentire con forza precisando che Ilham è semplicemente la prova che «si può essere nel Npa e portare il velo» e che l'Npa non rinuncia in alcun modo al suo carattere femminista, internazionalista e laico». «L' Npa è un partito che lotta contro ogni forma di oppressione e di esclusione. Un dibattito sull'emancipazione e sul ruolo della religione - e di tutte le forme di espressione - esiste e costituirà un punto del prossimo congresso».
La scelta del Npa è stata presa d'assalto dal resto della sinistra, per non parlare della destra. A muoversi per prima Le Monde, che ormai conduce una campagna sistematica per marginalizzare il partito nato dallo scioglimento della Lcr, subito seguita da Martine Aubry, segretaria del Partito socialista che ha detto che il suo partito «non avrebbe mai accettato» sulle proprie liste una donna velata perché «è la manifestazione di una religione che deve restare dominio privato e che non deve entrare nel campo della Repubblica». Per il partito di Sarkozy, l'Ump, la scelta è «una provocazione» mentre per Jean-Luc Mélenchon del Parti de gauche, alleato del Npa in alcune regioni, si tratta di un «errore».

Dal sito Mediapart.fr, giornale online di sinistra e indipendente, pubblichiamo alcune posizioni su questo tema


Candidata anticapitalista e con il velo? Perché no!
Ilham Moussaïd ha militato all'interno di un collettivo contro l'occupazione di Gaza, poco più di un anno fa. Molto attiva vi incontra dei militanti del Npa. A partire dalla causa palestinese e dal boicottaggio dei prodotti israeliani, prende coscienza dei problemi strutturali posti dal capitalismo: le guerre per il petrolio, ma anche l'oppressione delle donne, il razzismo, l'ecologia...
Diviene un'aderente del Npa nel dipartimento di Vaucluse e anche tesoriera. Come molti altri militanti anticapitalisti, Ilham è arrivata alla critica del capitalismo a partire dal proprio impegno in una lotta specifica, in questo caso la Palestina, prima di vedere i legami tra questa lotta specifica e le altre lotte. Nell'Npa incontra delle femministe, degli ecologisti, dei sindacalisti..
Questi incontri sono stati ricchi. Personalmente ho molto appreso su cosa sia la discriminazione nei confronti di un giovane arabo nato in Francia o l'importanza che riveste il boicottaggio per la lotta sulla Palestina. E penso che lei abbia anche scoperto questioni come l'ecologia o il sindacalismo. Sono legami che fanno la ricchezza di un anticapitalismo rinnovato che permette di vedere le connessioni tra la guerra in Medioriente, il ruolo strategico del petrolio, l'effetto serra e l'islamofobia montante in occidente.
E' in queste discussione che mi sono accorto che il capitalismo, la mercificazione di tutti i rapporti sociali o la concorrenza di tutti contro tutti entrano alla fine in contraddizione con una fede che mette al centro della sua dinamica il dono e lo scambio. A questo riguardo non vedo perché la fede sarebbe un motore d'impegno meno legittimo che una presa di coscienza ecologista alla moda Avatar versione bobo...
Insomma, avrebbe dovuto essere abbastanza normale che Ilham fosse proposta dal suo comitato per essere su una lista del Npa alle regionali, piuttosto normale. Perché ho dimenticato di ricordare finora che Ilham porta il velo! Ora, nella Francia del XXI secolo portare il velo pone grandi preoccupazioni. E così, di colpo, un dibattito si è acceso all'interno del Npa su questa questione e esplode sui media nazionali.
Che pensare di questo fastidio all'interno del Npa e dello scatenarsi all'esterno contro "l'islamo-gauchisme". Innanzitutto, è la prova dell'oppressione specifica che discrimina i musulmani. I cattolici hanno avuto da tempo un'azione politica senza che questo desse fastidio: Abbé Pierre, Gaillot...Inoltre, questa oppressione tocca ancora di più le donne...alla fine un uomo musulmano credente non attirerebbe certi fulmini. Da anni, due argomenti sono utilizzati nel dibattito sulla questione del velo: il femminismo e la laicità.
Sul femminismo, è totalmente incomprensibile, una donna entra in politica, parla in pubblico, si presenta alle elezioni e glielo si vorrebbe impedire perché crede in Dio e lo vive alla sua maniera! Bella prova di femminismo, ancora un segno in cui l'importante è scegliere per le donne come devono vestirsi convenientemente. Donna emancipata nella versione occidentale ma non troppo quando si traduce nella maniera di Viginie Despentes o Lisbeth in Millennium. Peraltro, potete essere sicuri che una donna in minigonna di pelle, aggressiva, attirerebbe rapidamente gli stessi strali. C'è dunque del sessismo oltre che dell'islamofobia a voler mettere all'indice una ragazza velata.
La laicità nel senso nobile è che le credenze di ognuno e ognuna possano essere rispettate. In Francia, la laicità si è costruita soprattutto contro il potere della Chiesa cattolica. Questo immenso potere assicurava la legittimità del potere politico, opprimeva larghi settori della società. La lotta di emancipazione contro questo potere oscurantista da parte di una minoranza era necessario. Ma non al punto di fare l'equazione tra chiesa=oppressione=credenza. Non confondiamo la pratica di milioni di abitanti e il potere politico di una chiesa. La spiritualità fa parte dell'esistenza umana. Certi credono di aver superato questo stadio. Ma è falso. Hanno solo rimpiazzato un dio con un altro Dio (denaro, potere, calcio...) e norme morali con altre norme morali. La vera emancipazione consiste nello scegliere nella propria vita le azioni e i referenti morali che ci si adattano. E provengono dalla nostra fede, dalla nostra educazione, dalla nostra cultura e dalle nostre esperienze. Non dobbiamo giudicare quelle altrui ma possiamo giudicarli per i loro atti.
Ecco il vero materialismo emancipatore.
Personalmente mi sento più vicino alla militante per la causa palestinese, velata che a un direttore di Carrefour, che oltre a vendere merci prodotte dagli israeliani sul suolo palestinese, sfrutta i suoi dipendenti, tormenta le cassiere e viaggia in Bmw. Ho più pregiudizi negativi verso questi possidenti cinici dal paracadute dorato che verso quelli e quelle che lottano al nostro fianco contro questo sistema.

Npa, candidata velata: sono perplesso...
Le Figaro ha rivelato la presenza di Ilham Moussaïd, candidata con il velo (di fatto un foulard) sulla lista del Npa nel Vaucluse (regione Paca). Interpellato su questo Olivier Besancenot ha assicuramente che si può essere "femminista, laica e velata".
Pierre-François Grond, portavoce nazionale per le regionali aggiunge: «Assumiamo la decisione del gruppo locale di presentare Ilham Moussaïd ma non facciamone un caso perché è una candidata tra gli altri» e spiega «questo non cambia in niente la nostra analisi dei simboli religiosi come simboli di oppressione».
Certo, «non è un affare nazionale né una bandiera» e mai la Lcr o l'Npa hanno chiesto dei certificati di miscredenza. Lo posso testimoniare per aver incontrato molti cristiani, addirittura preti, all'interno della Ligue. Per quanto riguarda i tanti ebrei che sono all'origine di questa formazione politica, si tratta di atei irriducibili-
Già nel 2004, durante il dibattito sul velo a scuola, la Lcr era stata attraversata da un dibattito che aveva creato qualche disagio, certo marginale, all'interno.
La pubblicità che i grandi media accordano alla presenza di Ilham Moussaïd su una delle liste per le prossime regionali non è ovviamente innocente. Nel pieno del dibattito (odioso) sulla “identità nazionale” e sul Burqa (di fatto, il velo integrale) la manovra è grossolana così come il libro di Renaud Dély su Besancenot. E' tutto dire.
Ciò non mi impedisce di essere perplesso e di attendere il prossimo congresso del Npa, in novembre, che discuterà, tra gli altri punti, di “religione e emancipazione” per decidere se rimanere membro o no.

martedì 2 febbraio 2010

Con le lavoratrici e lavoratori Fiat per difendere l’occupazione


Sinistra Critica solidarizza e sostiene lo sciopero delle lavoratrici e dei lavoratori della Fiat per difendere l’occupazione e per battere la tracotanza di Marchionne e di una azienda che dopo aver preso una quantità incalcolabile di soldi dallo stato ( ancora negli ultimi mesi con la rottamazione), pretende di chiudere Termini Imerese. Oggi è lo stabilimento siciliano a essere preso di mira, ma non c’è certezza per nessuno, domani può essere Pomigliano o Mirafiori. I capitalisti pensano solo a far profitti e non alle persone concrete che lavorano e che faticano a campare coi modesti salari che ricevono.

Nessun stabilimento Fiat Auto e veicoli commerciali e industriali deve essere chiuso. Il lavoro deve essere distribuito tra tutti i siti produttivi.
Riduzione dell’orario a parità di salario e 32-30 ore settimanali in tutti gli stabilimenti, anche attraverso l’uso dei contratti di solidarietà. Nella tripartizione degli oneri per le ore ridotte che la legge prevede a carico di imprese, stato e lavoratori, va posta a totale carico di imprese e stato la quota spettante ai lavoratori, perché non possono veder ridotti i loro già bassissimi livelli salariali.
Basta coi finanziamenti pubblici a perdere ai privati.
Requisizione delle imprese che chiudono, a cominciare da quelle speculano sulle aree e che delocalizzano e loro riorganizzazione con il controllo di chi ci lavora.

Unifichiamo le lotte. Le nostre vite valgono più dei loro profitti

I militanti di Sinistra Critica saranno presenti domani mattina alla porta 2 di Mirafiori per sostenere la mobilitazione dei lavoratori Fiat.

SINISTRA CRITICA TORINO

Torino 2 febbraio 2010