mercoledì 28 maggio 2008

Più che un cpt, un canile

A Torino esplode la polemica sulla morte di un «trattenuto» nel «nuovo» centro di via Brunelleschi. I compagni accusano: non lo hanno soccorso. Il capo della Croce Rossa: gli immigrati sono abituati a mentire
Gianluca Gobbi
Torino

«Qui siamo come in un canile...tutti abbaiano ma nessuno vuole sapere niente!» Il commento è di Mohammed, iracheno di Falluja «trattenuto» al cpt perché privo di permesso di soggiorno e compagno di destino - cella due, zona rossa - di Hassan Nejl, il 38enne immigrato magrebino morto all'interno della struttura nella notte tra venerdì e sabato in circostanze tutte da chiarire. L'autopsia disposta dal sostituto procuratore Sandro Ausiello è chiamata a confermare se sia stata fatale una polmonite fulminante e soprattutto a identificare l'ora del decesso. Mohammed non si stanca di ripetere ai cronisti che bisogna tornare a venerdì quando Hassan sta male, ha la febbre alta, tanto che alle 15 viene visitato dal medico di guardia, nell'infermeria della Croce Rossa «ma forse pensano sia una cosa leggera... gli danno una medicina senza nemmeno verificare se possa essere allergico». Così - prosegue la sua testimonianza - la situazione peggiora ma nonostante molti dei 60 «trattenuti» nel cpt si avvicinino alle grate fermando il primo operatore che passa, la risposta è sempre la stessa: «Il medico arriverà domattina alle 8». Mohammed conclude: «A mezzanotte e quarantacinque gridiamo tutti» ma un addetto della Croce Rossa ripete lo stesso ritornello. La mattina dopo Hassan è senza vita «con la bava alla bocca e le mani di color bluastro». Il che - spiega l'europarlamentare di Rifondazione comunista (e medico) Vittorio Agnoletto - «potrebbe deporre per una situazione di ipossia» e alla mancanza di ossigeno forse si poteva porre rimedio «già in infermeria».
Agnoletto, al termine della visita, conferma che nel cpt rimane una forte tensione, sfociata subito dopo la notizia della morte di Hassan nella decisione di iniziare lo sciopero della fame e dei farmaci e nel rovesciare in cortile tutti i materassi. La sua impressione è che «quanto raccontato dai detenuti corrisponda alla realtà» perché le persone con cui ha parlato (pronte a testimoniare di fronte agli inquirenti) si trovano in sezioni diverse ma le loro dichiarazioni coincidono. «Può essere verosimile - prosegue Agnoletto - che dopo il tentativo di fuga dal cpt effettuato senza successo quella sera si sia sottovalutato l'allarme, ma non dovrebbe mai succedere quando c'è di mezzo la vita umana». Infine l'appello al magistrato perché «nessuno dei testimoni sia spostato dal centro o allontanato dall'Italia prima che abbia rilasciato le sue dichiarazioni ai magistrati, alla presenza di un interprete per garantire la sicurezza dei procedimenti». Certo brucia il commento del responsabile cpt della Croce Rossa, il colonnello Antonio Baldacci, che ha invitato a non dare troppo peso alle parole degli immigrati «perché sono abituati a mentire, a partire dalla data di nascita e dalla nazionalità, vogliono creare il caos. Nel caso specifico, il servizio medico è garantito 24 ore su 24, non ci sono state richieste di aiuto e alle 3 di sabato mattina gli operatori delle pulizie hanno notato che tutti dormivano».

articolo tratto dal "manifesto.it"

martedì 27 maggio 2008

La lotta per il salario, perchè no?

ASSEMBLEA PUBBLICA
mercoledì 28 maggio alle ore 21
Centro di Incontro Vanchiglietta
Corso Belgio 91
intervengono, tra gli altri
PINO LAROBINA, lavoratore ex Fiat Ricambi ADRIANO ALESSANDRIA, lavoratore Lear
ENNIO AVANZI, movimento migranti Torino conclude
FRANCO TURIGLIATTO

www.sinistracritica.org sinistracriticatorino@yahoo.it
sede: via santa giulia 64 tel: 0118177972

Le tre confederazioni sindacali, senza una vera consultazione e senza alcun vincolo di mandato, hanno varato un progetto di riforma della contrattazione che nei fatti propone lo smantellamento del contratto nazionale di lavoro, lo scambio tra salario e produttività e apre la strada alle famigerate gabbie salariali, abolite 40 anni fa dalla lotta dei lavoratori.

Tutto il contrario di quel che dovrebbe fare un sindacato che abbia veramente a cuore gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici e che voglia reagire a una Confindustria che punta a far saltare il contratto nazionale.Tutto il contrario di quel che si dovrebbe fare per avere una divisione della ricchezza nazionale meno ingiusta di quella attuale.

I dati parlano da soli e indicano una classe lavoratrice sempre più in difficoltà sul piano salariale Mentre i profitti nel corso degli ultimi 20 anni sono passati del 23 al 31,3%, i salari hanno conosciuto un vero crollo: 120 miliardi ogni anno sono passati dalle tasche dei lavoratori a quelle dei padroni. Ciascun lavoratore dipendente si trova alla fine dell’anno con 7 mila euro in meno.
Per reagire a questo furto serve non meno, ma più contratto nazionale, l’unità di tutti le lavoratrici e lavoratori, contro le divisioni che fanno il gioco dei padroni e dei politicanti in mala fede.

Forti aumenti per salari e pensioni,
salario minimo intercategoriale di 1300 euro,
un salario sociale per i disoccupati, una nuova scala mobile,
l’abolizione delle leggi che condannano alla precarietà,
servizi pubblici di qualità e accessibili a tutti, a partire da scuola e sanità.

E poi c’è un governo che, dopo aver fatto finta di prendersela con i banchieri e petrolieri, si guarda bene dall’infastidire i capitalisti, a cui viene data anzi la possibilità usare liberamente lo straordinario, incentivando così il peggioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza., quando invece ai lavoratori servirebbe la restituzione del drenaggio fiscale e un abbassamento delle tasse sul reddito complessivo.

Un governo che vara misure feroci e liberticide contro migranti, rom e movimenti sociali di lotta, promettendo galera per tutti; sono misure che non risolveranno nessuno dei problemi sociali, ma che vogliono far scaricare la rabbia dei ceti popolari per le loro pessime condizioni di vita su altri disgraziati, indicati come capri espiatori.

Solo attraverso la mobilitazione collettiva sarà possibile tornare a vincere e a conquistare un livello di vita decente; solo contrastando il razzismo, costruendo l’unità dei lavoratori italiani e di quelli migranti, (come 40 anni fa si realizzò tra gli operai del Nord e del Sud), ci sarà la forza per battere i padroni, per conquistare quel risarcimento sociale che il governo di centro sinistra non ha voluto dare e che non verrà certo da Berlusconi, Fini e Bossi.


Per riaprire una stagione di lotta per il salario e contro la precarietà,
per costruire l’opposizione al governo delle destre e alla Confindustria e ricostruire una sinistra che faccia la sinistra

lunedì 26 maggio 2008

Per la mobilitazione delle reti migranti e antirazziste

Come era ampiamente prevedibile, il nuovo governo si presenta facendo la faccia feroce contro i migranti e i movimenti sociali promettendo più carcere e polizia in nome di una fantomatica sicurezza e della “tolleranza zero”.Gli attacchi ai capi rom, le aggressioni e i raid neonazisti contro i migranti sono il frutto di un clima di impunità che si sta creando con la vittoria delle destre alle elezioni. Sindaci come Alemanno e ministri come Maroni alimentano questo clima con dichiarazioni che “comprendono” e in qualche modo giustificano tali azioni. Le norme varate dal Consiglio dei Ministri a Napoli, sui rifiuti e sull'immigrazione, si qualificano infatti come un capolavoro di demagogia populista e razzista che non permetterà di risolvere nessuno dei problemi sollevati ma che forse garantirà all'esecutivo un qualche margine di consenso sociale. Il punto allarmante, però, è che questo esito è stato reso possibile dalla strada tracciata in precedenza dal centrosinistra e non è un caso che gran parte delle norme introdotte da Maroni siano riprese, approfondendo le discriminazioni, da quelle varate dall'ex ministro Amato e votate al Senato da tutto il centrosinistra, Sinistra Arcobaleno compresa.
Sulla questione dei migranti e dei Rom, in particolare, stiamo così assistendo a una retorica populista che alimenta un forte spirito xenofobo che rompe vecchi argini inibitori giovandosi anche del silenzio-complice della Chiesa. Le pericolose logiche securitarie di tante amministrazioni locali di entrambi gli schieramenti politici ,con i “patti sulla sicurezza” e regolamenti comunali vessatori, hanno purtroppo trovato un’applicazione concreta, materiale, autoritaria a livello nazionale. Intanto i migranti continuano a morire nei Cpt, come a Torino, dimostrando drammaticamente ancora una volta quale sia la funzione di queste galere etniche. C’è la necessità di una risposta forte. Non può bastare una risposta emotiva né legata a logiche personalistiche e/o politiciste. Serve uno scatto di quelle reti, movimenti, associazioni che in questi anni hanno tenuta alta la guardia contro i regurgiti razzisti e che hanno ribadito la centralità del protagonismo dei migranti. Serve uno scatto del sindacalismo non concertativo per ribadire l'elementare verità che i migranti sono lavoratori e lavoratrici al pari degli altri che si battono per nuovi diritti.
Per questo come Sinistra Critica facciamo appello alla Reti, Associazioni, Comitati e movimenti dei migranti e antirazzisti perché sia convocato al più presto un appuntamento collettivo e unitario di riflessione, un Forum, un’assemblea nazionale, che precisi i contorni dell'offensiva in atto e definisca le iniziative unitarie da realizzare e il percorso partecipato per renderle efficaci. Sosteniamo un tale obiettivo nello spirito che ha animato i momenti migliori dell'esperienza e dell’iniziativa dei movimenti sociali.

Sinistra Critica

movimento per la sinistra anticapitalista

giovedì 22 maggio 2008

Mobilitazione unitaria contro le destre e il padronato

Si è svolta con successo l'assemblea unitaria del sindacalismo di base (Cub-Cobas e Sdl) sabato 17 maggio a Milano. Il segnale di una risposta matura alla situazione attuale e il tentativo di chiudere una fase di divisioni e contrapposizioni. Qui di seguito pubblichiamo la mozione conclusiva.

L'assemblea Nazionale del sindacalismo di base promossa unitariamente da CUB, Confederazione Cobas e Sdl intercategoriale, tenuta a Milano il 17.05.08, cui hanno partecipato oltre 2000 delegati provenienti da tutta Italia e da tutte le categorie pubbliche e private ha discusso ed arricchito i contenuti e le analisi proposte dal documento unitario che ha aperto i lavori e rafforzato la piattaforma di lotta.

Gli oltre 30 intervenuti, hanno sottolineato la violenta lotta di classe scatenata contro i lavoratori e i ceti popolari dai padroni e dal potere finanziario ed economico, che porta con se una condizione di bassi salari, di precarietà diffusa, di peggioramento dei diritti sociali di sfruttamento degli immigrati, delle donne e di devastazione del territorio, che é funzionale alle politiche liberiste e mercatiste fatte proprie, nel nostro paese sia dal centro destra che dal centro sinistra, e che con una perfetta identità di vedute del governo Prodi e di quello Berlusconi stanno producendo inaccettabili provvedimenti razzisti e politiche securitarie.

In questo quadro si colloca anche, l'attacco portato da Cgil Cisl Uil per ridurre drasticamente gli spazi di democrazia nei luoghi di lavoro e gli strumenti generali di difesa delle condizioni di vita dei lavoratori sancendo, con la proposta avanzata, lo svuotamento del Contratto Nazionale realizzato in questi anni.

L'assemblea ritiene necessario proseguire nel percorso unitario intrapreso e, raccogliendo la forte richiesta di unità emersa in tutti gli interventi, di realizzare strumenti permanenti di confronto, azione e lotta unitari sia a livello generale che territoriale e categoriale.

L'assemblea approva la piattaforma proposta nel documento introduttivo i cui punti principali sono:

- Forti aumenti generalizzati per salari e pensioni di almeno 3.000 euro annui; introduzione di un meccanismo automatico di adeguamento salariale legato agli aumenti dei prezzi – Eliminazione dell'Iva dai generi di prima necessità – Difesa della pensione pubblica – No allo scippo del TFR – eliminazione della clausola del silenzio assenso e possibilità per i sottoscrittori di uscire dal fondo pensione.

- Abolizione delle leggi Treu e 30.

- Lotta al razzismo che, oltre a negare diritti uguali e la dignità delle persone, scarica sui migranti la responsabilità dei principali problemi sociali.

- Continuità del reddito – Lotta alla precarietà lavorativa e sociale, con forme di reddito legate al diritto alla casa, allo studio, alla formazione e alla mobilità.

- Rilancio del ruolo del contratto nazionale come strumento di redistribuzione del reddito. No alla detassazione degli straordinari proposta da governo.

- Sicurezza nei luoghi di lavoro e sanzioni penali per chi provoca infortuni gravi o mortali.

- Restituire ai lavoratori il diritto di decidere: no alla pretesa padronale di scegliere le organizzazioni con cui trattare e pari diritti per tutte le organizzazioni dei lavoratori.

- Difesa e potenziamento dei servizi pubblici, dei beni comuni, del diritto a prestazioni sanitarie degne di questo nome, del diritto alla casa e all'istruzione.

- No all'attacco al diritto di sciopero – difesa e riconquista di spazi di lotta che vadano oltre le attuali limitazioni.

A sostegno di questa piattaforma, che il sindacato di base ha posto al centro del conflitto e delle mobilitazioni e che oggi rilanciamo con forza, l'Assemblea promuove una forte campagna di mobilitazione che impegni tutti i territori e le categorie, da realizzare con scioperi, manifestazioni, iniziative di lotta, indicando sin d'ora anche una prima giornata nazionale da tenersi entro giugno.

L'Assemblea ritiene altresì, sin d'ora, di indicare per l'autunno la necessità di realizzare uno Sciopero Generale Nazionale dell'intera giornata a sostegno di questa piattaforma di lotta e per sconfiggere le politiche economiche e sociali imposte dal liberismo e dalla globalizzazione e realizzate dai governi.

Sinistra Critica Nazionale

Straordinari, una misura che conviene di più alle imprese

L'ANALISI
Straordinari, una misura
che conviene di più alle imprese
Rispetto a un'ora di lavoro ordinaria, il costo per l'azienda è il 28% in meno
e il guadagno per il lavoratore il 41% in meno
di CARLO CLERICETTI

Se doveva essere il modo di rimediare al problema dei bassi salari, avrà probabilmente un'efficacia paragonabile a quella di un'aspirina per curare il cancro. E' davvero difficile pensare che il provvedimento sulla detassazione degli straordinari possa segnare una svolta dal punto di vista del reddito dei lavoratori.

Intanto, le risorse messe in campo sono decisamente modeste. Il governo ha dichiarato che il pacchetto salari-Ici avrà un costo di 2,6 miliardi. Ora, siccome l'abolizione dell'Ici sulla prima casa costa 2,2 miliardi, per i salari rimangono 400 milioni. Si era parlato, infatti, di un costo complessivo di 4 miliardi, che avrebbe comportato una disponibilità quattro volte e mezza più alta, ma, dovendo coprire il costo con tagli di spesa, per non peggiorare la situazione dei conti pubblici, evidentemente non si è riusciti a trovare i fondi sufficienti, e infatti il limite di reddito per fruire della detassazione è stato ridotto all'ultimo momento da 35 a 30.000 euro.

Quattro miliardi, mission impossible - D'altra parte, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti deve essersi reso conto che trovare la copertura togliendo soldi dal cosiddetto “decreto milleproroghe” era una mission impossible: in quel decreto ci sono sì spese di tipo pre-elettorale, ma è robetta. Il grosso è su capitoli praticamente intoccabili, come il finanziamento del protocollo sul welfare, i soldi ai Comuni per le accise sul gasolio, i fondi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Così, la portata del provvedimento si è drasticamente ridotta.

Si sarebbe tentati di osservare che non tutti i mali vengono per nuocere. Sull'efficacia di quella misura per raggiungere gli scopi dichiarati si possono avanzare molte e pesanti riserve. Quelle più generali le ha ricordate Massimo Giannini nel suo commento: il basso limite di reddito esclude una parte importante dei lavoratori; il regime fiscale più favorevole spingerà datori di lavoro e dipendenti a trasferire il più possibile di retribuzione alla parte agevolata del salario, generando un' elusione fiscale a spese della collettività; l'obiettivo di favorire l'aumento della produttività è contraddetto dalla limitazione del beneficio a solo una parte dei dipendenti e a più bassa qualifica. Si può aggiungere che si crea una disparità fra i lavoratori (la contrattazione integrativa riguarda solo il 10% delle aziende; fa gli straordinari solo il 45% dei dipendenti, e più gli uomini che le donne; gli statali sono esclusi); che è una misura cosiddetta “pro-ciclica”, cioè che funziona quamdo l'economia va bene e si sgonfia se è fiacca, perché in questo caso non servono certo gli straordinari; che può favorire la produttività pro-capite, ma non ha alcun effetto sulla produttività oraria, che è il problema dell'Italia; che fa aumentare il rischio degli incidenti sul lavoro; che non favorisce l'aumento dell'occupazione.

L'entusiasmo di Confindustria - Ma allora, se ha tutti questi difetti, perché è stato deciso? E perché la Confindustria l'ha accolto in maniera così entusiastica?

Il fatto è che, dal punto di vista delle imprese, ha invece un pregio importante: non solo aumenta ulteriormente la flessibilità nell'impiego della manodopera, ma, soprattutto, ne riduce il costo. Forse non tutti lo sanno, ma un'ora di straordinario costa molto meno di un'ora di lavoro normale, e rende anche meno al lavoratore. Un interessante conteggio lo ha fatto il sindacalista Aldo Amoretti in un articolo sulla rivista on line Eguaglianza & Libertà. Prendendo ad esempio un “quarto livello” del commercio (addetto alle vendite), la retribuzione netta di un'ora di straordinario è di 5,60 euro, quella di un'ora ordinaria di 9,48; il costo per l'azienda è invece rispettivamente di 11,64 e 16,15 euro. Ciò vuol dire che su ognuna di quelle ore l'azienda risparmia il 28%, mentre il lavoratore prende il 41% in meno. Si può ben capire quale sarebbe il vantaggio per le imprese se si riuscisse ad ampliare il ricorso agli straordinari invece di dover fare nuove assunzioni.

Il problema della produttività - Ma un'ulteriore riduzione del costo del lavoro può risolvere il problema della competitività italiana? Sarebbe davvero difficile sostenerlo. Già oggi il nostro costo del lavoro è agli ultimi posti in Europa (dati Ocse) e, come è ben noto, questo non ci ha aiutato ad essere competitivi. Ma una prova “al contrario” si può avere osservando la Germania, che ha il costo del lavoro forse più alto del mondo (e sindacati fortissimi, e rigidità contrattuali che non hanno nulla da invidiare all'Italia) eppure è anche il primo esposrtatore del mondo, e oggi è anche tornata ad essere la locomotiva della crescita europea. Il problema, dunque, non è lì. Sarà bene cercarlo meglio.
(22 maggio 2008)
repubblica.it
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/economia/tremonti-fisco/analisi-a-chi-conviene/analisi-a-chi-conviene.html

domenica 18 maggio 2008

Verona, la scommessa è stata vinta. Oltre cinquemila al corteo antifascista

La scommessa di Verona è riuscita. Il corteo antifascista, promosso dall'assemblea cittadina con in prima fila il Csoa La Chimica, il Circoo Pink e Sinistra Critica veronese si è gonfiato della partecipazione di decine e decine di sigle nazionali e ha sfilato tranquillamente per la città. Circa 5-6000 i partecipanti tra cui si contano decine di associazioni e strutture di movimento ma anche partiti della sinistra come Rifondazione e Pdci. Convinta la partecipazione di Sinistra Critica, che ha sfilato con musica e uno striscione colorato con la scritta 'Senza fascismi citta' piu' sicure'. 'Siamo rattristati per l'uccisione di Nicola - ha affermato la portavoce nazionale Flavia D'Angeli - crediamo sia necessario ripartire dal basso, da una nuova sinistra: gli italiani si sentono insicuri non perche' ci sono gli zingari, ma perche' non arrivano a fine mese" (ansa).
Il corteo è partito intorno alle 15,30 e dopo circa mezz'ora si è dovuto occupare di una scaramuccia tra qualche decina di partecipanti, che hanno infranto una vetrina di un'agenzia interinale, e la polizia. Attimi di tensione ma poi, grazie anche al lavoro degli organizzatori, tutto è filato liscio.
Un minuto di silenzio e di riflessione e' stato osservato dai partecipanti al corteo nei pressi di Porta Leoni, il luogo dell'aggressione mortale a Nicola Tommasoli. Il corteo si e' fermato, si sono zittiti gli slogan e via via hanno taciuto le diverse formazioni al passaggio dei Porta Leoni.
'Verona ha bisogno di pace, di comunicazione tra le persone - hanno scandito i megafoni - questa manifestazione serve a svegliare una citta' che troppe volte ha girato la testa, prendiamo la parola per una Verona libera dalla paura e dai fascismi, esiste una Verona coraggiosa, aperta, indignata'.
Intorno alle 17 è partito anche il secondo corteo, indetto da organizzazioni dei migranti e dai disobbedienti - circa un migliaio. "Abbiamo risposto all'appello del Coordinamento Migranti Verona - ha detto Luca Casarini -, e' importante stare con i soggetti sociali che vivono in questa citta' e proprio in questo momento e' fondamentale che siano loro a prendere la parola'. Il corteo dei migranti e' stato aperto dallo striscione 'Verona Libera', l'unica bandiera e' invece quella del 'No al Dal Molin'.

Sinistra Critica











Verona antifascista in piazza per Nicola
In migliaia al corteo di partiti della sinistra e centri sociali E il sindaco Tosi chiede «il conto» per due vetrine rotte
Paola Bonatelli
Verona

È arancione, il colore preferito di Nicola, lo striscione che apre il potente corteo antifascista che ieri si è snodato per le strade di Verona fino al salotto della città, piazza delle Erbe. «Nicola è ognuno di noi», recita, e dietro ci sono centinaia di veronesi, donne e uomini di tutte le età. È la Verona che non ci sta, una scommessa vinta contro un'idea di sicurezza che semina ancora, nel 2008, morti di fascismo. Sfilano per testimoniare che una città diversa è possibile e li seguono diecimila persone - forse di più perché il dato è della questura - a formare un enorme serpente di diversità tutte unite non solo nel ricordo di Nicola ma anche nella volontà di ribadire che oggi l'antifascismo parla tanti linguaggi perché anche il fascismo è cambiato. A metà del corso che dalla stazione porta in centro il «blocco nero», gli antagonisti duri e puri, spacca una vetrina di un'agenzia interinale e ne fa saltare un'altra. Un quarto d'ora di tensione, con i promotori del corteo che si mettono in mezzo e la polizia schierata pronta ad intervenire. Ma la ragione prende il sopravvento e il corteo riparte, deciso ma pacifico. Il sindaco Flavio Tosi, a fine manifestazione, annuncia che chiederà i danni agli organizzatori.
Dopo i veronesi sfilano gli antifascisti di Milano, che ricordano le altre vittime della violenza neofascista, «Dax» e Renato Biagetti - «La vostra sicurezza uccide» dice il loro striscione - e poi il comitato romano Carlos Fonseca che lavora con le realtà dell'America latina, la «curva rossa» dei livornesi con gli studenti antifascisti, quelli di Monzantifascista, il movimento glbt con Arcigay e Arcilesbica «Contro la paura e la violenza contro l'omofobia per un mondo più gentile», le Lli di Lista Lesbica Italiana, gli attivisti dei centri sociali con i cartelli che riportano le dichiarazioni minimizzanti rilasciate dal sindaco Flavio Tosi (Lega) dopo l'aggressione di Nicola. E poi ancora lo striscione che cita De André «Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti», le bandiere della pace, quelle bianche e rosa dei No Tav e di Facciamo Breccia, gli studenti R/esistenti e il collettivo Clitoristrix femministe e lesbiche, tutti/e di Bologna, la Virtus fans «Dalle gradinate alla strada uniti contro il razzismo», le bandiere e i drappi rosso-neri degli anarchici, il significativo messaggio di un tatze-bao che accomuna il ventottenne veronese alla quattordicenne uccisa dal branco «Per Nicola e Lorena contro la violenza fascista e sessista», gli All Reds che salutano un'altra vittima della violenza nera «Ciao Renà», i milanesi di Transiti 28, csa della zona di Viale Monza, il Centro popolare autogestito di Firenze sud, il Coordinamento antifascista di Udine, l'Assemblea antifascista permanente di Bologna, la Fiom, la Sinistra Arcobaleno e le bandiere rosse di Rifondazione, dei Comunisti Italiani, di Sinistra Critica, dei Carc, il popolo della sinistra che non vuole chinare la testa.
Ci sono diversi esponenti dei partiti che alle ultime elezioni hanno preso una bella batosta. Scomparsi dalle Camere ma ancora in piazza, Paolo Cacciari, Tiziana Valpiana, Gennaro Migliore, Giovanni Russo Spena, il direttore di Liberazione Piero Sansonetti, Manuela Palermi, Marco Rizzo, Graziano Perini dei Comunisti Italiani e Flavia D'Angeli di Sinistra Critica sfilano in mezzo al movimento. «Si riparte dall'antifascismo ma declinato diversamente», dice il veronese Mauro Tosi della segreteria regionale di Rifondazione, «il nuovo fascismo è il differenzialismo, per cui a Verona viene sancito che ci sono due società, una dei cittadini veronesi, che la giunta Tosi proclama di voler proteggere, e una composta non solo dagli stranieri ma dai poveri e dai diversi. Sembra il paradigma di Ludwig».
Nell'orario canonico dell'aperitivo, verso le sei, la testa veronese del corteo entra in piazza Erbe. Là, dove nei fine settimana i Suv sono parcheggiati sul marciapiede e i loro spesso giovanissimi guidatori scendono per bersi uno «spriz», risuonano le parole taglienti di una delle portavoci dell'assemblea cittadina promotrice della manifestazione, Francesca Bragaja: «La morte di Nicola - dice Francesca, che ha gli occhi lucidi come le donne che sostengono lo striscione - deve segnare un punto oltre il quale qualcosa deve assolutamente cambiare. Abbiamo voluto che una parte del corteo finisse in piazza Erbe perché vorremmo in qualche modo scalfire l'indifferenza di quanti, in questa città, hanno girato la testa. Qui ci sono ragazzi come gli aggressori di Nicola. Poteva capitare a chiunque di noi, uno straniero, un giovane antagonista. Ma non è stato un caso su un milione, come ha detto il sindaco Tosi. Dopo la morte di Nicola molte altre vittime stanno denunciando le aggressioni subite. Il male questa città l'ha coltivato per anni girandosi dall'altra parte. Noi siamo cittadini di Verona e vogliamo dire che chi ha permesso che questa tragedia potesse avvenire continua a dire che questo non è un assassinio politico. Lo è. Chi rifiuta il diverso, chi vuole inculcare l'odio e la paura in una città pronta ad organizzare le ronde arma chi vuole farsi giustizia da solo». Quindi ricorda che nel 2005, dopo l'accoltellamento di alcuni simpatizzanti della sinistra antagonista ad opera dei soliti fascistelli della curva, l'attuale sindaco Flavio Tosi andò a trovare gli aggressori in carcere, lamentando poi il trattamento troppo severo loro inflitto. E poi la marcia del sindaco con la destra radicale e il pestaggio di tre parà meridionali dopo il corteo.

Manifesto del 18 maggio 2008

Torino, in 5000 per la Palestina contro tutto l'arco costituzionale (Prc compreso)


Si è concluso a Torino il corteo di solidarietà alla Palestina e di boicottaggio per Israele. Oltre 5000 persone hanno risposto positivamente all'appello sfidando la grancassa mediatica che ha visto l'intero arco costituzionale - compresa Rifondazione - al fianco del Salone del Libro e quindi a fianco di Israele e della sua politica. Un corteo pacifico che, ancora una volta, ha smentito tutti gli allarmismi della vigilia, con una forte presenza delle associazioni e una significativa presenza di Sinistra Critica, Pcl e Pdci.
A sfilare anche un gruppo di No-Tav dietro ad uno striscione del Partito della Rifondazione Comunista della Valle di Susa. I negozianti hanno abbassato le saracinesche ma il corteo è stato accompagnato da moltissimi curiosi fermi ai lati delle strade e presenti ai balconi e alle finestre.
Una buona giornata per la solidarietà alla Palestina e una buona prova da parte del movimento che ha saputo reagire con determinazione e intelligenza.
red.

Il volantino di Sinistra Critica

La Fiera del Libro di Torino è lieta di celebrare quest’anno i 60 anni dalla nascita dello stato di Israele. Una celebrazione attraverso la letteratura prodotta da una parte della società israeliana. Una celebrazione che –coscientemente e colpevolmente – dimentica e nasconde una parte fondamentale della storia di questi 60 anni: i palestinesi, l’espulsione che hanno subito 60 anni fa, la colonizzazione dei loro territori praticata dai governi israeliani, il tentativo di cancellare per sempre ogni possibilità di una soluzione al conflitto annientando la resistenza palestinese (quello che il sociologo israeliano Baruch Kimmerling chiamava “politicidio”).
I responsabili della Fiera non possono occultare la loro scelta – politica e strumentale – dietro la “neutralità” della produzione artistica e nemmeno possono accusare chi propone il boicottaggio della Fiera di essere pregiudizialmente contro gli israeliani, o peggio contro gli ebrei. Questi signori sono come gli sciocchi, che quando si indica loro la lune ti guardano il dito: il problema oggi non è se una proposta –nonviolenta – di boicottaggio sia o meno legittimo: la domanda è invece se sia legittimo e morale contribuire alla propaganda di un governo che ha fatto di tutto affinché Israele fosse l’ospite, così da guadagnare nuovi spazi al suo tentativo di “normalizzazione”.

Ancora più indecenti e allucinanti le parole del Presidente della camera Fini, che ritiene più gravi le manifestazioni torinesi dell'omicidio del ragazzo torinese da parte di un branco di neonazisti. Parole che tradiscono, oltre alla sua cultura, la necessità di accreditarsi da parte della classe politica italiana come "più filo-israeliani degli israeliani"
.

Non c’è da parte nostra, che contestiamo la scelta della Fiera, nessuna volontà di imbavagliare la cultura o di mettere a tacere la letteratura ebraica ed israeliana (che, è bene ricordarlo, non è assolutamente omogenea e nemmeno schierata aprioristicamente con l’occupazione e le scelte del proprio governo). Si fa al contrario un pessimo servizio alla causa della letteratura e dell’arte, quando si chiamano a “suonare il piffero” di una politica di apartheid e distruzione.

Ariel Sharon qualche anno fa dichiarava che la “guerra d’indipendenza” non era mai finita – con una tragica e mortale assonanza con l’altro presidente che parlava di “guerra infinita” – e per questo la politica della colonizzazione, dell’apartheid, della distruzione di ogni espressione politica palestinese non gradita dovesse continuare.
E il suo successore prosegue quella politica, come si può vedere tutti i giorni – nell’assedio di Gaza, nella costruzione del muro della vergogna, nell’aumento dei prigionieri palestinesi, negli omicidi mirati (ma anche un po’ meno mirati, come capita quotidianamente a donne e uomini “effetti collaterali” delle “rappresaglie” israeliane).

I governi europei – e quello italiano tra loro – sono corresponsabili di quella politica, sia perché non impongono il rispetto del diritto internazionale a Israele, sia perché contribuiscono economicamente, militarmente e politicamente a quella stessa politica. Per questo la corsa alla presenza a Torino delle autorità politiche italiane, a partire dal presidente Napolitano, è un’ipocrisia e un appoggio diretto e indiretto alla politica israeliana.

Noi non ci stiamo. Continueremo a produrre informazione, a lavorare con i palestinesi e gli israeliani che si battono contro l’occupazione e l’apartheid, a sostenere la resistenza palestinese affinché nasca uno stato palestinese e possa finalmente riprendere strada un processo di convivenza necessario e possibile.

Sinistra Critica

mercoledì 14 maggio 2008

NICOLA E' OGNUNO DI NOI.

Sabato 17 Maggio 2008 dalla Stazione Verona Porta Nuova

Per sconfiggere insieme la paura scendiamo in piazza per svegliare la città che troppe volte ha girato la testa, non deve farlo anche questa volta e mai più.

Mobilitiamoci e riprendiamo la parola prima che l'ipocrisia riscriva anche questa storia.

per una Verona libera dalla paura,
per una Verona libera dall'odio,
per un Verona libera da vecchi e nuovi fascismi,
libera dall'intolleranza, dal razzismo, all'ignoranza
perchè esiste una Verona coraggiosa, aperta, indignata
perchè guardarsi all'interno, riconoscere il male profondo del nostro tempo e della nostra città.

Costruiamo assieme un corteo che attraversi e viva la città in una giornata aperta alle iniziative e ai contributi di tutte e tutti.
Nel 2008 a Verona si muore ancora di fascismo.
Al posto di Nicola poteva esserci ognuno di noi.

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Assemblea cittadina promotrice della manifestazione

per adesioni: adesioni17maggio@gmail.com

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Al posto di Nicola poteva esserci ognuno di noi

Mercoledì alla notizia abbiamo tremato. Un dolore alla pancia, un
presentimento. Mai come ora avremmo voluto essere smentiti. Non è
così. La cronaca riassume drammaticamente la storia di questa città.
Degli ultimi anni ma anche di trent´anni fa. Abel e Furlan. Figli
annoiati della Verona bene che riempivano il loro tempo dando la
caccia a presenze non conformi della nostra città. Avevamo purtroppo
ragione. Cinque ragazzi. Giovanissimi. Chi più chi meno, figli della
Verona bene, legati agli ambiti della tifoseria neo fascista,
militanti o anche semplicemente simpatizzanti alla lontana dei
movimenti o dei partitucoli dell´estrema destra cittadina. Vestiti
bene, all´ultima moda. Alcuni con precedenti recenti, per atti di
razzismo o per problemi allo stadio.
Un certo clima culturale e sociale, alcuni imprenditori politici, un
generale vento che spira ha suggerito un processo di
riterritorializzazione: lasciare, o meglio, non limitarsi alle
periferie, accantonare l´anima stradaiola e la "storica"
attitudine
"antiborghese" per rimpossessarsi del centro città.
Nicola è stato ucciso non perché avversario politico, non perché
rappresentava il nemico, nemmeno perché diverso : migrante,
comunista, gay, zingaro, barbone.. Solo e "semplicemente"
perché
estraneo, non familiare, non compatibile.
A che serve oggi raccontare per l´ennesima volta lo stillicidio di
aggressioni?...Uno stillicidio di aggressioni motivate da "futili
ragioni", spesso nel pieno del centro città. Come gli
accoltellamenti
dell´ estate 2005, come le sistematiche azioni contro i
"diversi" (capelloni, alternativi, mangiatori di kebab,
tifosi del
Lecce...) compiute da una ventina di ragazzi figli della Verona bene,
emerse da un inchiesta della DIGOS nella primavera scorsa. Come la
"cacciata" da piazza erbe, l´autunno scorso, l´episodio non
più
violento ma più emblematico, quando alcuni antagonisti veronesi in
quella piazza per bere lo spritz vennero aggrediti ed espulsi dalla
stessa tra l´applauso generalizzato e pre-politico di decine e decine
di astanti. O come l´ultimo fatto "marginale" in Valpolicella
(il
paese di Nicola) la lettera di una madre sul settimanale locale, del
mese scorso, in cui si cercano testimoni di un´aggressione avvenuta
in un bar , dove un ragazzo di colore giovanissimo è stato massacrato
e ridotto in stampelle (fortunatamente provvisorie) tra cori da
stadio e inni del ventennio, nell´imbarazzante omertà dei clienti,..
Per evitare che si ripeta.
Guardando al futuro. Partendo dalle radici, quelle storiche certo.
Innanzitutto quelle attuali. Il delirio securitario. Da tempo e in
maniera esponenziale con le ultime amministrative un linguaggio si è
imposto. Ci siamo svegliati una mattina ed abbiamo scoperto di essere
in guerra, sotto assedio. Il nemico viene sempre da fuori e fuori
deve tornare. Questo è il linguaggio criminale che succhiano col
latte i figli di questa città.
Caro sindaco, alcune provocazioni....
Dovremmo immaginare che quest´ ultima aggressione sia solo un effetto
collaterale di una ronda autogestita?
Dobbiamo spalleggiare il sindaco nella richiesta di 72 agenti di
polizia per presidiare la notte il Bronx di Piazza Erbe?
Dovremmo concordare con la lega la liberalizzazione della armi di
difesa personale e suggerire a tutti i diversi di questa città di
girare armati?
Noi chiediamo le sue dimissioni perché simbolicamente lei è uno dei
mandanti morali di questa tragedia. Perché riempiendosi la bocca
della parola d´ordine sicurezza ha alimentato una forma di
"insicurezza" che non produce voti, legittimando la libera e
spontanea pretesa di ristabilire il decoro, di ripulire il centro
città e i quartieri dai nemici della presunta veronesità. Perché il
suo successo poggia sull´odio, non vive senza un nemico, alimenta una
guerra irresponsabile le cui conseguenze pagheremo a lungo. Si deve
vergognare per ciò che ha detto e per i silenzi, perché l´acqua che
oggi getta sul fuoco se fosse stato coinvolto un non veronese sarebbe
diventata benzina. Perché non avere detto una parola di condanna sui
maledettamente e sempre uguali pestaggi in centro, ha provocato
quello che è successo a Nicola.
Quante vite rovinate servono per aprire gli occhi?
A cosa è servita la tragedia di Nicola?
Quanto è successo a Nicola non può "capitare"
Quanto è successo a Nicola non può non insegnare
Quanto è successo a Nicola non può ripetersi.

11 PUNTI PER UNA NUOVA SINISTRA. DI CLASSE E ANTICAPITALISTA

La sinistra tutta sta discutendo della sconfitta, spesso in modo scomposto, opportunista o con ipotesi "nuoviste" e dissolutorie. Per parte nostra vogliamo provare a offrire una riflessione di merito, indicando quali sono, secondo noi, prima ancora che i contenitori o le formule le idee su cui deve camminare la costruzione, da capo e su basi realmente inedite, di una nuova sinistra.

1.La perdita della rappresentanza parlamentare costituisce il culmine del fallimento della sinistra italiana, dopo la fine del vecchio Pci. A essere spazzata via è stata l'illusione di poter vivere di rendite elettorali, senza un radicamento autentico, senza progetto, con un vecchio modello di partito non più in grado di conquistare la sua posizione nel corpo sociale. Non si può escludere che la sinistra recuperi in altre scadenze elettorali almeno parte dei voti persi. Non sarebbe per questo cancellata la sconfitta, figlia di un patrimonio di voti senza radici e senza sostegni nel lavoro subalterno e nella società. Una nuova sinistra si ricostruisce innanzitutto azzerando i vecchi gruppi dirigenti, responsabili della disfatta, ma soprattutto iniziando a comprendere perché malgrado l'evidenza del problema da risolvere, non solo esso non viene risolto ma si manifesta con maggiore gravità a ogni svolta della vicenda politica italiana.

2.Più che di ricostruzione pensiamo sia necessario parlare oggi di costruzione, davvero su basi nuove, di una sinistra anticapitalista e di classe. Il radicamento si è rivelato impossibile perché – nel contesto della globalizzazione e della dissoluzione del movimento operaio del Novecento – privilegiare il solo orizzonte istituzionale e l'eredità burocratica hanno reso vano ogni sforzo. Radicarsi in una società comporta un lavoro lungo, faticoso e oscuro che non necessariamente paga a breve termine sul piano elettorale. Per ceti politici, mossi da esigenze personali di agi e poteri, la via più facile è rimasta la conservazione di posizioni nelle istituzioni e i percorsi necessari a raggiungerli del tutto diversi da quelli indispensabili al radicamento. Anche per questo non ci interessa il riassemblaggio di gruppi dirigenti consumati e sordi alla realtà. Neppure forme identitarie o furbizie opportunistiche per recuperare qualche seggio in parlamento. Ci interessa un “nuovo inizio”, cominciare da un'altra storia, liberarsi dai postumi della burocrazia del Novecento per aderire al presente e recuperare l'immaginazione e i moventi con cui un’altra sinistra può costruire se stessa.

3.Una nuova sinistra di classe o è anticapitalista o non è. Le donne, gli uomini e il pianeta non reggono più il peso del dominio assoluto dell'interesse privato, le pulsioni al riarmo e alle guerre, le allucinazioni regressive che lo stato delle cose produce. Questo, banalmente, significa opporsi al capitalismo. Meno banalmente significa comprendere che governare con i suoi rappresentanti e guardiani impedisce la rinascita di una sinistra che il mondo lo voglia trasformare davvero. Non è solo una prospettiva rivoluzionaria a suggerire un'adeguata distanza dai governi. Anche un'autentica volontà riformista dovrebbe prendere atto che governare con gli attuali rapporti di forza non è più possibile.

4.Noi proponiamo di ricominciare da l’elogio dell’opposizione. Non per vocazione minoritaria ma semplicemente perché a questo sistema sociale si può reagire solo evocando e organizzando l’opposizione politica e sociale, attraverso movimenti, conflitto, autorganizzazione diffusa. Dall’opposizione il movimento operaio del ‘900 ha ottenuto conquiste rilevanti; dall’opposizione oggi si può organizzare una resistenza diffusa e proporsi di strappare conquiste e diritti per dare sostanza ad un’ipotesi di alternativa. Per questo non è possibile governare con il Pd né a livello nazionale né a livello locale, nel senso che non è possibile governare con chi nella migliore delle ipotesi difende l’esistente, ha una concezione amministrativa e autoritaria della politica e così facendo spiana la strada alle destre. Il caso di Roma parla chiaro.

5.La vittoria di Berlusconi e della Lega realizza sul piano parlamentare il progressivo spostamento a destra del paese e il deterioramento ventennale di rapporti di forza sociale già deteriorati. Il Pdl si sforzerà di costituire una destra di governo “seria e responsabile” ma anche radicata socialmente, con un suo blocco sociale di riferimento che non abbandona i caratteri populisti e reazionari, vedi il comportamento di Fini. Allo stesso tempo cercherà di essere utile a una Confindustria che vuole attaccare in profondità i diritti acquisiti del lavoro, a cominciare dal contratto nazionale, e su questo piano cercherà l’apporto di un Pd che segue la stessa linea. Per questo andrà avanti il tentativo di stabilizzare la “bipartitizzazione” della politica italiana. A questa situazione si risponde non con operazioni di alchimia politicista ma con l’individuazione di un blocco sociale di riferimento, di soggettività che vengano coinvolte in un quadro unitario delle lotte e in un’ipotesi comune di alternativa. Per questo la rifondazione del sindacato di classe – a partire da una chiara e forte opposizione in Cgil e da una progressiva unità di azione del sindacalismo di base – rappresenta un tassello decisivo. E’ l’orizzonte principale entro il quale si inscrive qualsiasi progetto per una nuova sinistra anticapitalista: un ambito unitario delle lotte e dei movimenti è oggi indispensabile per resistere alle destre e realizzare un avanzamento nella costruzione di una sinistra di classe.

6.La nuova sinistra non può essere mono-identitaria. Ci sono eredità del passato che non bastano più a dare senso alla rappresentanza politica e che hanno bisogno di incontrarsi e dialettizzarsi. Noi pensiamo a una sinistra anticapitalista, ecologista, comunista e femminista; non per assemblare indistintamente soggettività diverse ma per trovare insieme un quadro unitario di riferimento e un comune progetto di lavoro. Questa identità multipla non la si può però proclamare soltanto. Occorre praticarla: una sinistra femminista è una sinistra che accetta al suo interno il protagonismo delle donne e quindi anche il conflitto; ecologista significa disporsi a nessuna mediazione sul terreno della salvaguardia ambientale; comunista significa continuare a battersi per rompere con l’attuale sistema sociale e costruire, davvero, un movimento reale che abolisca lo stato di cose presenti. E serve anche una sinistra internazionalista che sappia costruire un progetto internazionale fatto di elaborazioni e pratiche comuni. Per questo guardiamo con attenzione all’esperienza della Sinistra anticapitalista europea.

7.La democrazia assoluta sarà la pratica decisiva per costruire un nuovo inizio. Non possiamo più accettare, e non costruiremo, nessuna sinistra basata su leader carismatici, su gruppi dirigenti infallibili, su burocrazie inamovibili, su carrierismi scandalosi, su derive istituzionaliste. Vogliamo una sinistra basata sulla partecipazione e su regole democratiche. Non bastano solo congressi regolari o statuti trasparenti, servono vincoli precisi: rotazione rigorosa degli incarichi a qualsiasi livello; stipendi parametrati sui salari italiani medi; la parità di genere; rispetto degli orientamento sessuali; autofinanziamento dell’attività politica. Ai leader e ai dirigenti inamovibili occorrerà sostituire un collettivo militante a tutti i livelli: territoriale, tematico, nazionale.

8.La sinistra si costruisce nel vivo delle contraddizioni e dello scontro sociale, non nei palazzi o, peggio, nei salotti. E’ un lavoro “corpo a corpo” che va recuperato, fatto di mutualismo, utilità sociale, prossimità ai bisogni, organizzazione del conflitto, vittorie. Servirà il radicamento sociale, non generico o astratto, ma rapportato alle nuove realtà e in particolare al nuovo proletariato, alla nuova composizione del lavoro contemporaneo, a partire dai, dalle migranti. Occorre ragionare sulle forme dell’autorganizzazione sociale e sul tipo di insediamento politico che le classi subalterne possono darsi. Non lo si può fare con apparati burocratici e cristallizzati ma contando sull’apporto di militanti desiderosi, desiderose di non rassegnarsi. Questo è il compito che ci attende. La radicalità, innanzitutto una radicalità di classe, è oggi il linguaggio chiave per rendere una politica di sinistra credibile e coinvolgente.

9.La sinistra si ricostruisce anche con una discussione approfondita, non rituale ma rigorosa, sulla società che vogliamo, sui grandi orizzonti. Pensiamo a una società democratica e socialista, autogovernata, centrata sui bisogni e non sugli interessi privati, sulla proprietà sociale dei principali mezzi di produzione, ecologica, sessuata, libertaria. Non a un modello astratto da calare dall’alto ma a un movimento che trasformi la realtà, che guadagni legittimità e forza nel vivo dei conflitti e del cambiamento. C’è la necessità di ripensare e costruire un’organizzazione politica che lavori e lotti per questo obiettivo senza pensare di essere l’unica depositaria di una verità presunta, senza scimmiottare esperienze passate, senza replicare ruoli o schemi di potere. Serve un’organizzazione che legga la realtà per contribuire a trasformarla. Noi non vogliamo autoproclamare questo soggetto ma costruirlo davvero, per questo siamo un Movimento politico. Questo non significa rinunciare ad organizzarsi o a dotarsi di un progetto collettivo; rafforzare Sinistra Critica significa anche questo.

10.Una nuova sinistra si costruisce nell’oggi, nel presente, nell’urgenza di una realtà dominata dal berlusconismo e dall’adattamento pragmatico del Partito democratico. La priorità è l’organizzazione di un’opposizione sociale non retorica ma modellata sui bisogni reali. I temi di questa opposizione per noi restano: la lotta alla precarietà, per continuare a chiedere l’abrograzione della legge 30, del pacchetto Treu o del pacchetto Welfare; la lotta per un Salario Minimo Intercategoriale (Smic) di 1300 euro e un salario sociale di 1000 euro; per la difesa del contratto nazionale; la lotta contro la guerra e le missioni militari siano esse in Afghanistan o in Libano, contro le basi, a partire da Vicenza, e le spese militari; la lotta per la difesa ecologica dei territori contro le Grandi Opere inutili e dannose e le privatizzazioni; la difesa dell’autodeterminazione delle donne, della 194 per una moratoria sull’obiezione di coscienza; la piena libertà di orientamento sessuale per la conquista delle unioni civili; la lotta contro il razzismo, l’isteria securitaria, la nuova xenofobia anti-rom. Una battaglia che deve puntare ancora all’abrogazione della Bossi-Fini e della Turco-Napolitano, all’unità di classe tra lavoratori migranti e italiani, a nuovi diritti di cittadinanza, alla regolarizzazione permanente,alla chiusura dei Cpt, alla libertà di circolazione. Sarà questo il banco di prova principale dell’opposizione alle destre, il terreno su cui tutte le forze politiche dovranno misurarsi, e su cui i movimenti dovranno dotarsi rapidamente di strumenti adeguati di riflessione e di mobilitazione.

11.La costruzione della sinistra anticapitalista di cui c’è bisogno sarà il frutto dell’impegno di una nuova generazione politica, che non porti sulle spalle le responsabilità delle macerie. Una nuova generazione politica non combacia necessariamente con la vulgata giovanilista che ha caratterizzato anche le ultime elezioni ma dovrà rappresentare l’espressione più genuina dei nuovi protagonismi sociali e delle lotte che continuano a svilupparsi in questo paese, dai “cittadini ribelli” di Vicenza o della Val di Susa agli operai che resistono all’asprezza della lotta di classe; dalle neofemministe che non vogliono padroni né limiti alla propria libertà ai, alle militanti lgbtq che non si arrendono ad una vita di serie B imposta dal Vaticano o ai, alle migranti che si battono per i nuovi diritti. Una nuova generazione politica, cresciuta senza modelli da rincorrere ma che non si rassegna a pensare che questo sia il migliore dei mondi possibili e che è disposta a battersi perché un altro mondo, un’altra società sia ancora possibile.

Il Coordinamento nazionale di Sinistra Critica
10 maggio 2008