mercoledì 14 maggio 2008

11 PUNTI PER UNA NUOVA SINISTRA. DI CLASSE E ANTICAPITALISTA

La sinistra tutta sta discutendo della sconfitta, spesso in modo scomposto, opportunista o con ipotesi "nuoviste" e dissolutorie. Per parte nostra vogliamo provare a offrire una riflessione di merito, indicando quali sono, secondo noi, prima ancora che i contenitori o le formule le idee su cui deve camminare la costruzione, da capo e su basi realmente inedite, di una nuova sinistra.

1.La perdita della rappresentanza parlamentare costituisce il culmine del fallimento della sinistra italiana, dopo la fine del vecchio Pci. A essere spazzata via è stata l'illusione di poter vivere di rendite elettorali, senza un radicamento autentico, senza progetto, con un vecchio modello di partito non più in grado di conquistare la sua posizione nel corpo sociale. Non si può escludere che la sinistra recuperi in altre scadenze elettorali almeno parte dei voti persi. Non sarebbe per questo cancellata la sconfitta, figlia di un patrimonio di voti senza radici e senza sostegni nel lavoro subalterno e nella società. Una nuova sinistra si ricostruisce innanzitutto azzerando i vecchi gruppi dirigenti, responsabili della disfatta, ma soprattutto iniziando a comprendere perché malgrado l'evidenza del problema da risolvere, non solo esso non viene risolto ma si manifesta con maggiore gravità a ogni svolta della vicenda politica italiana.

2.Più che di ricostruzione pensiamo sia necessario parlare oggi di costruzione, davvero su basi nuove, di una sinistra anticapitalista e di classe. Il radicamento si è rivelato impossibile perché – nel contesto della globalizzazione e della dissoluzione del movimento operaio del Novecento – privilegiare il solo orizzonte istituzionale e l'eredità burocratica hanno reso vano ogni sforzo. Radicarsi in una società comporta un lavoro lungo, faticoso e oscuro che non necessariamente paga a breve termine sul piano elettorale. Per ceti politici, mossi da esigenze personali di agi e poteri, la via più facile è rimasta la conservazione di posizioni nelle istituzioni e i percorsi necessari a raggiungerli del tutto diversi da quelli indispensabili al radicamento. Anche per questo non ci interessa il riassemblaggio di gruppi dirigenti consumati e sordi alla realtà. Neppure forme identitarie o furbizie opportunistiche per recuperare qualche seggio in parlamento. Ci interessa un “nuovo inizio”, cominciare da un'altra storia, liberarsi dai postumi della burocrazia del Novecento per aderire al presente e recuperare l'immaginazione e i moventi con cui un’altra sinistra può costruire se stessa.

3.Una nuova sinistra di classe o è anticapitalista o non è. Le donne, gli uomini e il pianeta non reggono più il peso del dominio assoluto dell'interesse privato, le pulsioni al riarmo e alle guerre, le allucinazioni regressive che lo stato delle cose produce. Questo, banalmente, significa opporsi al capitalismo. Meno banalmente significa comprendere che governare con i suoi rappresentanti e guardiani impedisce la rinascita di una sinistra che il mondo lo voglia trasformare davvero. Non è solo una prospettiva rivoluzionaria a suggerire un'adeguata distanza dai governi. Anche un'autentica volontà riformista dovrebbe prendere atto che governare con gli attuali rapporti di forza non è più possibile.

4.Noi proponiamo di ricominciare da l’elogio dell’opposizione. Non per vocazione minoritaria ma semplicemente perché a questo sistema sociale si può reagire solo evocando e organizzando l’opposizione politica e sociale, attraverso movimenti, conflitto, autorganizzazione diffusa. Dall’opposizione il movimento operaio del ‘900 ha ottenuto conquiste rilevanti; dall’opposizione oggi si può organizzare una resistenza diffusa e proporsi di strappare conquiste e diritti per dare sostanza ad un’ipotesi di alternativa. Per questo non è possibile governare con il Pd né a livello nazionale né a livello locale, nel senso che non è possibile governare con chi nella migliore delle ipotesi difende l’esistente, ha una concezione amministrativa e autoritaria della politica e così facendo spiana la strada alle destre. Il caso di Roma parla chiaro.

5.La vittoria di Berlusconi e della Lega realizza sul piano parlamentare il progressivo spostamento a destra del paese e il deterioramento ventennale di rapporti di forza sociale già deteriorati. Il Pdl si sforzerà di costituire una destra di governo “seria e responsabile” ma anche radicata socialmente, con un suo blocco sociale di riferimento che non abbandona i caratteri populisti e reazionari, vedi il comportamento di Fini. Allo stesso tempo cercherà di essere utile a una Confindustria che vuole attaccare in profondità i diritti acquisiti del lavoro, a cominciare dal contratto nazionale, e su questo piano cercherà l’apporto di un Pd che segue la stessa linea. Per questo andrà avanti il tentativo di stabilizzare la “bipartitizzazione” della politica italiana. A questa situazione si risponde non con operazioni di alchimia politicista ma con l’individuazione di un blocco sociale di riferimento, di soggettività che vengano coinvolte in un quadro unitario delle lotte e in un’ipotesi comune di alternativa. Per questo la rifondazione del sindacato di classe – a partire da una chiara e forte opposizione in Cgil e da una progressiva unità di azione del sindacalismo di base – rappresenta un tassello decisivo. E’ l’orizzonte principale entro il quale si inscrive qualsiasi progetto per una nuova sinistra anticapitalista: un ambito unitario delle lotte e dei movimenti è oggi indispensabile per resistere alle destre e realizzare un avanzamento nella costruzione di una sinistra di classe.

6.La nuova sinistra non può essere mono-identitaria. Ci sono eredità del passato che non bastano più a dare senso alla rappresentanza politica e che hanno bisogno di incontrarsi e dialettizzarsi. Noi pensiamo a una sinistra anticapitalista, ecologista, comunista e femminista; non per assemblare indistintamente soggettività diverse ma per trovare insieme un quadro unitario di riferimento e un comune progetto di lavoro. Questa identità multipla non la si può però proclamare soltanto. Occorre praticarla: una sinistra femminista è una sinistra che accetta al suo interno il protagonismo delle donne e quindi anche il conflitto; ecologista significa disporsi a nessuna mediazione sul terreno della salvaguardia ambientale; comunista significa continuare a battersi per rompere con l’attuale sistema sociale e costruire, davvero, un movimento reale che abolisca lo stato di cose presenti. E serve anche una sinistra internazionalista che sappia costruire un progetto internazionale fatto di elaborazioni e pratiche comuni. Per questo guardiamo con attenzione all’esperienza della Sinistra anticapitalista europea.

7.La democrazia assoluta sarà la pratica decisiva per costruire un nuovo inizio. Non possiamo più accettare, e non costruiremo, nessuna sinistra basata su leader carismatici, su gruppi dirigenti infallibili, su burocrazie inamovibili, su carrierismi scandalosi, su derive istituzionaliste. Vogliamo una sinistra basata sulla partecipazione e su regole democratiche. Non bastano solo congressi regolari o statuti trasparenti, servono vincoli precisi: rotazione rigorosa degli incarichi a qualsiasi livello; stipendi parametrati sui salari italiani medi; la parità di genere; rispetto degli orientamento sessuali; autofinanziamento dell’attività politica. Ai leader e ai dirigenti inamovibili occorrerà sostituire un collettivo militante a tutti i livelli: territoriale, tematico, nazionale.

8.La sinistra si costruisce nel vivo delle contraddizioni e dello scontro sociale, non nei palazzi o, peggio, nei salotti. E’ un lavoro “corpo a corpo” che va recuperato, fatto di mutualismo, utilità sociale, prossimità ai bisogni, organizzazione del conflitto, vittorie. Servirà il radicamento sociale, non generico o astratto, ma rapportato alle nuove realtà e in particolare al nuovo proletariato, alla nuova composizione del lavoro contemporaneo, a partire dai, dalle migranti. Occorre ragionare sulle forme dell’autorganizzazione sociale e sul tipo di insediamento politico che le classi subalterne possono darsi. Non lo si può fare con apparati burocratici e cristallizzati ma contando sull’apporto di militanti desiderosi, desiderose di non rassegnarsi. Questo è il compito che ci attende. La radicalità, innanzitutto una radicalità di classe, è oggi il linguaggio chiave per rendere una politica di sinistra credibile e coinvolgente.

9.La sinistra si ricostruisce anche con una discussione approfondita, non rituale ma rigorosa, sulla società che vogliamo, sui grandi orizzonti. Pensiamo a una società democratica e socialista, autogovernata, centrata sui bisogni e non sugli interessi privati, sulla proprietà sociale dei principali mezzi di produzione, ecologica, sessuata, libertaria. Non a un modello astratto da calare dall’alto ma a un movimento che trasformi la realtà, che guadagni legittimità e forza nel vivo dei conflitti e del cambiamento. C’è la necessità di ripensare e costruire un’organizzazione politica che lavori e lotti per questo obiettivo senza pensare di essere l’unica depositaria di una verità presunta, senza scimmiottare esperienze passate, senza replicare ruoli o schemi di potere. Serve un’organizzazione che legga la realtà per contribuire a trasformarla. Noi non vogliamo autoproclamare questo soggetto ma costruirlo davvero, per questo siamo un Movimento politico. Questo non significa rinunciare ad organizzarsi o a dotarsi di un progetto collettivo; rafforzare Sinistra Critica significa anche questo.

10.Una nuova sinistra si costruisce nell’oggi, nel presente, nell’urgenza di una realtà dominata dal berlusconismo e dall’adattamento pragmatico del Partito democratico. La priorità è l’organizzazione di un’opposizione sociale non retorica ma modellata sui bisogni reali. I temi di questa opposizione per noi restano: la lotta alla precarietà, per continuare a chiedere l’abrograzione della legge 30, del pacchetto Treu o del pacchetto Welfare; la lotta per un Salario Minimo Intercategoriale (Smic) di 1300 euro e un salario sociale di 1000 euro; per la difesa del contratto nazionale; la lotta contro la guerra e le missioni militari siano esse in Afghanistan o in Libano, contro le basi, a partire da Vicenza, e le spese militari; la lotta per la difesa ecologica dei territori contro le Grandi Opere inutili e dannose e le privatizzazioni; la difesa dell’autodeterminazione delle donne, della 194 per una moratoria sull’obiezione di coscienza; la piena libertà di orientamento sessuale per la conquista delle unioni civili; la lotta contro il razzismo, l’isteria securitaria, la nuova xenofobia anti-rom. Una battaglia che deve puntare ancora all’abrogazione della Bossi-Fini e della Turco-Napolitano, all’unità di classe tra lavoratori migranti e italiani, a nuovi diritti di cittadinanza, alla regolarizzazione permanente,alla chiusura dei Cpt, alla libertà di circolazione. Sarà questo il banco di prova principale dell’opposizione alle destre, il terreno su cui tutte le forze politiche dovranno misurarsi, e su cui i movimenti dovranno dotarsi rapidamente di strumenti adeguati di riflessione e di mobilitazione.

11.La costruzione della sinistra anticapitalista di cui c’è bisogno sarà il frutto dell’impegno di una nuova generazione politica, che non porti sulle spalle le responsabilità delle macerie. Una nuova generazione politica non combacia necessariamente con la vulgata giovanilista che ha caratterizzato anche le ultime elezioni ma dovrà rappresentare l’espressione più genuina dei nuovi protagonismi sociali e delle lotte che continuano a svilupparsi in questo paese, dai “cittadini ribelli” di Vicenza o della Val di Susa agli operai che resistono all’asprezza della lotta di classe; dalle neofemministe che non vogliono padroni né limiti alla propria libertà ai, alle militanti lgbtq che non si arrendono ad una vita di serie B imposta dal Vaticano o ai, alle migranti che si battono per i nuovi diritti. Una nuova generazione politica, cresciuta senza modelli da rincorrere ma che non si rassegna a pensare che questo sia il migliore dei mondi possibili e che è disposta a battersi perché un altro mondo, un’altra società sia ancora possibile.

Il Coordinamento nazionale di Sinistra Critica
10 maggio 2008

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