mercoledì 18 gennaio 2012

Intervista a Pasquale Loiacono


Loiacono, operaio Fiat e rappresentante Fiom, tra i protagonisti del documentario
"Forse siamo riusciti a spiegare cosa c'è dietro alle
nostre battaglie"
di VERA SCHIAVAZZI
Per Pasquale Loiacono, 47 anni, la svolta è arrivata nel 1997. In quell'anno, quasi trecento operai, e lui tra questi, vennero spostati
dalle Meccaniche alle Carrozzerie di Mirafìori: «Eravamo abituati a lavorare intorno a un motore, la catena di montaggio è
qualcosa di molto, molto diverso. Così, decidemmo che uno di noi doveva diventare delegato e toccò a me. Non si poteva sbagliare,
perché è una responsabilità enorme, hai nelle tue mani un pezzo di vita degli altri, così ho cominciato a studiare. E in un certo
senso sono stato fortunato a poterlo fare nellaFiom». Ora Pasquale è uno dei protagonisti di «Privilegi operai», un film nato per
raccontare l'indignazione di chi monta automobili e si sente cancellato nei diritti. E questa sera sarà al cinema Massimo.
Emozionato?
«No, non adesso, magari lo sarò quando vedremo il film... Sono contento, però, perché mi pare che
siamo riusciti a spiegare con parole semplici a chi non lo sa come si lavora a Mirafiori, e dunque che
cosa c'è davvero dietro le battaglie sindacali di questi anni. Alla vigilia del referendum venivamo giornalisti
da tutte le parti, un giorno uno mi intervista e dalle prime battute capisco che lui crede che alla cate -
na si lavori stando seduti, magari premendo con calma qualche bottone. Alla fine si è scusato, ma mi è
servito per capire quanto poco si sappia in giro».
Che cosa è stata per lei la Fiat?
«Mio padre era operaio, ha lavorato in Fiat, ma anche alla Ceat, mia madre lavorava in un'impresa di
pulizie. Per me, entrare a Mirafiori nel 1988, dopo anni passati a fare il lavapiatti e il cameriere in
pizzeria, è stato un traguardo. Ma se ci penso, mi rendo conto che già allora, un pezzo per volta, la fabbrica
era in declino. Ho visto smontare e portar via macchinari enormi, ho salutato decine e decine di
compagni di lavoro che se ne andavano e non sono mai stati rimpiazzati. Quel che viviamo ora è solo un
capitolo di una storia che è iniziata da molto tempo».
Per me entrare
in fabbrica nel 1988,
dopo anni a fare il
lavapiatti e il cameriere,
è stato un traguardo
Che cos'è che ha studiato, da sindacalista?
«Sono un esperto di tempi, di metriche. Alla Fiom ho imparato come si fa a misurare i ritmi, a vedere se
gli accordi vengono rispettati e a dimostrarlo in modo indiscutibile. Anche per questo sono molto
orgoglioso di fare il sindacalista. Questo non vuoi dire che non sbagliamo mai, anzi, errori se ne fanno.
Ma siccome è un impegno, e non un mestiere, si riparte sempre anche dopo le sconfitte».
Si è voluta usare la crisi per attaccare
i lavoratori e i loro diritti, ed è questo
che abbiamo cercato di raccontare
Da quanto tempo non lavora?
«Da prima di Natale. I miei compagni di squadra sono stati chiamati a casa per lavorare il 17, il 18 e il
19 gennaio, ma a me non mi ha chiamato nessuno. E temo che non succederà».
Ha paura che la Fiom resti fuori fuori dalla fabbrica? Che ci resti per sempre, dopo l'accordo che
vi esclude dalla rappresentanza?
«Non credo. Il problema è che a Mirafiori non si sta lavorando. Perché, se la produzione si facesse, tutti
capirebbero nel giro di pochi giorni che gli accordi imposti dalla Fiat non sono sostenibili. E non perché
lo dice la Fiom, ma perché nessuno può farcela a lavorare a queste condizioni. Siccome però non si
lavora o quasi, la cosa è meno evidente. Ma non penso proprio che sarà Marchionne a cancellarci. La
Fiom non ha colpa di quello che sta accadendo. Si è voluta usare la crisi per attaccare i lavoratori e i loro
diritti, ed è questo che cerchiamo di raccontare nel film».
La Fiom vi ha rinominati come suoi rappresentanti, anche se non potete più fare parte delle Rsu.
Pensa che funzionerà?
«Non lo sappiamo ancora. Per me era un orgoglio essere eletto direttamente dai lavoratori. Ma questa è
soltanto una fase».
Ma lei ci va, al cinema?
«Mi piace molto, ma ultimamente non me lo posso permettere, preferisco scaricare da Internet. Amo
Ken Loach. Sono separato, non ho figli, e meno male, perché con 850 euro al mese non saprei come
mantenerli. Ma non mi lascio isolare: anche se si lavora poco, il sindacato e la politica sono la mia vita».

Torino-Detroit, la solidarietà possibile


I lavoratori Usa hanno manifestato alla Mostra internazionale dell'Auto scambiandosi messaggi simbolici con i lavoratori italiani. Segno di un bisogno non ancora realizzato


I giornali italiani hanno dato grande visibilità alla Mostra internazionale dell'Auto di Detroit soprattutto per nascondere, dietro le notizie, la pubblicità invisibile dei grandi marchi a cominciare da Fiat. Negli stessi giorni però, Autoworker Caravan, un gruppo di base, ha manifestato alla mostra (guarda il video) per chiedere posti di lavoro e la riapertura delle fabbriche per lavoro ecologicamente compatibili. Promosso da settori sindacali di sinistra, in parte legati alla rivista Labor Notes, i manifestanti hanno chiesto negli stessi giorni la solidarietà internazionale a partire dalla Fiat e dall'indotto dell'auto. Essi stessi hanno aderito alla campagna lanciata dalla Fiom, "Io voglio la Fiom in Fiat". Tra i messaggi di solidarietà letti dai lavoratori di Detroit ci sono quelli - che pubblichiamo di seguito - provenienti dalla Fiat di Mirafiori e dalla Lear di Grugliasco.

Cari/e lavoratori/trici dell’AWC,
I lavoratori italiani della Lear Corp. Italia di Grugliasco (Torino) –multinazionale che produce la selleria per Fiat- sono vicini alle vostre istanze e alle vostre lotte per combattere lo strapotere dell’ 1%.
Anche in Italia la crisi causa perdite di posti di lavoro, come nel nostro stabilimento che occupa 578 lavoratori, siamo di fronte a una drastica procedura di riduzione occupazionale.
Gli scioperi, i presidi alle amministrazioni locali dei lavoratori e delle lavoratrici della Lear, hanno l’intento di respingere i licenziamenti. Non ci arrendiamo, non rinunciamo a difendere con la lotta il nostro posto di lavoro.
Se noi lavoratori della Lear e della Fiat siamo all’inizio di un anno in cui si produrranno pochissime automobili è perché non è bastato eliminare i diritti dei lavoratori da parte di Marchionne, estromettere il più grande sindacato metalmeccanico italiano – la FIOM – dai propri stabilimenti per portare nuovi business. L’ AD Fiat/Chrysler Marchionne ha MENTITO al governo italiano che gli ha permesso di riportare i diritti dei lavoratori al tempo delle corporazioni fasciste.
Insieme possiamo cambiare la situazione: l’1% ci vorrebbe diviso, intenti a farci la guerra stabilimento contro stabilimento, affinchè possano ingrossare ulteriormente i loro portafogli.
Noi abbiamo capito che unendo le nostre lotte, costruendo un movimento globale e solidale possiamo vincere, partendo dagli stabilimenti americani ed europei per allargarsi a tutto il resto del mondo. Costruiamo uno sciopero generale mondiale che abbia tre parole d’ordine:
Il lavoro NON è una merce
Uguale paga per uguale lavoro
Lavorare meno per lavorare tutti ( 30 ore di lavoro pagate 40 )
Rappresentanti sindacali della Fiom.Cgil in Lear Corp. Italia di Grugliasco

Care/i lavoratrici/tori dell'awc,
esprimiamo il nostro sostegno alla vostra lotta contro il comune padrone, le multinazionali costruttrici dell'auto.
Ovunque, per sostenere i loro profitti, cercano di ridurre i diritti sindacali dei lavoratori per dividerli più facilmente e ridurre così i loro salari e intensificare lo sfruttamento.
A Torino (Italy) la Fiat ha ricattato i lavoratori minacciando la chiusura dello stabilimento se non avessero rinunciato al diritto della contrattazione sindacale sugli orari e straordinari, se non avessero rinunciato a parte del pagamento della malattia, se non si fossero impegnati a rinunciare allo sciopero contro le pretese dell'azienda.
Accettando in azienda solo i sindacati che dicono sì a Marchionne, in questi giorni il sindacato più rappresentativo, la Fiom-Cgil è stata privata dei suoi rappresentanti sindacali.
I lavoratori in Fiat, su tutto il territorio nazionale, non hanno più il diritto di scegliere i propri rappresentanti.
Con fabbriche senza lavoro per mancanza di produzione, non siamo riusciti a costruire la forza necessaria per impedire a Marchionne di portare le sue fabbriche fuori dal contratto nazionale.
Né il governo, né le più alte figure istituzionali, né le amministrazioni locali e i grandi partiti politici si sono opposti a Marchionne che impedisce alla Costituzione e alle leggi dello Stato di essere applicate nelle sue fabbriche.
Intanto è sempre più evidente che a Torino, la Fiat non intende più produrre.
In condizioni estremamente difficili continuiamo a costruire momenti di lotta per dare un riferimento ai lavoratori senza più diritti, senza vere prospettive occupazionali e colpiti nello stesso tempo dalle politiche di austerità del governo.
In questo mese sono già programmati scioperi e a Febbraio la fiom ha convocato a Roma una grande manifestazione nazionale.
Anche voi potete aderire a una petizione “anch'io voglio la Fiom in Fiat” che ha già avuto molte adesioni, anche internazionali.
Riusciremo a difendere il nostro posto di lavoro, i nostri diritti, i nostri salari, solo se riusciremo a estendere il conflitto sociale a tutti quei lavoratori colpiti dai padroni e dalle politiche dei governi; se i lavoratori italiani saranno coscienti che la vostra lotta è la loro.
W la vostra lotta; sostegno a tutte le lotte ovunque siano!

Loiacono Pasquale e altri ex rappresentanti sindacali Fiom-Cgil in Fiat Mirafiori (Torino)

domenica 15 gennaio 2012

I nostri disaccordi con Landini e Camusso


Dalla gestione del caso Fiat all'atteggiamento, troppo morbido, nei confronti del governo, si acuiscono le contraddizioni dentro la vecchia sinistra Cgil


Giorgio Cremaschi
In tre giorni si sono svolte le riunioni del Comitato centrale della Fiom e del Direttivo della Cgil, che hanno visto una sostanziale convergenza di posizioni tra la Segretaria generale della Cgil e il Segretario generale della Fiom. Con questa convergenza di posizioni abbiamo nettamente dissentito.
Vediamo allora quali sono i punti principali del nostro disaccordo.

1. Il giudizio e i comportamenti rispetto al governo Monti. Sia Landini sia Camusso non nascondono giudizi critici verso il governo, ma non intendono farli diventare un giudizio complessivo da utilizzare nella pratica sindacale delle organizzazioni. Nella sostanza si continua a giudicare il governo per i suoi singoli provvedimenti, e non per la linea liberista e distruttiva dei diritti sociali che lo ispira. Si continua a considerare questo governo come altri governi di unità nazionale, verso i quali essere criticamente interlocutori, e non si vuole invece affermare che questo governo è espressione di un drammatico disegno di restaurazione sociale guidato dai poteri economici e finanziari europei e mondiali. Nella sostanza si rinuncia a un ruolo di opposizione sociale a questo governo e si assume un orientamento contrattuale ed emendativo nei confronti delle sue scelte. (...)

Su questo punto abbiamo espresso il nostro disaccordo sia in Fiom che in Cgil, proprio perché a nostro parere ciò di cui c’è l’esigenza oggi è di trasformare l’enorme malessere sociale, la rabbia verso i singoli provvedimenti del governo, in un’opposizione e un alternativa ad esso. Pena la marginalizzazione totale del movimento sindacale e la frantumazione del conflitto. Per queste ragioni abbiamo chiesto, in Cgil assieme alla minoranza congressuale, una posizione radicalmente diversa da quella adottata dalla confederazione nella trattativa con il governo. Non si può saltare la drammatica sconfitta sulle pensioni e bisogna riaprire la partita ora al tavolo del governo, così come bisogna considerare pregiudiziale la questione dell’articolo 18, che può solo essere esteso. Senza queste precondizioni si deve andare alla rottura e non alla trattativa con il governo.

2. L’accordo del 28 giugno. Pur mantenendo diversità di giudizio sul passato, Landini e Camusso sostengono oggi che bisogna utilizzare l’accordo del 28 giugno per fermare l’aggressione della Fiat al contratto nazionale e ai diritti dei lavoratori e dei sindacati, e per difendere la contrattazione nazionale. Non siamo d’accordo su questo, in quanto il 28 giugno non ha chiuso ma ha aperto la via alla devastazione delle deroghe e anche a una nuova stagione di accordi separati. Esso non è stato un freno alle politiche Fiat per la semplice ragione che gli stessi firmatari di quell’intesa hanno poi sottoscritto l’accordo con Fiat che usciva dalla Confindustria. Nella sostanza quell’accordo non è uno strumento utilizzabile per fermare l’attacco, mentre viene tranquillamente utilizzato dalle controparti per ottenere deroghe ai contratti nazionali senza nessuna affermazione reale di pratica democratica con i lavoratori. Come dimostrano gli accordi recentemente siglati nelle cooperative sociali e con la Lega delle Cooperative. La derogabilità ai contratti è la via che ha aperto la strada a Marchionne. Non può essere l’obiettivo del minor danno quello che ancora una volta ci guida, vista la drammaticità dell’attacco ai lavoratori.

3. Il giudizio sulla Fiat. Il Direttivo Cgil non ha affrontato, anzi ha sostanzialmente respinto, la questione della portata della vicenda Fiat. Nessuno naturalmente nega la gravità di quanto è avvenuto, ma resta una minimizzazione della vicenda rispetto a tutto il mondo del lavoro. Nella sostanza si continua a sostenere che Marchionne è un estremista e il resto del padronato va in un’altra direzione. Invece continuiamo a ritenere che il problema Fiat sia un problema di tutto il movimento sindacale e di tutta la Cgil, non per ragioni di solidarietà, ma perché quello partito a Pomigliano con l’attacco ai diritti dei lavoratori è un contagio che non può essere fermato senza sconfiggere l’opera di chi l’ha lanciato e continua a lanciarlo. Nella sostanza occorre far diventare la vertenza Fiat una vertenza confederale, di lotta di tutti i lavoratori italiani, costruendo le mobilitazioni, le iniziative, le solidarietà, i boicottaggi necessari a far sì che la Fiat sia sconfitta. Se questa scelta così netta non viene presa, e non è stata presa, l’accordo Fiat si consolida e con esso il contagio in tutto il mondo del lavoro.

4. Unità sindacale e democrazia. Nelle conclusioni al Direttivo della Cgil, Susanna Camusso ha sottolineato la necessità dell’unità sindacale, sia a livello confederale, sia nei metalmeccanici, per poter reggere la fase. Non siamo d’accordo e non perché non riteniamo necessaria l’unità sindacale, ma perché l’unità che si vuole realizzare qui ed ora è su un piano e con sindacati in continuità con le politiche del recente passato. Non basta dire di no assieme all’articolo 18, per reggere la portata di un attacco che, nella sostanza, vede Marchionne e Monti sullo stesso fronte, anche se ovviamente con accentuazioni e ruoli diversi. L’unità confederale che si vuole costruire, così come la richiesta alla Fiom di arrivare rapidamente a una piattaforma unitaria con Fim e Uilm per il rinnovo del contratto, o è un’ipotesi irrealizzabile o, se la si persegue a breve, comporta inevitabilmente compromessi rilevanti e per noi inaccettabili proprio sui contenuti di fondo che hanno visto la Fiom e la Cgil lottare in questi anni. Anche sul piano della chiarezza e del rapporto con i lavoratori un puro ritorno all’unità con Cisl e Uil per reggere, rischia di essere controproducente. Basta vedere i risultati delle mobilitazioni. Il 6 settembre, lo sciopero Cgil è stato fatto anche da tanti iscritti Cisl e Uil, mentre lo sciopero unitario del 12 dicembre non è stato fatto anche da tanti iscritti alla Cgil. Non è con il ritorno a una linea moderata, unitaria e concertativa, che si supera l’attacco che abbiamo di fronte. Questo è ancora più vero sul terreno della democrazia sindacale, sul quale non c’è alcun passo avanti e – anzi – si registra il totale fallimento dei buoni propositi dell’accordo del 28 giugno. I lavoratori continuano a non votare e si riduce la libertà di scelta dei sindacati. Per questo la risposta alla Fiat non può essere la modifica dell’articolo 19 per tornare al puro concetto della rappresentatività confederale. Occorre invece una legge sulla democrazia sindacale che garantisca la libertà di scelta per tutti i lavoratori rispetto alla rappresentanza sindacale.

5. Il referendum in Fiat. Per quanto riguarda la gestione della vertenza Fiat, abbiamo riconfermato il nostro disaccordo con la scelta di fare propria la richiesta del referendum, assolutamente legittima come richiesto dai lavoratori, da parte di Fiom e Cgil. E’ evidente, infatti che, come ha detto Susanna Camusso nelle conclusioni, se un’organizzazione fa proprio un referendum deve inevitabilmente accettarne i risultati. Mentre, per quanto ci riguarda la decisione di non firmare in ogni caso gli accordi Fiat non è modificabile in nessun modo. Considerato che il referendum molto probabilmente verrà rifiutato, questa scelta rischia di non portare da nessuna parte e di indebolire la nettezza del nostro no all’accordo.

Quanto è avvenuto in questi tre giorni di discussione ha chiaramente segnato cambiamenti nel confronto politico nella Cgil e nella Fiom. Riteniamo che sia necessario affrontarli serenamente, ma con rigore. In particolare è evidente che la dialettica congressuale è stata chiaramente messa in discussione e che nella stessa area “La Cgil che vogliamo”, da lungo tempo in evidente crisi, ci sono scelte non più rinviabili da compiere.
Per tutte queste ragioni, fermo restando il nostro impegno militante a sostegno dei lavoratori Fiat e del rientro della Fiom in fabbrica e di tutte le mobilitazioni in atto, riteniamo necessario che si apra una discussione di fondo su come fronteggiare il più grave attacco ai diritti e alle libertà dei lavoratori dal ’45 ad oggi.
Per questo nei prossimi giorni produrremo un documento da confrontare con altre prese di posizione che sono state annunciate.