martedì 31 agosto 2010

Un'exit strategy dalla crisi


UN'EXIT STRATEGY DALLA CRISI

EDITORIALE (Salvatore Cannavò)

PRIMO PIANO
Israele senza limiti (Piero Maestri)

TEMPI MODERNI
Senza se e senza spa (Emiliano Viti)
Privacy di classe e bavaglio al conflitto (Checchino Antonini)
Prove di autorganizzazione (Massimo Lettieri e Gigi Malabarba)
La sinistra e la lotta alla mafia (Intervista a Umberto Santino di Gennaro Montuoro)

FOCUS
E' possibile una soluzione alla crisi? (Marco Bertorello e Danilo Corradi)
Il dibattito sul saggio di profitto (Michel Husson)
Il lavoro delle donne (Lidia Cirillo)

IDEEMEMORIE
L'eredità di Trotskij (Antonio Moscato)
Sanguineti, il materialismo erotico, il canone antagonista (Antonio Montefusco)
Di nuovo a Reggio Emilia / Di nuovo là in sicilia (Diego Giachetti)
Libreria

CORRISPONDENZE
L'india alla conquista di un ruolo mondiale (Antonio Moscato)
Le rivolte del Sudafrica (Peter Dwyer e Leo Zeilig)

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venerdì 27 agosto 2010

Turigliatto: Marchionne ipocrita, fa il padrone


Serve un'alleanza politica e sociale contro Berlusconi e la Fiat

Quello di Marchionne fatto oggi al Meeting di Rimini è il più classico degli interventi padronali. Agli operai viene chiesto di adattarsi alla logica d'impresa, ai suoi tempi, ai suoi ritmi e ai suoi interessi, cioè al duro sistema capitalista. Chi protesta o dice di no viene bollato come conservatore se non accusato di sabotaggio. Un intervento quindi che si ammanta di modernità e progresso ma che ripropone una logica di altri tempi a cui giustamente la Fiom si oppone e che vede alcuni lavoratori, a cui va la nostra piena solidarietà, subire le rappresaglie dell'azienda. Un'azienda che mentre parla di etica e di merito non ha remore a chiedere l'aiuto dello Stato per la Cassa integrazione o gli incentivi pubblici in Serbia, Brasile e negli stessi Stati Uniti. Insomma, un'ipocrisia a cui il padronato italiano ci ha abituato da sempre e a cui non intendiamo rassegnarci.

Di tutto questo, però, nel dibattito politico non c'è traccia, tiene solo banco Berlusconi e l'alleanza per batterlo. Ancora oggi il segretario del Pd, Bersani, ripropone una Grande alleanza che dovrebbe andare da Rifondazione all'Udc. Un film visto e rivisto per nulla all'altezza dei bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici.
A noi sembra invece che servirebbe lavorare a un'alleanza di forze, politiche e sociali, che pensano l'esatto opposto di quanto propone Marchionne, che pensano che bisogna ridurre i profitti e aumentare i salari, estendere i diritti, rilanciare la scuola pubblica, difendere le pensioni e lo stato sociale, costruire una prospettiva ecologista per il futuro, affrontare la crisi andando a prendere le risorse là dove ci sono anche rendendo pubblici alcuni gangli dell'economia.
Un'alleanza alternativa a Berlusconi, a Marchionne e alla Confindustria. La sinistra italiana può rinascere se affronta questa sfida.

Franco Turigliatto - portavoce Sinistra Critica

martedì 17 agosto 2010

Melfi, la Fiat "antisindacale"


Il giudice del lavoro condanna l'azienda per il licenziamento di tre operai dello stabilimento. Per Landini, segretario Fiom, è una sentenza importante che deve far riflettere Marchionne. E rilancia la manifestazione del 16 ottobre


Salvatore Cannavò
www.ilfattoquotidiano.it
«Antisindacale». Il verdetto del giudice del lavoro sul licenziamento di tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi, avvenuto lo scorso luglio, boccia drasticamente la linea scelta dall’azienda di Marchionne e dispone il reintegro dei lavoratori. Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino e Marco Pignatelli erano stati licenziati il 13 e 14 luglio in seguito a un corteo interno alla fabbrica contro l’aumento dei turni in presenza della cassa integrazione. L’accusa fu di aver boicottato la produzione impedendo l’arrivo dei pezzi sulla linea. Un licenziamento «pretestuoso» gridarono i tre che in segno di protesta occuparono per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, un antico monumento situato nel centro storico di Melfi. Attorno a loro, tutti iscritti alla Fiom, due dei quali, Barozzino e Lamorte esponenti della Rsu, scattò la solidarietà degli altri operai e della organizzazione sindacale. Che oggi invita la Fiat a «riflettere su quanto avvenuto» e a ritirare tutti i licenziamenti ancora in essere – quello di Capozzi a Mirafiori e quello di Musacchio alla Sevel in Val di Sangro – per «ripristinare corrette relazioni sindacali».

Raggiunto al telefono, Barozzino, che è stato l’operaio più votato alle ultime elezioni Rsu, non riesce quasi a parlare per la gioia. Attorno a lui se sentono le voci di amici e parenti che stanno congratulandosi e al Fatto riesce però a dire che in fondo se l’aspettava: «Sono stanco, per questo mese sotto tensione ma contentissimo. Abbiamo sempre sostenuto che le accuse non erano vere e il giudice ci ha dato ragione, ha dato ragione al fatto che siamo rispettosi del nostro lavoro ma che vogliamo difendere sempre i nostri diritti». Barozzino si è già sentito con gli altri due suoi compagni, uno dei quali si è appena sposato, il 5 agosto, e ha avuto la buona notizia in viaggio di nozze.

Molto soddisfatto, ovviamente, anche il segretario generale della Fiom, anch’egli raggiunto dal Fatto. «E’ senz’altro una sentenza importante e che restituisce dignità ai tre lavoratori». Landini sottolinea l’importanza di una «magistratura indipendente che costituisce un pilastro fondamentale della nostra democrazia» e invita politici, sindacalisti, ministri e quanti hanno accusato i lavoratori di sabotaggio «a chiedere loro scusa». La Fiom si sente «più forte» e questa sentenza rafforza anche la manifestazione del 16 ottobre prossimo che Landini si augura veda la convergenza di altre forze politiche e sociali.

Contento per la sentenza di oggi anche uno degli altri operai licenziati dalla Fiat, Pino Capozzi di Fiat Mirafiori. Anche’egli si dice convinto che la sentenza confermi la funzione di «rappresaglia» che la Fiat ha dato ai licenziamenti e confida in una positiva risoluzione della propria vertenza.

La Fiat per ora ha deciso di non commentare ma Landini, confermando che la Fiom continuerà ad assistere i lavoratori, ribadisce a Marchionne la richiesta fattagli personalmente lo scorso 28 luglio in occasione del tavolo convocato a Torino dal governo: «Ritiri tutti i licenziamenti, sarebbe un buon passo per ripristinare una relazione sindacale corretta».

Molteplici, infine, le reazioni politiche alla sentenza, tutte da sinistra e tutte soddisfatte. Oltre a quelle di Vendola, di Fassina (segreteria Pd), e dell’Italia dei Valori va segnalata anche quella del segretario generale della Fim-Cisl, Farina, firmatario dell’accordo separato di Pomigliano: «Si conferma che in Italia ci sono diritti e garanzie contrattuali e di legge che valgono per tutti, anche per la Fiat. La strada da battere è quella del consenso e non della repressione».

lunedì 16 agosto 2010

Unire le lotte, alternativi al Pd


di Piero Maestri
Dal Manifesto dell'8 agosto 2010

La rottura tra Berlusconi e Fini, anche se avviene su un piano politicista e di scarso immediato interesse sociale, apre una pagina nuova della politica italiana, che nasconde una crisi più di fondo che in qualche modo richiama quella che due anni fa colpì il governo Prodi.
Anche se i vari protagonisti cercano di nascondere il legame tra la rottura dell’assetto della maggioranza e la crisi sociale ed economica – e il portavoce governativo Minzolini si è affrettato a farlo in diretta TG – quanto avvenuto mostra l’impossibilità degli schieramenti “bipolari” a governare e gestire il quadro della crisi.
Intanto, mentre si consumava la rottura, la Camera approvava, con la fiducia, la prima finanziaria “europea” della storia della Ue, la prima diretta emanazione della crisi economica e delle sue ricadute sociali: lo scontro interno al vertice del Pdl oscura la manovra antisociale, i colpi che ricevono lavoratrici e lavoratori, in particolare del pubblico impiego. Se poi associamo alla manovra quanto sta avvenendo alla Fiat ci rendiamo conto della vera e propria “guerra sociale” che viene concertata a livello europeo contro i lavoratori e applicata a livello nazionale.
Il governo di Berlusconi e Tremonti sta gestendo la crisi sulla base di queste coordinate e malgrado la sicumera con cui il ministro dell’economia vanta il sostegno popolare alle sue misure, la maggioranza perde in realtà consensi e presa sociale.
La crisi del berlusconismo nasce soprattutto su questo versante – anche perché non è mai riuscito a costruire un blocco sociale stabile, che lo sostenga mentre la maggioranza ne garantisca gli interessi complessi.
Fini esprime la consapevolezza che una fase si è conclusa così come nel 2008 si era conclusa la fase prodiana e pensa di logorare piano piano il Cavaliere, che a sua volta cerca di anticipare il suo avversario ex sodale, minacciando elezioni anticipate che rappresenterebbero ad un certo punto la sua unica via d’uscita per evitare il logoramento.
Quello che emerge con chiarezza è la totale inconsistenza dell'opposizione (mentre continua ad appoggiare scelte del governo – come il rinnovo delle missioni di guerra): Bersani è arrivato a dirsi sostanzialmente favorevole a un governo di transizione guidato da...Tremonti spaventato dall’unica proposta che un’opposizione seria dovrebbe chiedere con determinazione, e cioè andare al voto immediatamente, sancendo la rottura di un progetto politico avverso.
La sinistra che ancora si definisce antagonista (e anticapitalista) dovrebbe finalmente cogliere l’occasione per un tentativo di ripresa e di ricostruzione. Immaginare però che questo possa avvenire insieme al Pd, magari tentandone la scalata come sembra voler fare Vendola, è illusorio e perdente.
I due poli fondamentali hanno fallito e dunque è tempo di voltare pagina per ricostruire un progetto politico coerente, nitido, in grado di fare l'opposizione che serve e di dare una prospettiva alle lotte sociali e democratiche di questo paese. La situazione potrebbe quindi cambiare da un momento all'altro, si potrebbe andare al voto in primavera, in ogni caso è tempo di prepararsi, perseguendo con determinazione la costruzione di una coalizione alternativa al centrodestra e al centrosinistra .
Dalla crisi del berlusconismo infatti non si esce con scorciatoie politiciste, magari facendo il tifo per Fini, ma con una mobilitazione sociale e politica reale contro la crisi. Serve una risposta socialmente qualificata, un programma di uscita dalla crisi, una mobilitazione per cacciare Berlusconi e creare un quadro politico nuovo e un progetto che riprovi a realizzare una “coalizione contro la crisi” che ricostruisca una presenza organizzata e credibile in questo paese.
La promozione di una manifestazione nazionale sui temi del lavoro e dei diritti dei lavoratori è molto opportuna e utile – e la decisione della Fiom a lanciare l'iniziativa per il prossimo 16 ottobre è estremamente importante.
Tutta la sinistra - e Sinistra Critica lo farà con convinzione – deve impegnarsi per la sua riuscita. Lavorando anche perché quella giornata possa essere effettivamente ampliata dalla stessa Fiom a tutta l'opposizione sociale al governo – e possa vedere in campo anche la soggettività migrante (che ha alluso al suo sciopero lo scorso 1° marzo) per chiudere la pagina buia delle leggi che creano clandestinità, il complesso mondo del precariato per costruire finalmente insieme a tutte/i le lavoratrici e i lavoratori garanzie di reddito e di condizioni di lavoro, il movimento studentesco che si batte contro la privatizzazione del sapere, i comitati per l’acqua pubblica e le reti che difendono beni comuni e territori.
In questo modo il16 ottobre potrà rappresentare una risposta sociale alle politiche del governo e indicare una via d'uscita alla crisi: perché se è vero, come Sinistra Critica ripete nella sua campagna nazionale che "Le nostre vite valgono più dei loro profitti" è altrettanto vero che l'unica risposta efficace oggi ai colpi ricevuti dai lavoratori è l'unità delle lotte. Noi lavoreremo per questo nei prossimi mesi.

Piero Maestri – portavoce Sinistra Critica