martedì 29 settembre 2009

Lavoratori italiani e migranti:stessi problemi, stessi nemici!


Salari insufficienti, servizi inesistenti, precariato e sfruttamento

Lavoratori italiani e migranti:

stessi problemi, stessi nemici!

La crisi economica ogni giorno crea sofferenza tra chi lavora.
Licenziamenti, cassa integrazione, precariato, colpiscono tutte le donne e tutti gli uomini che per vivere devono lavorare: italiani e stranieri. Inoltre non ci sono abbastanza posti negli asili, mancano politiche per la casa a prezzi accessibili, i trasporti pubblici sono insufficienti e ai pendolari vengono rubati pezzi di vita per raggiungere il lavoro. Nelle scuole mancano gli insegnanti e le classi diventano troppo numerose. Si vive sempre peggio.
La colpa della crisi è dei banchieri, dei poteri finanziari, di chi da sempre si arricchisce sfruttando il lavoro di altri. La colpa è di chi si è arricchito con le speculazione finanziarie, di chi ha voluto un’economia mondiale fasulla che distrugge l’ambiente e affama l’80% della popolazione mondiale.

Il governo italiano è, più che mai, al servizio dei banchieri, dei finanzieri, degli speculatori, dei “furbi”. Questo governo, per nascondere le colpe proprie e dei potenti, vuole far credere che se gli italiani stanno male la responsabilità è degli immigrati.
Da sempre i potenti e i privilegiati, quando vogliono mantenere il proprio potere ed i propri privilegi cercano di scatenare la rabbia popolare sui più indifesi.

Per questo in Italia ritornano leggi razziste. Le chiamano leggi per la “sicurezza”. Ma non hanno nulla a che vedere con la sicurezza: non colpiscono le organizzazioni malavitose ma rendono impossibile la vita agli immigrati onesti che lavorano. E così danneggiano anche gli italiani che lavorano.
Il reato di clandestinità, per esempio, è un’arma contro tutti i lavoratori perché fa si che centinaia di migliaia di immigrati accettino qualsiasi condizione di lavoro: l’immigrato che perde il lavoro dopo poco perderà anche il permesso di soggiorno. I potenti vogliono ricattare i lavoratori immigrati per costringere a peggiori condizioni di lavoro tutti: italiani e immigrati, regolari e irregolari.

Il governo sa che all’Italia serve il lavoro degli immigrati ed è per questo che ha fatto la “sanatoria”.
Ma anche in questo caso ha previsto una procedura che favorisce le truffe di delinquenti italiani e stranieri. Le indagini concordano nel dire che quasi un milione di persone clandestine lavorano nella case (badano agli anziani italiani), nell’edilizia, nelle campagne e anche nelle piccole aziende. Un milione di persone che lavorano e producono ricchezza e servizi ma vengono considerati dalla legge “delinquenti” perché clandestini. Pensiamo che questi lavoratori debbano essere regolarizzati tutti e subito senza costringerli a pagare migliaia di euro e senza fare si che vengano truffati da delinquenti di ogni specie.

Per gli italiani onesti e che lavorano è importante capire che gli immigrati, regolari e clandestini, sono lavoratrici e lavoratori e non sono il “nemico”.
Non lottare per i diritti degli immigranti significa privarsi del sostegno di centinaia di migliaia di donne e uomini nella lotta comune per il salario, per i servizi sociali, per una società più democratica e più giusta.

SINISTRA CRITICA



SABATO 17 OTTOBRE 2009
MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA ROMA
PIAZZA DELLA REPUBBLICA ORE 14.30

lunedì 28 settembre 2009

Stop alla sporca guerra dell'Afghanistan.



Ritiro immediato delle truppe italiane. Il 4 novembre una giornata nazionale di mobilitazione antimilitarista in tutte le città

Comunicato del Patto contro la Guerra

Lunedì 21 settembre s´è tenuta un riunione d´emergenza del Patto contro la guerra per discutere gli sviluppi del conflitto sul fronte afgano che hanno visto il contingente militare italiano subire il suo colpo più duro in questi otto anni con l´uccisione di sei parà della Folgore. I contraccolpi di questo evento sono rilevanti ai fini dell´azione dei movimenti No War.
Si conferma che - nonostante un sostanziale accordo politico bipartizan sulle missioni di guerra - la maggioranza della società è contraria alla presenza dei militari italiani in Afghanistan e favorevole al loro rientro. Si riaffaccia la contraddizione tra la maggioranza parlamentare a favore della guerra e la maggioranza sociale che resta contraria. Se ciò innescherà contraddizioni anche a livello parlamentare sia nella maggioranza che nell´opposizione è tutto da verificare.
Alla luce dell´escalation del ruolo attivo dei militari italiani nella guerra, si conferma la pesantezza della scelta fatta dai partiti di sinistra nel governo Prodi di non aver aperto questa contraddizione quando c´erano le condizioni per farlo. Una autocritica pubblica, ponderata e di prospettiva, è un passaggio non eludibile nel rapporto con i movimenti No War che in questi anni si sono battuti con continuità e coerenza contro le missioni di guerra all´estero ma anche nel rapporto con la società.
La guerra e il mattatoio afgano non possono che peggiorare nella prossima fase. La NATO e gli USA in Afghanistan stanno perdendo la guerra e la faccia, per questo intendono accrescere lo sforzo bellico. Le illusioni che la partecipazione alla guerra preventiva portasse benefici attraverso la rapina delle risorse degli altri popoli o le ricadute economiche della spesa militare, sono state spazzate via dalla crisi. Crescono tra i militari e le classi dirigenti le spinte a mettere l´opinione pubblica di fronte al fatto che l´Italia è in guerra, dunque a mettere da parte le ipocrisie sulle "missioni di pace" ed a imporne le conseguenze nella gestione dell´informazione, della politica e del sistema legislativo.
Per questi motivi riteniamo che i movimenti contro la guerra possano e debbano svolgere una funzione di attivizzazione e riferimento per tutti coloro che in modi e con sensibilità diverse si oppongono alla guerra e alle sue ricadute.
1) Il Patto contro la Guerra propone di mettere in moto un processo di confronto e iniziativa per il ritiro delle truppe italiane dall´Afghanistan, per severi tagli alle spese militari e l´uso delle risorse per le spese sociali, per lo smantellamento delle basi militari a cominciare dal blocco della base di Vicenza che deve riguadagnare la sua dovuta dimensione di "questione nazionale e non locale". Questo processo deve connettersi già da oggi alle mobilitazioni sociali e sindacali previste per l´Autunno.
2) Proponiamo di convocare una prima giornata nazionale di mobilitazione antimilitarista su questi contenuti per il prossimo 4 novembre (giornata della retorica militarista) con iniziative in tutte le città (cortei, sit in, azioni, assemblee in piazza) e di convocare assemblee pubbliche nel mese di ottobre per discutere le iniziative.
3) Non escludiamo la possibilità di convocare una manifestazione nazionale entro l´Autunno sulla base di una verifica del percorso, delle possibilità e delle disponibilità delle varie situazioni locali ma soprattutto sulla base della realtà sul fronte di guerra.
Roma, 21 settembre

mercoledì 23 settembre 2009

TV tra pura propaganda e modello sociale


Il recente articolo di Cannavò è finalmente uscito dalla sottovalutazione ed approssimazione con cui la politica di sinistra affronta, malgrado le sollecitazioni degli specialisti a lei vicini, il ruolo degli strumenti di comunicazione di massa, e della televisione in particolare, nel determinare gli atteggiamenti popolari.
Ricordo quanta fatica, negli anni '80, per convincere Vincenzo Vita – pur intelligente responsabile del PCI per i media- che il problema NON era contestare quanti secondi di TG erano riservati a questo o quel parlamentare bensì quale ideologia si stesse affermando nei programmi cosiddetti d'intrattenimento.
Oggi che la realtà televisiva è completamente degenerata è sempre più evidente come i TG più che cercare di convincere (lasciamo perdere informare..) cerchino di suscitare allarmi; i clandestini, la criminalità, il terrorismo islamico, le catastrofi. Per fortuna che c'è il governo che interviene, basta che, questo è il messaggio subliminale, i cittadini non si facciano condizionare troppo da un buonismo tipicamente italiano, che nell'emergenza è ormai fuori luogo.
I TG sono ormai a presidio dello stato di emergenza, a cui si deve rispondere con subalternità e, non si sa perché, ottimismo obbligatorio.
Ma nell'esperienza di tutti i giorni il cittadino non incontra, soprattutto non come presenza minacciosa, l'immigrato e per fortuna -sennò avrebbero ragione i TG- raramente la criminalità e le catastrofi e mai il terrorismo islamico che tante risorse ed energie ci costa, compreso qualche morto nella Folgore.
Il cittadino ha altri problemi (disoccupazione, salari, servizi e congestione delle città) la cui analisi è poco gradita al governo e che, se affrontati con lucidità, potrebbero vanificare gli sforzi imbonitori dei telegiornali. Ma qui entra l'ideologia, non quella con la maiuscola bensì quella analizzata a suo tempo da Althusser in “Per Marx”. Cioè quell'insieme di norme etico-pratiche che semplificano le nostre risposte agli eventi, diciamo la prima reazione automatica, d'istinto alle cose.
Lo scenario, o la narrazione come si dice oggi, in cui inserire ciò che ci capita non ce lo inventiamo noi sul momento ma proviene dall'ambiente in cui viviamo, da ciò che abbiamo assimilato nel profondo e dalla similitudine con avvenimenti che abbiamo visto o vissuto con particolare coinvolgimento emotivo. E qui entra in gioco l'importanza dei media, dell'impatto e sedimento prerazionale che lasciano nelle nostre menti.
L'attitudine a vedere di primo acchito possibili risposte di sinistra agli eventi, anche minuti, della propria esistenza il popolo l'ha acquisita non solo dai messaggi razionali delle sue organizzazioni (oltre che dai ricordi emotivi delle belle bandiere) ma anche -forse soprattutto- nei messaggi emozionali che i suoi media nelle diverse epoche gli hanno trasmesso. Dal contenuto sovversivo del cristianesimo originario, ai grandi romanzi d'appendice, al cinema, alla televisione pedagogica (ma con che qualità!) dei suoi primi vent'anni. Compresi alcuni media bassi, come i fotoromanzi, che pure nei primi anni settanta tentarono di essere un po' meno edulcorati testimoni del vivere popolare.
Non si è mai studiata l'importanza della formazione sentimentale della gioventù, degli strumenti per influenzarla e del rilievo generale che questa formazione assumerà per la società tutta. Purtroppo Mediaset si è posta come obbiettivo il monopolio e la devastazione di queste giovani coscienze con talk-show e reality specificatamente indirizzati a loro. Un mix micidiale di sdilinquimenti sentimentali, deliranti litigi in diretta completamente privi di oggetto se non la disperata affermazione di sé, alla ricerca di un successo presentato come inevitabilmente individuale e frutto della lotta concorrenziale contro tutti, la negazione di qualsiasi possibile socialità. E la RAI si adegua per pigrizia, ignavia e per la drogata battaglia degli ascolti che premia una direzione non solo passata alla concorrenza ma che ormai proviene quasi tutta dalla concorrenza.
Con questo esempio arriviamo al punto: la vera propaganda politica si fa in televisione non tanto con i TG od i programmi esplicitamente politico/culturali ma con il cosiddetto intrattenimento.
Più grave della cacciata del povero Curzi dal TG3 (comunque con conseguenze più pesanti di un'elezione persa) è stato l'allontanamento di Freccero dai programmi e, più ancora di Voglino, responsabile delle riviste della Terza Rete. Il sistema MediaRaiset in quegli anni, con l'attiva complicità dei degenerati eredi del PCI infastiditi dagli sberleffi dei fratelli Guzzanti, trasferirono a forza la rivista televisiva prima su orari di seconda e terza serata e poi direttamente su Italia 1 e Striscia la Notizia. Con pazienza, senza strappare bruscamente tradizioni e linguaggi (il privato ha anche veri problemi di ascolti, immediatamente dopo la loro resa politica) la rivista venne totalmente depotenziata. Oggi si sono ridotti letteralmente a cercare di far ridere con bambini che cadono dal seggiolone!
La grande rivista RAI aveva avuto un'importanza fondamentale nella formazione e costituzione delle personalità dei giovani della generazione del '68. Da Bandiera Gialla a L'altra Domenica a Studio 1 a La TV delle Ragazze e Avanzi fino a Luttazzi è lunghissimo l'elenco di trasmissioni televisive che, senza parlare mai di politica -nel senso classico- furono esempio di un atteggiamento laico, critico, ironico ed antiretorico che aveva come conseguenza spesso inevitabile un avvicinamento degli spettatori ai messaggi razionali dell'opposizione politica.
La fine di questo tipo di trasmissioni, di cui sopravvive a stento ed in tarda serata solo Parla con me, ha anticipato e non seguito, la crisi generale della sinistra.
Possiamo dire che il reality abbia sostituito la satira come strumento di condizionamento da destra, fautore di un atteggiamento sociale passivo, conformista, consumista, individualista e concorrenziale fino alla caricatura del liberismo, con eroine assatanate e culturisti di periferia in lite perenne per un pubblico di voyeur cialtroni quanto ignoranti. Insomma, detto in termini un po' più nobili, la morale di Sganarello di gramsciana memoria.
Una sorta di profezia auto-realizzante della sorte intellettuale del proprio pubblico.
Non è solo il tipo di messaggio politico che emerge dalla nuova televisione ad essere preoccupante ma c'è anche un degrado della pura e semplice qualità formale che rischia di essere un modello per la banalizzazione dell'intera nostra esistenza. Non è tanto sul livello dei prodotti massimi che questa qualità è scomparsa (anche se oggi non vi è traccia nella programmazione né di un Orlando furioso di Ronconi né di un Pinocchio di Comencini o degli Intervalli di Ciprì e Maresco, la RAI era la migliore televisione del mondo) quanto ancor più nella normale televisione di flusso.
All'epoca di Carosello vi era una severa commissione che, prima di definire il contratto economico, valutava la qualità formale dell'inserzione televisiva...Qualcuno di voi ha visto i recenti spot sulle suonerie telefoniche?

E' quanto mai urgente mobilitare ed organizzare un'opposizione popolare a questa televisione proprio perché la prima, tra le tante emergenze nel nostro paese, è quella culturale.
Visto che, dati i rapporti di forza, non è possibile modificare dall'interno la programmazione televisiva è nell'urgente costituzione di un'emittente TV alternativa che si potrebbe misurare la volontà di convergenza delle forze di sinistra italiane. Oggi con il digitale terrestre ci potrebbe forse essere la possibilità tecnica di realizzare una rete televisiva di sinistra in grado di sopravvivere economicamente, ribaltando così l'impostazione promediaset della recente innovazione tecnologica, purché se ne attribuisca la gestione in piena autonomia ad uno dei tanti specialisti del settore onesti, capaci e perciò epurati. E senza, beninteso, ricominciare a contare i secondi dati ad uno in confronto a quelli concessi ad un altro... Qualunque venditore di tappeti o periferica concessionaria di automobili gestisce una rete TV, possibile che per noi sia impossibile?

La cultura della destra in Italia e Berlusconi
Sempre riferendomi all'articolo su Erre di Cannavò concordo assolutamente con lui che la destra, pur occupando ormai anche la direzione dei centri di cultura, non sia portatrice di un modello ideologicamente completo, forte ed unitario.
Ma se questo è un problema per la destra mi chiedo se lo sia altrettanto per il presidente del consiglio. Che è un politico sui generis.
Il Nostro tutto sommato non ha, (ancora?) perché abbiamo visto non ne ha bisogno, instaurato una dittatura esplicita in Italia ma il suo potere supera quello che si concentrava nel passato anche nelle mani di dittatori come Mussolini. Mussolini non era il più ricco imprenditore d'Italia, né il di gran lunga più grande editore, il suo Minculpop controllava la cultura nazionale meno della Fininvest, non possedeva come proprietà personale le sedi del PNF (di cui era segretario e non acclamato presidente) ed era sottoposto all'autorità del Gran Consiglio del fascismo che infatti arrivò a deporlo.
Dov'è, istituzionalmente, il Gran Consiglio della PdL? Si può rispondere ironicamente “all'Hotel delle Palme di Palermo” o “in viale dell'Astronomia (sede della Confindustria)” ma sappiamo che in fondo non è, o non è più, così. Quest'ometto è riuscito a riunire in se il potere politico, economico ed informativo/ideologico: non per nulla vuole bastonare l'unico che resta fuori, il giudiziario.
Ha nominato degli attendenti e non dei ministri; uomini e donne privi di qualunque valore tecnico (tranne Tremonti), che nella giungla politica solo con le proprie forze non sopravviverebbero un giorno. Miracolati che devono tutto al capo e lo sanno.
Pur nella sua posizione politica anomala, quanto fortissima, Berlusconi deve comunque rispettare il ruolo necessariamente centrista di qualunque comune responsabile di partito. E lui si colloca tra la Lega e AN.
Ma non nel senso classico di una destra ed una sinistra del suo schieramento (entrambi sono poli di destra) quanto in una dialettica che si potrebbe definire con i termini prepolitici di Hobbes: tra un Behemoth che incarna il caos e la dissoluzione ed un Leviatano che tutto unifica a forza sotto un'autorità dittatoriale.
Berlusconi si fa garante, presso padroni, cattolici e benpensanti che nessuno di questi poli avrà il sopravvento, né un protocapitalismo dissolutore né uno statalismo erede comunque dell'età delle masse novecentesca. Ma neppure vuole essere incastrato in una posizione precisa tra questi due poli, pretende di poter cambiare continuamente la propria mediazione politica secondo le necessità, ed anche i capricci, del momento. In ciò e veramente l'erede del mussolinismo, i cui fedeli non devono avere una troppo robusta ideologia, a loro deve bastare un credo pienamente italiota: “il capo ha sempre ragione”!

Quest'obbedienza e quest'equilibrio, in assenza di una qualsiasi opposizione significativa, significano stabilità ed ordine.
Per le soddisfazioni, se siete poveri, sperate nelle lotterie o sintonizzatevi sul reality preferito.

Giorgio Carlin, Torino 22-08-09

martedì 22 settembre 2009

Il 17 ottobre contro il razzismo per non pagare la crisi


Razzismo istituzionale, sfruttamento su larga scala dei lavoratori e delle lavoratrici migranti, respingimento dei richiedenti asilo ai paesi di provenienza, contrasto militare delle imbarcazioni dei migranti nel mar Mediterraneo fino a farlo diventare il più grande cimitero d’Europa. Ha preso forma un razzismo di matrice istituzionale che alimenta e amplifica una deriva securitaria, presente nel paese, che si traduce in più controlli, disciplina e repressione dei diritti e della libertà di movimento dei migranti. Il pacchetto sicurezza insieme a protocolli e regolamenti locali, di amministrazioni di sia di centrodestra che di centrosinistra, introducono norme discriminatorie che rappresentano un salto di qualità nelle politiche sull’immigrazione. In questo modo non si combatte la cosiddetta immigrazione clandestina, come sostengono i razzisti nostrani, ma si “produce” nuova clandestinità. Legare il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro significa subordinare i diritti, la cittadinanza, la vita associativa, la presa di parola dei e delle migranti al mercato, allo sfruttamento del lavoro e delle vite di milioni di uomini e donne. I nuovi lager denominati CIE ( Centro di Identificazione e Espulsione ) fanno il resto. Sono luoghi, vere e proprie carceri, in cui i migranti sono considerati delle non-persone, soggetti a una legislazione speciale. Infatti l’introduzione del reato di clandestinità è funzionale a quella precarietà dell’esistenza strettamente connessa alla precarietà del lavoro dei migranti. Crisi economica e razzismo vanno di pari passo, far pagare la crisi ai lavoratori, ai precari, ai pensionati alimenta il razzismo.Si sta assistendo a un ritorno nella “clandestinità” di molti lavoratori e lavoratrici migranti che hanno perso il posto di lavoro ai quali è impedito nei fatti anche l’accesso ai servizi sociali fondamentali. Fare “terra bruciata” attorno ai “clandestini”, in un paese che non prevede la possibilità concreta di ingresso regolare, non è uno slogan solo dell’estremismo xenofobo di stampo leghista ma una precisa scelta politica che applica conseguentemente la legge Bossi-Fini. Mai come in questo momento le responsabilità dei governi di centrosinistra, con il supporto dell’ex sinistra radicale, per non aver abrogato quella legge razzista sono così pesanti ed evidenti.
Si è lasciato spazio al razzismo della Lega nord, diventato oggi uno degli strumenti per far pagare la crisi ai lavoratori e alle lavoratrici, innanzitutto migranti. Indicare i migranti come nemico principale serve a distogliere l’attenzione dalle responsabilità dei banchieri, finanzieri e speculatori.
E’necessario che si apra una nuova stagione dell’antirazzismo.
Il razzismo e lo sfruttamento del lavoro migrante passano ormai per una gamma di forme e modalità che vanno dalla quasi schiavitù ad una precarietà specifica dovuta al legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. C’è la necessità di ripensare forme politiche e sindacali che siano all’altezza dell’attuale attacco ai diritti dei migranti, per difenderli ma anche per conquistarne di nuovi. Aprire nuovi conflitti, sperimentare forme di partecipazione, contaminare culture, non pagare la crisi sono gli obiettivi che ci si deve porre.
Le reti dei migranti e antirazziste che in questi anni hanno puntato sull’autorganizzazione e la mobilitazione dei migranti sono chiamate a questo difficile compito. Un compito che si assume anche Sinistra Critica con la consapevolezza che la questione dei diritti e del lavoro migrante è una questione di classe per il moderno proletariato.
E’ per questo che la manifestazione nazionale del 17 ottobre a Roma diventa un appuntamento molto importante per rilanciare le lotte antirazziste e dei migranti.

Sinistra Critica
movimento per la sinistra anticapitalista

lunedì 21 settembre 2009

Salvaguardia costituzionale. Dal Prc una proposta politica che rispolvera vecchie concezioni e ripropone la sudditanza al Pd


Salvatore Cannavò
Dal dibattito interno del Prc, così come riscontrabile dal suo Comitato politico nazionale chiusosi domenica, emerge una nuova formula politica, tra le tante cui ci ha abituati la politica italiana. "Legislatura di salvaguardia costituzionale" è la proposta che il segretario, Paolo Ferrero, ha proposto al massimo organismo del Prc e che questo ha approvato (tra l'altro rinnovando la segreteria nazionale con l'ingresso di due esponenti della mozione 2, gli ex "bertinottiani" non usciti dal partito, fatto che ha provocato le dimissioni dalla segreteria stessa di Claudio Bellotti, esponente di Falce e Martello). Si trattadi una proposta avanzata a tutta l'attuale opposizione, da Rifondazione fino all'Udc, per un patto di legislatura a termine incaricato di modificare la legge elettorale in senso proporzionale e dare finalmente vita a una legge sul conflitto di interessi. La stessa proposta era stata già avanzata dallo stesso Ferrero in un'intervista all'Unità di qualche mese fa e poi riproposta in un articolo di Liberazione della scorsa settimana.

La proposta dice che Rifondazione è disponibile a un accordo, anche con l'Udc, per dare vita a una legislatura di breve respiro, giusto il tempo di fare le due cose suddette. Questo presuppone quindi che in caso di elezioni anticipate il Prc è disponibile a fare un'alleanza, sia pure elettorale, non solo con il Pd ma anche con il partito di Casini e Buttiglione.
Sul suo blog, spesso utile per capire un po' del dibattito interno a Rifondazione, Ramon Mantovani spiega questa posizione in modo molto chiaro: noi non vogliamo fare più accordi di governo con il Pd ma il nodo dell'antiberlusconismo si pone obiettivamente e come al solito rischia di stritolarci. Quindi, dice Mantovani, fare un accordo elettorale che ha come contenuto la rottura del bipolarismo, che è il vero male della democrazia italiana, ci consente di dare una risposta positiva alla domanda su come cacciare Berlusconi e ci permette, in prospettiva, di emanciparci dall'annosa questione dell'alleanza "frontista" in chiave antiberlusconiana. Si può essere d'accordo o meno con la proposta, dice Mantovani, ma questa è limpida ed efficace.

A noi, onestamente, sembra di assistere a un vizio molto in voga al tempo della segreteria Bertinotti: di fronte alla morsa dell'antiberlusconismo, che esiste ovviamente, e al problema di un quadro politico che pone al centro della scena la possibile - ma soprattutto auspicata - cacciata del "puzzone", Rifondazione inventa una formula politica per cercare di salvare capra e cavoli e non fare i conti non solo con la realtà obiettiva ma nemmeno con sé stessa e il suo passato.
Un accordo di legislatura, per quanto breve, è un accordo che prevede il sostegno a un governo che, giocoforza, non può fare solo la riforma della legge elettorale. Per lo meno deve fare una Finanziaria, deve rivotare le missioni di guerra, affrontare il nodo dei diritti civili, tutte cose già viste con il governo Prodi. Pensare poi che una legge elettorale nuova fatta con Bersani, Casini e Di Pietro possa salvare una forza della sinistra di classe rischia di essere illusorio. A meno di non contare sul fatto che i propri voti, in quel nuovo Parlamento, siano così determinanti da pesare sull'esito del compromesso elettorale. Ma, appunto, significherebbe essere di nuovo ricondotti nel tritacarne delle mediazioni e dei compromessi su cui Rifondazione, e i suoi ministri, non sembra siano stati particolarmente abili.
Il fatto è che la proposta, avendo un alto tasso di politicismo, è viziata da quest'ultimo e non fa i conti con la realtà. Non fa i conti con il berlusconismo che è oggetto complicato battibile solo con una lunga e tenace battaglia sociale e culturale che, innanzitutto, deve poter poggiare sul protagonismo delle persone in carne e ossa e non sulle "mosse" di palazzo. Può sembrare naif e avere scarsa visione politico-istituzionale, ma la nostra idea resta quella di un'ampia mobilitazione sociale che, negli ultimi quindi anni, ha rappresentato l'unico fatto capace di battere Berlusconi e i suoi governi. Prima, nel 1994, con la mobilitazione contro la riforma delle pensioni - salvo farla poi con il governo Dini - e poi, tra il 2001 e il 2006, con una stagione di conflitto e movimenti del tutto inedita. E se Berlusconi nel 2006 ha potuto recuperare fino allo scarto dei 24mila voti è anche perché un anno prima, sia Prodi che Bertinotti - e tutta la sua maggioranza - hanno rifiutato l'ipotesi della spallata per arrivare a elezioni anticipate.
Berlusconi, che piaccia o meno, che ci voglia tempo o meno, lo si batte solo così. Il resto è tempo perso, manovra parlamentare buona per un gioco politico che non interessa ai più.
Una mobilitazione sociale che produce la caduta di Berlusconi può aprire la strada a un governo "centrista" o istituzionale o quant'altro si prevede in questi giorni? Non è certamente con il contributo minimale di una sinistra radicale che si sventa questo rischio. I rapporti di forza oggi in Italia sono quelli che sono e per riequilibrarli in senso classista occorrerà tempo, fatica e soprattutto una capacità di pensare l'opposizione sociale e politica che la sinistra oggi esistente, nelle sue formazioni più rilevanti, non sa più fare, avvezza com'è all'ipotesi del governo o della presenza istituzionale. Un'opposizione che oggi si confronta con l'attuale destra e che domani potrebbe doversi confrontare con una destra più raffinata e intelligente ma non meno pericolosa socialmente come dimostrano tutte le proposte politiche del Pd in tema di lavoro. A meno di non nutrire ancora speranze sul Pd. Nel suo intervento in Direzione, Alberto Burgio - colui che sulle pagine di Liberazione è riuscito a giustificare la "necessità" del patto Ribbentrop-Molotov - ha definito l'ipotesi di un governo di destra senza Berlusconi come quella che «determinerebbe per noi un quadro problematico perché su tale ipotesi potrebbe esserci il consenso o la benevola astensione del Pd». Perché problematico? La questione italiana si incardina ormai da anni sulla possibilità che alla sinistra del Pd, e in piena autonomia da esso, si costruisca una forza politica indipendente e legata al conflitto di classe e se il Pd, in ossequio alla propria natura, decide di stare in governo con Casini o addirittura con Fini, non c'è molto da preoccuparsi.
La "legislatura di salvaguardia costituzionale" è dunque una formula che non sembra restituire un'analisi seria e un bilancio rigoroso di quanto accaduto recentemente nella sinistra italiana e, in fondo, assomiglia alle varie formulazioni che la sinistra storica ha via inventato nel corso dei decenni, da Togliatti in poi. Niente di nuovo sotto il sole.

domenica 20 settembre 2009

Non pensate che io avessi ragione?


Non pensate che io avessi ragione?
di Franco Turigliatto
(editoriale de l'Altro del 19 settembre)

I fatti hanno la testa dura; ancor più se i fatti sono fatti di guerra. E quanto sta succedendo da molti anni in Afghanistan è una guerra, tra le più violente e crudeli.
Una guerra che non ha nulla a che vedere con la democrazia e i diritti, ma del tutto interna alla guerra globale e permanente che gli Stati Uniti, i suoi alleati europei e le altre potenze capitalistiche conducono da anni per mantenere il controllo del mondo in una logica neocoloniale ed imperiale.
L’Italia c’è entrata sotto pressione degli USA col pieno consenso dei due schieramenti politici e passo dopo passo si è ritrovata sempre più invischiata e coinvolta, al di là dei distinguo, delle mozioni parlamentari, dei fatti negati, delle mistificazioni e delle false coscienze. La responsabilità delle morti, di quelle afgane, sottotaciute o nascoste, di quelle italiane (su cui si versano lacrime di coccodrillo) sono pienamente e totalmente di coloro che hanno deciso di parteciparvi e di accrescere sempre più la presenza e il ruolo delle truppe italiane,
Ma questa guerra segna anche la caduta, la più rovinosa, delle sinistre nel nostre paese, di quelle sinistre che hanno puntato le loro carte sulla alleanza e sul governo col centro sinistra e che, di fronte alla guerra, hanno semplicemente capitolato. Da quando è sorto il movimento operaio la guerra è la cartina di tornasole di tutte le politiche dei partiti operai e di sinistra, la sintesi delle loro scelte, il discrimine politico e strategico si cui si sono rotti e rifondati i partiti in tutta la storia del movimento operaio al di là delle stesse pur decisive e fondamentali scelte sociali ed economiche.
E le guerre di occupazione hanno una dinamica precisa: l’occupante è l’occupante, contro di lui sorgono inevitabilmente moti ed atti di resistenza, a cui seguono le azioni di repressione, i bombardamenti, i rastrellamenti, i massacri di civili. Non si sfugge a questa escalation. Come in ogni guerra, si uccide e ci si fa uccidere.
Ho provato, insieme a Cannavò a difendere queste semplici idee in un Parlamento che trae la sua legittimità da una Costituzione che recita in un articolo fondamentale “l’Italia ripudia la guerra”; e a convincere una maggioranza, sorta in alternativa alla destra, che era indispensabile ritirare le truppe dall’Afghanistan; abbiamo provato, come Sinistra Critica, a impedire che le forze della Sinistra varcassero il “Rubicone”. Senza molte esitazioni e senza particolare discussione il Prc e dagli altri partiti della sinistra “radicale” hanno fatto questo passo: uno iato profondissimo, una ferita terribile non solo politica, ma culturale, etica che attiene all’idea stessa di sinistra e di un progetto alternativo di società, che altera le coscienze dei militanti.
Siamo stati massacrati dai mass media, messi al bando dagli apparati delle sinistre ufficiali, (poco o nulla difesi da quei giornali o riviste che vogliono essere la coscienza critica della sinistra) anche se abbiamo trovato molta solidarietà e sostegno nei militanti dei movimenti di base e in tante cittadine e cittadini, parte di quella maggioranza della popolazione che in tutti questi anni è sempre stata contraria alla partecipazione alla guerra in Afghanistan. Personalmente sono stato anche oggetto di una espulsione che, in forma di pericolosa commedia, riproponeva scenari del passato.
Leggo oggi, sul Manifesto, l’annuncio del segretario di Rifondazione che il partito aveva torto e che Turigliatto aveva ragione.
Quale amarezza. Non per ragioni personali. L’amarezza è tutta relativa al fatto che organizzazioni politiche e gruppi dirigenti della sinistra per comodità e per opportunismo non hanno voluto capire l’implicazione dei loro atti, del loro voto alle missioni militari, al finanziamento della guerra, così alterando le finalità ultime di una sinistra che voleva esser comunista, antimilitarista e di alternativa.
Amarezza perché non è possibile agire come se nulla fosse stato, come se, schiacciando il tasto del “reset”, tutto potesse ricominciare come prima. Di mezzo c’è stata un sconfitta pesante (non quella elettorale, ma quella dei lavoratori) un crollo di credibilità (naturalmente relativo a tutta la politica realizzata dal governo Prodi con l’accettazione delle politiche liberiste da parte di quelle forze che si erano fatte “garanti” di una svolta a sinistra,) una difficoltà sempre più grande a costruire l’intervento per coloro che vogliono combattere il capitalismo. In altri termini: gli errori degli stati maggiori della sinistra sono stati pagati dal movimento dei lavoratori e ostacolano fortemente la stessa iniziativa dei tanti che ancora oggi non voglio abbandonare una prospettiva anticapitalista
Con quale credibilità le organizzazioni della sinistra possono oggi chiedere, giustamente, il ritiro delle truppe, la rinuncia alla guerra, dopo che, dalla posizioni governativa, hanno avuto ben poche esitazioni ad accettare soldi e truppe per la guerra stessa? E infatti la loro voce risulta afona e le difficoltà nella costruzione di un movimento antiguerra le abbiamo davanti ai nostri occhi.
Ma quello che ritengo la cosa più negativa è che, al di là di qualche parziale riflessione autocritica, non si veda in giro una reale e profonda riflessione su quanto è successo, una reale acquisizione di coscienza del senso dei fatti avvenuti, un superamento dei paradigmi del passato. E’ questo che rende ancora più difficile il ricominciare, quel “ricominciare su nuove basi” di cui è intessuta tutta la storia del movimento operaio e a cui non penso si debba rinunciare, tanto meno oggi di fronte alla inaccettabile barbarie del capitalismo.

giovedì 17 settembre 2009

AFGHANISTAN, BASTA LACRIME DI COCCODRILLO.. VIA LE TRUPPE


Il movimento ritorni in campo. Un errore aver annullato la manifestazione di sabato

Dichiarazione di Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò, ex parlamentari Sinistra Critica




Ancora morti di guerra, stavolta italiani mentre qualche settimana fa erano decine i civili uccisi dalle bombe della Nato, l'alleanza che l'Italia sostiene attivamente. Non è più possibile negare la guerra aperta in cui l'Italia è impigliata, senza alcuna speranza di ottenere risultati positivi, da ormai otto anni. Tutti i vertici istituzionali che manifestano il proprio cordoglio in queste ore sono responsabili dell'invio dei soldati al fronte e come tali devono rispondere moralmente alle loro famiglie.
L'unica soluzione possibile alla questione afghana è il ritiro delle truppe, la fine dell'invasione, il ripristino di una diplomazia di pace e di dialogo. Il resto è solo ipocrisia.
E' giunto il momento di rimettere l'Afghanistan e la guerra al centro del dibattito politico. Quando manifestavamo il nostro dissenso eravamo isolati e insultati dalla politica ma i fatti continuano purtroppo a darci ragione. Proponiamo alle forze politiche contrarie alla guerra di riprendere il filo di una mobilitazione e un dibattito collettivo.
Male ha fatto l'Fnsi ad annullare la manifestazione di sabato prossimo, avallando un clima di falsa unità nazionale. La libertà di stampa è fatta anche di tanti cronisti morti sui fronti di guerra e una simile manifestazione avrebbe potuto parlare anche della guerra e delle sue conseguenze. Per parte nostra continueremo a impegnarci perché il nostro paese torni a rispettare l'articolo 11 della Costituzione oramai da tempo calpestato dai governi di centrodestra e centrosinistra.




Nelle stesse ore in cui si svolge il presidio dei precari della scuola, CANTIERI DI PACE ha indetto un presidio sempre in Piazza Castello, angolo via Garibaldi alle ore 17 per il ritiro delle truppe.

mercoledì 16 settembre 2009

APPELLO MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA ROMA 17 OTTOBRE


Il 7 ottobre del 1989 centinaia di migliaia di persone scendevano in piazza a Roma per la prima grande manifestazione contro il razzismo. Il 24 agosto dello stesso anno a Villa Literno, in provincia di Caserta, era stato ucciso un rifugiato sudafricano, Jerry Essan Masslo.
A 20 anni di distanza, il razzismo non è stato sconfitto, continua a provocare vittime e viene alimentato dal governo Berlusconi. Il pacchetto sicurezza varato dal governo di Centro-Destra offende la dignità umana, introducendo il reato di “immigrazione clandestina”.
La morte degli immigrati nel canale di Sicilia, che si sta trasformando in un cimitero marino, è la tragica conseguenza della logica disumana che ispira la politica governativa.
Questa drammatica situazione sta pericolosamente alimentando e legittimando nella società la paura e la violenza nei confronti di ogni diversità. E’’ il momento di reagire e costruire insieme una grande risposta di lotta e solidarietà per difendere i diritti umani respingendo ogni tipo di razzismo.
Pertanto facciamo appello a tutte le associazioni laiche e religiose, alle organizzazioni sindacali, alla società civile e a tutti i movimenti a scendere in piazza il 17 ottobre per fermare il dilagare del razzismo sulla base di questa piattaforma׃
• No al razzismo
• Per la regolarizzazione generalizzata per tutti
• Ritiro del pacchetto sicurezza
• Accoglienza per tutti
• No ai respingimenti e agli accordi bilaterali che li prevedono
• Per la rottura netta del legame tra il permesso di soggiorno e il contratto di lavoro
• Diritto di asilo per i rifugiati e profughi
• Per la chiusura definitiva dei Centri di Identificazione ed Espulsioni (CEI)
• No alle divisioni tra italiani e stranieri
• Diritto al lavoro, alla salute, alla casa e all’istruzione per tutti
• Mantenimento del permesso di soggiorno per chi ha perso il lavoro
• Contro ogni forma di discriminazione nei confronti di LGBT
• Solidarietà a tutti i lavoratori in lotta per la difesa del lavoro

SABATO 17 OTTOBRE 2009
MANIFESTAZIONE NAZIONALE ANTIRAZZISTA ROMA
PIAZZA DELLA REPUBBLICA ORE 14.30



COMITATO PROMOTORE 17 OTTOBRE :

Unione Cittadini Immigrati Roma - Comitato Immigrati in Italia (Roma) - Centro sociale Ex Canapificio Caserta - Movimento Migranti e Rifugiati Caserta - Migrantes Y Familiares MFAM - Comitato Immigrati in Italia (Napoli) - Collettivo Immigrati Auto-Organizzati Torino - Ass. Dhuumcatu - Lega Albanesi Illiria - Ass. Filippini Roma - Ass. Sunugal Milano - Ass Insieme per la Pace - Ass Mosaico Interculturale (Monza-Brianza) - Federazione Senegalesi della Toscana - Ass. FOCSI (Roma) - Ass. Bangladesh (Roma) - Ass. Pakistan (Roma) Ass. Indiani (Roma) - El Condor (Roma) - Uai (Como) - Centro delle culture (Milano) - Ass. Punto di partenza (Milano) - Movimento lotta per la casa (Firenze) - Ass. El Mastaba (Firenze) - Ass. Arcobaleno (Riccione) - FAT (Firenze) - Ass. Interculturale Todo Cambia (Milano) - Studio 3R di mediazione (Milano) - Centro delle culture (Firenze) - Federazione Nazionale RdB-CUB - SdL intercategoriale - Confederazione Cobas - Naga - Coordinamento Migranti Verona - Sportello Immigrati RdB Pisa - Missionari Comboniani Castelvoturno - PRC – Pdci - Ass.ne Razzismo Stop e ADL-Cobas - Sinistra Critica - Rete Antirazzista Catanese - Coordinamento Stop razzismo - Ass. antirazzista e interetnica `3 febbraio´ - Partito Umanista - Partito di Alternativa comunista - Socialismo Rivoluzionario - Unicobas - Socialismo Libertario - Centro delle Culture - Ass.Umanista Help To Change - Comitato antirazzista Abba (Fi) - Comitato Antirazzista (Vi) - Donne in Nero (Italia) - Clan Destino Doc - Medici e Operatori della salute dalla parte dei migranti - Ass.LibLab - Libero laboratorio - Associazione Culturale Musicale illimitate Villaricca (Napoli) – CIPAX (Centro interconfessionale per la pace) - Sud Pontino Social Forum - Cooperativa Immigrazionisti (Mi) - Gruppo Every One - Rifugiati di piazza Oberdan Milano - Gruppo Watching the Sky, Ass. culturale molisana " Il bene comune" - Associazione Utopia Rossa - Punto pace di Napoli movimento Pax Christi - Ass. Donne e colori ( Roma) - Marenia (gruppo musicale) - Bidonvillarik (gruppo musicale) - Associazione Peppino Impastato - Casa Memoria (Cinisi) - Slai Cobas Nazionale - Action (Roma) - Associazione "Kamilla" (Cassino) - Collettivo Teatri OFFesi di pescara - Associazione Arrakkè - Centro per la tutela dei diritti umani (Siracusa) - USI AIT Nazionale - Associazione Yakaar Italia-Senegal - Corrispondenze Metropolitane (Roma) - RETELEGALE (Torino) - ASIA-RdB (Bologna) - L'associazione Solidarietà Proletaria (Napoli) - Coordinamento Diversi Uguali (Arezzo) - Periodico Bianco e Nero - PCL - Rivista CARTA - Associazione "Romano pala tetehara" Rom per il futuro - Associazione Nazionale USICONS - Associazione cittadini del mondo - COLLETTIVO " IQBAQL MASIH" DI LECCE - Associazione interculturale Grammelot (Napoli) - Emergency - Casa Internazionale delle donne (Roma) - Piattaforma Comunista - Associazione-centro interculturale delle donne trama di terre (Imola) - Libreria la locomotiva (Savona) - perUnaltracittà (Firenze) - G.A.S TAPALLARA di Catania - Circolo di cultura glbt Maurice (Torino) - Comitato spontaneo per la pace di Faenza - Centro di documentazione don Tonino Bello di Faenza - PdCI Fed Prov di Torino - Ass. Culturale Artiglio - Mondo senza Guerre- Il centro Open Mind GLBT di Catania - Centro delle Culture di Roma - Collettivo MAREMMANO AUTORGANIZZATO (GROSSETO) - Organizzazione Comunista Alternativa Proletaria - IL MONDO IN IV (Roma) - Collettivo Antagonista Primaverile (Roma) - Associazione Postribù - Collettivo l'evasione (Cosenza) - Cobas pt cub - Sinistra Unita e Plurale (Firenze) – JVP Italia - Padri Sacramentini (Caserta) - Casa Rut (Caserta) - Pastorale Giovanile (Caserta) - Radio Vostok - Associazione Agora - CARC - Gruppo Antifascista Partigiano (Cremona) - DONNE PER L'INTEGRAZIONE di Borgomanero (NO) - Rete28Aprile - Centro Open Mind GLBT (Catania) – ARCI – Sinistra e Liberta - Piero Soldini (dipartimento immigrazione CGIL) - Comitato antirazzista e contro l'omofobia “ALZIAMO LA TESTA" (Milano) - Cantieri Sociali – Coordinamento Immigrati Brescia - Cooperativa Sociale Dedalus (Napoli) - Associazione Priscilla (Napoli) - Federazione dei Comunisti Anarchici - Assolei sportello donna - Associazione voceDonna (Forli) - Csoa Villaggio Globale (Roma) - Associazione Socialismo e Sinistra - FGCI (Roma) - Comitato Solidarietà Antirazzista (Martesana) – Sindacato lavoratori in Lotta – ATTAC (Roma) - EMMAUS – BPM (Roma) – PLT
Per adesioni:
comitatoroma17ottobre@gmail.com

lunedì 14 settembre 2009

contro i tagli di Gelmini e Tremonti: BLOCCHIAMO L'ANNO SCOLASTICO. SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA !


contro i tagli di Gelmini e Tremonti: BLOCCHIAMO L'ANNO SCOLASTICO. SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA !
Le proteste che in questi giorni stanno portando in piazza gli insegnanti precari vittime del più grande licenziamento di massa della storia della Repubblica meritano pieno sostegno e chiedono a tutti i soggetti politici e sociali un lavoro di allargamento che porti alla mobilitazione di tutto il mondo della scuola, studenti, genitori, insegnanti di ruolo, personale amministrativo.
Il governo Berlusconi sta portando avanti un attacco mortale alla scuola pubblica, in cui i tagli di decine di migliaia di posti di lavoro sono funzionali ad una dequalificazione generale dell'istruzione ed alla distruzione del diritto allo studio. Maestra unica, riduzione dell'orario scolastico della scuola primaria e delle superiori di I e II grado, riduzione drastica degli insegnanti di sostegno, aumento del numero degli alunni per classe, imposizione di cattedre superiori alle 18 ore previste dal contratto nazionale dei docenti...sono tutti tasselli che comporranno il nuovo volto della scuola disegnato dal Ddl Aprea che compirà questo processo trasformando le scuole in soggetti di diritto privato (leggi aziende) senza la possibilità di eleggere Rsu da parte dei lavoratori ed introducendo il reclutamento diretto degli insegnanti da parte dei Presidi (leggi servilismo e clientelismo).
Di fronte ad un attacco di questa portata è necessario mobilitarsi massicciamente in questi giorni di avvio dell'anno scolastico, rilanciando la lotta generosa dei precari ed accompagnandola con la mobilitazione di tutti i lavoratori della scuola a partire dagli insegnanti di ruolo.
Il Governo, con la presa in giro di un decreto "salvaprecari" che non salva nessuno ma condanna migliaia di insegnanti alla disoccupazione cerca di attutire la rabbia dividendo il fronte della protesta e mettendo i lavoratori della scuola gli uni contro gli altri. Insegnanti di ruolo che ricevono cattedre fino a 24 ore settimanali sottraendo posti di lavoro ai precari, precari "storici" che ottengono l'assegno di disoccupazione sottraendo le supplenze brevi a chi li segue in graduatoria....e così via.
Come Sinistra Critica siamo impegnati a fondo nel sostegno alle mobilitazioni dei precari e facciamo appello a tutte le forze, in particolare sindacali, perché lavorino all'allargamento della protesta a partire dagli insegnanti di ruolo, denunciando le violazioni contrattuali di cattedre che superano le 18 ore o di classi sovraffollate che non rispettano le norme sulla sicurezza.

A questo gioco al massacro si può rispondere solo convocando uno SCIOPERO GENERALE DELLA SCUOLA che di fatto impedisca l'avvio regolare di un anno scolastico che rischia di essere il teatro della distruzione della scuola pubblica.

mercoledì 9 settembre 2009

Costruiamo il nostro autunno di lotta


C’E’ LA RIPRESA……. DEI PROFITTI!!
Costruiamo il nostro autunno di lotta
Ogni giorno giornali e televisioni ci dicono che la crisi è finita e che tutto può riprendere come prima. Aggiungono solo un piccolo dettaglio: nei prossimi mesi almeno una azienda su tre ridurrà i posti di lavoro, centinaia di migliaia di nuovi disoccupati dopo che un milione di posti di lavoro sono già andati persi nell’ultimo anno.
Questa storia ricorda la vecchia barzelletta del medico che trionfalmente annunciava: l’operazione è perfettamente riuscita: il paziente però è morto.

Ripresa dei profitti e della disoccupazione…
E infatti l’operazione di rilancio dei profitti, dei bonus dei manager, degli utili delle banche sta riuscendo perfettamente sulla pelle dei lavoratori, delle loro condizioni di vita, della disoccupazione.
.. e attacco al salario
Mentre Bossi e la Lega continuano la loro vergognosa campagna razzista per dividere lavoratori italiani e migranti e i lavoratori del Sud da quelli del Nord, (deve essere chiaro che chi propone la divisione lavora per il tornaconto di padroni e padroncini), il ministro del Lavoro (!?) Sacconi vuole distruggere la contrattazione nazionale riducendo drasticamente i salari con retribuzioni sempre più differenziate, aziendali od anche individuali, trasformando il mondo del lavoro in una giungla di divisioni e ricatti. Poi infine arriva la Federmeccanica a proclamare che per il prossimo anno non ci deve essere nemmeno un euro di aumento salariale e il cerchio si chiude.

Durante l’estate sono però cresciute anche le lotte dei lavoratori.
E sono diventate sempre più dure: lotte per impedire la chiusura delle fabbriche, per avere gli stipendi pagati, contro i licenziamenti e per difendere i propri diritti. E’ di questi giorni anche le lotte degli insegnanti precari (decine di migliaia che rischiano di restare a casa). Un vero licenziamento di massa, inaccettabile per i lavoratori coinvolti ma anche per tutto il paese perché significa la scomparsa di una scuola pubblica e di qualità per tutti.

Non si può stare a guardare l’attacco di padroni e governo senza reagire; né possono bastare le pur straordinarie mobilitazioni molto dure, ma isolate; serve una risposta unitaria e d’insieme del movimento dei lavoratori, l’unità di tutte le lavoratrici e lavoratori del nostro paese italiani e migranti per poter vincere.

Per difendere i salari, il posto di lavoro, la contrattazione nazionale e collettiva, strumento di unità e di forza, è necessario il coordinamento delle lotte in corso; serve una piattaforma di lotta comune che contenga gli obbiettivi di difesa delle condizioni di vita della classe lavoratrice, il blocco dei licenziamenti, la distribuzione del lavoro esistente tra tutti senza perdita di salario, la tutela del reddito;
Basta con la rassegnazione, serve un autunno di mobilitazione, come quello che di 40 anni nel ’69 che i giornali e padroni evocano con grande preoccupazione perché sanno che se la classe lavoratrice ritroverà quella unità e capacità di lotta, potrà far pagare la crisi ai veri responsabili: ai padroni, alle banche, ai governi che li sostengono.