sabato 30 maggio 2009

Daniel Bensaid


Gli spossessati
Proprietà diritto dei poveri e beni comuni

pp. 116
€ 11,00
isbn 978-88-895366-32-6

il libro
Nel 1842 Karl Marx pubblica una serie di articoli concernenti il dibattito alla Dieta renana a proposito dei furti forestali. Diritto di proprietà, libertà di stampa, rapporto delitto/pena sono i temi di cui essi si occupano. Lo sviluppo del capitalismo comportava allora uno spostamento della linea di divisione tra il diritto consuetudinario dei poveri (la raccolta della legna secca, per esempio) e il diritto sempre più invadente dei proprietari. Due anni prima, il famoso panphlet di Proudhon Che cos'è la proprietà aveva fatto scandalo scagliandosi contro le giustificazioni liberali dell'appropriazione privata.
Più di un secolo e mezzo dopo, le controversie in corso sul brevetto del vivente, sulla proprietà intellettuale, sul diritto all'esistenza ecc., danno alle questioni teoriche e giuridiche sollevate all'epoca una sconvolgente attualità. A partire da una lettura degli articoli di Marx, Daniel Bensaïd ritorna sulle fonti filosofiche del dibattito per scoprirne le poste in gioco attuali. Oggi come ieri, gli spossessati si sollevano contro la privatizzazione del mondo e la logica glaciale del calcolo egoistico. Proprietà e beni comuni: questa la sfida del presente.

l'autore
Daniel Bensaïd, insegna filosofia all'Università di Parigi VIII (Saint-Denis). Tra i protagonisti del maggio '68 è uno dei maggiori filosofi contemporanei. Ha pubblicato diverse opere, tra cui, tradotte in italiano: Gli irriducibili, teoremi di resistenza allo spirito del tempo, Asterios, Trieste 2004, Marx l'intempestivo, Edizioni Alegre, Roma 2007, Chi sono questi trotskisti? Storia e attualità di una corrente eretica (Edizioni Alegre, 2007).

venerdì 29 maggio 2009

Scuola Diaz: vergogna di Stato


IN LIBRERIA SCUOLA DIAZ: VERGOGNA DI STATO, EDIZIONI ALEGRE, 200 PAG., 16,00.
A cura di Checchino Antonini, Francesco Barilli e Dario Rossi, con prefazione di Massimo Carlotto.

Genova, notte del 21 luglio 2001. Mentre i treni portavano via gran parte dei manifestanti, vittime poche ore prima di cariche indiscriminate, decine di agenti operavano una violentissima irruzione nella sede del Genoa social forum ferendo gravemente 63 persone e arrestandone 93 per associazione a delinquere. Accuse infondate che servivano a trovare dei capri espiatori per le violenze di piazza, utili a criminalizzare i movimenti contro il G8. In questo libro la ricostruzione dei fatti attraverso la requisitoria dei Pm pronunciata nel processo di primo grado che si concluderà con l'assoluzione della catena di comando e con lievi condanne per i responsabili di tale “macelleria messicana".

"La lettura di ogni singola pagina sgomenta e alla fine rimane il senso di impotenza delle vittime rimaste senza giustizia. Colpisce ogni singola vicenda, dramma personale in una tragedia collettiva. C’è da augurarsi che ognuna, grazie alla solidarietà e alla “nostra” concezione di intendere il mondo, abbia trovato la forza di superare i gravissimi traumi fisici e psicologici subiti quella notte". [Dalla prefazione di Massimo Carlotto]

Checchino Antonimi, giornalista di Liberazione inviato a Genova nel 2001. Sul movimento No Global ha pubblicato Zona Gialla, Fratelli Frilli Editore, Genova 2002.

Francesco Barilli, mediattivista, coordina il sito www.reti-invisibili.net, collabora con Haidi Giuliani ed è autore di diversi lavori sulle giornate genovesi.

Dario Rossi, è avvocato di parte civile del Genoa Social Forum.

Massimo Carlotto, è uno dei più famosi scrittori europei di libri noir in gran parte pubblicati in Italia dalla casa editrice e/o.

giovedì 28 maggio 2009

L'Europa anticapitalista e il movimento anticrisi


E' uscito il nuovo numero di Erre. In libreria

E' disponibile il numero 33 della rivista Erre, il secondo della nuova serie. La copertina è dedicata ai fatti degli ultimi mesi che hanno evidenziato un'opposizione possibile alla crisi economica: la manifestazione contro il G20 a Londra, i movimenti in Francia, fino al sequestro dei manager (e ieri a Roma uno degli operai protagonisti di questa pratica è stato ospite di un'iniziativa di Sinistra Critica).
In primo piano anche le elezioni con la posizione di SinCri sulle elezioni europee, la pubblicazione del documento della Sinistra anticapitalista europea e la presentazione di alcune delle presenze elettorali alle amministrative.
Da segnalare anche l'articolo di Franco Turigliatto sulla raccolta firme per la Legge sul Salario minimo intercategoriale, un punto di analisi sulla Cgil e poi il Focus su Berlusconi e le destre con l'avvio di un dibattito e la pubblicazione dell'articolo di Perry Anderson, la Sinistra invertebrata.
Nelle "Idee" intervista a Daniel Bensaid, a proposito del suo nuovo libro appena edito in Italia, "Gli spossessati" sull'attualità di Marx, e infine una sezione Corrispondenze dedicata all'America latina.
Erre si trova nelle librerie ed è diffusa dai, dalle militanti di Sinistra Critica.

martedì 26 maggio 2009



NGANDU MUKENDI (detto Gippò) candidato a Presidente della Provincia di Torino

Il Pd e la Legge sul Salario minimo


di Salvatore Cannavò - da www.aprileonline.info

Cosa dobbiamo attenderci dal Pd in Commissione Lavoro a proposito di redditi del lavoro dipendente, politiche sociali e quant'altro? A giudicare dal passato, niente. Solo che la sorte ha prodotto una buffa coincidenza. Sinistra Critica ha raccolto 70mila firme in calce a una Legge di iniziativa popolare per l'isituzione del salario minimo intercategoriale (1300 euro), del salario sociale (1000 euro) per disoccupati e minimi pensionistici, recupero del fiscal drag e introduzione della scala mobile. La legge è stata depositata in Senato, assegnata alla commissione Lavoro presieduta dal Pdl Pasquale Giuliano e da questi inserita nel calendario dei lavori. Come è prassi, la discussione di una legge viene istruita da un relatore che poi la presenterà all'Aula, accetterà o respingerà gli emendamenti, insomma ne condurrà in porto l'eventuale approvazione. Pasquale Giuliano, evidentemente, la sa lunga e ha deciso di nominare relatore della suddetta legge un senatore che di politiche del lavoro se ne intende... Tiziano Treu. Si proprio lui, l'autore del famigerato "pacchetto" ed estensore di una filosofia del lavoro che dialoga con le posizioni della destra.

Ora, chi scrive ha molto a che fare con Sinistra Critica e certamente non ha nessun interesse a giudicare preventivamente il relatore della legge sullo Smic. Anzi, in realtà vuole approfittare dello spazio concesso da questo giornale per rivolgere a Treu e con lui al Partito Democratico un appello pubblico: votate come volete su questa legge ma fatela discutere al Senato, fatela arrivare in aula, istruite una serie di audizioni serie del mondo del lavoro, sindacalismo di base compreso. Fate in modo, quindi, che alcune decine di migliaia di cittadini e cittadine, di lavoratori e lavoratrici, possano portare all'attenzione del Parlamento e all'attenzione dell'opinione pubblica il tema cruciale del salario e dei redditi della nuova povertà, quella del lavoro dipendente.

Che ormai si arrivi a malapena alla fine del mese, che la terza settimana sia diventata un incubo per milioni di lavoratori e lavoratrici di questo paese è una realtà che la crisi ha solo scoperchiato. Lo stesso Pd, del resto, nella nuova gestione Franceschini si è voluto presentare con il biglietto da visita dell'Assegno di disoccupazione, confinato però solo nello spazio di una mozione parlamentare.

La legge presentata da Sinistra Critica, invece - la prima legge della Sinistra extraparlamentare - prova a fare un passo avanti significativo. Istituire un Salario minimo, soglia sotto la quale non possa esistere un contratto di lavoro di qualunque natura esso sia; istituire un reddito diretto per precari e disoccupati, ma anche per le pensioni al minimo, per affrontare la crisi dal lato del reddito; recupare il fiscal drag, la cui imposizione ai lavoratori è una vera e propria tagliola; e infine recuperare la vecchia idea della scala mobile per adeguare i salari e gli stipendi al reale costo della vita. Insomma, provare a invertire il rapporto tra salari e profitti, togliendo a quest'ultimi, spaventosamente foraggiati nel corso degli ultimi venti anni, per risarcire i primi. Sebbene non obbligata, infatti, la legge in questione indica anche le coperture finanziarie: una tassazione sulle rendite finanziarie omogenea al 20%, quindi per tutti i titoli, anche quelli oggi al 12,5 e l'abolizione del regalo del cuneo fiscale fatto dal governo Prodi alle imprese.

Proposte impossibili, demagogiche? Nemmeno per sogno. Lo Smic esiste già in Francia e i socialisti vogliono portarlo a 1500 euro ma, udite udite, la proposta di un salario minimo a 1300 euro è già finita nel programma elettorale della Spd tedesca che si accinge a sfidare la Merkel per la Cancelleria. Il salario sociale è materia di discussione di molte Regioni anche se non è mai stata varata una legge efficace e incisiva. E per quanto riguarda la copertura, non è stato lo stesso Massimo D'Alema a lamentarsi della riduzione del cuneo fiscale fatta dal suo governo?

Insomma, la legge sullo Smic è un'occasione per discutere, per non rimanere abbarbicati alle Noemi di turno e ai Viagra del Presidente ma di riportare al centro dell'agenda politica la crisi, le sue conseguenze, i rimedi utili per difendere gli interessi dei lavoratori. Noi ci abbiamo messo una proposta, 70mila firma e un impegno costante. Al Pd e ai suoi rappresentanti chiediamo almeno uno sforzo in sintonia con l'aggettivo di quel partito, una disponibilità "democratica". Di farci vedere quale sia veramente la differenza con il Pdl e il governo Berlusconi.

lunedì 25 maggio 2009

Marchionne non è il salvatore e serve una vertenza europea per difendere il lavoro


La contestazione dello Slai Cobas è stata assurdamente amplificata dai media ma si è rivelata un boomerang per i lavoratori
di Franco Turigliatto

La manifestazione nazionale della Fiat è stata una prima parziale, ma importantissima risposta dei lavoratori per difendersi dai processi di ristrutturazione in corso nella multinazionale dell'auto; processi di cui si intuisce la dimensione strutturale, ma non ancora tutte le scelte definitive e concrete, compresa la localizzazione dei diversi interventi.
Non era facile dopo mesi di cassa integrazione, di redditi sempre più ridotti, e in un contesto di crisi che attanaglia centinaia di fabbriche, con lotte sparse e isolate, senza che finora sia apparsa una proposta di lotta e di riunificazione del movimento, scendere in migliaia per le strade e tornare ad essere protagonisti. Non a caso, soprattutto a Torino i dubbi sulla dimensione della partecipazione nei giorni precedenti erano forti: proprio per questo i militanti sindacali della sinistra avevano moltiplicato gli sforzi e le iniziative di coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici.
Il quadro generale è molto chiaro: esiste una enorme capacità produttiva delle case di automobili (si possono produrre più di 90 milioni di autoveicoli ogni anno, di fronte a prospettive di vendita che oscillano intorno alla metà o al massimo a due terzi) dentro il contesto di una crisi economica che è destinata a prolungarsi nel tempo e che incrocia un'altra crisi che ha un impatto immediato su questo settore di produzione, cioè la crisi ambientale.
La crisi di sovraproduzione del sistema capitalista in questo comparto industriale è dunque macroscopica.
Il problema di Marchionne e dei suoi consimili è relativamente semplice nei suoi elementi costitutivi: deve cercare di sopravvivere operando una forte ristrutturazione, accorpando o accorpandosi con altre case, riducendo gli stabilimenti (possibilmente con la scomparsa di qualche concorrente). Deve quindi liberarsi di una parte dei lavoratori, facendo lavorare a ritmi più intensi quelli che rimangono; esattamente quello che ha imposto ai lavoratori della Crysler negli USA prendendoli per la gola con il sostegno della Casa Bianca. Gli obbiettivi sono: aumentare ancora la produttività, guadagnare quote di mercato e quindi garantire profitti e dividendi più alti agli azionisti.
Naturalmente la Fiat non è una azienda che possa acquistare strutture assai più grandi di essa, ma, nel quadro di una grave crisi al limite della bancarotta di alcune di queste e sfruttando alcuni suoi segmenti tecnologici e settori di produzione, può sperare di giocare un ruolo importante, di diventare parte di una struttura assai più grande, con la famiglia Agnelli che disporrebbe di una quota significativa, se pur assai minoritaria di un nuovo colosso mondiale dell'auto; e Marchionne sul piano personale può sperare di giocare un ruolo di primo piano.
A salvare la Chrysler, non sono stati Marchionne e la Fiat che non hanno messo un soldo; chi ha messo i miliardi sono stati il governo americano prima di tutto, le banche creditrici e i poveri operai e sindacati che hanno accettato una drastica riduzione del salario, del diritto di sciopero, delle pensioni e che rischiano ancora di più per il futuro essendo entrati in un pacchetto azionario, il cui valore è per lo meno dubbio.
Ora Marchionne ci prova con la Opel, sperando anche in questo caso di fare acquisti, giocando alla grande, senza metterci un soldo, ma puntando anche in questo caso sull'intervento del governo tedesco intenzionato a salvare questa azienda.
In questa situazione la partita decisiva tra padroni e lavoratori si gioca intorno alla contrapposizione tra unità e divisione. L'arma micidiale che viene ovviamente usata dai padroni è la divisione degli operai tra uno stabilimento e l'altro, di puntare sulle frontiere nazionali e sulla mancanza di una solidarietà che superi queste barriere per far credere che il nemico o per lo meno il concorrente da battere siano gli operai, polacchi, o quelli tedeschi. o anche che gli avversari siano direttamente in casa: meglio che affoghino gli operai di Termini Imerese o quelli di Pomigliano piuttosto che quelli di Torino. Naturalmente il ragionamento “speriamo che io me la cavo” porta direttamente alla catastrofe di tutti. Per questo non può essere sottovalutata la giornata del 16 a Torino.
La Fiat inoltre si ritiene infatti abbastanza forte per cercare di fare tutto quello che vuole: per esempio, far lavorare su due turni il sabato qualche limitato settore di lavoratori, tenendone in cassa integrazione per lunghe settimane migliaia di altri; di introdurre provocatoriamente ritmi e carichi di lavoro più intensi, contro cui in questi giorni hanno scioperato alcuni reparti di Mirafiori.
Marchionne ha potuto agire indisturbato per molto tempo con l'aiuto e il plauso dei media e il sostegno di quasi tutto lo schieramento politico, presentato come il salvatore della Patria, colui che tiene alto il prestigio dell'Italia nel mondo, il Davide che si prende la rivincita di fronte ai Golia americani.
Non c'è dubbio che le reazioni sindacali sono state non solo tardive, ma anche inadeguate, l'incontro con i sindacati tedeschi è avvenuto assai in ritardo, né sembra essere emersa una vera posizione comune e tanto meno iniziative concrete comuni. Per comprendere tutte le difficoltà della partita, alle incapacità o non volontà di reazione di alcune organizzazioni sindacali si aggiunge lo stato della lotta di classe, cioè la condizione politica dei lavoratori, assai disorientati e stressati dalle condizioni materiali e dalle incertezze delle prospettive.
Tuttavia col passare dei giorni, con la lettura degli avvenimenti sul giornali, con l'iniziativa dei militanti sindacali più coscienti è cresciuta sia al Sud che al Nord la consapevolezza dei rischi estremi che si corrono e della necessità di una risposta forte e unitaria dei lavoratori. Al Sud, dove tutti percepiscono i margini ridottissimi di sopravvivenza è montata una rabbia forte con la volontà di vendere cara la pelle. A Mirafiori la consapevolezza della posta in gioco si è manifestata nella partecipazione alle assemblee e nel rigetto degli straordinari.
Di qui la riuscita della manifestazione nazionale e la volontà di reggere la sfida con Marchionne, con lo strumento dell'unità espressa nel vecchio slogan, ma sempre valido “Nord Sud uniti nella lotta”
La manifestazione ha dunque messo in luce:
questa volontà unitaria e la ricerca di risposte comuni;
la forte determinazione degli operai del sud,
un certo impatto sulla pubblica opinione,
un rapporto abbastanza aperto tra le varie appartenenze sindacali, in particolare tra settori della Fiom e i lavoratori del SDL, assai presenti nella manifestazione. Stiamo cioè parlando dei settori di sinistra delle organizzazioni sindacali.

Altri due elementi emergevano nel corso della manifestazione che sintetizzavano ulteriormente il quadro generale in cui si svolge la lotta di classe nel nostro paese.
La foltissima e anche ridicola presenza dei cosiddetti politici, piazzatisi in testa al corteo, non si sa per quale grazia ricevuta, tra i quali moltissimi falsi amici e qualche amico non particolarmente con le carte in regola per essere credibile.
Ma il secondo elemento è ben più importante ed era l'interrogativo presente nella manifestazione: come si va avanti? cosa vogliono fare i dirigenti sindacali? quale impegno per costruire una vera lotta fino in fondo? Una parte di questi dirigenti sindacali poche settimane fa ha firmato un accordo con governo e padroni che riduce il movimento sindacale a complice dello sfruttamento dei lavoratori. La FIOM, sa bene quale sia la posta in gioco e non c'è dubbio che voglia costruire una vera risposta, ma sappiamo anche quali siano i condizionamenti interni alla CGIL ed esterni, e soprattutto quali siano le difficoltà obbiettive. Deve essere tuttavia chiaro a tutti che senza il ruolo e l'impegno della più forte organizzazione sindacale dei metalmeccanici, il cui segretario ha ribadito più volte la determinazione a non far chiudere nessun stabilimento, la partita vera non comincia nemmeno.
La conclusione del corteo, con la scelta dello Slaicobas (che nel corteo si era caratterizzato con discutibili slogans contrappositivi segnatamente verso la Fiom), di affermare avanti a tutto la sua presenza, per recuperare un ruolo a prescindere dal quadro complessivo (c'è da interrogarsi su quale sia la valutazione che questi compagni danno dello stato della lotta di classe in questo periodo),producendo un conflitto che non era certo di chiarificazione politica, quanto di introdurre nuove divisioni, ha complicato ulteriormente il quadro e ci consegna una situazione con ulteriori elementi di difficoltà.
In ordine sparso:
Marchionne paga un prezzo inferiore e mantiene maggiori margini di azione rispetto ai sindacati e ai lavoratori;
si sono prodotte divisioni che complicano l'organizzazione delle mobilitazioni future, reazioni di automatismo settario tra i militanti sindacali, di semplificazioni politiche, la moltiplicazione di veleni attivati da tutti coloro che puntano sulla passività e divisione dei lavoratori, a partire dagli stessi apparati sindacali.
Poi naturalmente l'utilizzo che dei fatti hanno fatto i mass media, alcuni dei quali non hanno avuto paura del ridicolo tirando fuori il “pericolo delle brigate rosse”, le forze borghesi, le destre e gli esponenti del centro sinistra, tutti elementi che erano facilmente prevedibili e che dovrebbero essere tenuti in considerazione soprattutto da coloro che pensano di essere gli alfieri della lotta di classe.
L'aspetto negativo della vicenda e delle sue ripercussioni si può cogliere anche in relazione a quanto avvenuto il giorno prima, con la ottima riuscita della assemblea nazionale della Rete 28 aprile, dove non solo c'è stata una interlocuzione tra le diverse aree della sinistre in CGIL, ma dove gli esponenti della Rete hanno voluto riaffermare la volontà e la necessità di costruire un rapporto unitario coi sindacati di base.
Meglio dunque non costruire ulteriori difficoltà, non irrecuperabili, ma che rendono ancor più faticoso il cammino per impedire che padroni facciano alla Fiat quanto è stato fatto all'Alitalia.
Meglio anche tenere presente che quando si fa una manifestazione in cui i soggetti organizzatori e partecipanti sono tanti, non è che solo alcune sigle abbiano diritto di parola. Nel caso concreto se c'era una forza che per la presenza in piazza e la rappresentatività di varie fabbriche avrebbe avuto pieno diritto di intervento, è l'SdL.
Come andare avanti? Vediamo due ordini di problemi.
Il primo è il problema dell'unità delle lavoratrici e dei lavoratori italiani, ma la partita della Fiat e più in generale la partita dell'auto si gioca a livello europeo e su scala internazionale; la sola unità in Italia non è sufficiente, perché può essere innestata la contrapposizione nazionalista, l'appiattimento sui propri governi, tutte condizioni che darebbero ancora una volta la possibilità a Marchionne di manovrare. Oggi occorre costruire una iniziativa sindacale unitaria attraverso le frontiere; è venuto il tempo, è nelle necessità obbiettive imprescindibili; le sinistre sindacali devono farsene carico, devono impegnarsi a fondo per costruire le interlocuzioni necessarie, ben sapendo che oltre frontiera ci sono le stesse remore e gli stessi limiti di orientamento.
Serve effettivamente una vertenza europea dell'auto, una azione unitaria per impedire che la grande ristrutturazione travolga uno dei punti di forza del movimento operaio europeo, in altri termini che la crisi la paghino fino in fondo i lavoratori e sia usata per una modifica radicale dei rapporti di forza e della stessa struttura sindacale del movimento operaio europeo.
Ma la questione della vertenza tira in ballo la piattaforma rivendicativa e gli obbiettivi su cui è possibile difendere il lavoro e l'occupazione.
La piattaforma dei sindacati italiani: conquista del tavolo di trattativa, piano industriale e difesa di tutti gli stabilimenti sono rivendicazioni inadeguate, non perché questi tre elementi non siano giusti, ma perché non sono in alcun modo sufficienti per reggere la sfida della crisi di sovraproduzione.
Mantenendo solo quegli obbiettivi si può già immaginare che si andrà a un certo punto nella stretta dell'imbuto; i padroni infatti non potranno mantenere gli stessi livelli di produzione del passato, diranno che non si possono vendere tante macchine, neanche se una parte di queste diventano “ecologiche” e quindi inevitabilmente si comincerà a discutere di quale sacrifici fare, di quanta manodopera ridurre, di quali stabilimenti chiudere, si discuterà di ammortizzatori sociali, governi e enti locali saranno chiamati a intervenire su questo terreno, ecc. ecc. un film già visto. A pagare sarà quindi il lavoro e non i profitti
Se i padroni pensano di risolvere il problema della sovraproduzione, facendo scomparire qualche concorrente, riducendo drasticamente il numero dei lavoratori, diminuendo la produzione, ma aumentando la produttività, e i profitti, l'obbiettivo dei lavoratori deve essere opposto.
Tenere tutti al lavoro, ridurre le produzioni, riconvertirne alcune, ridurre i profitti, in altri termini lottare perché nel settore auto ci sia una riduzione dell'orario a 35 ore o anche a 32 a parità di salario.
Far pagare quindi i padroni e non il lavoro.
Non è data una terza soluzione.
Sono passati in Italia 40 anni dall'ultima significativa riduzione di orario. La produttività è fortemente aumentata e ristrutturazione dopo ristrutturazione il movimento dei lavoratori ha conosciuto arretramenti e sconfitte; il fatto che la battaglia di Rifondazione negli anni '90 per la riduzione dell'orario, mal condotta, sia finita male, non significa che il movimento sindacale e dei lavoratori non debba riappropirarsene e farla diventare la battaglia del Piave, la battaglia per imporre che la crisi la paghi chi la prodotta, i sistema capitalista e i padroni.

lunedì 18 maggio 2009

CONTRO LA CRISI E CONTRO IL RAZZISMO È ORA DI SCEGLIERE DA CHE PARTE STARE!


MANIFESTAZIONE NAZIONALE MIGRANTI - MILANO 23 MAGGIO - ore 14.30
PIAZZA DUCA D’AOSTA (Stazione Centrale)

Il Governo si appresta ad approvare il ddl sicurezza ricorrendo al voto di fiducia: reato di clandestinità, istituzionalizzazione delle ronde, prolungamento dei tempi di detenzione nei CIE, necessità del permesso di soggiorno per tutti gli atti di stato civile, permesso di soggiorno a punti, idoneità abitativa per il cambio di residenza e registro per i senza fissa dimora, alcuni dei punti previsti.
SEGUONO DECINE DI ADESIONI
Intanto la crisi colpisce duro e tutti: donne e uomini, italiani e migranti. Il governo risponde alla crisi producendo e sancendo differenze. È razzismo istituzionale: la legge Bossi-Fini e il “pacchetto sicurezza” inseguono il sogno di una forza lavoro usa e getta condannando i migranti e le migranti alla perenne espellibilità.

Tra i lavoratori, i precari con contratti a termine e senza garanzie sono messi alla porta per primi. Tra i lavoratori, i migranti vivono una doppia precarietà, sanno che il permesso di soggiorno non sarà rinnovato, la clandestinità è una minaccia più vicina, l’espulsione una possibilità sempre presente. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

La crisi mostra spietatamente che lo sfruttamento non conosce differenze: tutti hanno mutui e affitti da pagare. Il razzismo istituzionale impedisce però ai migranti di sperare persino nelle già povere “misure anticrisi”. Ammortizzatori sociali, piani edilizi, bonus bebè non li riguardano: devono solo pagare. Per questo è ora di scegliere DA CHE PARTE STARE.

Contro i colpi duri della crisi e del razzismo istituzionale, la risposta deve essere altrettanto forte. È ora di scegliere DA CHE PARTE STARE, e tutti e tutte siamo chiamati in causa. Le organizzazioni autonome dei migranti, che in questi anni hanno tenuto alta la lotta contro la legge Bossi-Fini, le associazioni e i movimenti antirazzisti, i sindacati, tutti siamo tenuti a schierarci contro questa politica del razzismo. Fino a quando i migranti saranno esposti al ricatto, tutti saranno più ricattabili. È tempo di ritessere il filo della solidarietà, di avviare in ogni territorio una nuova grande azione concreta di lotta capace di opporsi a un attacco alle condizioni di vita che colpisce prima di tutto i migranti, ma non solo.

Chiediamo:

- che i permessi di soggiorno siano congelati in caso di licenziamento, cassa integrazione,

mobilità, sospensione dal lavoro;

- che i migranti, così come tutti quei lavoratori che non usufruiscono di ammortizzatori,

partecipino alla pari di ogni altro lavoratore a ogni misura di sostegno e vedano salvaguardati i

contributi che hanno versato;

- che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro;

il blocco degli sfratti per tutti i lavoratori e le lavoratrici nella stessa condizione, perché

sappiamo che un migrante senza contratto di locazione è un lavoratore clandestino;

- il mantenimento del divieto di denuncia dei migranti senza documenti che si rivolgono alle

strutture sanitarie e della possibilità di registrare la nascita dei loro figli;

- il ritiro della proposta di un permesso di soggiorno a punti e di qualunque tipo di “contributo”

economico, sia esso di 80 o di 200 €, per le pratiche di rinnovo dei permessi;

- il blocco della costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione, l’utilizzo dei fondi

stanziati per iniziative a favore di tutti i lavoratori colpiti dalla crisi, la cancellazione di ogni

norma che preveda l’allungamento dei tempi di detenzione, la chiusura dei CIE;

- la garanzia di accesso al diritto d’asilo e il blocco immediato dei respingimenti alla frontiera in

attesa della promulgazione di una legge organica in materia.

domenica 17 maggio 2009

Presentazione dei candidati di Sinistra Critica


UN CANDIDATO E UNA LISTA
DI LAVORATRICI E LAVORATORI
PER UN PROGRAMMA
DI ALTERNATIVA
-PER LA DIFESA DEI DIRITTI DEL LAVORO E
DELL'OCCUPAZIONE
-DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
-DEI DIRITTI DEMOCRATICI E SOCIALI DI TUTTI
COLORO CHE VIVONO IN QUESTO
TERRITORIO
GIOVEDI' 21 MAGGIO
presso la SALA DEI CENTOMILA c.so Orbassano 192/A
incontro con Ngandu MUKENDI detto GIPPO'
giovane ricercatore precario, candidato alla Presidenza della
provincia di Torino
e coi candidati della lista di Sinistra Critica
- ore 19,45: Aperitivo e Buffet
- ore 21: Dibattito sul programma e sulle proposte dei
candidati di Sinistra Critica

giovedì 14 maggio 2009

IL NOSTRO LAVORO VALE PIU' DEI LORO PROFITTI


TUTTI ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DI SABATO
Ai lavoratori, alle lavoratrici, operai e operaie, impiegati e impiegate
della FIAT e della COMPONENTISTICA DELL’AUTO
Il governo e la Confindustria hanno continuato a dire che la crisi economica non ci avrebbe danneggiato
più di tanto. Intanto stavano licenziando i precari e ci mettevano in cassa integrazione; chiudevano
fabbriche lasciando operai e impiegati in mezzo ad una strada. Lorsignori hanno continuato a garantirsi i
privilegi e a far pagare a noi la crisi del loro sistema economico.
Poi, i padroni e il loro governo, per tenerci bravi, hanno iniziato a dire che la crisi si stava superando.
Hanno indicato nell’accordo tra Fiat e Chrysler il toccasana per tutti. Non possiamo farci prendere in giro,
altrimenti il rilancio dell’azienda Fiat avverrà sulla nostra pelle. Altrimenti finiremo come gli operai
americani della Chrysler: licenziamenti per migliaia di lavoratori, stipendi dimezzati per gli altri, riduzione
delle loro pensioni e della sanità. I padroni della Chrysler, i suoi azionisti hanno salvato i loro profitti e la
loro ricchezza a danno della vita degli operai che si sono accollati i debiti della azienda impegnandosi a
non scioperare fino al 2015. Si sono legati le mani lasciando liberi i padroni di sfruttarli sempre più.
Guardiamo in faccia la realtà: si stima che nel mondo si venderanno la metà delle auto fino ad ora
prodotte. Nel mondo una fabbrica di auto su due è di troppo, un operaio su due è di troppo.Vuol dire che,
crisi o non crisi, i padroni di Fiat, Chrysler, Opel, cercheranno di rilanciare i loro profitti sulle nostre
spalle: vorranno licenziare, far lavorare di più meno operai e impiegati con stipendi più bassi. I
Marchionne di turno vorranno la nostra miseria per garantire la loro ricchezza.
Per riuscire a licenziarci e a ridurci gli stipendi stanno usando e useranno un’arma micidiale: cercheranno
di farci credere che i nostri nemici sono gli operai di altri stabilimenti, gli operai di Termini Imerese e gli
operai polacchi. I nostri nemici sono i padroni che per sfruttarci di più ci ricattano con la paura di portare
via la produzione dallo stabilimento in cui lavoriamo in un altro.
Noi lavoratori, operai e impiegati della Fiat e della componentistica dell’auto dobbiamo allearci ai
lavoratori degli altri stabilimenti italiani, degli stabilimenti polacchi, di Crysler e di Opel per evitare
di farci concorrenza tra noi, per evitare la guerra tra lavoratori. A noi serve un’alleanza sindacale tra
tutti i lavoratori che in Europa e nel mondo lavorano nell’industria dell’auto e della componentistica.
L’alleanza sindacale servirà a difenderci insieme pretendendo il BLOCCO DEI LICENZIAMENTI per
salvare i posti di lavoro, REDISTRIBUZIONE DEL LAVORO, cioè la riduzione di orario a parità di
salario per garantire a tutti lo stipendio. Il governo invece di regalare soldi a banchieri, industriali e
speculatori deve FINANZIARE LA CASSA INTEGRAZIONE E I CONTRATTI DI
SOLIDARIETA’ per sostenere i redditi di tutti i lavoratori dipendenti. L’INTERVENTO PUBBLICO a
sostegno dell’impresa deve essere finalizzato a conservare i posti di lavoro, se no l’azienda deve essere
nazionalizzata e controllata dai lavoratori.
La ricchezza e le risorse per garantire un lavoro e uno stipendio a tutti ci sono: basta usarle bene,
ridistribuirle verso il basso, perché siamo noi che le produciamo.
Lavoratori e lavoratrici in Fiat e componentistica
di Sinistra Critica

mercoledì 13 maggio 2009

Sinistra Critica alle comunali



Oltre a Livorno, Bologna, Firenze e Bari, Sinistra Critica sarà presente alle seguenti elezioni comunali con liste proprie e/o unitarie tutte rigorosamente alternative alle destre e al centrosinistra.

Torino: Settimo Torinese, lista di Sc in coalizione con Prc e Partito Umanista; Piossasco, lista in comune con Prc e Pdci

Genova, Casarza Ligure, lista "A Sinistra", in comune con Pcl, Prc, Pdci

Rimini, lista di Sc nei seguenti comuni: Riccione,
Cattolica, Misano, San Giovanni, Verucchio

Pistoia, Monsummano Terme con una lista di Sc, candidato sindaco Gisberto Giacomelli

Pisa, Calcinaia con una lista di sinistra alternativa, candidato sindaco Maurizio Ribechini di Sc

Latina, Aprilia, lista di Sc in coalizione con Prc

minimo intercategoriale, il Senato inizia la discussione


Avviati i lavori in Commissione Lavoro. Prossima tappa le audizioni. Relatore: Tiziano Treu.

La Commissione Lavoro del Senato ha iniziato oggi, 12 maggio, la discussione relativa alla Legge di iniziativa popolare sul Salario minimo intercategoriale (Smic) promossa da Sinistra Critica e, contestualmente, sulla Legge di iniziativa popolare sulla scala mobile, promossa, nella scorsa legislatura, dal sindacalismo di base e dalla Rete28 Aprile.
L'odg della Commissione, riunitasi questa mattina sotto la presidenza di Tiziano Treu (vicepresidente) e anche relatore designato, reca: (1) DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE - Istituzione di una nuova scala mobile per la indicizzazione automatica delle retribuzioni dei lavoratori e delle lavoratrici; (1453) DISEGNO DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE - Norme in materia di introduzione del salario minimo intercategoriale e del salario sociale, previsione di minimi previdenziali, recupero del fiscal drag e introduzione della scala mobile
Le due leggi accedono quindi a un esame congiunto.
La discussione mattutina non ha previsto dibattito anche perché "In considerazione della delicatezza dei temi oggetto delle due iniziative legislative, nonché della specifica richiesta pervenuta da parte dei rappresentanti del comitato promotore nazionale dei provvedimenti" Il presidente e relatore ha suggerito di procedere a una serie di audizioni.

domenica 10 maggio 2009

I Candidati di Sinistra Critica alla Provincia di Torino


Candidato a Presidente della Provincia Ngandu Mukendi (detto Gippò) Torino 11/11/74 ricercatore precario


1 Barca-Stura-Falchera Martino Giovanni Ururi(CB) 07/03/54 operaio Kuehne Nagel
2 Borgata Aurora Avanzi Ennio Torino 15/05/53 insegnante
3 Borgata Vittoria Ventrice Paolo Torino 22/06/63 lavoratore Iride servizi
4 Borgo Dora-Vanchiglia Melato Yoshuai Moncalieri(TO) 08/07/83 consigliera circoscrizione Vanchiglia
5 Borgo Nuovo-San Salvario-Val Carlin Giorgio Torino 21/04/46 ex lavoratore RAI
6 Borgo San Donato Montesion Massimo Torino 03/02/64 operaio Kuehne Nagel
7 Borgo San Paolo Ortolano Dario Torino 18/06/52 insegnante
8 Campidoglio-Cenisia- Monginevro Boni Edo Torino 19/12/58 lavoratore AEM distribuzione, movimento div abili
9 Crocetta-San secondo-Statuto Calcagno Oliviero Torino 28/05/71 operatore culturale
10 Gerbido Ruto Rinaldo Vercelli 17/12/60 operaio
11 La Tesoriera-Parella-Aeronautica Francavilla Claudio Mar Del Plata (Argentina) 11/12/65 operaio
12 Lingotto Falchi Franco Torino 06/08/36 pensionato
13 Lucento-Vallette Gabriele Gianluca Torino 04/03/70 lavoratore Comdata umanista indipendente
14 Madonna di Campagna-Villaretto Argentino Flavia Torino 25/10/70 educatrice socio-assistenziale
15 Mirafiori El Azaar Abdellah Targa Wassay(Marocco) 01/01/65 operaio
16 Molinette Nizza Polleghini Ada Torino 12/06/47 pensionata
17 Oltre Po Carminati Diana Saluzzo (CN) 11/08/41 ex insegnante universitaria
18 Pozzo Strada Iacono Giovanni Torino 01/01/75 cooperatore sociale
19 Santa Rita Siracusa Liborio Mazzarino (CL) 13/01/75 operaio
20 Avigliana Turigliatto Franco Rivara(TO) 13/12/46 impiegato
21 Caluso Glorioso Diego Mazzarino (CL)22/09/43 ex lavoratore CF Gomma
22 Carmagnola Meotto Marco Rivoli (TO) 10/06/80 insegnante
23 Chieri Marchetti Nino Busca (CN) 14/04/47 pensionato
24 Chivasso Sorrentino Omar Chivasso (TO) 18/08/87 operaio New Holland
25 Ciriè D'Oronzo Sara Torino 07/04/84 studente lavoratrice
26 Collegno Melato Yoshuai Moncalieri(TO) 08/07/83 operatrice culturale
27 Cuorgnè Polleghini Ada Torino 12/06/47 pensionata
28 Giaveno Fausto Giampaolo Torino 31/01/87 studente
29 Grugliasco Forneris Gilberto Torino 14/08/47 insegnante universitario
30 Ivrea Giachetti Diego Settimo Rottaro (TO) 29/09/54 insegnante
31 Lanzo torinese Angelini Fausto Collegno (TO) 27/09/67 lavoratore Ente locale
32 Moncalieri Lo Bascio Antonio Napoli 10/04/41 pensionato ex Fiat Mirafiori
33 Nichelino Viale Emanuele Moncalieri(TO) 17/12/76 lavoratore
34 Orbassano Marrandino Generoso Castelvetere sul Calore(AV)16/12/48 operaio Rivalta
35 Perosa Argentina Visintin Antonella Roma 14/06/58 economista-movimento ecologista
36 Pinerolo Angelini Fausto Collegno (TO) 27/09/67 lavoratore enti locali
37 Poirino Chiesa Nadia Moncalvo (AT)09/07/55 insegnante coreografa
38 Rivarolo Canavese Birolo Sergio Torino 12/12/61 rappresentante
39 Rivoli Franzoso Giuseppe Contarina (RO) 02/08/51 pensionato ex Alenia
40 Settimo Torinese Carmen Sanfilippo Venaria Reale(TO)28/04/76 lavoratrice settore commercio
41 Strambino Franzoso Giuseppe Contarina (RO) 02/08/51 operaio ex Alenia
42 Susa Turigliatto Franco Rivara(TO) 13/12/46 impiegato
43 Venaria Reale Doronzo Sara Torino 07/04/84 studente lavoratrice
44 Vinovo Carlo Bechis Torino 26/05/44 pensionato
45 Volpiano Cona Lucrezia Palermo 27/11/48 operaia

SINISTRA CRITICA ALLE AMMINISTRATIVE! UNA CAMPAGNA ANTICAPITALISTA


Sinistra Critica sarà presente alle elezioni amministrative del 6-7 giugno nelle principali città interessate alle provinciali e in decine di comuni grandi e piccoli. Una presenza che vuole rappresentare un ulteriore tassello di costruzione del nostro movimento ma che prova a guardare con attenzione a esperienze unitarie per la ri-costruzione di una più ampia sinistra anticapitalista. Era questo del resto il nostro auspicio e la nostra propensione per le elezioni europee dove invece notiamo che due vizi storici della sinistra italiana - l'orientamento riformista da un lato e l'autocentratura settaria dall'altro - stanno producendo ulteriore dispersione di energie e di prospettiva politica.
E' per questa ragione che siamo a pieno nell'esperienza di Bologna Città Libera e in Terre Libere nelle comunali e provinciali del capoluogo emiliano. O perché abbiamo lavorato a una coalizione per reggere la prova delle comunali a Livorno. Per questo sosteniamo la lista De Zordo a Firenze. Dove un progetto unitario non è stato possibile presentiamo liste di Sinistra Critica. E' il caso di Torino, Milano, Napoli, Bari, solo per citare le più grandi ma è anche il caso di Rimini, Terni, Perugia, Livorno provincia, Rieti. Una presenza diffusa, dunque, anche se non ancora completa.
A queste amministrative cercheremo di portare il profilo che ci ha caratterizzati fin dalla nostra esistenza: un'alternatività chiara al Partito democratico sia al 1° turno che al 2°; liste espressione della realtà sociale, fatte di giovani, lavoratori, migranti, esponenti di lotte ambientaliste o femministe o del movimento lgbt; liste possibilmente unitarie, dove i settarismi o l'autoconservazione non vince, e comunque aperte, disponibili a un processo di ri-costruzione della sinistra.
Ricostruire la sinistra di classe e anticapitalista, del resto, è l'urgenza della nuova fase politica. Una vecchia fase si è chiusa, una certa sinistra ha fallito e non potrà rinascere ripetendo gli stessi errori. La strada di questa prospettiva politica è lunga, non lo nascondiamo, e una nuova sinistra non potrà che ricostruirsi in una opzione genuinimente anticapitalista, che non faccia sconti alla logica del capitalismo e alla sua "governance", a partire dai governi locali.
Per questo abbiamo denunciato l'opportunismo di quelle liste della sinistra "radicale" che si distinguono dal Pd negli ultimi 15 giorni di legislatura e che cercano di far dimenticare le proprie responsabilità di governo, come a Milano.

1. Un programma anticapitalista alle provinciali è un programma che metta al centro la questione del lavoro, della crisi economica e della necessità di far pagare la crisi stessa a chi non ha mai pagato. Per questo sarà necessario e giusto parlare della nostra Legge popolare sul Salario minimo intercategoriale di 1300 euro al mese e un Salario sociale con minimi previdenziali a 1000 euro, che è in discussione al Senato
2. Occorre inoltre impegnarsi per l'interdizione dei licenziamenti da parte delle imprese e per procedere alla nazionalizzazione e al controllo pubblico, da parte degli stessi lavoratori, di quelle che licenziano.
3. Dalle province e dai comuni può venire poi un'iniziativa che metta al centro il servizio pubblico, sia per quanto riguarda i servizi sociali - scuola, sanità, trasporti - sia per sostenere il reddito di disoccupati e giovani precari partendo dalla generalizzata stabilizzazione dei contratti pubblici ma anche con corresponsioni monetarie e gratuità dei servizi pubblici.
4. Per impostare una svolta netta nelle politiche economiche e sociali gli Enti locali devono però contrastare con ogni mezzo il rispetto del Patto di stabilità europeo, vera camicia di forza e architrave delle politiche liberiste che produce privatizzazioni e riduzioni drastiche dei servizi sociali. La legge sul federalismo fiscale, approvata di fatto da tutto l'arco costituzionale, rafforza ancora di più questo strumento neoliberista introducendo sia la logica del più forte a scapito del più debole, sia agganciando inesorabilmente le disponibilità finanziarie dei comuni, delle province e delle Regioni agli equilibri complessivi definiti dalla Banca centrale europea e dai governi europei.
5. Dalle amministrazioni si susseguono politiche di privatizzazioni dei trasporti e costruzioni di nuove strade e autostrade. Occorre invertire questa agenda e procedere a una moratoria nella costruzione di autostrade e lo sviluppo delle infrastrutture del trasporto collettivo. Non c’è bisogno di mega-progetti, ma di una razionalizzazione dell’esistente e di previsioni di percorsi preferenziali per il trasporto pubblico e per la mobilità ciclabile.
6. Il Terremoto dell'Aquila ha dimostrato come il dissesto e l'incuria nella gestione del territorio sia la prima emergenza nazionale. La logica del profitto e della speculazione selvaggia provoca disastri e morti; una logica brutale che occorre spezzare. La gestione del territorio in chiave di vera "protezione" civile e sociale è una priorità su cui investire denaro pubblico e coinvolgere democraticamente le popolazioni interessate. I progetti di risanamento vanno fatti pagare alla speculazione edilizia e a chi si è arricchito con l'immobiliare. Per questo va reintrodotta l'Ici sopra determinati livelli di reddito (50mila euro annui), avviata una tassa Patrimoniale da destinare alla salvaguardia del territorio non solo dai terremoti ma dalle frane, dalle alluvioni, dall'erosione delle coste, dalla devastazione ambientale.
7. Difesa dell'ambiente e dei territori significa opporsi allo scempio che producono i nuovi inceneritori, le discariche abusive garantite dagli eserciti, le centrali di produzione massificata di energie, come la Turbogas ad Aprilia o la piattaforma per il rigassificatore a Livorno. Impianti costruiti in nome di un presunto progresso ma in realtà consacrati alla speculazione, al massimo profitto privato mentre invece andrebbero attivate politiche di differenziazione della raccolta rifiuti, di riduzione dei rifiuti nocivi, di riorganizzazione della produzione in direzione di bisogni sociali e ambientali. Per questo non è astratta una prospettiva anticapitalista, anche a livello locale, per invertire la logica della massimizzazione dei profitti e dello sfruttamento e affermare la necessità di un controllo sociale e democratico del processo produttivo.
8. Le amministrazioni locali stanno amplificando l'allarme "sicurezza" veicolato a livello nazionale dal governo e dalla sua maggioranza. Ma sicurezza per noi è presidio del territorio contro la speculazione, i reati ambientali, il lavoro nero, lotta alle morti sul lavoro, battersi per rendere vivibili socialmente e culturalmente le grandi metropoli. Basta con "sindaci-sceriffo" o con presidenti di Provincia "democratici" che scimmiottano la Lega. Basta con la logica dei Cie e dei Cpt, con i rigurgiti di segregazione razziale, con la criminalizzazione delle comunità straniere, prima fra tutte quella dei Rom. La vera sicurezza è arrivare a fine mese, godere di servizi pubblici, di diritti sociali come la casa, di lotta alla precarietà. Estendere i diritti di cittadinanza, a partire da quello di voto, costruire una unità dei lavoratori e delle lavoratrici a prescindere dal colore della pelle, dalla religione, dalla nazionalità, dagli orientamenti sessuali. Unità di classe, solidarietà concreta, l'unica che possa difendere davvero i diritti e costruire una prospettiva di emancipazione e di miglioramento delle condizioni di vita.
9. La sicurezza è invece la possibilità di vivere le città, gli spazi territoriali, le periferie. Un obiettivo che si pone di traverso alla cementificazione o alla speculazione immobiliare e commerciale. Nelle nostre città, gli unici ritrovi per i giovani sono i luoghi a pagamento come pub, ristoranti, birrerie, discoteche o addirittura centri commerciali. Per questo servono spazi collettivi, gratuiti, autogestiti. Vitalità delle piazze senza maxi-eventi ma coinvolgendo le periferie; luoghi di incontri culturali permanenti, spazi per l'associazionismo e il volontariato, spazi multiculturali, centri sociali autogestiti.
10. Sono alcuni tasselli per un'ipotesi di democrazia partecipata che spesso viene indicata come fiore all'occhiello di giunte di centrosinistra ma mai veramente applicata. Quello che oggi viene deciso fra le quattro mura dei consigli comunali, provinciali e regionali è distante e avverso ai bisogni di lavoratori, giovani, precari, popolazione diffusa. Ma non si tratta solo di trasparenza o di far conoscere le delibere approvate, Servono strumenti di partecipazione concreta, a livello territoriale, che siano vincolanti per le scelte delle istituzioni elette. Forum di quartiere, cittadini, provinciali per discutere e deliberare dal basso con l'obbligo di consultazione su scelte sociali e ambientali; se ci fossero questi nuovi strumenti di democrazia le scelte su inceneritori, rigassificatori, discariche varie sarebbero molto diverse.
11. Vogliamo infine delle città, dei comuni, delle province che siano luoghi eletti delle libertà e dei diritti. Enti locali laici in cui sia possibile istituire Registri non simbolici delle Unioni civili, riconoscere pari dignità ai cittadini/e a prescindere dal loro sesso e dall’orientamento sessuale; garantire l'accesso ai diritti delle donne a cominciare dal diritto all'aborto, patrocinare manifestazioni per le libertà civili come i Pride.
Sinistra Critica a Milano: Piero Maestri
Sinistra Critica a Torino: Gippo Mukendi
Sinistra Critica a Bologna: Valerio Monteventi
Sinistra Critica a Rimini: Sandro Pizzagalli
Sinistra Critica a Firenze: Ornella De Zordo
Sinistra Critica a Livorno: Volpi e Cannito
Sinistra Critica a Perugia: Giorgio Bolletta
Sinistra Critica a Terni: Nando Simeone
Sinistra Critica a Rieti: Francesco Petruccioli
Sinistra Critica a Napoli: Alberto Trama
Sinistra Critica a Bari: Gianni De Giglio

TURIGLIATTO, GLI ERRORI DI BERTINOTTI LI PAGHIAMO TUTTI


da www.repubblica.it
I suoi errori, ahime', li paghiamo tutti anche Diliberto e Ferrero: e che Prodi e Padoa Schioppa fossero per una politica di tipo liberista era ben noto da tempo, prima ancora che si formasse il Governo. A parlare e' l'ex-senatore di Rifondazione Comunista, da cui fu espulso per aver votato contro la missione militare in Afghanistan e l'allargamento della base Nato di Vicenza, Franco Turigliatto. "Bertinotti ha maltrattato tutti coloro che dentro Rifondazione mettevano in guardia - nota Turigliatto - dai rischi di una catastrofe per la partecipazione al Governo: e' stato sprezzante, ha imposto quella scelta con la forza dei numeri. Ora parla di errori? Sarebbe onesto parlasse solo per se stesso". E' passato piu' di un anno dalla caduta del Governo di centro-sinistra e dalla disfatta elettorale di aprile 2008: "e i suoi errori li paghiamo tutti anche Diliberto e anche Ferrero la cui autocritica superficiale non lo assolve affatto dall'aver fatto opera di persuasione tra gli indecisi che erano molto di Rifondazione che - conclude Turigliatto - era l'unica speranza di riscatto per tanti".

sabato 9 maggio 2009

23 MAGGIO MANIFESTAZIONE A MILANO


PER I DIRITTI DELLE DONNE E DEGLI UOMINI IMMIGRATI

INSIEME A CHI VUOLE VIVERE IN UNA SOCIETA’ GIUSTA E DEMOCRATICA

A Torino, come in tante altre città italiane abbiamo manifestato per bloccare le leggi razziste proposte in questi mesi dal governo italiano.
Siamo state tante donne e tanti uomini, tanti migranti e tanti italiani a dire no con forza e coraggio a leggi che considerano criminali le persone senza permesso di soggiorno o che, per mancanza di lavoro, perderanno tra non molto il permesso. A leggi che vogliono rendere la vita più difficile a tutti gli immigrati ma soprattutto e chi è “regolare” per renderlo più deboli sul lavoro e poterlo sfruttare ancora di più..
Abbiamo detto NO
• alle ingiuste tasse per il rinnovo del permesso di soggiorno
• alle “ronde” di razzisti organizzate per dare fastidio ai migranti
• alle maggiori difficoltà per i ricongiungimenti familiari
• alla possibilità di denunciare i clandestini che vanno in ospedale
• alle classi separate per i figli degli immigrati nelle scuole

Ancora più forte ci siamo battuti contro chi vuol far credere agli italiani che le cose vanno male perché ci sono gli immigrati. Noi sappiamo che non è così!!
Gli immigrati in Italia con il loro lavoro hanno portato ricchezza. Ora che la crisi economica colpisce duro, chi si è arricchito sfruttando il lavoro dei migranti vuole farci credere che l’immigrato non serve più e deve essere cacciato.
Abbiamo lottato, manifestato e molto abbiamo già ottenuto (in parlamento i partiti razzisti non stanno riuscendo ad approvare facilmente le loro leggi razziste). MA NON BASTA!

Dobbiamo continuare la lotta affinché nessuna lavoratrice, nessun lavoratore veda crollare la propria vita a causa della crisi. Dobbiamo chiedere agli italiani di lottare con noi per i diritti di tutti. Solo così si potrà vivere tutti in una società meno violenta, più giusta e più democratica.

ORA SERVE UNA GRANDE MANIFESTAZIONE NAZIONALE!!!

PER OTTENERE
 che non sia approva nessuna legge razzista che colpisce i diritti degli immigrati
 che i permessi di soggiorno non abbiano scadenza in caso di licenziamento, cassa integrazione, mobilità, sospensione dal lavoro;
 che i migranti e tutti i lavoratori possano rinegoziare i loro mutui in caso di perdita del lavoro;
 che ci sia subito una sanatoria
 la chiusura dei centri di identificazione ed espulsione, e l’utilizzo dei fondi risparmiati per sostenere gli immigrati che perdono il lavoro e forme di regolarizzazione permanente

La Rete Migranti di Torino si trova ogni MERCOLEDI alle ore 21 in corso BRESCIA 14 per preparare la manifestazione. Chi condivide i nostri obiettivi può partecipare alle nostre riunioni. Più siamo e più forza abbiamo.

Per informarti meglio:
www.remito.splinder.com
retemigrantitorino@yahoogroups.com

mercoledì 6 maggio 2009

LA CRISI LA PAGHINO BANCHE E PADRONI NON I LAVORATORI!


La crisi del sistema capitalistico coinvolge tutti i paesi con effetti sociali e occupazionali devastanti; si prevede che il PIL mondiale (la ricchezza prodotta nel 2009) conoscerà, per la prima volta dal 1945, un segno negativo,-1%. E per l’Italia sarà anche peggio: -4% un dato drammatico che significa centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno. Una realtà assai lontana dalla propaganda del governo.
Centomila posti infatti sono già stati persi in Piemonte nell’ultimo anno; molte aziende minacciano di chiudere, altre migliaia di posti a rischio, decine di migliaia di lavoratori in cassa integrazione con redditi miserevoli, quando già i salari normali non permettono di arrivare alla fine del mese.

Chi paga la crisi?
Confindustria e Governo, in piena concordia, vogliono farla pagare ai lavoratori, ai precari, alle donne, ai migranti. Non certo a banche e imprese. E anche l’intervento pubblico viene attivato per garantire gli azionisti privati dalla perdita di capitale e dei profitti a cui erano abituati. Infatti gli Stati continuano a rovesciare miliardi di euro su banche e imprese, a sostegno delle rendite finanziarie e dei profitti, cioè su tutti quelli che sono i responsabili della crisi.
Non un soldo è stato tirato fuori per salvaguardare i salari, le pensioni, i posti di lavoro.

Di fronte alla crisi globale serve l’unità di tutte le lavoratrici e i lavoratori per far pagare la crisi a coloro che l'hanno provocata, banche e padroni.
Per questo serve una mobilitazione sociale per un programma d'urgenza che preveda:
o il salario minimo e il salario sociale per i periodi di non lavoro,
o il divieto dei licenziamenti,
o la nazionalizzazione delle banche e delle imprese che licenziano,
o una patrimoniale che colpisca le grandi fortune
o un intervento pubblico massiccio, orientato alla difesa del lavoro e nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali.

Nei mesi scorsi Sinistra Critica ha raccolto le firme per una legge popolare sul salario che prevede un salario minimo di 1300 euro, un salario sociale di 1000 euro per i periodi di non lavoro e per la cig a zero ore, la pensione minima a 1000 euro la reintroduzione della scala mobile. Abbiamo raccolto 70 mila firme ed oggi, questa legge è la prima legge di sinistra arrivata in parlamento. Ringraziamo tutte e tutti coloro che l’hanno firmata e sostenuta.

Oggi vogliamo difendere questi contenuti sociali e di alternativa anche nelle elezioni provinciali, con una nostra lista che è composta, non di imprenditori, funzionari politici, affaristi, ma di lavoratori e lavoratrici di piccole e grandi fabbriche, impiegati, insegnanti, pensionati, giovani precari, cioè tutti coloro su cui grava il peso della crisi.
Battiamoci per questi contenuti sociali per costruire una vera alternativa alla crisi capitalistica.

martedì 5 maggio 2009

Sinistra In Movimento Un'altra Settimo è possibile


Un’altra Settimo è possibile, è una coalizione politica formata dal Partito della Rifondazione Comunista, il Partito Umanista e da Sinistra Critica, che si pone come obiettivo quello di portare avanti, non solo una proposta finalmente di sinistra agli elettori per le prossime elezioni amministrative della città di Settimo Torinese, ma anche di continuare dopo la tornata elettorale ad essere presenti sul territorio con progetti di organizzazione sociale, come “I Gruppi di Acquisto Popolari”, “La Banca del Tempo Umanista” e la creazione di spazi aperti in cui ognuno possa sviluppare attività di natura diversa, volte tutte alla crescita del contesto in cui si vive, come nella migliore tradizione dei popoli che sentono la necessità di un cambiamento che passa per l’auto organizzazione nell’interesse comune.
Vorremmo che, Sinistra In Movimento, fosse considerata come un contesto aperto a tutti coloro che sentono, in qualità di singoli cittadini, movimenti, associazioni e partiti, la necessità, portata dal momento storico difficilissimo ed imprevedibile, di impegnarsi in prima persona per creare una nuova realtà, che possa essere di esempio, non solo per la città in cui Sinistra In Movimento è nata, ma per le città vicine e, perché no, per tutta la regione.
Esiste un grandissimo bisogno di aspirare ad un futuro nettamente migliore di ciò che stiamo vivendo e, Sinistra In Movimento, si pone come punto di partenza per tutti coloro che sentono, questa, come una necessità non rinviabile, e come una grande opportunità di pensare, organizzare e porre in atto, ogni iniziativa a favore della collettività, in cui la realtà che si vuole sarà quella che si costruirà.

domenica 3 maggio 2009

La sfida del G8


La sfida del G8
Berlusconi spiazza tutti ma noi dobbiamo costruire un Controvertice

E' evidente che la "mossa" di Berlusconi di spostare il vertice G8 a l'Aquila costituisce una novità con cui fare i conti e, dal nostro punto di vista, un'opportunità. Berlusconi, non abbiamo dubbi, non ha particolare apprensione per la sorte dei terremotati. L'Aquila gli ha offerto un'occasione per ovviare ai problemi logistici presenti alla Maddalena e, soprattutto, per sfruttare sul piano della propaganda un evento, il G8, che sembrava condannato alla marginalità. Dopo il mezzo fallimento del G20 a Londra nessuno pensa che da quel vertice possa venire un granché ai fini della risoluzione della crisi economica globale e sempre di più si fa strada l'idea che la crisi non possa essere risolta da chi l'ha provocata. La "parata" tra le macerie abruzzesi, invece, può servire a dare un'immagine dei "Grandi" intenti a occuparsi delle sofferenze dei popoli e quindi più vicini alla "gente", più intrisi di sofferenza. Una trovata propagandistica evidente che, lo ripetiamo, spiazza comunque tutti e tutte e costringe, in particolare noi, a un surplus di iniziativa e di inventiva. E' chiaro che la "passeggiata" di Obama tra le tende o tra i prefabbricati dell'Aquila potrebbe essere l'immagine-simbolo del vertice e Berlusconi farà di tutto per ricercare qualcosa di simile. Che fare dunque?
Il movimento, che in realtà non esiste in forma strutturata e organizzata, è sembrato piuttosto spiazzato. Abbiamo assistito a una presa di posizione molto cauta da parte dell'Arci e a una serie di voci disparate per quanto riguarda altri settori. Certamente, la prima cosa da fare è trovare una sede condivisa per assumere un orientamento comune e una direzione di marcia partecipata e non riservata agli specialisti del settore. Una riunione nazionale quindi da concordare con l'Aquila - e per quanto ci riguarda da concordare con la rete Epicentro Solidale - si impone. Resta il problema di che fare.
Intanto noi pensiamo che non ci sia spazio per esitazioni. Occorre organizzare un Controvertice.
Occorre cioè spezzare subito la pretesa del G8 di decidere per tutti e di ergersi a governo mondiale. Tanto più dopo che le sue ricette sono alla radice della crisi economica che sta strozzando il pianeta.
Un Controvertice da organizzare, previa discussione e consenso delle strutture abruzzesi, a l'Aquila durante lo svolgimento del vertice ufficiale.
Bisognerebbe lavorare a un progetto importante in cui il movimento antiglobalizzazione o quello che ne resta provi a trasformarsi in un movimento "Anticrisi" a inverare, cioè, quell'efficace parola d'ordine coniata dall'Onda che dice "noi la crisi non la paghiamo". Del resto, Berlusconi non sta facendo di tutto per far dimenticare la crisi? La gestione del 25 aprile, quella del terremoto, i toni più concilianti con il Pd, nascondono la volontà di evitare qualsiasi tipo di opposizione e di fare in modo che di tutto si discuta meno che della crisi. Tanto più che Tremonti, Bankitalia, Confindustria e chi più ne ha più ne metta, stanno spargendo ottimismo a piene mani su un'ipotetica uscita dalla crisi. Una grande menzogna com'era tale la negazione della crisi stessa fino allo scorso autunno.
Un controvertice per parlare della crisi, delle guerre, dello scempio ambientale che provoca disastri come quello dell'Aquila, per costituire un "epicentro solidale" a livello mondiale e quindi coinvolgendo il movimento altermondialista di tutto il mondo. Questo è quello che, nel nostro piccolo, possiamo cercare di aiutare a fare.
Un controvertice, quindi, unitario, politicamente rilevante, di impatto sociale e che si leghi alla specificità del terremoto. Un controvertice che preveda una manifestazione, da stabilire nel luogo e nella forma, consapevoli delle difficoltà abruzzesi e con un approccio "laico" alla questione perché spesso l'assedio alla zona rossa si traduce in una forma di azione avanguardista. Insomma, si tratta di valutare, di fare scelte unitarie e partecipate così come si tratta di assediare le tante zone rosse quotidiane come fanno gli operai francesi contro gli uffici dei manager o come hanno fatto i comitati territoriali contro Grandi opere mortali come il Ponte o la Tav.
Il punto che ci sta particolarmente a cuore è se, a partire anche dal G8, ricostituiamo una sede unitaria di movimento per provare a costituire un argine contro la crisi del capitalismo e i suoi gestori. Di questo argine, di un'opposizione alla "vera destra", quella che vuol fare pagare la crisi a lavoratori, lavoratrici e precari/e, in Italia c'è un disperato bisogno. Il vertice G8, e il necessario controvertice, costituisce un'occasione in questo senso.

sabato 2 maggio 2009

Fusione Iride – Enia: una scelta di ulteriore mercificazione del bene acqua.



E alla fine, tra i diversi consiglieri e assessori della cosiddetta sinistra “radicale” eletti due anni fa nelle liste di Prc, Pdci, Verdi, Idv presenti nel Consiglio e nella Giunta comunale di Genova, soltanto 1 (uno) ha votato contro la delibera sulla fusione Iride – Enia.
Soltanto un consigliere ha ascoltato l’appello/lettera aperta che era stato a loro rivolto, a livello nazionale, dal Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua.
Sinistra Critica ritiene che, per un minimo di coerenza politica, non si possa sostenere (a parole) di essere per l’acqua come “bene comune di tutti” e poi (con i fatti) approvarne l’ulteriore privatizzazione.

Con l’operazione Iride – Enia (multiutilities in cui è già massicciamente presente capitale finanziario), la gestione del bene acqua e di altri importanti servizi pubblici locali viene affidata a Consigli di Amministrazione di S.p.A., il cui scopo prioritario è quello di distribuire utili e dividendi agli azionisti, sempre più lontani dalla possibilità di controllo non solo dei cittadini ma anche degli stessi Consigli comunali, che avranno un ruolo sempre più marginale.
Il centrosinistra, la Giunta Vincenzi e la sua maggioranza scelgono la strada liberista dell’ulteriore privatizzazione, finanziarizzazione e mercificazione di un bene come l’acqua, un bene comune essenziale su cui a nessuno dovrebbe essere permesso di fare profitti.
E sbagliano anche le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, che in un comunicato danno il via libera a questa operazione che non dà certo garanzie né di salvaguardia occupazionale per i lavoratori né di contenimenti delle tariffe per i cittadini.

Sinistra Critica, insieme ai movimenti e agli oltre 400.000 cittadini che hanno sottoscritto la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dei servizi idrici, continuerà coerentemente a battersi per una gestione pubblica, democratica e partecipata del bene acqua e affinchè la gestione del servizio idrico, così come di altri essenziali servizi pubblici locali, avvenga attraverso la forma di Aziende Speciali, formate da consorzi di Comuni dello stesso bacino idrogeologico.

Genova, 28 aprile 2009

Il Coordinamento provinciale Sinistra Critica – Genova

venerdì 1 maggio 2009

comunicato No TangEst


Le conclusioni dello studio del Politecnico e del cosiddetto “tavolo di pilotaggio” trasmesse dalla Provincia alla Regione nella conferenza stampa di lunedì 20 aprile a Torino confermano le nostre più pessimistiche previsioni a proposito del progetto di realizzazione della Tangenziale Est:
1) Si tratta di un tracciato di massimo impatto ambientale. Produrrebbe la devastazione del territorio compreso tra il Chierese e il Gassinese, comportando la distruzione di vaste aree agricole di pregio, un grave inquinamento atmosferico e acustico, rilevanti conseguenze idrogeologiche, la compromissione di ogni discorso legato alla valorizzazione enogastronomica, naturalistica e turistica. Un’autostrada percorsa prevalentemente da camion, larga più di 40 metri, dopo anni e anni di una cantierizzazione coinvolgente una fetta ben più ampia di terreno, diventerebbe l’elemento preponderante del panorama delle colline, dei borghi storici, dei castelli, delle pievi romaniche e dei vigneti del territorio. Non solo di Montaldo e Marentino, come evidenziato dalle proteste dell’amministrazione di Montaldo. Si pensi alla zona tra Airali e Canarone da una parte e San Giorgio di Andezeno dall’altra, attraversata dall’autostrada, si pensi alla Serra di Bardassano, con vista sul viadotto nella Valle dei Cani, si pensi alla Val Pallera e Garavaglia, una delle rare aree relativamente ancora incontaminate, nei comuni di Sciolze e Gassino, distrutta da un susseguirsi di rilevati, gallerie e viadotti, si pensi all’attraversamento del Rio Maggiore nei pressi di Bussolino e San Martino e all’imbocco della Val Baudana tra Gassino e San Raffaele Cimena.
2) Nessuna informazione e coinvolgimento della popolazione. Saitta, Campia e Borioli, insieme a molti sindaci, si sono messi sotto i piedi le promesse e le rassicurazioni dichiarate nei mesi scorsi, e anche una precisa clausola contrattuale che impegnava il Politecnico al diretto coinvolgimento dei cittadini. Le istituzioni in tutto questo periodo non hanno convocato un solo Consiglio comunale aperto, nessuna pubblica Assemblea, nonostante non avessero alcun mandato, non essendo scritto in alcun programma elettorale della scorsa tornata amministrativa, di pronunciarsi in merito alla realizzazione di un’opera siffatta. Nella conferenza stampa non si è fatto alcun cenno all’opposizione del sindaco di Montaldo, e i sindaci della zona, con un comportamento servile e desiderosi solo di sedere al tavolo della spartizione delle “compensazioni”, hanno sottoscritto un comunicato che recita testualmente: “I Sindaci hanno contribuito alla progettazione del sistema viario in modo che soddisfi le esigenze dello sviluppo turistico, enogastronomico e culturale della collina torinese”. Altro che strumento di democrazia e condivisione. Saitta ha detto, sempre in quella sede: “Non abbiamo fatto gli errori commessi in Val Susa per la Tav”. Ma quale condivisione! Il tavolo di pilotaggio è stato un esempio di svuotamento della democrazia, di disinformazione e di malafede! E intanto alcuni sindaci stanno mettendo mano ai piani regolatori per consentire edificazioni selvagge, come a Marentino, che la stessa Regione cerca di bloccare perché esclusivamente speculative, come a Moriondo e Arignano.
3) La Tangenziale Est non avrebbe alcun effetto positivo sulla mobilità degli abitanti. Non si tratta di una strada tangenziale a Torino e quindi legata alla soluzione del nostro principale problema, cioè la mobilità pendolare che intasa nelle ore di punta la SR 590 tra il Gassinese e la città e la strada del Traforo del Pino tra il Chierese e la città, ma di un’autostrada di raccordo tra la Torino-Piacenza e la Torino-Milano. Non facciamoci prendere in giro! Saitta infatti alla conferenza stampa non ha più fatto alcun accenno, per palese infondatezza, alla Tangenziale Est come risolutrice del problema della mobilità pendolare, ma ha invece testualmente affermato: “Così chi proviene da Milano e vuole andare a Savona non deve più fare il giro”!. (della tangenziale esistente). Risibile! I milanesi, così come i novaresi, i biellesi e i vercellesi ecc., ecc., se vogliono andare a Savona non hanno che da prendere l’autostrada Gravellona-Voltri e quella dei Fiori, in modo molto diretto. Ricordiamo che il Piemonte ad oggi è la regione con il maggior numero di chilometri di autostrade in Italia, ed è anche la prima in rapporto al numero di abitanti e all’estensione del territorio. Ricordiamo inoltre che la stessa Provincia fino a pochi anni fa riteneva irrilevante la realizzazione della tangenziale Est al fine di decongestionare il traffico sul sistema tangenziale esistente, considerando prioritario invece l’asse di corso Marche. Oggi ha deciso che tutto è prioritario! Per intanto la Tangenziale Est costerebbe (e sappiamo come vanno a finire le stime preventive) un miliardo di euro, di cui un 40% con finanziamento pubblico e il resto con project financing, cioè sempre a carico seppure indirettamente del contribuente (dichiarazione di Borioli alla conferenza stampa)! Per intanto i lavori per il Sistema ferroviario metropolitano (quello sì veramente utile alla soluzione della mobilità pendolare) sono fermi al palo per mancanza di fondi. E, nel piccolo, la Provincia non ripara i danni delle strade locali colpite dal maltempo nel dicembre scorso, come la Castiglione-Chieri, la Rivalba-Vernone e tante altre, la cui manutenzione è tra i suoi doveri istituzionali. Preferisce riempirsi la bocca di opere di dubbia utilità!
4) La Tangenziale Est serve essenzialmente a chi la costruisce. In Piemonte parliamo del Gruppo Gavio, le cui società progettano, costruiscono e contemporaneamente sono concessionarie e gestiscono la quasi totalità dei chilometri di autostrade della regione, Torino-Milano, Torino-Bardonecchia, Traforo del Frejus, Torino-Piacenza, Torino-Quincinetto e Quincinetto-Aosta, Traforo del Monte Bianco, bretella Ivrea-Santhià, e naturalmente l’intero sistema tangenziale torinese, la cui concessione scade nel 2016, guarda caso in concomitanza con i lavori della Tangenziale Est. E, aggiungiamo, si parla di una Tangenziale su cui dovrebbero transitare in previsione i tir provenienti dai vari centri logistici sempre progettati, costruiti e gestiti dalle società del Gruppo Gavio. E il Gruppo Gavio è stato tra il 2005 e il 2007 il maggior finanziatore privato dei maggiori partiti politici del Piemonte.
Nonostante la disinformazione e la malainformazione, l’opposizione alla Tangenziale Est si sta sviluppando nel territorio e nell’opinione pubblica. Prova ne è, tra l’altro, che in vista delle prossime elezioni amministrative stanno sorgendo in molti comuni della nostra zona liste civiche nel cui programma si parla esplicitamente di difesa ambientale del territorio e di opposizione alla Tangenziale. Il Coordinamento No Tangest solidarizza con loro e intanto si impegna a lanciare nuove iniziative.