venerdì 20 maggio 2011

21 MAGGIO 2011 MARCIA NO TAV RIVALTA RIVOLI

"Spanish revolution"


Il primo effetto di piazza Tahrir in Europa avviene in Spagna. Gli "indignados" occupano il centro di Madrid al grido di "La rivoluzione è possibile". E sperimentano i "campi base"


Carlos Sevilla
Viento Sur
Non è bastata la pioggia, caduta insistente durante la notte, né il divieto di assembramento imposto dalla giunta elettorale provinciale di Madrid, Granada e Siviglia a fermare i giovani indignados del movimento pacifico "Democracia real ya" (Democrazia reale ora). Alla quinta giornata di mobilitazione, a 72 ore dalle elezioni amministrative di domenica 22 maggio, in alcune centinaia continuano ad occupare Puerta del Sol, al km zero di Madrid, il simbolo della protesta, e sit-in sono in corso in alcune piazze di Barcellona, Granada e Siviglia. Le decisione, nell'accampamento di Sol, vengono prese per mezzo di assemblee partecipative, durante il giorno. Ci sono sette commissioni, ognuna incaricata di coprire una necessità o un servizio: commissioni di alimentazione, di comunicazione, di pulizia, di infrastruttura, di estensione, legale e di coordinamento interno; ma anche zone di infermeria, la lista degli oggetti perduti e quella dei prodotti di prima necessità. È soprendente la solidarietà mostrata dagli abitanti della centrale piazza della capitale, che assistono i manifestanti con viveri e acqua. In un'assemblea celebrata oggi, nella quinta giornata della protesta, i manifestanti hanno preparato una bozza di rivendicazioni, articolata su 24 punti, che dovrà essere discussa in una nuova convocazione, fissata alle 18 di oggi. Le richieste vanno dalle liste aperte, alla circoscrizione unica, al numero di scranni proporzionali a quello di voti. (Ansa)

Errore di sistema: "Spanish revolution"
di Carlos Sevilla
Puerta del Sol a Madrid, Plaza del Carmen a Granada, Obradoiro a Santiago, Plaza del Ayuntamiento a Siviglia. Lo spettro delle rivolte arabe "incanta" le piazze della penisola. Nel contesto anodino di una campagna elettoral che molto probabilmente manderà al destra al potere in buona parte dei municipi e delle regioni autonome dalla porta posteriore è sbucato un nuovo movimento sociale che si oppone ai sondaggi elettorali e bipartisan propone la partecipazione diretta in forma di auto-organizzazione, la socialità e il desiderio di vivere insieme contro l'individualismo competitivo e una serie di rivendicazioni che vanno al cuore della crisi.

Le proteste 15-M hanno creato una dinamica ascendente di mobilitazione in cui insieme ai settori giovanili dell'università, agli "indignados" e agli organizzati in "Giovani senza un futuro", cominciano a unirsi alla protesta altri settori che precedentemente avevano smobilitato, grazie a una "politica comunicativa che deve molto alla proliferazione rizomatica delle rete sociali. L'accampamento a Puerta del Sol, al di là della riappropriazione degli spazi pubblici che sembravano riservati al traffico, al cemento e al commercio, è un evento comunicativo che si è diffuso alla velocità della luce in altri luoghi della penisola e che acquista il rilievo delle proteste europee contro i piani di aggiustamento strutturale.

Il discorso che nasce dalla protesta comincia ad essere chiarito. Balbetta per generare una propria grammatica. Non si tratta di sottolinearne debolezze o limiti quanto di avvertire della potenza egemonica che, per tutta una generazione, hanno indicazioni semplici ed efficaci, riassumibili in slogan come "casa, concerti, pensioni, democrazia reale". Questi slogan condensano un intero programma di lungo termine di resistenza sociale, contro la dittatura dei mercati intorno a un nuovo soggetto sociale.

Ampliare la portata della mobilitazione richiederà più di una buona politica di comunicazione. La sbornia elettorale porrà le basi per allargare le alleanze. Perché lo spettro si estenda occorrono "campi base"come punti di incontro della politica di movimento ma in grado di andare oltre l'evento. Dalla qualità dei "campi base" dipende l'ascesa al vertice di percorsi ancora da mappare. Non c'è un manuale di istruzioni. Il passato non illumina il futuro. Dobbiamo cogliere l'attimo.
Errore di sistema, Esc?

Carlos Sevilla Alonso membro della redazione VIENTO SUR

mercoledì 18 maggio 2011

COME VOTARE AL REFERENDUM ABROGATIVO DEL 12-13 GIUGNO 2011


COSA SONO I REFERENDUM?

Il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare, sancita all’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana, e l’esito referendario è una fonte primaria del diritto che vincola i legislatori (chi poi fa le leggi) al rispetto della volontà sovrana del popolo.

La nostra Costituzione prevede quattro tipologie di referendum.



Il referendum previsto per Domenica 12 e Lunedì 13 Giugno 2001 è di tipo ABROGATIVO e si svilupperà in 4 domande (quesiti) riguardanti 3 diversi temi:

■QUESITO N. 1: Legittimo impedimento
■QUESITO N. 2: Energia Nucleare
■QUESITO N. 3: Acqua Pubblica (primo quesito)
■QUESITO N. 4: Acqua Pubblica (secondo quesito)


Come funziona il referendum abrogativo?

Il referendum abrogativo di leggi e atti aventi forza di legge (art. 75) permette di abolire una legge (o parte di una legge) già esistente.

In pratica, ci viene chiesto cosa fare e quello che noi decidiamo diventa insindacabilmente legge.

Attenzione! Se non viene raggiunto il quorum del 50% + 1 degli aventi diritto al voto, il referendum abrogativo non sarà ritenuto valido e non verrà data nessuna seconda possibilità.



Come Saranno le domande?

■QUESITO N. 1: Legittimo impedimento
Volete Voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante «disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?



(come a dire...)

Volete abrogare (abolire, cancellare) la legge che permette alla figura del Presidente del consiglio di evitare di comparire nei processi perché "legittimamente impedito"?...

Si, lo voglio!



■QUESITO N. 2: Energia Nucleare

«Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive), recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?».



(come a dire...)

Non fatevi fuorviare. Dietro alle parole "sviluppo economico, competitività, stabilizzazione della finanza pubblica" c'è solo una cosa: l'immenso investimento di denaro pubblico per la costruzione di centrali nucleari sul suolo italiano, con tutto quello che ne potrebbe conseguire.

La domanda va quindi letta così: È vero che non vuoi che si costruiscano centrali nucleari sul suolo italiano, come tra l'altro avevi già detto nel 1987?...

SI, è vero. Non voglio!



■QUESITO N. 3: Acqua Pubblica (primo quesito)
“Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Abrogazione.”

«Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?



(come a dire...)

Questa è difficile.

In pratica, l'art. 23 bis della Legge 133/2008, prevede l’affidamento del servizio idrico a soggetti privati attraverso gara; oppure l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.

Volete abrogare (abolire, cancellare) questa legge?

Personalmente, io SI.



■QUESITO N. 4: Acqua Pubblica (secondo quesito)
"Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma.”

«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?».



(come a dire...)

L'abrogazione parziale è legata alla parte di normativa che permette al gestore del servizio idrico di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a logiche di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio stesso.

Volete abrogare (abolire, cancellare) questa legge?

SI. L'acqua è un bene di tutti.

12 e 13 giugno vota SI' ai Referendum: Avranno la lotta fino all'ultima goccia!




Le privatizzazioni dei beni comuni, acqua in primis, cosi' come la riforma dell'università e i ricatti di Marchionne, ci dicono a chi vogliono far pagare questa crisi.
Privatizzazioni, precarietà, tagli allo stato sociale, degrado dell'ambiente non sono che diversi aspetti di quelle politiche neoliberiste che hanno imperversato negli anni che hanno preceduto la crisi e che vengono ora riproposte con piu' virulenza. Esse hanno un solo obiettivo: il primato del profitto, di fronte al quale tutto deve essere sacrificato.



Allo stesso tempo lo straordinario risultato raggiunto con 1.400.000 firme a sostegno dei referendum per fermare la privatizzazione dell'acqua e dei servizi pubblici, dimostra che possiamo fermare chi vuole fare profitto sui nostri diritti. Dopo il riconoscimento da parte della Corte Costituzionale, dell'ammissibilità di ben due referendum sull'acqua e un terzo sulla questione nucleare, oggi si riapre la possibilità di discutere un nuovo modello di sviluppo economico capace di costruire processi partecipativi nella gestione dei beni comuni e di promuovere alternative energetiche rispettose della nostra salute.

martedì 10 maggio 2011

Pasquale Loiacono sulla tribuna elettorale di Rai Tre

Landini chiede fiducia e molla la sinistra


Il segretario della Fiom ottiene il 70 per cento dei voti al Comitato centrale sulla vicenda Bertone. Frattura con la l'area di Cremaschi e Bellavita. La Cgil rilancia le "firme tecniche"


Salvatore Cannavò
da Il Fatto quotidiano
Maurizio Landini supera anche la prova della ex Bertone anche se lascia per strada la sinistra interna. La firma dell'accordo da parte delle Rsu Fiom, infatti, aveva provocato le critiche dell'ala sinistra guidata da Giorgio Cremaschi. Ieri Landini, riunendo il Comitato centrale, ha voluto prendere di petto il dissenso svolgendo una relazione “a titolo personale” e decidendo, al termine della stessa, di chiedere un voto di “fiducia” che certificasse bontà delle scelte fatte e forza del segretario. Ha avuto 106 adesioni, il 70 per cento, sul documento che ha presentato mentre 29 voti sono andati al documento alternativo della minoranza di Fausto Durante, vicina al segretario generale della Cgil, e 15 astensioni alla “sinistra” di Cremaschi e Bellavita, il 10 per cento. E' stato quest'ultimo, membro della segreteria nazionale, a fare la dichiarazione di voto di astensione anche se parte delle sue osservazioni, ha spiegato, “sono state raccolte nel documento finale”. Una frattura, dunque, all'interno della maggioranza che secondo Durante rende la Fiom “più debole” e che invece in Fiom considerano come un rafforzamento di una linea “autonoma” e autosufficiente. Landini si dice soddisfatto: “Il voto è un elemento che rafforza le iniziative che la Fiom ha messo in campo sia per contrastare la pratiche della Fiat, sia per riconquistare il contratto nazionale di lavoro, vista la positività dei decreti dei tribunali”. Soddisfatto si dice anche Giorgio Cremaschi di fatto estromesso dalla vera maggioranza che governa la categoria. “Nel testo finale c'è scritto quello che chiedevamo, che anche la Bertone è un accordo separato e che la Fiom lo contesterà. In altre condizioni quel testo lo avrei votato ma oggi c'era da fare un chiarimento interno e registrare un dissenso”.
La discussione in effetti è stata molto tesa. Circa cinquanta interventi in una sala stracolma e gran parte degli interventi a fare quadrato attorno a Landini spiegando che il voto nello stabilimento di Grugliasco è stato un atto di “legittima difesa” che non modifica la linea della Fiom. Sarà lo stesso Landini a dare un nuovo appuntamento cruciale, il 18 giugno, quando si terrà la prima udienza sul ricorso presentato dalla Fiom contro l'accordo di Pomigliano. Qua e là si avvertono segnali di insofferenza per le critiche, specialmente se mosse “a mezzo stampa, con comunicati sui giornali, fuori dalle sedi appropriate”. Bellavita, nel suo intervento, invece, sostiene che la Fiom ha cambiato linea e che “stavolta ha toppato” sottolineando che non si può dare alle Rsu la titolarità su punti decisivi del contratto nazionale. Durante, invece, sottoscrive in pieno quanto fatto alla Bertone e invita ad andare avanti su questa linea. Il segretario nazionale della Cgil, Vincenzo Scudiere, anche lui appoggiando quanto fatto alla Bertone spiega che si possono prendere in considerazione anche “le firme tecniche”.
Landini, nelle conclusioni, risponde colpo su colpo. “Non è vero che la Fiom ha cambiato linea, dice, abbiamo detto chiaramente ai delegati Bertone che non avremmo firmato nazionalmente l'accordo”. “Con la Bertone in amministrazione controllata, aggiunge, le pratiche di licenziamento erano già pronte, con il placet di Cisl e Uil”. Nulla da recriminare, dunque, “era la scelta migliore da fare” che non muta la linea di fondo: si va avanti come prima e “l'accordo la Fiom nazionale non lo firma”. Poi si vota, e per la Fiom inizia una nuova vita interna.

lunedì 9 maggio 2011

"Meno conflitti, più servizi" E la Cgil minaccia querela


Un servizio sull'Espresso spiega tutte le attività "collaterali" di Cgil, Cisl e Uil: dai patronati ai Caaf, dagli Enti bilaterali a banche e fondi pensione. Durissima la lettera del segretario generale che minaccia il ricorso al tribunale


Salvatore Cannavò
da l'Espresso

"Perdiamo iscritti, e la Cisl potrebbe diventare nel medio periodo il più grande sindacato italiano". Quando Susanna Camusso ha lanciato questo allarme durante l'ultimo Comitato direttivo, lo scorso 23 febbraio, tra gli uomini della Cgil girava una voce inquietante: in provincia di Milano la Cisl sarebbe già il primo sindacato. A quel punto, le parole del segretario generale hanno messo in chiaro a tutti che non c'è più molto tempo per invertire la tendenza che porterebbe a uno storico sorpasso. Occorre fare in fretta, cambiare pelle, trovare nuovi canali di contatto con i lavoratori, attivarsi su nuovi fronti, proprio come sa fare bene la Cisl. Ed entrare in concorrenza con il sindacato guidato da Raffaele Bonanni soprattutto sul terreno dei nuovi business, quelli che fanno da compensazione alla difficoltà di trovare nuovi iscritti, e da argine alla crisi della contrattazione.

Lo slogan del futuro potrebbe essere: "meno conflitti e più servizi". In sostanza, premere l'acceleratore sulle attività collaterali: quella dei patronati, ma soprattutto i nuovi filoni come la consulenza fiscale e previdenziale agli iscritti, quella sulle vertenze legali, o attività più propriamente economiche come gli enti bilaterali, fino alla presenza nei consigli di amministrazione di banche, fondi pensione, fondi sanitari. Avendo ben presente un rischio. Diventare un sindacato-gestore, che si fa ente economico e giuridico, comporta la tentazione di trasformarsi in centro di potere, o luogo di smistamento di pratiche clientelari. Come ha dimostrato la "parentopoli" romana, che ha visto dirigenti sindacali più preoccupati di collocare figli e nipoti all'Atac, l'azienda pubblica di trasporto della Capitale, che della bontà del servizio pubblico.

D'altra parte, è dall'inizio degli anni Novanta, grazie alla concertazione, che il sindacato ha via via dato spazio a comitati paritetici, commissioni congiunte, organismi di vigilanza, tutti luoghi decisionali in cui i rapporti con imprese e governo si confondono. Prendiamo l'Inpdap e l'Inps: l'attività di vigilanza che i sindacati svolgono nella previdenza pubblica si traduce in un "Comitato di indirizzo e vigilanza" che ha ben 24 membri perché deve far posto alle associazioni dei lavoratori dipendenti (una decina), degli autonomi, dei datori di lavoro. Poltrone, e gettoni di presenza per tutti: 810 mila euro i compensi e i rimborsi pagati nel 2009 (sia pure in calo quasi della metà per effetto dei tagli di Tremonti). Senza contare l'ufficio di presidenza del Comitato, per il cui funzionamento l'Inps spende 221 mila euro, e il cui vertice è di pertinenza dei rappresentanti dei lavoratori dipendenti, ed è attualmente affidato a uno storico dirigente della Cgil, Guido Abbadessa (il quale prima ricopriva lo stesso incarico all'Inpdap).
Il nodo, per il sindacato, è quello dei soldi. Dagli oltre 5,7 milioni di tesserati (di cui 3 milioni pensionati) la Cgil ricava una cifra complessiva - stimando 10 euro mensili a testa - di oltre 680 milioni di euro all'anno, che servono a tenere in piedi una struttura poderosa, con 16 mila funzionari e sedi in tutto il paese; con lo stesso criterio di calcolo la Uil (con 2.184.000 tessere, tra cui 575 mila pensionati) incassa 250 milioni e la Cisl (con 4,5 milioni di tesserati di cui 2,2 pensionati) 540. Se declina l'introito delle tessere, per tenere in piedi la baracca occorre dunque trovare nuove entrate. Quali?

Il santo patronato
I patronati (l'Inca-Cgil, l'Inas-Cisl, l'Ital-Uil) sono stati il primo business in cui il sindacato si è diversificato. Le entrate complessive di tutti i 27 patronati ammontano a circa 370 milioni di euro (dato 2009 tratto dalla Relazione generale sulla situazione economica del paese) e vengono dal disbrigo delle pratiche su contributi, pensioni, infortuni, immigrazione, ammortizzatori sociali, invalidità civili e previdenza sociale. Chi paga? Il ministero del Welfare, che gira al sindacato un contributo dello 0,226 per cento (ora ridotto da Tremonti allo 0,178) sul monte contributi delle pratiche che si concludono positivamente. L'Inca incassa circa 85 milioni, l'Inas 64 milioni, al terzo posto le Acli, con circa 40 milioni di contributi. Un legame così forte, quello con il ministero del Welfare, che il ministro Maurizio Sacconi sta studiando come compensare il taglio del collega dell'Economia: un'ipotesi è quella di appaltare alle sedi estere del patronato la selezione di badanti e colf da collocare nel mercato del lavoro italiano. Un affare con un potenziale di circa 20 milioni di euro.
Nei patronati il sindacato occupa una parte consistente della sua "forza lavoro": sono 1.723 gli operatori della Cgil, 1.100 quelli della Cisl (le Acli arrivano a occupare ben 5.000 persone, volontari inclusi). Numeri di un'azienda medio-grande. Ma i patronati sono anche strategici sul piano delle tessere: si stima che metà delle pratiche pensionistiche risolte diano luogo a nuovi iscritti.

Tu litighi, io incasso
Gli uffici-vertenze si occupano di risolvere i contenziosi con le aziende, e non hanno contributi pubblici ma entrate volontarie. Vi ricorrono i singoli lavoratori o le cause collettive. Una singola vertenza genera mediamente tra i 1000 e i 2000 euro (ma alcune hanno prodotto anche 40 mila euro) e per ogni causa vinta il 10 per cento resta al sindacato. L'ufficio vertenze della Cgil-Lazio, per esempio, ha incassato in un anno un milione di euro.

Caaf in rosso
Poi ci sono i Caaf, i centri di assistenza fiscale che aiutano nella compilazione della dichiarazione dei redditi. Come "intermediari fiscali", sono diventati società a responsabilità limitata, cioè società di capitali i cui soci di riferimento sono i sindacati e le loro articolazioni territoriali. Peccato che da un po' i Caaf siano spesso in passivo, causa eccesso di dipendenti. Quello della Cgil del Lazio, ad esempio, ha accumulato un debito di 14 milioni e deve ricorrere a un taglio sui circa 150 lavoratori, che potrebbero andare a ingrossare le fila di quei "licenziati dalla Cgil" che stanno conducendo una vertenza contro il sindacato di Susanna Camusso.
Per sanare il rosso, una mano la potrebbe dare l'Inps, che ha deciso di abolire il servizio di ricezione gratuita dei moduli 730 che fino all'anno scorso potevano essere consegnati presso i suoi sportelli. Questo aumenterà il giro d'affari dei Caaf e il conto che presentano allo Stato. Anche se è prevista una tariffa pagata dall'utente, il Caaf ottiene infatti un contributo pubblico per ogni pratica svolta (730, Unico, Ici): l'assegno staccato dal Welfare si aggira intorno ai 200 milioni annui. A cui si aggiungono i soldi pagati dall'Inps per la realizzazione degli Isee (l'indice di situazione economica delle famiglie), un servizio che nel 2009 ha fatto incassare ai Caaf 102 milioni.
I vertici dei Caaf, come i presidenti dei patronati, vengono nominati dalle segreterie provinciali e regionali: l'Inca-Cgil è diretto da Morena Piccinini, che prima era componente della segreteria confederale, così come lo era Antonino Sorgi, presidente dell'Inas-Cisl, mentre il presidente di Ital-Uil, Giampiero Bonifazi, fa anche parte del Cnel, grande area di parcheggio di dirigenti sindacali.

Sbarco nella finanza
Le strutture che stanno ridisegnando il sindacato di domani sono gli Enti bilaterali. Secondo la legge Biagi dovrebbero servire a regolare il mercato del lavoro, programmare attività formative, di fatto, servono ad allevare nuove leve burocratiche e mini-apparati. Il numero dei loro componenti non è mai meno di tre per parte sindacale (quanti quelli dei datori di lavoro. E questo per ogni categoria nazionale, per ogni struttura provinciale o regionale. Le categorie sono 89, i sindacati più rappresentativi sono almeno 4 o 5, le provincie oltre 120 e le regioni 20: viene fuori una schiera di qualche migliaio di funzionari. Tutti pagati da aziende e lavoratori: il contributo per finanziarli si calcola infatti sull'imponibile previdenziale del monte dei salari (in media 0,20 per cento a carico delle aziende, altrettanto a carico dei lavoratori).

Nomenklatura sanità
Da quando il Tfr alimenta la previdenza complementare, la gestione dei fondi sanitari è diventata ambitissima. Nonché inevitabilmente numerosa. Prendiamo il fondo Sanimpresa: funziona dal 2003 per gestire l'assistenza sanitaria ai dipendenti della Confcommercio di Roma insieme a Cgil, Cisl e Uil. Ebbene, il consiglio di gestione è formato da 36 persone, metà espressione delle imprese e metà dei sindacati. Come il Fonchim, fondo pensione dei chimici, che ha 2,5 miliardi di patrimonio ed è governato a un'assemblea di delegati formata da 31 rappresentanti delle imprese e 31di parte sindacale. Poi c'è il consiglio d'amministrazione (7+7) il Collegio dei Revisori (2+2) e la Consulta dei soci fondatori (9+9), con spese generali pari a 1,5 milioni di euro oltre al milione per il personale. Analogo il caso del Fondo Cometa, per i metalmeccanici, che ha un'assemblea di delegati più grande (45+45), un cda di 6+6.

Tutti insieme appassionatamente
Infine Cgil, Cisl e Uil insieme sono tra i fondatori dell'Unipol, che ha da poco dato vita alla holding finanziaria Ugf. Dentro: assicurazioni, banche, fondi di investimento, leasing e altre attività finanziarie. Tra i 25 membri del consiglio di amministrazione della Ugf - che stacca un compenso di 50 mila euro all'anno ciascuno più 1.500 euro di gettone di presenza alle riunioni - accanto a uno della Cgil, uno della Cisl e due della Uil, ci sono amministratori che provengono dai sindacati di artigiani, commercianti e agricoltori (Cna, Confesercenti e Cia). Un curriculum per tutti dà l'idea di quanta carriera possa fare un sindacalista che entra nei nuovi ranghi manageriali, quello di Sergio Betti: carriera nella Cisl in Toscana, poi consigli degli enti bilaterali edile e agricolo, cda dell'Università di Siena, della Camera di Commercio, del patronato Inas ed oggi, oltre che nel cda di Ugf, è presidente di Marte. Che cosa è? La prima società di brokeraggio assicurativo creata direttamente da un sindacato, la Cisl. Che è già, certamente il primo sindacato: almeno per il suo senso degli affari.

Verso le prossime elezioni amministrative: Unità e radicalità


Di seguito l'editoriale uscito sull'ultimo numero di Erre in merito al posizionamento di Sinistra Critica alle prossime elezioni amministrative.

E' un quadro politico del tutto sfilacciato quello in cui si stanno preparando le elezioni amministrative di metà maggio. Il governo di Silvio Berlusconi sembra un “morto che cammina”, preda di una crisi di prospettiva che sta incubando progetti politici differenti al suo interno e che sembra trovare unità politica solo nelle misure parlamentari di protezione del presidente del Consiglio: processo breve, conflitto di attribuzione sul “caso Ruby”, riforma della giustizia, etc. Per il resto, esistono linee diverse, probabilmente interessi sociali diversi, prospettive che al momento convivono ma che, domani, potrebbero portare a un'evoluzione del quadro politico e a una differente geografia. Non è un caso che si assista alla formazione del correntismo interno al Pdl con un'ala che guarda alla Lega e si appoggia al ministro Tremonti, un'altra che si arrocca attorno ad alcuni notabili ex democristiani come Scajola o Formigoni, le “nuove leve” (Gelmini, Alfano, Prestigiacomo, Frattini) che cercano di fare quadrato, gli ex An in preda al panico. Addirittura il ministro del Welfare, Sacconi, illuminato dal papato Ratzinger, è stato sorpreso a cena con il segretario della Cisl, Bonanni e con il “democratico” ex popolare, Giuseppe Fioroni in un incontro dal sapore antico. A rischiarare con il faro della crisi la vita del governo Berlusconi ci sono gli attacchi – se così si possono chiamare – degli ultimi due presidenti di Confindustria, Emma Marcegaglia e Luca Cordero di Montezemolo da due anni in procinto di tuffarsi in politica in attesa del momento buono. E poi c'è lo shock, a lungo atteso e le cui conseguenze non sono ancora del tutto percettibili, rappresentato dall'estromissione di Cesare Geronzi dalla tolda di comando dell'economia e della finanza italiana, con le dimissioni forzate da presidente delle Generali. Un altro segnale dello scricchiolio berlusconiano che su Geronzi ha potuto contare per entrare nei vari “salotti buoni” e rafforzare le proprie postazioni e che oggi perde un puntello importante. E non sarà nemmeno casuale se questo accade anche con il concorso del ministro Tremonti, lieto di spazzare via la vecchia guardia per fare posto a nuovi equilibri che vedono il suo ministero al centro di una nuova galassia finanziaria, grazie anche a nuovi strumenti di interventismo economica (come il Fondo di salvaguardia delle imprese italiane).
Lentamente, impercettibilmente, quindi, il sistema di potere che ha retto l'Italia per circa venti anni si smuove anche se non è lecito prevederne una rapida caduta. Così come conviene non sottovalutarne le pericolosità perché proprio in momenti di crisi si può diventare più spietati e insidiosi come dimostrano le dichiarazioni, e le politiche, in materia di immigrazione o le varie forme di legislazione sociale in tema di lavoro e welfare. Senza contare la possibile approvazione del “federalismo fiscale” che costituisce un ribaltamento istituzionale dei rapporti di forza sociali creatisi nel dopoguerra e finora messi in discussione solo con l'introduzione del sistema bipolare. Ma lo scricchiolio esiste e motiva gran parte delle mosse politiche: da un lato si agita un “antiberlusconismo” radicale che si nutre delle malefatte del premier (tante e disgustose) in una serie di manifestazioni di piazza più o meno riuscite ma in grado di monopolizzare l'attenzione (la piazza delle donne il 13 febbraio, quella sulla difesa della Costituzione il 12 marzo); dall'altra, però, sono in molti a lavorare all'ipotesi di una transizione governabile, magari fondata sulla cacciata di Berlusconi grazie a qualche forma di “salvacondotto” che possa facilitare una fase nuova. E' il progetto di Fini e Casini che ha l'assenso di Bersani e Di Pietro, l'auspicio del Quirinale e forse, ormai, la benedizione di Vaticano, Confindustria, Banca d'Italia, Unione europea. Un progetto difficile fino a quando Berlusconi riuscirà a tenere incollati i vari pezzi che lo circondano. A dare risonanza a questi “auspici” ci sono le varie manifestazioni di piazza mediaticamente sostenute da Repubblica, in chiave di adunata “anti-premier”mentre restano più modeste le manifestazioni legate a temi concreti e “sensibili” come nel caso della guerra e della precarietà.
Il punto è che, in un passaggio di crisi come l'attuale, a mancare è l'opposizione sociale – la Cgil fa uno sciopero controvoglia e il sindacalismo di base si divide ancora – ma anche un'opposizione politica che scelga un approccio radicale. E' del tutto evidente che il “fenomeno” Vendola, che pure tante speranze e attenzioni sta suscitando, si sviluppa esclusivamente in chiave di rafforzamento del centrosinistra nel tentativo – tentato già quante volte? - di ancorarlo a sinistra. E quel poco che resta della vecchia Rifondazione a parole dichiara di voler costruire un'alternativa ma poi rompe con il Pd solo quando questo la butta fuori.
In questo quadro, la campagna elettorale non offre particolari novità. Se il centrodestra verificherà la sua tenuta in particolare nelle comunali di Milano – le più significative su scala generale, là dove si misurerà la tenuta dello stesso Berlusconi – il centrosinistra ripropone piuttosto staticamente il solito quadro unitario con la sostanziale eccezione di Torino. In realtà c'è anche Napoli ma in quel caso la divisione – De Magistris sostenuto da Idv, Federazione e centri sociali, Morcone sostenuto da Pd e Sel – è molto di facciata visto che a livello municipale i due schieramenti tendono a convergere e, soprattutto, visto che è garantita la fusione all'eventuale secondo turno.
Per la sinistra di alternativa si tratta di un'ennesima occasione sprecata. Alcune cose sono avvenute come l'alleanza a Torino tra la Federazione della Sinistra e Sinistra Critica oppure la formazione della lista “Napoli non si piega” che vede ancora Sinistra Critica stavolta alleata della Rete dei comunisti e di Sinistra popolare. Però nelle altre grandi città prevale una logica di “grande alleanza” e quando si verificano fratture non è per una logica complessiva, ma per scontri locali o linee di dissenso da quadro nazionale. Sempre a sinistra si registra l'attitudine solitaria del Pcl che rifiuta ipotesi di alleanze, sia pure solo elettorali, e un ondeggiamento sospetto di Sinistra, Ecologia e Libertà che dimostra come, dietro il successo e l'appeal di Nichi Vendola, ci sia un partito piuttosto differenziato al suo interno.
Per quanto riguarda Sinistra Critica, le sue scelte sono diversificate ma tutte nel quadro di un'impostazione riassumibile nello slogan “Uniti a sinistra, alternativi al Pd” che poi è anche la riproposizione del binomio “unità e radicalità”. Ci sono l'alleanza di Torino e Napoli, già ricordate, lo schieramento di Casoria – seconda città della Campania – che vede Sc, Fds e Sel alternativi al resto del centrosinistra e poi le liste “solitarie” di Rimini e Cattolica. A Milano Sc ha deciso di non proporre una propria lista dopo che i tentativi di costruirne una della sinistra alternativa sono andati falliti. Nessuna illusione sulla possibilità di Pisapia di governare con chi (il Pd) ha contribuito a creare l'Expo ma nemmeno nessuna volontà di giocare una partita propagandistica fine a se stessa. E' chiaro che se i piccoli tentativi di costruire una linea diversa e una proposta alternativa avessero un successo, anche parziale, si tratterebbe di fatti rilevanti. Ma la strada per ricostruire una sinistra alternativa, dotata di massa critica e davvero alternativa, è ancora lunga.