martedì 30 ottobre 2012

Sciopero a metà ma sciopero

La Cgil decide di proclamare 4 ore di sciopero generale il 14 novembre nel quadro della giornata di mobilitazione europea indetta dalla Ces ma raccolta da quasi tutti i movimenti sociali. La prima risposta europea all'austerity





La Cgil rompe gli indugi e decide di muovere ancora un passo nel quadro di una mobilitazione europea. La Segreteria nazionale infatti, dopo aver "inutilmente ricercato con CISL e UIL", spiega una nota di Corso ITalia, "di tradurre la decisione della CES di una mobilitazione europea il 14 novembre" ha interrotto le trattative con gli altri due sindacati e ha proclamato lo sciopero generale di quattro ore da gestire a livello territoriale. Uno sciopero a metà, che evita di chiamare direttamente in causa il governo Monti ma che non rinuncia a riferirsi alla legge di stabilità e quindi alla manovra di rigore. Come spiega la stessa nota della segretaria, "lo sciopero è “per il lavoro e la solidarietà contro l’austerità. E’ evidente che al centro di questa giornata di sciopero l’obiettivo di cambiare la legge di stabilità come il complesso delle politiche del governo rientrano pienamente nella piattaforma della Ces". Il 14 si carica quindi di significati ambivalenti ma la decisione della Cgil carica quella giornata di un significato di lotta europea che, quasi certamente, sarà gestita nelle forme più articolate e diverse dai vari movimenti e sindacati.



La piattaforma della Ces

14 NOVEMBRE 2012 CON LA CONFEDERAZIONE EUROPEA DEI SINDACATI PER IL LAVORO E LA SOLIDARIETA' – NO ALL'AUSTERITA'. L'AUSTERITA' NON FUNZIONA!



Da molti anni il movimento sindacale europeo deplora le misure di austerità. Esse trascinano l'Europa nella stagnazione economica, fino alla recessione. Il risultato: blocco della crescita e disoccupazione in continuo aumento. I tagli a salari e protezione sociale sono attacchi al modello sociale europeo e aggravano disuguaglianze ed ingiustizia sociale.

Gli “errori di valutazione” del Fondo monetario internazionale (FMI) hanno avuto un impatto incalcolabile sulla vita quotidiana dei lavoratori e cittadini europei. Tutto ciò rimette in gioco l'intera base delle politiche di austerità. Il FMI si deve scusare. La Troika deve rivedere le sue richieste. L'Europa ha un debito sociale, non esclusivamente monetario. E' stata promessa una ripresa che non è mai avvenuta. 25 milioni di europei non hanno lavoro. In alcuni paesi il tasso di disoccupazione giovanile oltrepassa il 50%. Il senso di ingiustizia è diffuso e lo scontento sociale sta crescendo.



E' NECESSARIO UN CAMBIO DI ROTTA VERSO UN PATTO SOCIALE EUROPEO



I sindacati europei chiedono un cambiamento di rotta. Le misure applicate non stanno funzionando, stanno invece distruggendo I nostri lavori e il nostro patrimonio sociale. La Ces chiede un patto sociale per l'Europa, con un vero dialogo sociale, una politica economica che stimoli occupazione di qualità, la solidarietà tra paesi e la giustizia sociale.

I lavoratori stanno pagando a caro prezzo crisi e misure di austerità, mentre il mondo della finanza e gli speculatori continuano a prosperare. Poniamo fine alla frode fiscale, ai paradisi fiscali e alla competizione fiscale tra paesi. La tassa sulle transazioni finanziarie deve contribuire a riparare I danni del capitalismo senza regole.

PER IL LAVORO E LA SOLIDARIETA' NO ALLE DISUGUAGLIANZE SOCIALI

Noi rifiutiamo: Noi proponiamo:

− lo smantellamento della protezione − sociale;

− l'aumento della flessibilità del mercato − del lavoro;

− la privatizzazione dei servizi pubblici; − − la pressione al ribasso sui salari; − − la diminuzione delle pensioni; − la deregolamentazione degli standard

una governance economica al servizio della crescita sostenibile e occupazione di qualità; giustizia economica e sociale attraverso politiche di redistribuzione, tassazione e protezione sociale; una garanzia occupazionale per i giovani; un'ambiziosa politica industriale europea orientata verso un'economia verde e a basse emissioni di carbonio e verso settori rivolti al futuro, con opportunità di occupazione e crescita;

sociali; − l'esclusione sociale; − la crescita delle disuguaglianze; − l'attacco alla contrattazione collettiva e

al dialogo sociale.

− l'intensificazione della lotta contro il dumping sociale e salariale;

− la condivisione del debito attraverso gli Eurobond; − l'effettiva applicazione di una tassa sulle transazioni

finanziarie per combattere la speculazione e

agevolare politiche di investimento; − l'armonizzazione della base fiscale con un tasso

minimo per le imprese in Europa; − uno sforzo determinato per combattere l'evasione e

la frode fiscale; − il rispetto per la contrattazione collettiva e il dialogo

sociale; − il rispetto dei diritti sociali e sindacali fondamentali.

(Trad. MC)

NO MONTI DAY - FRANCO TURIGLIATTO | INTERVENTI DAL PALCO - ROMA 27.10.2012

MOZIONE FINALE DEL COORDINAMENTO NAZIONALE SINISTRA CRITICA

Il Coordinamento nazionale di Sinistra critica esprime soddisfazione per l' importante riuscita della manifestazione No Monti Day del 27 ottobre e per la buona partecipazione delle compagne e dei compagni di Sinistra Critica nelle differenti collocazioni politiche e sociali che hanno costruito con il loro intervento.




Proseguendo nel lavoro iniziato con l'iniziativa del 31 marzo a Milano, la manifestazione è riuscita a raccogliere, anche se ancora solo in parte, il nuovo clima di dissenso per la politica di austerità, di tagli allo stato sociale, di privatizzazione, di soppressione di diritti e di compressione della democrazia messa in atto dal governo Monti nell'ultimo anno - un dissenso stimolato anche dalle grandi mobilitazioni europee.



Altrettanto positivamente va considerata l'iniziativa messa in atto al termine della manifestazione da importanti settori giovanili e di movimento di proseguire il corteo e di effettuare blocchi stradali come occasione per trasmettere a più ampi settori sociali i contenuti della giornata di lotta.



Questa nuova sensibilità si sta esprimendo in particolare nel mondo della scuola con una estesa opposizione degli insegnanti e dei lavoratori alle misure governative dirette alla privatizzazione degli istituti e all'aumento dei carichi di lavoro e con l'inizio di una nuova radicalizzazione degli studenti. Anche in questo ambito è positivo e va ulteriormente sviluppato il ruolo che nostre e nostri compagne/i hanno nella costruzione delle mobilitazioni.



Queste valutazioni positive non devono nascondere la persistente sfasatura tra la brutalità dell'attacco padronale e governativo e le dimensioni ancora limitate delle risposte di massa - che deve spingerci da un lato a proseguire nel nostro impegno di radicamento nei movimenti sociali, anche per stimolarne la convergenza politica e sociale e, dall'altro, a lavorare per un'analoga convergenza unitaria e consapevole sul terreno politico di tutti i soggetti che rifiutano la politica del governo e della BCE.



Resta ancora del tutto irrisolto il problema della necessaria convergenza tra le lotte nei paesi europei, tutti sottoposti, seppure con gradi e tempi diversi, alla medesima politica liberista e antipopolare.



Per il 14 novembre sono stati indetti simultaneamente scioperi generali in Grecia, Spagna, Portogallo, Cipro e Malta; allo stesso tempo, con la solita funzione di contenimento e di moderazione politico-sociale del conflitto, la CES ha fatto appello per la trasformazione di quella giornata in una innocua occasione di protesta rassegnata.



Al contrario, noi sosteniamo la proposta di un 14 novembre come giornata europea di lotta radicale e incisiva contro le politiche della Troika assecondate e gestite dai vari governi nazionali. Facciamo perciò appello perché in quella giornata tutte le organizzazioni sindacali che non condividono la politica di Monti proclamino lo sciopero generale. Facciamo appello a tutti i movimenti sociali perché scendano in piazza in quel giorno e perché si dia vita in tutte le città a momenti di contestazione di massa delle istituzioni politiche che gestiscono la politica di austerità.- a partire dall'assedio dei palazzi del potere.



Giudichiamo un errore la scelta della Fiom di non proclamare lo sciopero dei metalmeccanici per lo stesso 14 novembre, per farlo due giorni dopo - ma saremo in quelle piazze per esprimere la solidarietà ai lavoratori in lotta e portare anche lì le nostre proposte di una mobilitazione permanente contro il governo Monti, il debito e le politiche di austerità.



Nei prossimi giorni, in occasione del 10° anniversario del Forum sociale europeo, si svolgerà a Firenze un'importante scadenza di dibattito internazionale che metterà a confronto gran parte dei movimenti politici antiliberisti, da quelli più moderati e subalterni al PD a quelli più radicali. Anche a Firenze svilupperemo la nostra iniziativa per la costruzione della convergenza tra i movimenti di cui abbiamo visto le potenzialità nella manifestazione del 27 ottobre.



Il coordinamento nazionale invita tutte/i le/i compagne/i di SC a farsi promotori e partecipare alle scadenze della metà di novembre, contribuendo all'allargamento delle dinamiche di movimento.



L'approssimarsi delle elezioni politiche così come questi primi segnali di radicalizzazione, ci impongono di rilanciare i contenuti della nostra proposta, già esplicitati con una nostra presa di posizione pubblica durante l'estate e riconfermati nella risoluzione conclusiva del nostro terzo congresso.



La sostanziale contemporaneità di queste elezioni con il voto di importanti istituzioni locali, tra cui la regione Lazio, la regione Lombardia, il comune di Roma, rende necessario evitare che una eventuale coalizione elettorale nazionale esplicitamente alternativa a tutti gli schieramenti sia inquinata da una diversa e confusa ipotesi elettorale ai diversi livelli da parte di alcune forze politiche che ne facessero parte.



Il coordinamento invita i circoli - dopo le scadenze del novembre - a organizzare iniziative di confronto e di dibattito con tutti gli interlocutori politici, sociali e di movimento peri illustrare al più ampio numero di persone riguardo le nostre proposte di costruzione di una coalizione elettorale alternativa.



Approvata all'unanimità con 1 astensione



giovedì 25 ottobre 2012

No Monti Day. Per cominciare

Sabato 27 il corteo nazionale promosso da un ampio cartello politico, sociale e sindacale. Una prima occasione per attivare un movimento sociale di massa che sappia comprendere la portata europea della resistenza Dario Di Nepi Il 27 Ottobre la manifestazione No Monti Day sarà il primo banco di prova dell’autunno italiano. Certamente ci sono state altre importanti manifestazioni settoriali, da quelle degli studenti medi di inizio ottobre fino a quelle degli insegnanti della scorsa settimana, ma il 27 si scenderà in piazza in un momento nazionale, che si spera possa essere il più partecipato possibile. Il No Monti Day però chiuderà anche un ottobre che a livello europeo potremmo già definire notevolmente surriscaldato: gli scioperi generali in Grecia e le manifestazioni in Spagna, Portogallo e Francia dimostrano che i lavoratori, le lavoratrici, gli studenti e le studentesse così come i migranti del sud dell’Europa sono ormai arrivati al limite della sopportazione, le misure di austerità imposte dalle Trojka e dai governi nazionali stanno impoverendo pesantemente non solo le classi più deboli di questi Paesi, ma anche quelle classi medie che fino a qualche anno fa si sentivano protette, quasi inattaccabili dalla crisi. La Grecia è un esempio emblematico di questo processo, le strade di Atene sono ormai piene di macchine abbandonate e di negozi chiusi o falliti. Se questa è la realtà non possiamo negarci che la costruzione delle mobilitazioni del sud Europa ha avuto certamente delle caratteristiche differenti rispetto alla dinamica del No Monti Day. In Grecia sindacati e movimento hanno ormai consolidato una prassi di mobilitazione abbastanza efficace, almeno dal punto di vista della quantità di persone portate in piazza e del livello di radicalità; in Spagna il movimento degli indignados si è ormai stabilizzato come un punto di riferimento importante in molti quartieri di Madrid e Barcellona, tramite la presenza delle “asembleas de barrios”, ed è riuscito a connettersi sia con settori più tradizionali delle classe operaia in lotta, come i minatori asturiani, sia ad influenzare anche sindacati moderati come la UGT e le CCOO (ne è la prova la convocazione dello sciopero europeo indetto da quest’ultimi per il 14 Novembre così come i ripetuti assedi al parlamento avvenuti a Settembre e ad Ottobre). In Italia la situazione è radicalmente diversa, non c’è la presenza di un movimento “alla greca” né della radicalità espressa dagli indignados spagnoli. La costruzione del No Monti Day è stata quindi promossa principalmente da organizzazioni politiche e sindacali di base che hanno scelto una modalità più tradizionale, basata sulla classica manifestazione del sabato pomeriggio. Una scelta giusta ma che non scommette sufficientemente sulla possibile dinamica di attivazione di un movimento “alla greca” o “alla spagnola” nel nostro Paese. Fortunatamente però, come quasi sempre, dai movimenti sociali può accendersi quella miccia che potrebbe innescare una dinamica diversa anche in Italia: tra gli insegnanti infatti si sta di fatto creando l’embrione di movimento diffuso, i provvedimenti previsti nella legge di stabilità sono terribili (l’esempio delle 24 ore di lavoro è solo la punta di un iceberg) e colpiscono ulteriormente una categoria già martoriata, mentre gli studenti delle scuole hanno già dimostrato una notevole potenzialità di mobilitazione. Se a questi due elementi aggiungiamo il sentimento di rigetto sempre più ampio nei confronti di una classe politica ormai pienamente identificata con gli scandali di Fiorito, Formigoni, Penati o Scajola, e le condizioni economiche e di lavoro sempre più drammatiche non possiamo non avere una speranza che anche in Italia cominci a soffiare un vento di rivolta. La manifestazione del 27 quindi dovrebbe essere un passaggio nella costruzione di una dinamica di questo tipo e i promotori hanno l’occasione unica di mettersi a disposizione di un processo ampio, che vedrà come prossima tappa immediata lo sciopero europeo del 14 Novembre indetto in Grecia, Spagna, Portogallo e Malta, che potrebbe avere un risvolto importante e radicale anche nel nostro Paese. La formazione di uno spezzone della "conoscenza" dentro il corteo, ad esempio, è un utile esempio di come dare continuità alla giornata. Ora più che mai l’elemento di connessione internazionale è centrale e uno sciopero europeo ben riuscito sarebbe un tassello decisivo verso la costruzione di un movimento vasto e plurale.

mercoledì 24 ottobre 2012

Da Detroit a Torino.

TORINO: INCONTRO CON W. THOMSON E D. FEELEY ATTIVISTE NELLA SINISTRA SINDACALE STATUNITENSE - AUTO WORKERS CARAVAN DI DETROIT

lunedì 22 ottobre 2012

SABATO 27 OTTOBRE: TUTTI E TUTTE AL NO MONTI DAY!

Siamo persone che lottano, organizzazioni sociali e sindacali, forze politiche e movimenti civili, e ci siamo assunti l'impegno di dare voce e visibilità alle tante e ai tanti che rifiutano e contrastano Monti e la sua politica di massacro sociale, dando vita il 27 ottobre a Roma a una giornata di mobilitazione nazionale, NO MONTI DAY. Scendiamo in piazza per dire: NO a Monti e alla sua politica economica che produce precarietà, licenziamenti, disoccupazione e povertà, no alle controriforme liberiste, oggi e domani. NO all'Europa dei patti di stabilità, del Fiscal Compact, dell'austerità e del rigore, che devastano da anni la Grecia e ora L'Italia. NO all'attacco autoritario alla democrazia, no alla repressione contro i movimenti ed il dissenso, no allo stato di polizia contro i migranti. Sì al lavoro dignitoso, allo stato sociale , al reddito, per tutte e tutti, nativi e migranti. Sì ai beni comuni, alla scuola e alla ricerca pubblica, alla salute e all'ambiente, a un'altra politica economica pagata dalle banche, dalla finanza dai ricchi e dal grande capitale, dal taglio delle spese militari e dalla cancellazione delle missioni di guerra, dalla soppressione dei privilegi delle caste politiche e manageriali, sì alla cancellazione di tutti i trattati che hanno accentrato il potere decisionale nelle mani di una oligarchia. Sì alla democrazia nel paese e nei luoghi di lavoro, fondata sulla partecipazione, sul conflitto e sul diritto a decidere anche sui trattati europei. Vogliamo manifestare per mostrare che, nonostante la censura del regime informativo montiano, c'è un'altra Italia che rifiuta la finta alternativa tra schieramenti che dichiarano di combattersi e poi approvano assieme tutte le controriforme, dalle pensioni, all'articolo 18, all'IMU, alla svendita dei beni comuni, così come c'è un'altra Europa che lotta contro l'austerità e i trattati UE. Un'altra Italia che lotta per il lavoro senza accettare il ricatto della rinuncia ai diritti e al salario,che difende l'ambiente ed il territorio senza sottomettersi al dominio degli affari. Un'altra Italia che lotta per una democrazia alternativa al comando autoritario dei governi liberisti e antipopolari europei primo fra tutti quello tedesco, della BCE della Commissione Europea e del FMI, del grande capitale e della finanza internazionale. Promuoviamo una manifestazione chiara e rigorosa nelle sue scelte, che porti in piazza a mani nude e a volto scoperto tutta l'opposizione sociale a Monti e a chi lo sostiene, per esprimere il massimo sostegno a tutte le lotte in atto per i diritti, l'ambiente ed il lavoro, dalla Valle Susa al Sulcis, da Taranto a Pomigliano, dagli inidonei e precari della scuola, da Cinecittà occupata ai tanti esempi di cultura condivisa come il Teatro Valle occupato e le tante altre in giro per l'Italia, a tutte e tutti coloro che subiscono i colpi della crisi. Vogliamo che la manifestazione, che partirà alle 14,30 da Piazza della Repubblica, si concluda in Piazza S. Giovanni con una grande assemblea popolare, ove si possa liberamente discutere di come dare continuità alla mobilitazione. Proponiamo a tutte e tutti coloro che sono interessati a questa percorso di costruirlo assieme, specificandone e ampliandone i contenuti, fermi restando i punti di partenza e le modalità qui definiti. Il comitato promotore NO MONTI DAY ROMA 27 OTTOBRE

sabato 20 ottobre 2012

L'ora della rivolta

La Grecia ancora in sciopero e in piazza,al prezzo dei morti. Scioperi in Spagna e Portogallo, manifestazioni in Francia e Belgio. Un calendario di appuntamenti fitti il prossimo mese. L'appello di Rivolta il debito Da Rivolta il Debito L’aria si è fatta irrespirabile. Dopo l’allungamento dell’età pensionabile, la cancellazione dell’articolo 18, la riduzione dei salari pubblici, la tassazione delle prima casa, i licenziamenti facili nel settore privato, le menzogne di Marchionne e le ruberie incontrastate di una classe politica a delinquere… ecco l’ultimo atto del governo dei professori: l’allungamento dell’orario di lavoro degli insegnanti a parità di salario e l’attacco ai diritti dei disabili, oltre all’aumento dell’IVA, e l’ulteriore aumento delle tasse attraverso la riduzione di tutte le detrazioni. Eccole qui le “Idee geniali” del governo dei “professori della Bocconi”. Ancora nuovi sacrifici a senso unico per salvare un’Italia che continua e continuerà a essere in recessione anche grazie all’austerity. Il debito cresce come la disoccupazione, i salari scendono così come i consumi, ma governanti, industriali e banchieri (che poi spesso si somigliano) continuano a proporci la ricetta degli ultimi vent’anni, far aumentare i loro profitti perchè se si arricchiscono loro prima o poi arriveranno le briciole anche a noi. In realtà arraffano tutto, loro e i loro servitori alla Fiorito, alla Formigoni, alla Polverini, alla Penati…. Nel mondo soffia vento di rivolta. Dai movimenti studenteschi latino americani, al Quebec ; da Occupy wall street ai movimenti spagnoli, greci, islandesi fino alle rivoluzioni arabe nel mondo cresce l’opposizione alla dittatura della finanza e delle banche, cresce la voglia di una alternativa fondata sulla giustizia sociale e ambientale. In Italia abbiamo costruito grandi e piccole resistenze, troppo numerose per essere elencate, generose, ma spesso fragili e frammentate. C’è bisogno di una connessione, di ribaltare insieme le politiche di austerity e la loro logica. Per questo parteciperemo al NoMontiDay del 27 ottobre con convinzione, creatività e rabbia. La rabbia a cui non basta un corteo, ma che vuole trasformarsi in rivolta permanete. Siamo stanchi della “rappresentazione” del disagio, vogliamo di più, vogliamo bloccare il paese, l’Europa per ribaltare il ricatto che ci hanno rovesciato contro, davvero. Non pagare il debito per iniziare una nuova strada quella dei diritti, del lavoro, dell’ambiente, di un altro mondo. Per questo saremo a Madrid ad “agorà99” dall’1 al 4 novembre e a “Firenze 10+10” dall’8 all’11 novembre per costruire complicità, scadenze e lotte comuni. Per questo riteniamo importante lo sciopero del 14 novembre che coinvolgerà Spagna e Portogallo e che si sta estendendo oltre la penisola iberica. Pensiamo che il 14 possa essere l’inizio di una mobilitazione transnazionale permanente. Perché non costruire lo sciopero generale anche in Italia in quella data? Avremmo preferito che lo sciopero indetto per il 16 novembre dalla Fiom si collegasse a questa dinamica europea e si proponesse come collettore di una radicale opposizione, di una strategia di lotta da costruire. Noi ci proveremo, è l’ora dello sciopero europeo generale e permanente. Il mondo della scuola e dell’università per quella settimana ha già indetto due date studentesche il 16 e il 17 novembre, e i precari si stanno organizzando in questi giorni. E’ ora di superare steccati e preoccupazioni di organizzazione, è ora della rivolta unitaria e permanente contro le banche e l’austerity e i loro professori che fa rima con servitori. Noi ci proveremo Que se vayan todos

sabato 13 ottobre 2012

L'impasse del femminismo

L'incontro di Paestum è stato un successo di partecipazione. Come tanti altri incontri negli ultimi dieci anni, da Sommosse a Usciamo dal silenzio. Che però hanno generato sempre un'auto-dissoluzione

Lidia Cirillo

da zeroviolenzadonne.it


Non ho potuto essere a Paestum e non sono in grado quindi di commentare l'incontro (delle femministe, molto affollato vedi qui, ndr) ma (mi dicono) caratterizzato da un'elevata età media. Mi interessa fare alcune osservazioni a partire dalla constatazione che da una decina d'anni l'esigenza di politica coagula, periodicamente e per un momento, un gran numero di donne. Eravamo un migliaio e anche più a Firenze nella Fortezza da Basso con la Marcia Mondiale delle Donne.


Ci sono state poi le manifestazioni sotto il titolo giustamente criticato di Usciamo dal silenzio, Sommosse, Se non ora quando e infine Paestum, oltre ad affollate scadenze locali in genere poco note perché poco comunicanti tra loro. Ne sono state promotrici correnti diverse e conflittuali del femminismo, ma nel mio discorso non è questo che conta. La realtà è che, anche nelle iniziative più subalterne a esigenze di burocrazie politiche e sindacali, la partecipazione è stata inizialmente alta e per molte determinata da un sincero desiderio di agire politico diretto.


Sia pure in modo diverso, ciascuno di questi momenti si è risolto in fenomeni di auto-dissoluzione, lasciando qua e là solo piccoli sedimenti organizzativi. Naturalmente si può ritenere che l'inconcludenza sia uno specifico femminile, celebrando il femminismo che ha segnato l'incontro di Paestum come il migliore dei mondi possibili, come ha fatto Ida Dominijanni sul Manifesto del 9 ottobre. Ma che le cose non stiano così è dimostrato da una semplice constatazione, cioè dal fallimento di quella che negli ultimi due decenni è stato il proposito dichiarato del femminismo tutto.


Ci siamo dette più volte che le donne potevano cambiare la politica, ma è fin troppo evidente che la politica non è cambiata e, quando lo ha fatto, lo ha fatto in direzione opposta a quella desiderata. Non è cambiata prima di tutto la politica come esercizio professionale di apparati di partiti e sindacati. La rivendicazione del 50 e 50 (in qualche caso anche legittima come forma di denuncia e di lotta) sortisce ovviamente l'effetto opposto al cambiamento, perché è fondata su forti meccanismi di cooptazione. Ed è normale che apparati e istituzioni a dominanza maschile cooptino le donne più adattate e adattabili alle loro logiche. Non è cambiata la politica come insieme di forme di auto-organizzazione del corpo sociale, troppo frammentarie e disperse per incidere quanto sarebbe necessario sulla realtà.


Insomma mi sembra che il punto debole del femminismo, e di quello italiano in modo particolare, stia nella difficoltà di cominciare a realizzare quello che ha rappresentato probabilmente il punto più alto della sua riflessione. Certo le donne hanno continuato ad andare avanti, in parte per la spinta propulsiva del femminismo degli anni Sessanta e Settanta, in parte perché ragioni strutturali hanno fornito una base materiale emancipativa al senso di sé delle donne. Ma la contemplazione soddisfatta della propria storia basta sempre meno, perché il mondo cambia e per altri aspetti gli anni Settanta sono abissalmente lontani.


La questione è che il potenziale di cambiamento di un soggetto collettivo non si realizza, se a un certo punto non si verifica un salto di qualità della coscienza e delle pratiche. Nessuna delle rivoluzioni che hanno caratterizzato la storia contemporanea ha mai avuto luogo per il solo potenziale di trasformazione di un soggetto. Sono stati necessari a un certo punto atti della volontà, determinati da una comprensione maggiore del contesto e delle vie percorribili per cambiarlo.


Nell'assemblea di Paestum – leggo nell'articolo di Dominijanni – Loretta Borrelli avrebbe raccomandato di non regredire a una concezione economicistica o sociologica della condizione femminile. La raccomandazione mi sembra il segno di un grave ritardo nella lettura del mondo in cui siamo state gettate. Quella economica non è una regressione, è solo una delle dimensioni possibili dell'esistenza femminile e quindi del femminismo. Si tratta di una dimensione acquisita nel corso del Novecento dalla contaminazione con il movimento operaio di cultura marxista e dall'irruzione sulla scena politica del lavoro subalterno femminile.


Il femminismo precedente era stato caratterizzato da una dimensione soprattutto giuridica per l'influenza liberale e per l'esigenza di cancellare o modificare leggi che imponevano l'esclusione e la disuguaglianza. Altre dimensioni sarebbero poi intervenute, per esempio quella psicoanalitica di cui il femminismo delle vecchie generazioni porta ancora il segno nella sua riduzione della politica a parola.


Insomma le donne come gli uomini non sono esseri a una dimensione. Quale assuma l'importanza maggiore dipende dal tempo, dall'ambiente, dalle necessità dei settori di donne che decidono di fare politica per se stesse. La cosa che mi sembra fondamentale oggi comprendere è l'importanza che la dimensione economica di nuovo assume in presenza della crisi.


Non era così negli anni Settanta, ancora nell'onda lunga dei tre decenni di ascesa economica; non è stato così fino al 2007, cioè nel periodo in cui il capitalismo, sia pure tra una recessione e l'altra, ha potuto comunque esibire un'apparente prosperità. Le determinazioni economiche dell'esistenza femminile non agiscono solo dal punto di vista di ciò che arriva o non arriva in tasca alle donne. La precarietà e il taglio dei servizi impongono altri ritmi e altre scansioni alla loro vita quotidiana. E non solo: la crisi genera fenomeni di imbarbarimento razzista, sessista e omofobo, che non sono senza conseguenza sul modo in cui le donne si percepiscono e sulle dinamiche della loro soggettivazione.

domenica 7 ottobre 2012

Gli studenti raddoppiano

Dopo le botte della polizia di venerdì scorso la mobilitazione non si ferma. Il 12 ottobre ci sarà la giornata indetta dall'Uds ma in questi giorni si stanno preparando nuovi appuntamenti





Il 5.10.12 la città di Roma è stata invasa dagli studenti dell’Assemblea Cittadina dei licei romani.

Questa data è nata dall’assemblea in Val di Susa, convocata dalla rete nazionale studaut, dove gli studenti di tutta l’Italia hanno sentito l’esigenza di scendere in piazza, per esprimere un’opposizione sociale reale al governo Monti e alle politiche di austerity che stanno sempre più strette a tutta la cittadinanza. Le istituzioni sottolineano continuamente la mancanza di fondi per l’istruzione mentre lo stato spende 500 milioni per cacciabombardieri e 2 cm di Tav corrispondono a una borsa di studio universitaria, legittimando queste scelte come tecniche e non politiche.

In un quadro di drammatica trasformazione politica, la scuola rimane ancora una volta un luogo di costruzione e progettazione, opposizione e conflitto.



Gli studenti infatti contrastano le politiche di questo sistema scolastico e se ne riappropriano dall’interno vivendo le proprie scuole e creando dal basso controcultura attraverso cineforum, mercatini di libri a prezzi popolari, ecc… per dare una risposta concreta alla crisi, producendo momenti di riflessione e conflitto.

Queste iniziative si oppongono al progetto di scuola-azienda che questo governo, come il precendente, vuole realizzare attraverso il DDL Aprea e i test Invalsi, che mirano esclusivamente ad un’appiattimento culturale generale e alla costruzione di una scuola che premi il merito e ignori i problemi.



Il tentativo della questura di Roma è stato quello di impedire che gli studenti raggiungessero il centro storico per manifestare la loro rabbia davanti ai palazzi del potere, opponendosi fisicamente, con uno sproporzionato impiego delle forze “dell’ordine”, al regolare svolgimento del corteo.

Nonostante ciò, gli studenti non si sono arresi e fino all’ultimo hanno portato in piazza la loro determinazione. I manifestanti infatti, estenuati da una pessima gestione della piazza da parte della questura, che aveva il palese intento di emarginare e minimizzare la protesta, hanno tentato di riappropriarsi ancora una volta delle proprie strade. Nei pressi di Porta Portese, i soggetti che giorno dopo giorno militarizzano la nostra città hanno risposto all’iniziativa degli studenti non con semplici cariche di alleggerimento, inadeguate soprattutto contro un corteo costituito prevalentemente da minorenni, ma peggio, con una vera e propria esplosione di violenza verso gli studenti, minacciando, picchiando, manganellando, arrivando addirittura ad arrestare un quindicenne estraneo ai fatti, trascinandolo per terra.



Dopo lo scontro e dopo essersi assicurati dell’imminente rilascio del ragazzo, il corteo non si è comunque arrestato ed ha ripreso il percorso fino a Piramide, dove al momento dello scioglimento ha pubblicamente denunciato la gravità dei fatti avvenuti in precedenza.



Gli studenti oggi non si sono fatti intimorire dalla gestione tirannica del sindaco Alemanno, della città, ma anzi hanno avuto la dimostrazione del fatto che l’unica risposta che il governo e le istituzioni sanno dare è di tipo poliziesco e militare.



LA VOSTRA REPRESSIONE NON FERMERA’ LA NOSTRA VOGLIA DI LOTTARE, QUESTO NON E’ CHE L’INIZIO



Studenti Medi in Mobilitazione



La giornata del 12 ottobre indetta dall'Uds



Il 12 ottobre noi studentesse e studenti italiani scenderemo in piazza in tutta Italia per riprenderci la parola. Inonderemo le piazze del nostro Paese con le nostre idee per cambiare la scuola e la società. Grideremo a gran voce il nostro dissenso verso i tentativi di privatizzare definitivamente le nostre scuole, idea che potrebbe concrttizzarsi se venisse approvato il PdL 953, ex Aprea. Con questo non solo verrebbero introdotti i privati nelle nostre scuole, che potranno decidere cosa farci studiare in base ai loro interessi, ma verrebbe depotenziata la rappresentanza studentesca e la qualità delle nostre scuole verrà giudicata in base ai parametri INVALSI, che gli studenti contestarono per la loro inefficacia e pericolosità.



Il 12 ottobre sarà una giornata nella quale ribadiremo l’esigenza di una legge nazionale sul diritto allo studio che garantisca a tutt* borse di studio, un reddito per i soggetti in formazione, misure per l’integrazione e formazione permanente. Rigettiamo la becera ideologia meritocratica che esclude e premia i pochi mentre la maggioranza non riesce a sopportare i costi per poter studiare, tra libri, trasporti e materiale.

Saremo in piazza per chiedere a gran voce un nuovo piano per l’edilizia scolastica, una didattica alternativa, referendum studenteschi, valutazione narrativa e commissioni paritetiche studenti-docenti. Chiediamo questo perché vogliamo che le scuole sia effettivamente a misura di studente, sicure, aperte, palestre di cittadinanza e democrazia.



Ogni anno ci chiedono contributi volontari per garantire in parte il funzionamento quotidiano delle scuole, mentre si continuano ad assegnare ingenti investimenti verso le private, verso le scuole dell’élite. Vogliamo nuovi investimenti nella nostra scuola pubblica affinché sia veramente di qualità e libera.

Crediamo che sia giunta l’ora di aprire una discussione su quale ruolo debbano avere i saperi nella nostra società, se continuare a lasciarli schiavi del profitto o se vogliamo liberarli per renderli un vero strumento di emancipazione individuale e collettiva.

Lanciamo giornate di assemblee studentesche in tutto il Paese per confrontarci sui nostri bisogni ed esigenze, per organizzarci in vista del 12 ottobre. Apriamo questo percorso perché crediamo che solo con la democrazia e la partecipazione si possano rovesciare le nostre scuole e la società tutta per renderle giuste, inclusive e pienamente democratiche. Saremo la forza propulsiva di cambiamento dal basso.

ORA PARLIAMO NOI!

Segnali d'autunno

Tornano gli studenti con cortei in diverse città d'Italia. Scontri in piazza e tensione un po' ovunque. L'autunno comincia così









cronache cittadine da ilmanifesto.it

I cortei degli studenti contro i tagli all'istruzione e contro la crisi hanno percorso l'Italia da Nord a Sud, ma in diverse città la tensione e la rabbia non hanno potuto evitare lo scontro fisico. Cariche e contatti con la polizia si sono verificati a Torino, dove il bilancio è di 15 fermati e 5 contusi, Roma, con un ragazzo ferito, Milano. A Napoli invece i ragazzi hanno lanciato uova e petardi contro la sede della provincia a Palermo sono state bruciate le tessere elettorali



Torino

Il corteo era partito pacificamente questa mattina intorno alle 9 da piazza Arbarello, per poi sfilare nelle vie centrali della città. Ad un certo punto, però, gli studenti hanno deviato in una via laterale che conduce a via XX Settembre dove hanno sede a Torino gli istituti bancari. La polizia in assetto antisommossa ha impedito loro di entrare in via XX Settembre e quando si è infittito il lancio di bottiglie, fumogeni e uova le forze dell'ordine hanno caricato gli studenti disperdendo momentaneamente il corteo. Dopo momenti di tensione in cui gli studenti e la polizia si sono fronteggiati, e tra le fila dei giovani qualcuno è rimasto a terra, il corteo si è ricompattato sotto la sede del Comune di Torino. Cinque studenti - secondo la questura - sono rimasti contusi nel corso dell'azione di dispersione del corteo in via XX Settembre. Per uno di loro, che ha riportato una ferita lacero-contusa alla testa, e' stato necessario l'intervento dell'ambulanza. La polizia ha fermato 15 manifestanti, tra cui gli stessi contusi,per identificarli.



Napoli

Alcuni grossi petardi sono stati fatti esplodere durante il corteo degli Studenti Autorganizzati della Campania in corso a Napoli. In piazza circa 4-500 giovani, tra cui studenti delle scuole medie superiori di Napoli e provincia. Urlati sloga contro la riforma della scuola.Corteo degli Studenti Autorganizzati della Campania a Napoli per protestare contro la riforma del settore Scuola. Il corteo salutera' la nave 'Estelle' di Freedom Flotilla, ora a Napoli, e diretta a Gaza nel tentativo di rompere l'embargo



Roma

A Roma la testa del corteo degli studenti ha raggiunto il Ministero dell'Istruzione in viale Trastevere, mentre la coda si trova su Ponte Sublicio. Qualche momento di tensione si è registrato in Via Jacopa De Settesoli, dove per alcuni minuti gli studenti (con gli scudi-libro alzati e il volto coperto da bandane) e le forze dell'ordine si sono fronteggiati a pochi metri di distanza. La situazione è poi tornata tranquilla ma solo per un po'. Lo scontro è infatti avvenuto a piazzale Portuense tra forze dell'ordine e studenti durante il corteo a Roma. Il contatto si è creato nel momento in cui gli studenti hanno cercato di deviare dal percorso prestabilito.



Milano

Momenti di tensione a Milano quando un troncone del corteo degli studenti milanesi si è diretto verso la sede della Regione Lombardia. All'altezza di Melchiorre Gioia, i manifestanti che avevano in testa i caschi hanno iniziato a lanciare alcune uova, sassi, e fumogeni e poi hanno cercato di sfondare il cordone delle forze dell'ordine per arrivare al nuovo palazzo della Lombardia. A questo punto e' partita la carica di alleggerimento. Il corteo si è poi diretto verso viale Tunisia

giovedì 4 ottobre 2012

TORINO: INCONTRO CON W. THOMSON E D. FEELEY ATTIVISTE NELLA SINISTRA SINDACALE STATUNITENSE - AUTO WORKERS CARAVAN DI DETROIT

L'incontro sarà un'occasione unica e importante per ragionare collettivamente su come far fronte al disimpegno di Fiat in Italia e a Mirafiori attraverso il confronto, l'azione comune e l'alleanza con le lavoratrici e i lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat, compresi quelli degli altri paesi.

Contro le divisioni e l'individualismo che il padrone alimenta per sfruttare meglio le lavoratrici e i lavoratori e licenziare più facilmente è importante conoscere reciprocamente le situazioni che l'altro vive e come prova a organizzare la difesa.

Sarà anche l'occasione per conoscere la vera realtà degli stabilimenti Chrysler tanto edulcorata dai nostri mass-media.



Siete tutte e tutti invitati a partecipare!



VENERDì 5 OTTOBRE ALLE ORE 21 PRESSO IL CIRCOLO FUORILUOGO - CORSO BRESCIA 14- Torino



mercoledì 3 ottobre 2012

Mozione Congresso di Sinistra Critica Torino, sulla FIAT

LA FIAT E’ UN BENE PUBBLICO. TOGLIAMOLO DALLE MANI DI MARCHIONNE E AGNELLI PER DARLO AI LAVORATORI E AI CITTADINI





Le vicende del più grande gruppo industriale italiano, il Gruppo Fiat, sono emblematiche dei processi economici, industriali e sociali che si stanno producendo nel nostro paese. Costituiscono l’esemplificazione chiara e drammatica delle scelte della classe dominante, del totale allineamento a queste scelte delle forze politiche maggioritarie della borghesia, delle difficoltà della classe lavoratrice a resistere agli assalti frontali, infine della vergognosa capitolazione della gran parte dei gruppi dirigenti sindacali.



1. Il disegno americano di Marchionne

Il disegno di Marchionne e della famiglia Agnelli, per chi ha voluto vederlo, è del tutto chiaro da molti anni: un processo di progressiva riduzione dei progetti industriali e degli insediamenti produttivi in Italia, uno spostamento di interessi e del baricentro decisionale negli Stati Uniti, in funzione anche di una valorizzazione finanziaria a scapito di quella produttiva, nel quadro della gravissima situazione di sovrapproduzione nel settore auto. A differenza di quanto hanno voluto far credere non è stata la Fiat a conquistare la Chrysler; al contrario, la casa torinese è stata integrata nella multinazionale americana e nella sua nuova missione produttiva e finanziaria, con l’obbiettivo di salvaguardare gli interessi degli azionisti storici di riferimento.

Per impedire che in questi anni ci fosse una reazione forte dei lavoratori Fiat, ma anche dell’insieme della classe lavoratrice e dell’opinione pubblica, è stata costruita una invereconda sceneggiata, di promesse, di piani di sviluppo fantasiosi, di bugie, con politici, sindacalisti e, quel che è ancora più grave, di dirigenti istituzionali di ogni livello di governo che hanno fatto finta di crederci per impedire le giuste e necessarie reazioni dei lavoratori.



2. Il tentativo di mascherare una situazione drammatica

Una gigantesca e vergognosa falsa rappresentazione per cercare di mascherare quanto stava avvenendo: una direzione aziendale che calpesta i più elementari diritti democratici e costituzionali, il ricatto di Pomigliano prima e di Mirafiori poi, per imporre un patto leonino e disporre di lavoratori servi, a totale disposizione del padrone e con piena libertà di sfruttamento, la cancellazione degli accordi sindacali, la cacciata dei sindacati scomodi, dalla Fiom a quelli di base, la chiusura di Termini Imerese, poi della CHN di Imola, poi di Irisbus, la destrutturazione totale di Mirafiori che, nell’ultimo anno, ha visto la produzione quasi ridursi a zero e i lavoratori essere chiamati in fabbrica tre giorni al mese. Per non parlare di Pomigliano, la fabbrica ristrutturata, “liberata dai cattivi operai”, il nuovo modello produttivo che avrebbe dovuto girare a pieno ritmo, e che invece, di fronte a un crollo delle vendite, ha rimesso al lavoro solo una parte degli operai e che già riutilizza largamente la cassa integrazione.



3. Una partita decisiva

Ora la partita arriva a un tornante decisivo. Marchionne da anni ci dice che due stabilimenti in Italia debbono essere chiusi, come se mettesse all’asta chi offre di più in termini di disponibilità a farsi sfruttare. Forse non gli basta neanche questa misura drammatica di fronte alla dirompente crisi dell’auto. La direzione Fiat non si è neppure posta il problema, che pure agita per attaccare i diritti dei lavoratori, reggere la concorrenza in Europa e costruire delle buone auto.

Il progetto Fabbrica Italia non esiste più, tanto meno i 20 miliardi di investimenti fantastici che erano stati promessi. Di fronte a questa verità è semplicemente indecente l’ipocrisia e le false lamentele di tutti i servitori zelanti e compagni di merende del Dio Marchionne: quei sindaci torinesi che si sono succeduti, quei capi di governo, quei presidenti di regione e provincia, quei segretari di partito che hanno invitato i lavoratori a chinare il capo, ad accettare le imposizioni padronali per avere un lavoro, quel lavoro che nei progetti reali della Fiat non esisteva e che diventa sempre più un miraggio lontano. Sono oggi tutti vergognosamente falsi e solo un poco impauriti dal vuoto produttivo, dal deserto occupazionale che non solo più a Palermo, ma anche a Torino e dintorni si sta per realizzare; ma forse e soprattutto sono impauriti dal fatto di venire infine scoperti nel loro ruolo e che vasti settori di classe lavoratrice riescano a riprendere la strada della mobilitazione e della lotta. Per non parlare dei giornali e dei giornalisti, i chierici vocianti e ignoranti che hanno dato voce fino in fondo alle scelte padronali.

Perché il problema in una città e in una regione come Torino e il Piemonte non sono solo quei 14.000 che lavorano ancora a Mirafiori (non 5.000 come i giornali continuano a scrivere), ma quelle decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori dell’indotto (che qualcuno ha voluto far credere potesse vivere senza la Fiat) e che oggi si ritrova in ginocchio, e un intero assetto produttivo minacciando il futuro di un numero enorme di famiglie e di centinaia di migliaia di persone.

E questa situazione si riproduce in tutti quei territori dove sono insediati gli stabilimenti dell’ automotive e del suo vasto indotto.



4. Espropriare Marchionne e gli Agnelli. La Fiat deve essere in mano pubblica

In questi giorni la direzione Fiat e il governo stanno costruendo nuove cortine fumogene: dichiarazioni, polemiche, nuove false promesse e ridicoli “progetti” per il futuro, nessun impegno concreto, nessun investimento produttivo reale, e incertezza totale sulla sorte dei lavoratori, mentre, neanche troppo sotteraneamente, si lavora per ulteriori e concrete provvidenze statali all’azienda. Bisogna smascherare le nuove truffe. E’ arrivata l’ora per il movimento dei lavoratori di affrontare il problema in tutta la sua gravità, di costruire un movimento che blocchi il potere capitalista di Marchionne; serve un movimento unitario contro la chiusura di Mirafiori, ma anche di tutti gli altri insediamenti Fiat.

Marchionne e la famiglia Agnelli sono dei padroni assenteisti. La Fiat è vissuta, ha fatto profitti, come molte ricerche documentano e come è nel comune sentire dei cittadini, grazie ai miliardi (di lire e di euro) dei trasferimenti pubblici.

Ma soprattutto la Fiat è stata creata con il lavoro, l’ingegno, la fatica, lo sfruttamento di molte generazioni di lavoratori. I benefici sono andati ai suoi padroni; ai lavoratori solo un duro lavoro e molte volte neppure quello per il susseguirsi delle ristrutturazioni e dei licenziamenti; oggi siamo all’ultima ristrutturazione e all’ultimo licenziamento.

Di fonte alla catastrofe imminente il principale giornale della borghesia in un editoriale prende coraggio e scrive: “è forse il caso di affrontare la questione Fiat come una grande questione industriale del paese”, precisando naturalmente “nel rispetto dei ruoli di ciascuno”.

Anche noi pensiamo di avere di fronte una enorme questione industriale e il futuro del paese, ma proprio per questo Marchionne deve essere cacciato (vada pure in America o in Svizzera) e la famiglia Agnelli deve essere espropriata. La Fiat è un bene pubblico che deve tornare nelle mani delle lavoratrici e dei lavoratori, è un bene collettivo che appartiene al nostro paese.

Di fronte alle scelte della proprietà, si deve avere il coraggio di rompere i tabù, di rivendicare la nazionalizzazione della Fiat, il suo passaggio in mano pubblico. Solo in questo modo sarà possibile ridefinire un nuovo progetto che sappia individuare una nuova missione produttiva, difendere i posti di lavoro nella sua interezza e quindi il futuro di interi territori.

Ma questo si potrà fare solo con una grande partecipazione di tutti, lavoratori, tecnici, ingegneri e dei soggetti sociali e sindacali. E’ possibile e necessario costruire un nuovo grande progetto di mobilità sostenibile in funzione dei bisogni delle persone e della società, un nuovo piano dei trasporti che abbia al centro la mobilità collettiva, che sappia difendere l’ambiente e nello stesso tempo garantire lavoro stabile e retribuito decentemente. Solo in questo modo si può salvare un patrimonio di conoscenze, di capacità, di tecnologia che è stato costruito nel corso degli anni.

E’impensabile che si possa continuare semplicemente a produrre sempre più macchine, in una concorrenza feroce tra case produttrici che mettono uno contro gli altri i lavoratori, che determina una sovrapproduzione sempre più grande e un ulteriore deterioramento ambientale. Marchionne ha ragione solo su una cosa, che il mercato capitalistico sta schiacciando la Fiat; ma questo è la logica infernale del mercato e del sistema capitalista che vogliamo mettere in discussione.



5. Un nuovo progetto per i trasporti, una grande riconversione produttiva

Sono quindi necessari, pur nell’ambito di una riqualificazione del settore auto, processi complessi di riconversione. Anche per queste ragioni solo il pubblico, solo lo stato, con il controllo dei diretti interessati, i lavoratori coinvolti e i cittadini, possono farlo. Così come solo il pubblico, espropriando Riva, può salvare Taranto e produrre l’acciaio pulito che serva a produzioni utili e necessarie.

In questi giorni si parla molto, a partire dal Corriere della Sera, di un possibile intervento di un produttore tedesco per rilevare l’Alfa e possibilmente un insediamento produttivo Fiat che “gli specialisti” dei giornali danno ormai per morto. Ancora una volta, come per l’Alcoa, come per altre fabbriche si chiede a qualche altro capitalista d’intervenire, di salvare la fabbrica e qualche posto di lavoro. Il tutto, sempre nella logica dei capitalisti, del loro profitto e dei loro interessi; ai lavoratori al massimo la briciola di un duro lavoro.

Non può essere questa la strada; la soluzione è solo quella di un rinnovato intervento pubblico; eventuali accordi parziali con produttori privati del settore automobilistico, che potrebbero anche essere necessari per fronteggiare una situazione così drammatica, avrebbero senso e sarebbero utili solo se inseriti nella progettualità più complessiva prima richiamata e in una regia pubblica sotto controllo dei lavoratori.



6. L’unità delle lavoratrici e dei lavoratori per vertenza europea dell’auto

La crisi di sovrapproduzione dell’auto nel mondo e in particolare in Europa, con le diverse case che chiudono stabilimenti e impongono contemporaneamente ritmi sempre più intensi ai lavoratori, per battere la concorrenza e aumentare la produttività, contrapponendo un settore di lavoratori a un altro, spingendo gli uni a sperare di mantenere un lavoro a scapito di un'altra fabbrica o di operai di altro paese, obbliga il movimento operaio a recuperare uno spirito, una progettualità e pratiche sindacali internazionaliste. Senza questa nuova capacità di fronteggiare un padrone che ha sempre più strumenti che travalicano le singole frontiere non può che esserci la più dura delle sconfitte.

Oggi migliaia di posti di lavoro sono in discussione in Italia come in Francia, in Spagna come nella stessa Germania. Conosciamo come la Fiat a Tychy in Polonia abbia ridotto gli organici espellendo il vasto polmone dei lavoratori interinali. Serve l’unità della classe lavoratrice, serve una mobilitazione unitaria, almeno europea, per difendere il posto e le condizioni di lavoro in tutta l’industria dell’auto e del suo vastissimo indotto. C’è un’unica strada: una piattaforma rivendicativa comune, un coordinamento delle organizzazioni sindacali che vogliono svolgere la funzione di difesa degli interessi del lavoro; servono lotte e mobilitazioni comuni; serve una vertenza europea del settore automotive. Ai padroni che chiedono ai lavoratori di essere la carne da cannone della guerra commerciale che conducono contro gli altri padroni, contrapponiamo l’unità di classe delle lavoratrici e dei lavoratori non solo tra tutte le fabbriche di una casa automobilistica, ma tra tutti quelle e quelli che in Europa lavorano nel settore dell’automotive. E serve una rivendicazione unificante che esprima il rigetto dei licenziamenti: la riduzione per tutti dell’orario di lavoro, a parità di salario, cioè la redistribuzione del lavoro esistente tra tutti coloro che ne hanno bisogno. Questa rivendicazione non deve essere considerata una chimera, è stata avanzata e praticata con successo nel passato (a partire dall’autunno caldo del ’69), nella travagliata storia del movimento dei lavoratori per migliorare la propria condizione lavorativa e difendere e allargare l’occupazione. E’ una necessità e una possibilità.



7. Una mobilitazione unitaria dalla Sicilia al Piemonte

Sinistra Critica, che in questi anni si è sempre battuta a fianco della FIOM e dei sindacati di base, le uniche forze sindacali che hanno cercato di opporsi alla violenza padronale, denuncia le politiche della Fiat, della proprietà capitalista, il ruolo di un governo e di una maggioranza bipartisan che gli regge bordone.

Sinistra Critica invita tutte le forze politiche e sociali che si battono per i difendere il lavoro e i diritti della classe lavoratrice a un grande sforzo nella promozione di una mobilitazione unitaria dalla Sicilia al Piemonte che tenga insieme tutte le aziende del gruppo e quelle dell’indotto per bloccare l’azione di Marchionne e smascherare le mille trappole che i suoi sostenitori stanno mettendo in atto. Propone la costituzione di un ampio raggruppamento per difendere il lavoro e per dare un futuro a tutti i territori oggi coinvolti nel processo di dismissione degli Agnelli.

Si impegna con le proprie forze a contribuire alla costruzione di questo schieramento e a difendere una prospettiva internazionalista di unità delle lavoratrici e dei lavoratori al di sopra delle frontiere. Invita tutte i suoi militanti a produrre il massimo sforzo per costruire una campagna contro le ingiustizie del sistema capitalista e per riaffermare che “le nostre vite valgono più dei loro profitti”.





Sinistra Critica Torino

Torino, 23 settembre 2012



Mozione Congresso di Sinistra Critica Torino ,Solidarietà NO TAV

Quest'estate si è assistito ad un salto di qualità nella repressione del movimento No Tav. Nel corso del campeggio di Chiomonte, che ha avuto una buona partecipazione di giovani provenienti da tutta Italia e non solo, sono stati inoltrati una serie di provvedimenti di allontanamento e di non ritorno dalla Val di Susa a carico di decine e decine di militanti No Tav, tra cui anche ad alcuni compagni di Sinistra Critica, mentre a Trento sono stati raggiunti da un provvedimento di arresto due compagni anarchici.

Stupiscono le motivazioni dei provvedimenti. Si è tornati al divieto di manifestare persino le proprie opinioni? Nel primo caso infatti si è contestato la volontà di protestare contro il passaggio di un treno pieno di scorie nucleari, cosa poi non avvenuta per l'ingente spiegamento delle forze dell'ordine. Si accusa, inoltre, tra le altre cose, l'anarchico Passamani di essere il coanimatore (sic!) delle assemblee in Val di Susa, una sorta di “regia occulta della sovversione”.

E' evidente che l'obiettivo è sconfiggere il movimento che più di tutti smaschera il sostegno alle imprese e ai profitti privati attraverso l'impiego di denaro pubblico per grandi opere inutili e costosissime ed evidenzia l'incompatibilità di queste opere con la democrazia e la partecipazione popolare.

A tal fine ogni mezzo è lecito: si arriva persino a distorcere il diritto, prefigurando reati in vigore durante il fascismo.

Nel frattempo la militarizzazione della valle continua così come la devastazione della Clarea. Le ruspe stanno distruggendo porzioni sempre più consistenti di bosco, mentre conquista metri su metri il muro della vergogna che protegge il cantiere.

Come Sinistra Critica esprimiamo la solidarietà ai militanti No Tav colpiti dai provvedimenti, respingiamo ogni forma di repressione e censura . Ribadiamo, infine, il nostro impegno a fianco del popolo No Tav nel corso delle mobilitazioni future che verranno discusse all'assemblea di Bussoleno del 26 settembre.



Mozione Congresso di Sinistra Critica Torino,sulle politiche del Comune di Torino

Da molti anni la città è governata da giunte di centrosinistra che si sono caratterizzate per una forte subalternità ai poteri forti della città (dalla Fiat alla banca San Paolo) accettandone e gestendone le scelte dentro in un quadro di politiche liberiste che hanno determinano un progressivo declino industriale, una riduzione dei servizi, un contesto di precarietà del lavoro sempre più ampio, un massiccio ricorso alla cassa integrazione, un senso sempre più largo di insicurezza in ampi settori della popolazione: le misure economiche degli ultimi anni, prima del governo Berlusconi e poi del governo Monti, quest’ultime fortemente sostenute dai maggiori partiti che compongono anche la maggioranza in comune, stanno esasperando a dismisura questa situazione di crisi e di degrado delle condizioni di vita della classe lavoratrice e della altre classi subalterne.




La gestione politica del comune dipende sostanzialmente da un PD liberal migliorista, una forza che della sua vecchia tradizione ha tenuto l'impianto stalinista del partito che si fa Stato e che usa questa posizione per consolidare il controllo del territorio. Controllo che si garantisce attraverso la sua leva storica che è la lega delle cooperative, a cui recentemente sono state aggiunte le fondazioni che inghiottono pezzi di welfare solo formalmente rimasto pubblico (vedi i musei e il post olimpico), il cosiddetto privato sociale (il Terzo settore) e la Fondazione Sanpaolo (fra l'altro azionista di Cassa Depositi e prestiti).



Grazie a questo impianto ha avviato fin dagli anni 90 la lunga marcia delle privatizzazioni, all'inizio mascherate dalla sussidiarietà, che hanno peggiorato sia il servizio reso che la qualità e le condizioni di lavoro degli addetti, in un rapporto sostanzialmente spartitorio con le organizzazioni cattoliche.

In particolare vanno sottolineate le politiche di esternalizzazione e sostanzialmente di precarizzazione del lavoro nei settore dell’assistenza (servizi per anziani, supporto all’handicap, educativa territoriale, comunità alloggio per adolescenti e senza tetto); nel settore culturale sono state fatte scelte sciagurate sui musei amministrati dalla città, che, ha portato centinaia di persone a rimanere senza stipendio dal gennaio 2012. Il collateralismo della direzione CGIL ha giocato un ruolo determinante nel supportare queste scelte della giunta comunale.



L’amministrazione comunale ha ripetutamente preteso un taglio del salario delle lavoratrici e dei lavoratori, imponendo infine un “accordo”, respinto dalle RSU, ma firmato dai sindacati territoriali, sulla “riduzione del costo variabile del lavoro” per un ammontare complessivo di 8.580.000 euro (circa il 5% in meno nelle tasche dei dipendenti comunali).



Parallelamente le forze del centrosinistra hanno sostenuto la Fiat nel suo attacco al lavoro e ai suoi diritti, non lavorando mai realmente per una seria e vera diversificazione produttiva, accampando l'illusione che una città di quasi un milione di abitanti, potesse accettare la riduzione del settore industriale e potesse vivere di turismo e di una bolla immobiliare foraggiata solo per averne in cambio miseri diritti edificatori.



Infine il Comune, attraverso le sue scelte che vanno dalle Olimpiadi, al sostegno alle altre grandi opere distruttive ed inutili, alla cementificazione del territorio operato insieme alla provincia, all’utilizzo dei derivati, è riuscito a creare un debito enorme, il più grande d’Italia, che pesa come un macigno sulle spalle delle cittadine e dei cittadini e che oggi viene utilizzato per giustificare i tagli e la riduzione del Welfare.



E’ sulla base di questa politiche e di questa amministrazione della città che la borghesia ha sempre preferito ai partiti della destra, le forze del centro sinistra, loro alleate, che meglio di chiunque altro potevano garantire un maggiore consenso tra i cittadini e una relativa pace sociale, evitando forme di conflitto acuto e tanto più una ripresa della lotta di classe da parte dei lavoratori. Come ormai appare chiaro a tutto a praticare la lotta di classe, contro i lavoratori, sono i padroni, a partire da Marchionne.



Sinistra Critica ha cercato di costruire in questi anni sul piano sociale e politico un opposizione di sinistra a questo schieramento filopadronale e alle sue politiche, cercando di costruire il massimo di solidarietà attorno alle lotte delle lavoratrici e dei lavoratori.

Ci siamo opposti alle scelte del comune perché non fanno gli interessi dei cittadini e non tutelano i diritti universali. Abbiamo sostenuto ed affiancato tutte le forme di resistenza alle politiche liberiste, combattendo in primo luogo i processi di privatizzazione. Tra queste ricordiamo la recente lotta per mantenere pubblici gli asili nido, quella dei “non dormienti”.

Più che mai è necessario costruire una alternativa politica e sociale anche nella nostra città. Una alternativa di sinistra che abbia come punti fermi, la difesa dei lavoratori e dei loro diritti, la difesa di un welfare universale, la difesa del territorio e dell’ambiente contro il consumo del suolo e il potere invasivo e distruttivo della rendita fondiaria, la lotta contro le privatizzazioni che si estendono a sempre più ad ampi settori economici e sociali.

Per questo oggi vogliamo partecipare e costruire insieme a tante altre forze un movimento per un audit sul debito cittadino, cioè un movimento che chieda di verificare da dove arriva il mostruoso debito che opprime la città, attraverso quali scelte e quali cause si sia prodotto, quanto quella parte del debito sia legittimo e quanto invece sia del tutto illegittimo, determinato da scelte inique o direttamente da operazioni speculative legate agli interessi di qualche potentato economico che ne ha tratto vantaggio.

Una operazione di trasparenza e pulizia, per respingere il ricatto del debito e per progettare una nuova politica al servizio delle cittadine e dei cittadini.



Sinistra Critica Torino