martedì 6 luglio 2010

La Fiom e la sinistra


Assemblea pubblica in piazza Montecitorio in occasione della consegna della Legge di iniziativa popolare sulla rappresentanza sindacale. Presente tutta la sinistra, il Pd e Di Pietro. Tutti uniti dietro la Fiom ma forse solo per un giorno


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Non è bastato il sole a picco del mezzogiorno romano per far fallire l'iniziativa della Fiom che oggi davanti a Montecitorio ha dato vita a un'assemblea pubblica sulla sua Legge di iniziativa popolare per una nuova rappresentanza sindacale presentata a Montecitorio e al presidente Fini. L'invito a partecipare era stato inviato alle forze politiche di opposizione, anche non parlamentare, e a tutti i gruppi parlamentari così come a tutte le segreterie di categoria Cgil nonché a Fim e Uilm. Tra le categorie si è presentata solo quella dei Chimici e la Funzione pubblica mentre le forze politiche erano presenti praticamente tutte: Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, Antonio Di Pietro, Cesare Salvi, attuale portavoce della Federazione della sinistra, Franco Turigliatto, portavoce di Sinistra Critica, Roberto Musacchio, di Sinistra e Libertà, Marco Ferrando, portavoce del Pcl. E tutti, con accenti - e credibilità - diversi hanno ribadito una forte solidarietà alla Fiom, alla sua lotta e al suo percorso su Pomigliano. Anche il Pd che oltre a chiedere alla Fiat di confrontarsi con quel 40% di lavoratori che a Pomigliano non ha accettato il suo piano si è detto disposto a inserire il dibattito sulla democrazia sindacale nell'agenda parlamantare. Più esplicito, su questo punto è stato però Di Pietro che ha preso «un impegno preciso» con la Fiom per mettere all'ordine del giorno dei lavori della Camera il progetto di legge. Che prevede il referendum tra i lavoratori per validare definitivamente un accordo, l'estensione delle Rsu a tutte le aziende, anche quelle con meno di 15 dipendenti e il proporzionale puro per l'elezione di queste rappresentanze eliminando la percentuale (33%) riservata a Cgil, Cisl e Uil.
Da sempre in linea con questa posizione le forze di sinistra intervenute hanno concentrato il loro intervento sul caso Pomigliano con Salvi che ha riproposto il discorso un po' classico della democrazia che parte dai luoghi di lavoro per proporre una «forte mobilitazione popolare in grado di unire tutti i conflitti in corso con l'obiettivo di cacciare il governo Berlusconi-Bossi». Dal canto suo Franco Turigliatto, reduce da diversi incontri con i lavoratori Fiat di Mirafiori, ha insistito sul valore dello scontro a Pomigliano come chiave per resistere ai "padroni". «Il No di Pomigliano ha un forte valore positivo perché dice che si può resistere» bastava vedere la contentezza dei lavoratori di Mirafiori che hanno scioperato in solidarietà. In questa chiave la lotta di Pomigliano va estesa e allargata, sapendo che attorno ai lavoratori, attorno a questi fenomeni di resistenza, «si può costruire un'opposizione efficace e utile al governo di Berlusconi, della Marcegaglia e dell'Unione europea che ha dichiarato "guerra" ai lavoratori». Stessa impostazione da parte di Marco Ferrando che, oltre a richiamare le responsabilità del centrosinistra e del Pd in particolare, ha sostenuto che «non si batte Berlusconi senza partire dalla difesa dei diritti del lavoro» salutando il comportamento della Fiom come un'utile atto di «ribellione operaia». Anche Musacchio ha messo l'accento sugli aspetti unitaria ringraziando la Fiom perché «ha permesso alla sinistra di ritrovarsi unita in piazza» e invitando a proseguire in questo senso.
Landini, nelle conclusioni dell'assolato dibattito - in cui hanno preso la parola anche militanti Fiom, il giurista Allevi e il costituzionalista Gianni Ferrara - ha ribadito le posizioni su Pomigliano e sulla democrazia sindacale, sostenendo la determinazione del sindacato metalmeccanico a proseguire una mobilitazione puntuale. Poi tutti a sollevare le decine di scatoloni con oltre 100 mila firme da consegnare, simbolicamente, al presidente della Camera, Gianfranco Fini. Chiedendosi se gli impegni unitari e la convergenza di accenti e discorsi sarà davvero in grado di stimolare un'iniziativa unitaria delle varie sinistre politiche, sindacali e sociali.

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