domenica 6 luglio 2008

Il mio nemico è il padrone, non chi lavora con me

Petizione alle Presidente del Senato della Repubblica

Siamo lavoratrici e lavoratori italiani e immigrati pienamente consapevoli che in Italia, più che in altri paesi, negli ultimi 15 anni gli stipendi e i salari sono diminuiti in modo drastico mentre i profitti e le rendite hanno avuto incrementi colossali.

Secondo un recente studio della BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali, organismo che riunisce 55 banche centrali a livello mondiale), lo spostamento dai salari verso i profitti è quantificabile in oltre 8 punti percentuali di Prodotto interno lordo. I padroni hanno cioè rapinato ai lavoratori dipendenti oltre 120 miliardi di euro l’anno: ogni lavoratore dipendente ha perso in media circa 7.000 euro ogni anno.

L’inflazione sta riprendendo a correre e i nostri salari sono destinati a diminuire sempre più potere d’acquisto: è un fenomeno che va avanti dagli anni 90, purtroppo con la complicità di politiche sindacali concertative.

I risultati sul piano sociale sono evidenziati da tutte le indagini e statistiche: risulta da recenti dati ISTAT che una persona su 16 non può permettersi un’alimentazione adeguata, che il reddito mensile di una famiglia su sei non è sufficiente a soddisfare bisogni primari nell’ultima settimana del mese, che una persona su dieci non può permettersi le spese per il riscaldamento.

Ancora peggio è diventata la situazione per quanto riguarda la sicurezza sul posto di lavoro. L’aumento delle ore di lavoro (permesse da legislazioni sempre più disinvolte e praticate da chi necessita di qualche soldo in più) ha peggiorato drammaticamente la situazione. Devastante è stata soprattutto la piena subalternità del potere legislativo alla filosofia delle imprese che puntano a far profitto non sull’innovazione tecnologica ma aumentando lo sfruttamento di chi lavora (italiani, immigrati regolari, immigrati clandestini: non fa differenza anche se i più colpiti dal “massacro” da lavoro sono ovviamente i meno tutelati). I dati sono paragonabili a quelli di una guerra: secondo i dati pubblicati da Eurostat ogni anno 5.700 persone muoiono nell'Unione europea a causa di incidenti sul lavoro: una ogni tre minuti!).

Nonostante questa situazione, i governi europei, quello italiano in prima fila, si rendono responsabili di politiche economiche e sociali devastanti per tutti: si continuano infatti a tagliare risorse destinate alla scuola, alla sanità, ai trasporti pubblici,in generale allo stato sociale a fronte dell’aumento della spesa militare e di privatizzazioni disastrose. Invece di cambiare queste politiche e di migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini questi governi scelgono , strategicamente, di dividere le lavoratrici e i lavoratori.

Infatti noi sappiamo che le leggi xenofobe e razziste proposte in questi mesi in Italia, avvallate da, altrettanto ripugnanti, direttive europee, sebbene ingiuste e persecutorie nei confronti dei migranti, hanno come scopo principale quello di indebolire ulteriormente tutte le donne e tutti gli uomini che lavorano.

Sappiamo che le classi dominanti in Italia producono leggi che “criminalizzano” il clandestino per distogliere l’attenzione delle lavoratrici e dei lavoratori italiani dai problemi reali.

Sappiamo che dal punto di vista del potere, e dell’accumulazione di capitali, le politiche riguardanti l’immigrazione finora hanno funzionato: una parte degli immigrati ha iniziato un percorso di integrazione e di accettazione del ruolo assegnatole di cittadino di serie B (che lavora, paga le tasse, usufruisce dei servizi ma sempre con qualche diritto in meno), un’altra parte produce ricchezza o servizi in assoluta condizione di sfruttamento dovuta alla propria condizione di “clandestino”.

I padroni, e chi fa le leggi per loro, sanno benissimo che non c’è stato di polizia o militarizzato che possa rendere inaccessibili le frontiere perchè le ragioni dell’immigrazioni hanno radici profonde nell’economia locale e globale.

E quindi ogni proposta di criminalizzare la clandestinità o di rendere più difficili le condizioni di vita dei migranti non ha come obiettivo quello di eliminare la clandestinità (che anzi viene ritenuta funzionale nell’arretrata economia italiana). La criminalizzazione del clandestino ha lo scopo principale di offrire, al disorientato lavoratore italiano, un falso nemico, un vero e proprio “capro espiatorio”.

In questo clima xenofobo e pericoloso, è importante ricordare che gli immigrati regolari e non, costituiscono una risorsa per il nostro paese e in generale per l’Europa.

Gli immigrati regolari con il loro lavoro e i loro contributi salvano il nostro paese dalla crisi demografica. Vogliamo inoltre ricordare, a chi non sa o finge di non sapere, che gli immigrati “irregolari” e “clandestini” sono per la maggior parte lavoratrici e lavoratori senza diritti: lavorano nelle nostre case, nei cantieri, nelle piccole e grandi aziende, nelle campagne del Mezzogiorno.

La clandestinità non è una scelta,ma la conseguenza delle politiche del nostro paese e dell’Europa intera.

Noi sappiamo che chi ci ruba il salario e la vita sul lavoro non è chi lavora con noi, non è chi ha gli stessi nostri problemi ad arrivare a fine mese, a pagare l’affitto o il mutuo, a mandare i figli a scuola.

Sappiamo che chi ci sfrutta è lo stesso che sostiene politiche imperialiste basate sulla guerra permanente per depredare le risorse del modo.

Sappiamo che tutte le leggi che discriminano lavoratori e lavoratrici come noi, ci indeboliscono.

Per questo siamo contrari alle proposte del governo che colpiscono i migranti.

Siamo contrari ad una legge che introduca il reato di clandestinità (non può essere reato una infrazione amministrativa)

Siamo contrari ad una legge che preveda pene diverse per uno stesso reato (una tale norma distruggerebbe alla base il principio che la “legge è uguale per tutti”).

Siamo contrari ad una legge che preveda una detenzione amministrativa nei CPT di 18 mesi (riteniamo aberrante che una donna od un uomo sia privato della libertà solo perché privo di un foglio di carta.)

Ma non vogliamo solo esprimere la nostra contrarietà a leggi liberticide, vogliamo, con questa nostra petizione, ridare forza e centralità al movimento dei lavoratori, in un mondo che, per noi continua ad essere diviso tra chi sfrutta (e si arricchisce sulle disgrazie degli altri) e chi deve lavorare per vivere (anche emigrando).

Vi chiediamo pertanto di sostenere, firmando la petizione, i seguenti obiettivi

  1. una "sanatoria" per le centinaia di migliaia di migranti già presenti sul territorio nazionale costretti a subire le ipocrite e vessatorie procedure dei decreti flussi. Non ci devono più essere leggi sull’immigrazione che negano i diritti e favoriscono la clandestinità

  1. di scindere il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro, liberando i lavoratori migranti da un pesante ricatto che riduce la loro possibilità di difendere le proprie ragioni sul posto di lavoro aumentandone lo sfruttamento

  1. forme di regolarizzazione permanente, in grado cioè di liberare i lavoratori e le lavoratrici senza permesso dallo sfruttamento e dalle aggressioni della malavita organizzata; i Centri di Permanenza Temporanei, e strutture simili, devono essere chiusi e sostituiti da luoghi di accoglienza che permettano il diritto alla libera circolazione

  1. una cittadinanza di residenza - dopo un anno - che permetta il diritto di voto, perché chi produce ricchezza con il proprio lavoro e usufruisce dei servizi che contribuisce a sostenere pagando le tasse, deve poter contare anche in questo modo nella società.

  1. di abolire le discriminazioni sul salario, il reddito e sulla sicurezza sul lavoro a cui sono soggetti i lavoratori e le lavoratrici migranti

La nostra petizione non parte da pur nobili motivazioni solidaristiche o genericamente umanitarie, ma dalla piena consapevolezza che senza ricomposizione di classe tra lavoratori italiani e stranieri, tutti i lavoratori sono destinati alla sconfitta.

Lottare contro le leggi xenofobe e razziste significa battersi a difesa dei salari, dei servizi, del diritto alla salute e allo studio, della sicurezza di tutte e tutti.

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