martedì 9 settembre 2008

MOBILITAZIONE D'AUTUNNO? RADICALE, UNITARIA E VERAMENTE DAL BASSO

Il Gruppo operativo nazionale di Sinistra Critica

E’ del tutto evidente come l’azione del governo Berlusconi proceda scellerata e indisturbata e come l’opposizione, di sinistra e non, non riesca a prendere un’iniziativa adeguata e credibile.
Il governo in carica può contare su un margine di forza che gli viene dalle elezioni e che sta cercando di usare al massimo prima che le contraddizioni che presenta al suo interno finiscano per metterlo in difficoltà. Il governo Berlusconi punta a consolidare il consenso popolare ottenuto grazie anche all’azione disastrosa del centrosinistra e del governo Prodi e alla perdita di credibilità di tutta la sinistra storica. Le “pulizie di Napoli”, l’abolizione dell’Ici e, soprattutto, la politica securitaria vanno nel senso di mantenere intatto il capitale elettorale ottenuto ad aprile e di stabilizzare un governo che è comunque in carica nel mentre agisce una grande crisi economica internazionale. Al consenso popolare, ottenuto anche con una sapiente azione propagandistica, Berlusconi unisce un consenso nel mondo imprenditoriale che punta sulla nuova economia di Stato di Tremonti per reggere alla competizione internazionale, incassare dividendi e privilegi – su Alitalia come sulla riforma della contrattazione – mirare alle nuove privatizzazioni in vista e provvedere alla propria riorganizzazione mediando anche con il protagonismo diretto dello stesso Berlusconi nell’economia italiana. Un terzo punto di appoggio del governo è dato dal protagonismo del Vaticano che ha deciso di sostenere a fondo un esecutivo da cui incassare la definitiva legittimità della scuola privata e una politica rigorosamente reazionaria nel campo dei diritti civili.
Infine, il governo si muove sulla scena internazionale in una fase di grande debolezza dell’ideologia europeista e in una fase di ridislocazione degli interessi e delle forze in campo – vedi conflitto caucasico, emersione della potenza cinese, cambio negli Usa – che permette a un esecutivo molto spregiudicato e pragmatico di giocare a tutto campo sulla base delle convenienze rafforzando una logica di potenza e di interventismo militare.
Un governo pericoloso, dunque, certamente reazionario la cui gestione degli affari privati del premier rappresenta solo un tassello, particolarmente visibile e indigesto ma non centrale, di un’attività complessiva.
Un governo che deve però fare i conti con una crisi generalizzata a cui non sa ancora dare risposte effettive se non in direzione di un attacco frontale ai diritti dei lavoratori, come evidenzia il fenomeno Brunetta. La perdita di potere d’acquisto dei salari è vertiginosa, la precarietà in aumento, la sicurezza sul lavoro un miraggio, la qualità dei servizi pubblici pessima e su tutti questi versanti il governo non ha ricette soddisfacenti a migliorare il tenore di vita di milioni di famiglie. Non è un caso, quindi, se si insiste sulla repressione nei confronti dei migranti e degli stessi movimenti sociali – Napoli o Vicenza.
Lo spazio per un’azione di resistenza e di contrasto è dunque ampio e la sua ampiezza dimostra la totale inadeguatezza dell’opposizione parlamentare. Il Pd conferma ancora una volta quanto la sua internità al sistema lo renda in fondo non troppo dissimile, nelle politiche di fondo, dal centrodestra e come questo pesi profondamente nella sua capacità di opporsi al governo mentre la Cgil, ancella del Pd, non è in grado di rompere decisamente con il padronato italiano l’aggancio al quale costituisce il meccanismo principale del proprio riconoscimento politico e sociale.
In questo contesto la sinistra politica, comunista e non, resta muta soprattutto perché ancora sotto lo choc della sconfitta elettorale ma anche perché poco credibile nelle scelte di fondo. Il Prc, in particolare, che pure ha avuto un cambio di linea e di percorso, continua a oscillare nel rapporto con il Pd e con la Cgil e questo rende poco credibili le reiterate prese di posizione, di per se positive, in favore di una ripresa della mobilitazione sociale. Tutte le sue scelte, per il momento, ripetono i meccanismi di fondo che hanno portato alla disfatta quel partito e in fondo dettate dalla necessità di recuperare sul piano elettorale e istituzionale, soprattutto in relazione alle prossime elezioni europee, ma non solo. Esemplare il fatto che vengano complessivamente confermate tutte le alleanze di governo sul piano locale anche con amministrazioni, come quella Penati a Milano, che fanno a gara con la Lega sull’impostazione securitaria.
Per quanto ci riguarda abbiamo un’idea e una proposta molto chiara per organizzare l’opposizione al governo e far crescere la mobilitazione di autunno. Insieme ad altre forze politiche e sociali abbiamo promosso un incontro pubblico il 9 settembre con all’ordine del giorno il dibattito sul percorso dell’autunno che a nostro giudizio va incentrato su due coordinate: i contenuti di una piattaforma di opposizione e un percorso effettivamente unitario e partecipato.
Se la piattaforma non può che derivare dalle rivendicazioni principali degli ultimi anni – il salario, la lotta alla precarietà, alla guerra, alla devastazione ambientale, ai rigurgiti reazionari del Vaticano, la sicurezza sul lavoro, la libertà dei migranti – quello che deve essere maggiormente chiarito è il contesto e le priorità di fase. L’opposizione a Berlusconi non può far dimenticare le responsabilità pesanti del centrosinistra e del governo Prodi nella situazione attuale: quasi tutte le misure decise dall’attuale esecutivo sono state incubate dal precedente governo che ne ha delineato le linee di fondo mentre il centrodestra si è incaricato di portarle alle estreme conseguenze in funzione del proprio progetto politico. Senza capire questo passaggio l’opposizione si condanna alla reiterazione di errori pesanti e gravi. Un altro aspetto è capire dove si colloca il punto di snodo di un’opposizione credibile ed efficace. Mentre lavoriamo a organizzare manifestazioni nazionali, dobbiamo infatti capire che il grado di egemonia conquistato dalla destra si batte non semplicemente con l’organizzazione di eventi ma con un’attività quotidiana e costante nei luoghi di lavoro, di studio, di convivenza. Un’attività che prevede una fatica inedita e una propensione al radicamento sociale. Va in questa direzione la centralità che abbiamo dato alla campagna sul Salario Minimo e alla Legge di iniziativa popolare che prenderà il via il 12 settembre con iniziative in molte città. Non pretendiamo che questo argomento assuma una centralità assoluta, altri temi e altre iniziative possono essere adeguati a condizione che si colga la necessità di rapportarsi, davvero, a bisogni sociali vivi, a condizioni materiali in una logica anticapitalista e antisistema che sola può provare a recuperare un consenso popolare distanziatosi o, peggio, disilluso.
Per questo, il metodo e la forma con cui costruire la mobilitazione sono indispensabili. Non pensiamo sia utile un’iniziativa calata dall’alto, gestita nell’autonomia delle forze politiche e propagata nelle forme più classiche della sinistra. Al contrario, pensiamo sia venuto il momento di una raccolta, davvero dal basso, delle forze vive e pronte a mobilitarsi, coinvolgendole in una discussione collettiva preventiva e nell’organizzazione di una mobilitazione capillare fino a una manifestazione politica vera e propria. La manifestazione che abbiamo in mente è una manifestazione unitaria, ampia e plurale ma pensata come punto di arrivo di un percorso che è tutto da intraprendere. Anche perché sparsi e diversi sono i soggetti da coinvolgere: da settori di lavoratori e lavoratrici ai comitati ambientalisti, e non, in lotta per la difesa del proprio territorio; dal mondo della scuola e degli studenti a quello lgbt che si batte contro i diktat del Vaticano; dal movimento antiguerra al movimento femminista alle reti dei migranti. Insomma, una mobilitazione all’insegna del protagonismo sociale di ampi settori sociali, unica risorsa per rimettere in moto una dinamica positiva a sinistra. Una funzione, questa, che in parte può essere assolta dallo sciopero generale del sindacalismo di base del 17 ottobre che sosteniamo pienamente e per il quale vogliamo costruire una mobilitazione adeguata. Sapendo che quella giornata, importante, non basta e che occorre lavorare per estendere e rafforzare il conflitto sociale fino a una manifestazione nazionale politica da tenere in un sabato pomeriggio.
Con questo spirito non crediamo sia utile una scadenza ravvicinata, ad esempio l’11 ottobre, per una manifestazione di questo tipo e nemmeno sia indispensabile focalizzare l’attenzione sulla concorrenza con il Pd in una logica tipicamente politicista e ossessionata dai media. Non abbiamo ostilità preconcette ma non ci convince l’idea di ostacolare la scadenza del 17 ottobre né quella di calare un appuntamento dall’alto senza immaginare un momento di discussione pubblica e di coinvolgimento tramite, ad esempio, un’assemblea nazionale a ottobre.
E’ questo, quindi, lo spirito con cui ci apprestiamo all’autunno, lavorando per la riuscita della Legge popolare sul Salario sociale e per l’effettiva unificazione dei conflitti in corso attorno a una piattaforma collettiva. In un percorso di massa, democratico e partecipato.

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