giovedì 11 settembre 2008

L'Uragano Gelmini su scuola e università

In questa estate si è scatenata una vera e propria bufera su Scuola, Università e Ricerca. Il nuovo Governo Berlusconi non ha perso tempo: in piena continuità con i precedenti governi (anche di centro-sinistra), sta apportando l’attacco decisivo che sancirà la fine del sistema formativo pubblico italiano.
Non si tratta di uno dei soliti attacchi ai quali assistiamo da anni, ma il compimento di un progetto che vede come obiettivo principale da una parte l'istituzione di poli d'eccellenza privati e alta formazione per pochi facoltosi, dall’altra percorsi formativi scadenti e senza servizi per tutti gli altri.
Con la proposta di legge presentata dalla neoministra Gelmini infatti si permette alle scuole di trasformarsi in fondazioni di diritto privato. Se a questa norma si affiancano gli enormi tagli ai fondi scolastici già approvati a luglio, capiamo bene che nei prossimi cinque anni le scuole non avranno possibilità di scelta e saranno costrette ad affidarsi ad aziende e privati.
In questa maniera i Consigli d’Istituto saranno trasformati in Consigli d’Amministrazione del quale faranno parte, oltre al dirigente scolastico, ai docenti e ad una esigua rappresentanza studentesca, “esperti scelti in ambito educativo, tecnico o gestionale”. In sostanza si permette alle imprese presenti nel territorio limitrofo di inserirsi nelle scuole, pesare nelle decisioni riguardanti i finanziamenti, modellare la didattica e l’assurda alternanza scuola-lavoro a proprio uso e consumo.
Ma non finisce qui. Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria privatizzazione e le conseguenze non possono che essere molteplici e drammatiche:

1.Il Dirigente Scolastico ed il Consiglio d’Amministrazione avranno la libertà di scegliere il costo d’iscrizione all’anno scolastico, con tasse che aumenteranno notevolmente negli anni, specialmente in assenza di adeguati finanziamenti pubblici.
2.I docenti non saranno più assunti dalle scuole tramite una graduatoria nazionale e nomine del provveditorato ma saranno personalmente scelti dal singolo Dirigente Scolastico. In questa maniera si favoriranno assunzioni clientelari, se non addirittura familiari, ed aumenterà notevolmente la precarietà lavorativa nelle scuole.

Inoltre la manovra economica di luglio prevede tagli al personale pari a 87000 docenti (anche grazie alla reintroduzione del maestro unico alle scuole elementari) e 43000 unità per quanto riguarda il personale tecnico amministrativo. Come se non bastasse, gli ingenti tagli ai fondi porteranno nei prossimi anni alla chiusura di migliaia di scuole in tutta
Italia, scuole con pochi studenti e quindi soprattutto scuole di provincia. In questo modo non potrà che aumentare il divario culturale fra i grandi e piccoli centri.
Infine, nel paese dei Decreti Sicurezza e delle politiche securitarie, non potevano mancare misure repressive anche nelle scuole: viene infatti reintrodotto il voto in condotta come strumento di controllo e normalizzazione dei comportamenti.

Anche nelle università la situazione non è migliore in quanto a tagli e privatizzazioni con il D.L. 112 (ora legge 133 del Parlamento).
I Senati Accademici delle stesse università prevedono per i prossimi anni, non riuscendo a coprire nemmeno le spese per l'organico, un aumento che arriverà a TRIPLICARE le attuali tasse d'iscrizione.

I principali punti del decreto legge sono:

1)tagli al FFO (Fondo di finanziamento ordinario) in 5 anni di quasi 1,5 mld di euro, pari a circa il 20% del finanziamento totale: questo provocherà aumenti vertiginosi delle tasse universitarie, tagli del personale, chiusura delle piccole università, svendita ai privati.

2)Possibilità della trasformazione delle università pubbliche in fondazioni private:
visti i tagli le università saranno costrette a trovare nuove forme di finanziamento privato (tramite le fondazioni). In questo modo sarà ancor meno la qualità del sapere e la libera ricerca di base a guidare l'istituzione universitaria, ma le esigenze aziendali e di profitto dei singoli privati coinvolti.

3)Diminuzione del personale di ricerca del 50% in 5 anni e con essa l’impossibilità per i giovani laureati di intraprendere una qualsiasi carriera universitaria e ulteriore riduzione della possibilità di stabilizzazione per gli attuali precari.

4)Scatti di stipendio triennali e non più biennali con una sempre maggiore perdita di potere d’acquisto da parte del personale universitario ed in particolare dei giovani ricercatori.

Non possiamo assistere inermi alla fine del sistema d'istruzione pubblico. In questi anni abbiamo assistito ad uno smantellamento dell’istruzione e della ricerca pubblica bipartisan da parte dei governi sia di centro-destra che di centro-sinistra. Anno dopo anno abbiamo visto svuotare le casse del pubblico e gonfiare quelle dei privati. Le uniche risposte che i governi hanno saputo dare alle gravi carenze nelle infrastrutture, nella qualità della
didattica e nella possibilità di fare una ricerca adeguata, sono state continui aumenti delle tasse d’iscrizione, istituzione dei numeri chiusi per l’accesso ai corsi di laurea triennali ed ora anche specialistici, introduzione di finanziamenti privati e di ricerche aziendali (comprese industrie belliche) nei nostri laboratori pubblici.
C’è bisogno di una netta inversione di tendenza, di un nuovo protagonismo sociale dei soggetti in formazione e dei precari dell’università e della ricerca, contro docenti, baroni e dirigenti scolastici sempre più garantiti e privilegiati, e soprattutto contro questo governo e le sue politiche neoliberiste.
E’ quindi necessaria una forte alleanza sociale fra tutti i soggetti e le categorie i cui diritti e le cui libertà sono sotto stretto attacco: per questo accogliamo positivamente e rilanciamo lo sciopero generale e generalizzato dei sindacati di base del 17 ottobre, consapevoli che questa dovrà essere solo una delle tante giornate di lotta in questo autunno.

Se un uragano si sta abbattendo contro scuola università e ricerca, noi tutti, tramite una grande mobilitazione di massa, dobbiamo essere in grado di lottare controvento e pretendere un’istruzione di qualità e accessibile a tutti, una ricerca libera e non asservita alle logiche di guerra e di profitto, la fine di una precarietà oramai dilagante in tutti gli ambiti lavorativi.
Non c'è più tempo da perdere, né un'opposizione parlamentare o governi futuri in cui sperare.
E’ ora di RESISTERE!

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