giovedì 6 maggio 2010

Atene, dallo sciopero alla tragedia


La più grande manifestazione della storia greca, secondo i sindacati che l'hanno indetta, è stata funestata dalla morte di tre impiegati di una banca assalita a colpi di molotov. Un esito che ha confuso e scosso la piazza. Domani nuove manifestazioni mentre il Parlamento voterà il piano di austerità. Il governo chiede l'unità nazionale ma resta solo


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La più grande manifestazione di sempre nella storia recente della Grecia. “Ma anche la più triste” dice Dimitri, uno dei dirigenti della Sinistra anticapitalista greca, testimone della assurda violenza che ha provocato tre morti a seguito del lancio di bottiglie molotov contro una banca di Atene. L’episodio ha marchiato a sangue una giornata nata sotto altri auspici, per quanto si temessero comunque gli scontri con la polizia. Al termine della manifestazione, infatti, un gruppo di black bloc, ha preso di mira, con il lancio di bottiglie molotov, la sede della Marfin Egnatia Bank, al centro di Atene, con i propri dipendenti al lavoro nel giorno dello sciopero. Le molotov sono arrivate inaspettate. Le persone bloccate dentro, una ventina, non sono riuscite a uscire dalla porta e sono così dovute salire ai piani superiori. Ma tre di loro, due donne, di cui una, impiegata della banca, incinta, e un uomo, non ce l’hanno fatta a salvarsi e sono morte di asfissia. La donna incinta è stata ritrovata semicarbonizzata.
La giornata era cominciata con una grande manifestazione popolare, la più grande nella storia greca, come dicono i sindacati che l’hanno indetta, il Gsee, del settore privato, e l’Adedy del pubblico. In piazza molta più gente – centomila o forse più - di quanta ne possa mobilitare la sinistra, moltissimi giovani ma anche famiglie con carrozzine al seguito. E come vuole la tradizione greca, con un’adesione allo sciopero del 100%, o quasi.
Poco prima del tragico assalto alla banca, davanti al Parlamento – che è in seduta per discutere il piano di risanamento “chiesto” dalla Ue – un gruppo di black bloc si è scontrato con la polizia che ha iniziato a sparare gas lacrimogeni. Gli scontri sono durati circa un’ora. Ma gli incidenti sono stati segnalati anche a Salonicco e Patrasso dove si sono svolte grandi manifestazioni. E sempre ad Atene altri due palazzi sono stati dati alle fiamme ma senza conseguenze gravi. La componente violenta delle manifestazioni rischia di avere un peso decisivo sul loro svolgimento e, alla lunga, sul loro esito. Episodi di violenza si susseguono infatti in Grecia da anni e ora la situazione, esplosiva sul piano sociale, non può che peggiorare. La componente anarchica e autonoma è in forte crescita – ci sono anche alcune frange implicate nella lotta armata – e i loro spezzoni nel corteo erano piuttosto imponenti.
La polizia ha compiuto già quattro fermi e ha decretato lo stato di “allarme generale”. Il premier greco Giorgio Papandreou, in seguito alla situazione creatasi, ha invocato l'unità nazionale ribadendo l'invito ad un vertice di tutti leader politici affinché “tutti si assumano le proprie responsabilità”. Ma al momento non sembra che i conservatori della Nea, oggi all’opposizione, abbiano intenzione di accogliere l’appello e di modificare la decisione di votare contro i provvedimenti. Ad appoggiare il Partito socialista (Pasok) ci sarà, molto probabilmente, solo la formazione di estrema destra, Laos, mentre in Parlamento sia Syriza, la coalizione della sinistra radicale, che il Kke hanno dichiarato la loro volontà di proseguire con le mobilitazioni.
E già domani, giovedì, ci saranno nuove manifestazioni. Alle 18, nel momento in cui il Parlamento dovrà votare il piano di austerità, Gsee e Adedy hanno convocato una nuova manifestazione per reagire alla tragedia di ieri ma anche per confermare, come ha dichiarato il Gsee, che “la lotta va avanti”. Contemporaneamente anche il Kke terrà la sua autonoma manifestazione nella tradizione di un partito che segue un percorso proprio di mobilitazione, rifugge l’unità e pensa in primo luogo al proprio consolidamento. Diverso, e più movimentista, l’atteggiamento dell’altro principale blocco della sinistra di opposizione, la coalizione Syriza, che chiede un referendum. Alla loro sinistra i sindacati di base, che hanno realizzato una forma di coordinamento operativo e la Sinistra anticapitalista che considera il referendum una mossa solo difensiva e che invece cerca di spingere sul proseguimento degli scioperi e su azioni dimostrative che diano continuità alle mobilitazioni.
Come evolverà la situazione è molto difficile dirlo. La disponibilità a mobilitarsi si è resa evidente ma la tragedia odierna costituisce un evidente elemento di confusione e demoralizzazione. Il Kke sembra molto più concentrato sulla propria costruzione e crescita che sull'effettiva unitarietà del movimento mentre Syriza scommette sui cortei ma non sulla continuità degli scioperi. La Sinistra anticapitalista punta invece su questi ultimi e sta cercando di realizzare un lavoro unitario a partire anche dal coordinamento del sindacalismo di base. Situazione difficile, in cui pesa la crisi e i suoi effetti profondi e in cui è tutta da valutare la realtà del Pasok, il partito chiamato a gestire la più dura ristrutturazione sociale della storia recente.

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