lunedì 16 giugno 2008

La Sconfitta che viene da lontano

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di Flavia D'Angeli (da il manifesto del 15/06/2008)

La sconfitta della Sinistra Arcobaleno viene da vicino e da lontano insieme. Da vicino, perché è il frutto della partecipazione di Prc, Verdi, Pdci e Sd all'esperienza fallimentare del governo Prodi. Oltre al lungo elenco delle speranze tradite dall'esecutivo, l'esperienza degli ultimi due anni ha segnato uno smottamento senza ritorno, in particolare del Prc, sul terreno dell'avversario.

Rifondazione, e il suo leader, hanno pagato lo snaturamento della propria esperienza, l'aver teorizzato e realizzato il governo della settima potenza mondiale con forze che rappresentano una fetta consistente della borghesia italiana. La lezione del 15 aprile è inequivocabile: una sinistra «radicale» che sostiene le logiche del capitale muore. Potremmo fermarci qui, e limitarci a ricordare che la rottura con Prodi era stata additata come un «mettersi fuori dalla politica»; chi l'ha sostenuto, oggi è fuori dalla politica più di ogni altro. Potremmo ricordare come il gruppo dirigente del Prc, che oggi mette in scena una spaccatura violenta, sia stato monolitico nel respingere ogni voce critica o abbia sostenuto unita l'espulsione di Turigliatto.
Ma tutto questo non basta per chi voglia capire gli elementi che parlano sia del fallimento di un progetto politico che dell'egemonia sociale e culturale delle destre. La sconfitta di aprile viene infatti da lontano, è il frutto di rapporti di forza sociali deteriorati da oltre vent'anni, frutto della concertazione o dell'incapacità della sinistra «radicale» di cimentarsi davvero con il tema del radicamento sociale. Un lavoro lungo, faticoso, spesso oscuro, ma unico vero antidoto all'egemonia delle destre e del mercato. Nella stagione di Genova avevamo visto la possibilità di una una ripresa di protagonismo sociale, ma quella speranza è stata gettata, sciaguratamente, sul tavolo del governo.
In questo contesto ci sembra fuorviante cercare vie d'uscita alla crisi sul terreno delle ricomposizioni politiciste. Né pensiamo che ci si possa salvare solo sventolando la bandiera rossa e la falce e martello, se si è sostenuta ogni politica liberista e di guerra. Il lavoro da fare è enorme, sia sul terreno sociale che su quello dell'elaborazione politica. Oggi c'è bisogno di un processo di ricomposizione sociale, di riconnessione di ciò che il liberismo ha frammentato, di tessitura di nuove solidarietà per ricominciare a contendere il consenso popolare che le destre si sono guadagnate sulle macerie prodotte dalla sinistra. Un lavoro fatto di unità delle lotte - sul fronte antirazzista, ambientalista, sindacale, studentesco - ma anche di costituzione di progetti di lavoro che recuperino un rapporto con la società, un «sindacalismo sociale» attorno al quale far convergere forze diverse. Per questo proponiamo la raccolta di firme per una legge d'iniziativa popolare per istituire anche in Italia il salario minimo intercategoriale e il salario sociale.
Serve però anche la costruzione di una nuova sinistra di classe. Noi proponiamo la Costituente della sinistra anticapitalista, ci stiamo già lavorando perché sappiamo che il processo richiederà tempi lunghi, nonché lo sforzo di descrivere «un altro mondo possibile» che faccia, finalmente, il bilancio dei disastri del Novecento ma anche l'analisi delle potenzialità andate perdute. Senza scorciatoie ma con la consapevolezza che una forza politica adeguata all'esistente o è anticapitalista o non è in grado di agire. Con questi obiettivi lavoriamo a partire dalla prima Conferenza nazionale che terremo dopo l'estate, convinti che una nuova sinistra di classe sarà il frutto di una nuova generazione politica

Sinistra critica

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