lunedì 17 agosto 2009

A proposito di unità e sinistra


(articolo pubblicato su Liberazione del 25 luglio)

di Salvatore Cannavò
Cari compagni e compagne di Prc, Pdci e Socialismo 2000, non siamo stati presenti alla vostra assemblea di lancio della Federazione della Sinistra Alternativa semplicemente perché non ufficialmente invitati. Saremmo venuti volentieri ad ascoltare e anche a intervenire dicendo a voi quello che andiamo ripetendo da oltre un anno e che costituisce uno dei punti del dibattito congressuale che Sinistra Critica ha appena avviato.
La fase attuale è contrassegnata dall’esaurirsi di alcuni cicli politici e storico-politici che conferiscono ai nostri tempi i caratteri di una profonda instabilità. Vecchi equilibri, convinzioni, strutture si sono deteriorate e/o estinte anche se nuovi equilibri non sono ancora all’orizzonte. Viviamo al tempo del “non più” e del “non ancora” ed è dentro queste coordinate che occorre mettere a punto le linee guida per una ricostruzione di una sinistra anticapitalista.
Perché di ricostruzione radicale oggi dobbiamo parlare, dopo la lunga fase della “rifondazione” e dei tentativi di ricomposizione di culture e organizzazioni diverse. Quel tentativo è fallito, le culture non si sono amalgamate e le organizzazioni oggi riprendono, ognuna, la propria autonomia anche se in condizioni più arretrate.
Viviamo quindi al tempo della ricostruzione della sinistra di classe e anticapitalista. Per farlo ci vorrà tempo e pazienza, non esistono più scorciatoie, appuntamenti elettorali salvifici o discussioni astratte sul contenitore migliore o sul simbolo più efficace. Si tratta squisitamente di un lavoro che verterà su due aspetti centrali: un’efficacia sociale per resistere alla crisi, alle destre, al capitalismo; una discussione a fondo, programmatica e culturale, per delineare gli assi fondamentali, capaci di reggere nel tempo, che devono caratterizzare la nuova sinistra necessaria.
La crisi della sinistra di classe pone il problema della sua ricostruzione. A questa ricostruzione noi ci accingiamo con l'apertura necessaria e con la centralità del dibattito attorno alle idee, ai contenuti, al profilo di fondo che una nuova sinistra deve avere. Il nostro progetto di fondo, infatti, resta quello di costruire un nuovo soggetto politico della sinistra anticapitalista con influenza di massa. Questo processo avverrà per salti qualitativi, soprattutto per la sua capacità di attrarre le nuove generazioni, per la convergenza di altre tendenze della sinistra anticapitalista, per la riattivizzazione di importanti settori di militanti dei movimenti sociali, dell’associazionismo diffuso e del movimento sindacale. Una forza politica militante, democratica e plurale in cui le diverse culture del movimento operaio possono convivere e fluidificarsi nella comune prospettiva di rottura con il sistema capitalista.
Per questo pensiamo che serve una grande discussione generale, aperta, pubblica, aspra, che faccia tesoro delle lezioni passate e che riannodi i fili a partire dalle idee e dai contenuti e non dalla discussione astratta sui contenitori; che non si nascondi dietro l’esigenza astratta dell’unità priva di progettualità; che non sottovaluti la capacità di fare fronte comune contro le destre e la crisi del capitalismo e contro i suoi effetti devastanti sul movimento operaio.
Non crediamo sia utile un generico appello all'unità delle sinistre, di unità è lastricata la via dei compromessi, dei moderatismi e, in un'ultima istanza, dei fallimenti. L'Arcobaleno insegna. L'unità ovviamente è importante ma lo è in funzione dei suoi contenuti e delle idee che mette in moto. Sarebbe davvero benvenuta una unità attorno a una battaglia comune contro il razzismo o per allargare i diritti dei lavoratori, una vertenza generale per il salario e contro i licenziamenti. Questa è l'unità di cui abbiamo assolutamente bisogno. Quello di cui invece non abbiamo bisogno è una discussione fondata sui contenitori, sulle tecniche di coordinamento delle sconfitte.
In realtà, ci sarebbe bisogno di un’unità in grado di generare partecipazione, autorganizzazione, di travalicare le forze stesse che innescano il processo. Nel nuovo ciclo che si è aperto, anche la ricomposizione più avanzata sarebbe insufficiente per risolvere il problema della ricostituzione di una forza politica all'altezza dello scontro. Per essere tale la ricostruzione ha bisogno del contributo di una nuova generazione militante. E quindi, per ottenere risultati positivi non servono assemblaggi, soprattutto se identitari e rivolti al passato, ma progetti, un discorso, un profilo, un'identità, una leadership collettiva che inneschi una reazione e una ripartenza.
Noi vogliamo proporre, quindi, non solo alle sinistre politiche ma anche a quelle sociali e sindacali, di progettare una iniziativa unitaria e prolungata contro il razzismo e la crisi in grado di cogliere la connessione tra razzismo istituzionale, sfruttamento dei migranti, licenziamenti e peggioramento di vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Una iniziativa, magari una Campagna, da discutere alla pari, in forma orizzontale, senza primogeniture, autoconvocando un appuntamento comune, allargandolo il più possibile a strutture territoriali in modo da poterlo replicare poi su scala locale. Una iniziativa che rappresenti un punto di vista alternativo e che provi a strappare qualche risultato, a invertire la tendenza alla demoralizzazione.
Ma a questo percorso serve una seconda condizione: per essere davvero alternativa al Pd e alla sinistra moderata - perché esistono ancora diverse sinistre e non vederle è l'ennesimo, grave, errore di analisi - occorre semplicemente essere alternativi fino in fondo. A volte quel 5% di cose che ci dividono, per citare Paolo Ferrero, è la non piccola questione se occorre governare gangli importanti della gestione capitalistica come le Regioni o le Province o le grandi città. Se occorre condividere, sia pure "riducendo il danno", ristrutturazioni e tagli alla spesa, opere antiecologiche e via dicendo. Su questo punto, la discussione non è compiuta: noi parliamo di "elogio dell'opposizione" come viatico per ricostruire davvero una sinistra anticapitalista in grado di strappare conquiste e anche "riforme" ma soprattutto di porsi il problema della rottura con questo sistema sociale; altri pensano a una più tradizionale via di riforme progressive in cui l'opposizione di oggi serve solo a rafforzarsi in vista di un governo "delle sinistre" del domani in ossequio a una logica del "compromesso" più o meno dinamico - ma la cui sostanza è l'ipotesi di governare con la borghesia "progressista" - che non è stata mai dismessa finora. Al di là degli scontri congressuali, questa discussione di fondo, programmatica e strategica, non l'abbiamo mai fatta e questa discussione rinvia esattamente alla natura della sinistra che vogliamo costruire. Nodo centrale per poter reimpostare un percorso che non si esaurisca al primo intoppo o alla prima vera prova del fuoco.

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