venerdì 24 aprile 2009

Dal "manifesto": Turigliatto e le autocritiche


Con due lettere al manifesto (vai in fondo all'articolo), prima Rina Gagliardi e poi Giovanni Russo Spena - capogruppo e vicecapogruppo del Prc al Senato nella passata legislatura - hanno fatto "autocritica" per l'espulsione di Franco Turigliatto. Pubblichiamo qui la risposta di Malabarba, a nome di Sinistra Critica, e altre lettere tutte apparse sul manifesto.

A volte i fallimenti politici, come quello della «rifondazione comunista», si annunciano con una precipitazione simbolica. L'espulsione di Franco Turigliatto per non aver votato il sostegno alle politiche di guerra del governo Prodi - di cui si sono autocriticati in rapida successione su queste pagine esponenti autorevoli delle aree vendoliana e ferreriana, come Rina Gagliardi e Giovanni Russo Spena - ha questa valenza simbolica. Pensare ora di recuperare le rotture nei confronti della sinistra anticapitalistica, proprio mentre ci si riunifica nei fatti con le componenti più governiste e ministeriali (nonché giustificazioniste nei confronti delle guerre), potrebbe essere sospetto di ipocrisia. O di spregiudicata incoerenza. L'auspicabile svolta del Prc che avrebbe permesso un accordo con Sinistra Critica per le elezioni europee non si è prodotta, confermando quella persistente ambiguità che tanti guasti ha prodotto nella sinistra di classe.
Gigi Malabarba, Sinistra Critica

Ci vuole una riparazione
L'autocritica su Turigliatto di Russo Spena e Gagliardi suona davvero un po' troppo tardiva. La grande sofferenza dell'intero gruppo del Prc, come dice Russo Spena sul manifesto non si è avvertita allora e poi al di fuori del partito bertinottiano. Per sanare quella frattura (che per molte/i di noi, fu un motivo in più per non andare a votare) non basta il dolore di oggi: che la dirigenza dell'attuale Prc faccia marcia indietro, che ci assicuri che non si voteranno più missioni di guerra travestite da missioni di pace, che non ci sarà mai posto per nessuna/o che voterà la guerra, che si facciano le pubbliche scuse a Franco Turigliatto e a chi come lui è stato tacciato ai tempi di «violenza nei confronti della comunità del partito»: queste le parole dei dirigenti del Prc del tempo per voce di Russo Spena che leggemmo sul manifesto. Perché non metterlo come capolista per le europee come segno minimo di riparazione di un torto davvero ignobile? Tengo a precisare che non sono di Sinistra Critica, che non conosco personalmente Turigliatto ma ne conosco la dignitosissima storia politica, dalla Fiat al Parlamento, volutamente interrotta dal gruppo dirigente del partito bertinottiano. E' ora di riparare pubblicamente, è ora di scusarsi con gli elettori costretti al non voto e con il compagno cacciato dal partito come nella migliore tradizione del peggior stalinismo di casa nostra.
Teresa Gennari, Roma

Tanti gli errori
Sull'autocritica di Russo Spena (il manifesto di venerdì) vorrei solo dire che «l'errore» su Turigliatto non è stato il primo e «il più grande errore del Prc». Per una seria analisi bisogna partire da prima, da quando leggemmo tutti sul giornale che il Prc era pronto a prendersi la responsabilità di avere dei ministri nel governo Prodi senza una discussione nei circoli coi compagni. Io credo che quegli stessi allora scettici riguardo al cambiamento che Bertinotti era certo fosse avvenuto nei Ds dopo 5 anni di Berlusconi, sono poi quelli che se ne sono andati a Sinistra critica quando la sua intuizione si rivelò fallimentare. Una bella discussione dei tanti errori non mi sembra ci sia mai stata, a partire dalla scelta di Bertinotti di fare il presidente della camera all'espulsione di Turigliatto, forse è per questo che sono seguite scissioni su scissioni. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare, come dei gabbiani «ipotetici». E ora? Anche ora ci si sente come in due, da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano, senza più neanche l'intenzione del volo, perché ormai il sogno si era rattrappito.
Enrica Paccoi

L'autocritica di Russo Spena
E' stato anche un mio errore
Concordo con l'autocritica di Rina Gagliardi per quanto riguarda Franco Turigliatto. L'intero gruppo dirigente del Prc (in verità con grande sofferenza) ha gestito all'epoca del governo Prodi l'allontanamento di Turigliatto. E' stato l'errore più grande della mia vita politica, come io stesso e altri dirigenti del Prc hanno detto già al congresso di Chianciano. Franco Turigliatto da 30 anni è uno dei compagni che stimo e amo di più. Vorremmo tutti che fosse politicamente sanata nel futuro quella ferita, anche con un rapporto politico serio tra Prc e Sinistra critica.
Giovanni Russo Spena

...e quella di Rina Gagliardi
PRC, UNA FORZA CHE NON FA MALE NÉ PAURA
Giuseppe Prestipino e Marco Di Branco mi hanno accusato (manifesto di martedì 14 aprile) nientemeno che di triplo culto della personalità: bertinottiana, giordaniana, sansonettiana... Dio mio, potrei esser tacciata di molti altri culti e passioni politico-musicali (marxiana, luxemburghiana, benjaminiana, ingraiana, mozartiana, callasiana), ma non credo che questo interessi più di tanto i lettori del manifesto. Ai quali, però, vorrei spiegare il senso di quell'affermazione («il Prc non esiste più») che certamente aveva il demerito di essere molto sintetica. Si trattava, è ovvio, di un giudizio politico sulla politica attuale e, soprattutto, sulla cultura politica oggi dominante del Prc. Dalla quale mi appare desaparecido il sostantivo: quel tentativo, perseguito per quasi tre lustri, di uscire da sinistra dalla crisi del comunismo novecentesco, così come si era configurato nel «campo socialista» e nell'ortodossia del Diamat. Si può certo dichiarare di non aver mai condiviso questa sfida e di considerarla fallimentare - e in effetti il recente articolo di Burgio e Grassi sul manifesto, questo dichiara a chiare lettere. Si può tornare, anche a proposito di Stalin, a un cattivo storicismo, nutrito di giustificazionismo e di «realismo» - come fa l'ultimo libro di Domenico Lo Surdo, tornato a occupare il ruolo di intellettuale di riferimento del Prc... Ma non si può negare che il progetto politico e strategico, che ha consentito a una forza politica piccola come Rc di svolgere un ruolo protagonistico nella scena sociale e istituzionale (non solo italiana), non c'è più.
Detto tutto questo, per me, il Prc non è certo diventata una forza «nemica» o da combattere: semplicemente, nel suo oscillare tra pratiche «sociali», tipiche della nuova sinistra degli anni '70 e una cornice ideologica neo-ortodossa, mi appare del tutto inadeguato alla fase che stiamo vivendo. O meglio, adeguata alla più che incipiente americanizzazione della politica. Un piccolo Partito comunista (quale risulterà entro breve dalla unificazione Prc-Pdci, già scritta nel cartello elettorale di oggi) può certo sopravvivere e anche disporre di uno stabile spazio elettorale). Ma non fa né male né paura a nessuno.
p.s. A Marco Di Branco, il lettore che plaude alla cacciata di Piero Sansonetti da Liberazione e lamenta quella di Franco Turigliatto dal gruppo senatoriale del Prc-Se, chiederei una modesta coerenza in più. In ogni caso, quella cacciata, gestita da Giovanni Russo Spena (oggi come allora esponente di primo piano della maggioranza del Prc) e votata, mi pare, da tutti i senatori, è stata un errore. Per quanto mi riguarda, sento il dovere di esprimere una seria autocritica. E tu?

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