sabato 20 marzo 2010

L'incerto futuro della minoranza Cgil



La mozione "La Cgil che vogliamo" si è riunita oggi a Roma in un'assemblea molto partecipata. Ribaditi i punti salienti della piattaforma e a Epifani che lancia qualche posto negli apparati la risposta è: no grazie. Ma resta il nodo della "certificazione" finale del congresso e soprattutto della prospettiva. Per ora l'Area programmatica è proposta solo dalla Rete28Aprile

Andrea Martini
La sala era piena, altrettanto se non di più della precedente occasione. L'assemblea nazionale delle sostenitrici e dei sostenitori della mozione "La CGIL che voglamo" ha affollato oggi ancora una volta il teatro Valle di Roma, dove già si era svolta lo scorso 21 novembre l'assemblea di lancio.Certo, sul piano "contabile", la seconda mozione per il XVI congresso della Cgil esce sconfitta dalla fase determinante, quella delle assemblee di base.Delle tre Camere del lavoro che in partenza si erano schierate sulle sue posizioni restano solo quelle di Brescia e di Reggio Emilia; quella di Venezia è stata "espugnata" dall'epifaniano Viafora; delle tre categorie i cui leader nazionali si erano opposti a Epifani resta maggioritariamente su posizioni critiche solo la Fiom, mentre le altre due (la Funzione Pubblica e la Fisac dei bancari) sono state riconquistate e riportate sotto controllo.La mozione dunque con questa assemblea, pur riconoscendo la vittoria della mozione 1, sia a livello confederale sia tra i lavoratori pubblici che tra i bancari, ha però voluto ridimensionare la portata numerica di questa vittoria, sottolineando come il 17% riconosciuto dai dati ufficiali sia stato conquistato in non più della metà delle quasi 50.000 assemblee di base.L'altra metà si è svolta senza la presenza di alcun rappresentante della seconda mozione e senza alcun controllo democratico, con risultati plebiscitari sia in termini di percentuali di partecipazione al voto sia di esiti favorevoli al documento del segretario generale.Cosa che, con tutta probabilità, si tradurrà nelle prossime settimane in una "certificazione" non unitaria dei dati su cui calcolare i delegati al congresso nazionale che si terrà a Rimini tra il 5 e l'8 maggio.La mozione 2, dunque, continua ad affermare che i risultati, con regole diverse, sarebbero stati ben superiori e porta ad esempio i risultati dell'Emilia Romagna in cui, a fronte di un congresso gestito in modo più trasparente e accettabile, la mozione 2 raccoglie il 42% tra i lavoratori attivi (il 54% a Bologna) e complessivamente, conteggiando anche i pensionati, il 31%.
Arriva ora il momento del "che fare?". Soprattutto di fronte alla indisponibilità di Epifani e dei suoi a raccogliere, anche solo parzialmente, le proposte della mozione Moccia.Epifani pare disposto ad ammorbidire questa impermeabilità non sul terreno dei contenuti, ma solo con la concessione di qualche posto negli apparati e solo per chi è disposto a presentarsi di fronte alla sua porta con il cappello in mano, cioè facendo abiura della scelta della mozione alternativa.Questa situazione ha creato qualche scricchiolio, soprattutto in Lombardia, dove la maggioranza dei delegati della mozione 2 al congresso confederale regionale ha scelto di votare a favore di un testo conclusivo ritenuto dal resto della minoranza (i "cremaschiani" della Rete 28 aprile ma anche molti altri) assolutamente indigeribile, perché molto segnato da una politica tutta tesa alla ricomposizione con Cisl e Uil.Nella grande maggioranza delle altre regioni l'unità della minoranza ha retto, sia per convinzione sia perché tenuta unita dal muso duro dei seguaci di Epifani.Mimmo Moccia, primo firmatario della mozione 2, evocando un noto programma della Tv nazional popolare, ha sintetizzato l'unica risposta possibile alle profferte di resa da parte del segretario generale: "Ringrazio il dottore, rifiuto l'offerta e vado avanti".L'assemblea ha discusso animatamente, ma con grande spirito unitario delle prospettive. La necessità di mantenere vivi i contenuti della mozione: il no netto e non mediabile all'accordo separato sul modello contrattuale, la necessità di avviare una campagna vera a difesa dell'articolo 18 e del diritto del lavoro, una lotta a fondo contro la precarietà e per la riaffermazione dei diritti, il sostegno alla proposta di legge Fiom sulla democrazia sindacale e, soprattutto, la proposta di una riforma democratica della Cgil che consenta una vera pari dignità delle posizioni e una piena consapevolezza del pronunciamento degli iscritti.Appunto, su come affrontare l'impatto con il congresso di Rimini e con le urgenze del dopo-congresso, per il momento, in campo c'è solo la proposta di Cremaschi di trasformare la mozione in area programmatica di opposizione. Certo, il termine "area programmatica" evoca la pessima esperienza della cordata di Gianpaolo Patta, una cordata che ricorda ormai in tutto e per tutto le componenti partitiche sciolte una ventina di anni fa, parallelamente alla sparizione dei partiti storici della sinistra.Una cordata che esiste solo per garantire ad un discreto numero di funzionari una loro rielezione senza alcuna verifica di rappresentatività nei posti di lavoro.Ma, al di là dei cattivi precedenti, la organizzazione autonoma della mozione utilizzando gli spazi consentiti dallo statuto è l'unico strumento per non disperdere e per poter reinvestire il patrimonio di militanza e di impegno rappresentato da tante e tanti, spesso giovani, che hanno lavorato, mettendo a disposizione giorni di ferie e ogni ritaglio di tempo libero per tallonare funzionari e apparatnikj, per presidiare assemblee congressuali sfuggenti e per sostenere le ragioni della mozione 2.

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