martedì 2 giugno 2009

Europa, più a sinistra non c'è crisi


Europa, più a sinistra non c'è crisi
Una radiografia della sinistra anticapitalista in Europa a pochi giorni dal voto. Cresce ovunque tranne che in Italia dove paga i suoi errori. I casi del Npa, della Linke, del Sp olandese e del Bloco portoghese.

Alberto D'Argenzio (da il manifesto)
Produzione ai minimi e disoccupazione alle stelle, occupazioni di fabbriche e sequestro di dirigenti, manifestazioni di massa. È tempo di crisi e le crisi, tanto quella economica quanto quella dei partiti socialdemocratici, mettono un po' di brio alle formazioni di estrema sinistra. Le fanno crescere nelle urne, nei limiti del possibile. I pronostici indicano che il Gue, il gruppo della sinistra unitaria che include i partiti comunisti e gli ecologisti scandinavi, uscirà rafforzato dal voto del 4-7 giugno, pur di fronte ad una contrazione dei seggi europei, che passeranno da 785 a 736 come vuole il Trattato di Nizza.
Secondo Predict09, una proiezione sui risultati elettorali realizzata dalla London School of Economics e dal Trinity College di Dublino, il Gue passerà da 41 a 44 eurodeputati. Il successo non sorride però a tutti in ugual misura nel continente. A tirare la volata sono francesi, olandesi, tedeschi, greci e portoghesi, gli altri arrancano. E la sinistra italiana, divisa e penalizzata dalla nuova legge elettorale, ma anche che per tradizione riveste un ruolo importante a Strasburgo, resta una vera e propria incognita.
«La sinistra radicale - spiega Yves Mény, presidente dell'Istituto universitario europeo di Firenze - è storicamente forte in Francia, Italia, Portogallo, Grecia, paesi di vecchia tradizione di lotta radicale, con componenti anche anarchiche. Queste sono forme di protesta sconosciute in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi». Per non parlare dei paesi dell'est, in cui l'estrema sinistra quasi non esiste, paga ancora i conti del passato.
«Il voto per l'estrema sinistra - insiste Mény - è anche figlio della crisi dei partiti socialdemocratici, che non sono riusciti a rispondere alle sfide degli ultimi 20 anni e che anche dove presumevano di poter conciliare modernità e socialismo, come il caso del New Labour di Tony Blair, hanno ormai fallito, finendo in una crisi nerissima». «La sinistra europea non è mai stata così giù dalla fine della Seconda Guerra mondiale», sintetizza dalle colonne di Liberation Mario Telo, Presidente dell'Istituto europeo della Ulb, l'Università libera di Bruxelles. Un elemento non ideologico, ma fisiologico e comunque indicativo di questa crisi è la carta di identità dei votanti della socialdemocrazia in Europa: è l'elettorato più vecchio del continente, segno evidente di come il socialismo faccia fatica a entrare nei cuori dei giovani, tra i più esposti ai venti della crisi e della precarietà.
E una buona fetta di questi giovani, di conseguenza, si sposta agli estremi, facendo crescere l'estrema sinistra. Ma non solo, anche l'estrema destra si dimostra più che mai presente nelle zone un tempo roccaforte della socialdemocrazia e ancora prima dei partiti comunisti. I sondaggi indicano infatti una decisa crescita delle formazioni neofasciste e di quelle razziste e xenofobe in Gran Bretagna, Romania, Slovacchia, Olanda, Belgio, Danimarca, Finlandia, Repubblica Ceca e Bulgaria. Un voto soprattutto proletario.
Tornando a sinistra, il successo del radicalismo ha volti, linguaggi e modi nuovi, a partire dalla Francia. L'Npa, il Nuovo partito anticapitalista di Olivier Besancenot, lanciato nel febbraio scorso come superamento della Ligue Comuniste Révolutionnaire. Besancenot, uno dei portavoce dell'Npa, ha 35 anni, continua a lavorare come postino nella borghesissima Neuilly-sur-Seine, ama il calcio e la musica rap ed è attualmente, dicono le inchieste, il politico meglio considerato in Francia. Nelle intenzioni di voto il suo partito è dato intorno al 10%, lanciato dalla tensione sociale che si respira nel paese, dalle grandi manifestazioni che si sono susseguite da gennaio a maggio e dalle divisioni del Partito socialista, incapace di gestire una protesta che monta.
«Ci sono 10 mila buoni motivi - ha detto recentemente in un meeting in Spagna - per non rimanere impassibili, per non restare spettatori guardando ciò che succede nel mondo, vedendo i poliziotti che caricano i lavoratori appena licenziati». Al lato dell'Npa dà segnali di vita anche il Pcf, il partito comunista francese che dopo la debacle delle presidenziali del 2007 dovrebbe riuscire a superare il 5%.
In Germania è Die Linke, la Sinistra, di Lothar Bisky e Oscar Lafontaine ad approfittare della perdita di consensi dei socialdemocratici con la possibilità di superare il 10%, una soglia oltrepassata anche in Olanda dal Socialistische Partij, il Partito socialista del carismatico Jan Marijnissen, un ex-metalmeccanico che ha trasformato questa formazione, nata nel 1972 dalla confluenza per nulla scontata tra maoisti e marxisti-leninisti, in una realtà capace di fare breccia nella società olandese cavalcando i temi della difesa ambientale e della lotta alla precarietà. Il suo simbolo è un pomodoro.
Espressione di una sinistra plurale è anche il Bloque de Esquerra portoghese, che in queste europee dovrebbe superare per la prima volta lo storico Partido Comunista, ancora marxista e leninista. Le due formazioni di estrema sinistra dovrebbero diventare il terzo e quarto partito del paese, un paese pesantemente segnato dalla crisi. Dopo le massicce proteste che hanno segnato Atene, è in crescita anche l'estrema sinistra greca, tanto con i lpiù eterogeneo Synaspismos quanto con il comunista KKE.
E l'affacciarsi di nuovi soggetti a sinistra arriverà fino ai vertici del Gue. Il grigio comunista francese Francis Wurtz, eurodeputato dal 1979 e Presidente del gruppo Gue dal 1999, non si ricandiderà ad un nuovo mandato, aprendo la via ad successore, ad nome nuovo, che dipenderà molto da che successo avranno l'Npa in Francia e Die Linke in Germania.

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