mercoledì 28 gennaio 2009

UN ACCORDO QUADRO CONTRO I LAVORATORI

UN ACCORDO QUADRO CONTRO I LAVORATORI
Siamo di fronte a una gravissima crisi economica frutto di venti anni di politiche liberiste che hanno precarizzato il lavoro e tagliato i salari. I beni rimangono invenduti perché la maggioranza della popolazione non ha reddito sufficiente acquistarli. Per rispondere alla crisi bisogna aumentare salari e pensioni, stabilizzando tutti i posti di lavoro.
La risposta dei capitalisti e dei governi è di segno opposto: soldi a palate per profitti e rendite e distruzione dei diritti dei lavoratori per sfruttarli ancora di più. I padroni da una parte chiedono altri miliardi allo stato (Marchionne per essere più convincente minaccia il licenziamento di 60.000 lavoratori) e contemporaneamente portano a casa l’accordo quadro di qualche giorno fa sugli assetti contrattuali siglato da governo, Confindustria da tre organizzazioni sindacali vergognosamente complici della volontà del padronato di scaricare i costi della crisi sulle lavoratrici e sui lavoratori.
Con l’accordo quadro nei fatti il contratto nazionale di lavoro scompare, resta il suo nome, ma scompare come strumento di difesa unitaria delle condizioni salariali e normative per tutti i lavoratori. Ciascun padrone, trovando facilmente qualche organizzazione sindacale o sindacalista complici, potrà derogare dalle norme contrattuale nazionali nella sua azienda.
Attraverso nuovi indici di calcolo e meccanismi di “recupero” dell’inflazione si programma una vera e propria riduzione dei salari, quando già da tempo non si arriva alla fine del mese. Gli uffici studi della CGIL hanno già calcolatati che negli ultimi 4 anni i lavoratori, con questo sistema, avrebbero perso altri 1300 euro.
Le nuove norme per le lavoratrici e i lavoratori pubblici sono anche peggio, sia in termini di recupero dell’inflazione, sia in termini di livelli salariali sempre più legati all’arbitrio del governo.
Se passano questi assetti contrattuali il sindacato diventa un strumento di corresponsabilizzazione nello sfruttamento dei lavoratori, funzionale a dividerli e non a unirli. Bisogna reagire, non possiamo ritornare all’0ttocento. La gravità della crisi, l’attacco dei padroni richiedono una risposta forte molto dura. Se non ora quando, è il caso di dire.
Occorre lottare ora: contro l’attacco di governo e Confindustria, contro l’accordo separato, contro la cassa integrazione e i licenziamenti; per difendere il contratto nazionale, cioè un livello di salari e di diritti sotto i quali nessuno può scendere, per la divisione del lavoro esistente tra tutte e tutti a parità di salario; nessun licenziato, nessun in cig a zero ore.
L’INTERVENTO PUBBLICO E’ NECESSARIO, ma questo intervento deve servire a garantire salari e pensioni, a mantenere in vita gli stabilimenti e i posti di lavoro, a riconvertire anche certe produzioni in funzione dell’ambiente e dei territori, non certo come vuole la Confindustria e la famiglia Agnelli a garantire i loro profitti e rendite.
Mobilitiamoci subito per rispondere a questo assalto frontale della Confindustria. Lo sciopero del 13 febbraio sarà un primo momento unitario di lotta dei lavoratori dell’industria e del pubblico impiego per contrastare i progetti di Marcegaglia e del ministro Sacconi, due nemici giurati dei lavoratori e costruire l’unità della classe lavoratrice.

Nessun commento: