venerdì 17 settembre 2010

Un autunno di rivolte


Gelmini distrugge la scuola e l'università pubbliche, Sacconi vuole distruggere lo Statuto dei lavoratori, la Fiat gli operai. Il 16 ottobre un'occasione per tanti soggetti colpiti dalla crisi e dalle politiche del governo


Giorgio Sestili
Ci eravamo lasciati a luglio descrivendo come “anomala” la chiusura dell’anno accademico alla Sapienza come in tutti gli atenei italiani, con assemblee gremite di studenti e ricercatori, occupazioni dei rettorati, esami in piazza e di notte. 
Torniamo dalle vacanze e già a partire da agosto vediamo riprendere con forza la mobilitazione dei precari della scuola, colpiti duramente dai tagli ai fondi e all’organico: sono decine di migliaia infatti i docenti precari che quest’anno rimarranno senza cattedra in Italia. La Flc-Cgil ha calcolato che nel solo Lazio nel biennio 2009-2010 il ministro dell’istruzione Gelmini ha tagliato circa 6.000 docenti e oltre 2.600 collaboratori scolastici. 
Per queste ragioni la reazione dei precari non si è fatta attendere e la protesta è subito ripresa con un presidio permanente, in corso da oltre due settimane, davanti a Montecitorio, con contestazioni diffuse nei provveditorati nei giorni di assegnazione delle cattedre e con forme di protesta più eclatanti come lo sciopero della fame di alcuni precari di Palermo.

La situazione non è di certo più rosea per gli studenti che stanno per cominciare il nuovo anno scolastico in classi che in molti casi superano addirittura le 35 unità, con un evidente problema di dequalificazione dell’insegnamento e di vivibilità degli spazi scolastici.
Ma non sono solamente i precari della scuola a rivoltarsi contro la Gelmini. In tutti gli atenei italiani i ricercatori hanno dichiarato che si sarebbero sottratti, a partire dall’inizio del nuovo anno accademico, da ogni incarico didattico, essendo per contratto retribuiti solo per le attività di ricerca e non per quelle di insegnamento. 
Gli effetti sono già più che evidenti: attualmente sono migliaia gli insegnamenti scoperti negli atenei italiani, centinaia i corsi di laurea che rischiano la chiusura, altrettanti quelli che stanno pensando ad un rinvio dell’inizio dell’anno.

A questo punto la palla passa nelle mani di noi studenti. Rimanere immobili di fronte a questo scenario significherebbe assistere inermi alla fine dell’università pubblica, almeno per come l’abbiamo conosciuta finora. Non ci dimentichiamo che il ddl Gelmini, se sarà definitivamente approvato, consegnerà il Diritto allo Studio nella mani dei privati e permetterà agli stessi di impossessarsi degli organi amministrativi degli atenei. Saremo completamente esclusi dai processi decisionali con un netta riduzione della rappresentanza studentesca e studieremo in un’università sempre più dequalificata, falcidiata dai tagli della Legge 133 che, proprio quest’anno, costringeranno gli atenei ad una condizione di vero e proprio dissesto finanziario, con un probabile aumento delle tasse universitarie. 

Non rimarremo dunque a guardare né tanto meno ad attendere le decisioni di Rettori e baroni vari. I tagli del Governo ed il ddl Gelmini riguardano tanto il nostro presente quanto il nostro futuro.
E’ necessario cominciare a mobilitarsi fin da subito, solidarizzando con le rivolte dei precari della scuola e della ricerca e promuovendo in tutte le università una forte campagna di sensibilizzazione e agitazione già a partire dai prossimi giorni, essere pronti a lanciare assemblee in tutte le facoltà già dai primi giorni di lezione (o di non-lezione). 
Ma è ancor più importante avere sempre uno sguardo al di fuori di scuola e università, avendo ben chiaro quello che sta accadendo complessivamente nel mondo del lavoro.
E’ notizia di questi giorni che Federmeccanica è intenzionata ad andare fino in fondo nel disdettare il contratto nazionale dei metalmeccanici, con l’appoggio non solo del Governo ma anche dei sindacati complici. Si vuole eliminare definitivamente il contratto nazionale collettivo e attaccare ulteriormente le condizioni salariali e lavorative. Il tentativo è quello di esportare il modello di Pomigliano, fatto di flessibilità selvaggia e libero sfruttamento, a tutte le aziende del Paese.

In questa fase più che mai è necessario puntare alla stretta unità delle lotte, superando l’attuale livello di isolamento e frammentazione che le tante rivolte presenti nel paese oggi presentano.
Con questo spirito guardiamo alla manifestazione nazionale indetta dalla Fiom per il 16 ottobre e in quest’ottica ci sentiamo di avanzare una proposta al sindacato dei metalmeccanici: facciamo in modo che quella del 16 ottobre non sia solamente la manifestazione della Fiom ma che invece rappresenti un primo momento di piazza nel quale unire le tante lotte che oggi costituiscono l’opposizione sociale al Governo e alla crisi. 
Proponiamo di aprire fin da subito un tavolo di movimento nel quale far discutere gli operai ed i lavoratori in lotta, i precari della scuola e dell’università, gli studenti medi e universitari, le lotte ambientali e in difesa dei beni comuni e tutti i focolai di resistenza e rivolta presenti oggi in Italia, per costruire una straordinaria manifestazione nazionale il 16 ottobre ed aprire così un grande autunno di rivolte in tutto il Paese!

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