martedì 4 giugno 2013

Introduzione al convegno “Lavoro e non lavoro al tempo del Fiscal Compact”

di Adriano Alessandria

1. Voglio ringraziare in primo luogo tutte e tutti le i partecipanti a questo nostro convegno di aver accettato di discutere con noi delle condizioni della classe lavoratrice al tempo del fiscal compact, cioè al tempo di una aggressione senza precedenti delle classi dominanti italiane ed europee.
Voglio ringraziare i delegati e gli operai delle fabbriche torinesi che hanno accettato il nostro invito, le lavoratrici e i lavoratori del settore pubblico e del welfare, le/i compagni che sono venuti da fuori e tra questi i compagni svizzeri che anche in questa occasione hanno dimostrato interesse e per quanto avviene nel nostro paese e sostegno alla nostra attività; voglio poi ringraziare le/i compagne e i compagni delle diverse organizzazioni sindacali, Cgil, Fiom, Usb, Cub , Cobas e associazioni sociali che hanno accettato di contribuire con il loro intervento al nostro dibattito; in particolare poi voglio ringraziare il compagno Maresca, già punto di riferimento della classe operaia dell’Ilva di Taranto , oggi in pensione, che non ha esitato, vista la distruzione del servizio ferroviario operata da Moretti, a sopportare un lunghissimo viaggio in pulman per essere qui tra noi oggi e raccontarci la posta in gioco politica economica, sociale ed ambientale delle vicende della grande acciaieria, regalata venti anni fa dallo stato al padrone delle ferriere Riva.
Ma più di tutti voglio ringraziare la compagna greca Katarina, che ha voluto aiutarci con la sua presenza a capire quanto è avvenuto nel suo paese, ma che sta in realtà avvenendo in molti altri paesi d’Europa; abbiamo un forte senso di colpa per non essere riusciti negli ultimi anni a costruire una forte campagna di solidarietà con la classe lavoratrice greca, campagna che avrebbe non solo aiutato un poco il movimento di resistenza alla troika in quel paese, ma che avrebbe aiutato anche noi nelle nostre resistenze, favorendo un più forte sentimento di unità e di internazionalismo del movimento dei lavoratori. Grazie di essere qui tra noi.

2. Abbiamo voluto fare questo convegno, come Sinistra Critica di Torino per alcune fondamentali ragioni.
a. In primo luogo, dopo i profondi cambiamenti intercorsi sul terreno dei contratti, della occupazione, dei diritti, delle pensioni per la classe operaia, coniugato con una delle più violente crisi del sistema capitalista, avere un momento di riflessione, di socializzazione di una realtà frammentata, capire meglio una realtà avversa per poter avere maggiori strumenti per affrontarla.
b. In secondo luogo la comprensione dello stato della coscienza dei lavoratori, delle spinte presenti alla ricerca di soluzioni individuali, delle capacità con cui le forze borghesi riescono a dividere un settore all’altro, a contrapporre, vecchi e giovani, a colpevolizzare chi ha ancora qualche diritto, per cancellarlo definitivamente; vogliano ricercare gli strumenti per essere più efficaci per contrastare la disperazione individuale che molte volte diventa demoralizzazione invece di riuscire a trasformarsi in lotta collettiva. E acquisire fino in fondo che oggi la classe lavoratrice è composita, sessuata, che i migranti ne costituiscono una parte fondamentale per oggi e per il futuro.
c. In terzo luogo questo è un momento di incontro di militanti sindacali, di riflessione sulle tante difficoltà che si incontrano per provare a ricostruire un sindacato all’altezza dei compiti, un sindacato di lotta conflittuale, non subalterno e complice, ma capace di ridare sforza e speranza al movimento dei lavoratori. E’ un dovere che abbiamo tutte e tutti noi verso la classe a cui apparteniamo.
d. In quarto luogo abbiamo bisogno di un approfondimento dei contenuti delle piattaforme rivendicative, dei programma alternativi, di come riuscire a costruire lotte per difendere contemporaneamente e il lavoro e il reddito, di dare risposte all’enorme esercito industriale di riserva che si è formato e che viene utilizzato come una clava per imporre condizione di lavoro sempre più subalterne e di sfruttamento selvaggio della forza lavoro: ma abbiamo bisogno anche di riflettere sulle esperienze di lotta e di mobilitazione che ci sono state, per capire da dove è possibile ripartire, da dove è possibile costruire mobilitazione per provare cercare di interrompere la corsa verso il basso, per ridare fiducia nelle proprie forze a settori sempre più ampi di lavoratrici e lavoratori.
Proveremo a farlo in questi giorni con i contributi di tutte e tutti coloro che interverranno, con comunicazioni specifiche su singole problematiche: classe e genere, le proposte sul reddito minimo garantito e salario sociale, sulla situazione nel pubblico impiego e le privatizzazioni ecc.

3. La prima giornata si concluderà con l’intervento della compagna Katarina Giannoulia che racconterà le drammatiche vicende del suo paese, la Grecia.
Domani, continuerà il dibattito, dove presenteremo anche una proposta di documento conclusivo.
Charles-André Udry svilupperà una ampio intervento sulle dinamiche della crisi e sui suoi effetti sui rapporti di forza e sulla classe operaia in europea, proprio in quel quadro di approccio solidale ed internazionalista dentro cui vogliamo collocare la nostra azione.
Concluderemo verso le 13, 30, a cui seguirà un pasto conviviale rallegrato dalle musiche del cantautore Gianni Gandino, che non manca mai di essere presente tutte le volte che gli chiediamo di essere con noi.

4. Poche parole ancora sulla drammatica situazione nella nostra città e regione.
I dati della provincia di Torino sono infatti drammatici: su 406 aziende in crisi prese in esame nel 2008, cioè al momento dell’inizio della grande crisi, il 31,7% ha chiuso con una perdita dei posti di lavoro del 25% degli addetti, cioè circa 12.000 posti di lavoro. Ma sta per piovere sul bagnato perché tra poco cadrà la cassa integrazione per migliaia di lavoratori che stanno quindi per essere licenziati. Complessivamente già oggi si registrano 100.000 disoccupati nella sola provincia di Torino. Ma i dati sono sicuramente superiori a quelli ufficiali (forse il doppio), tanto più se si tiene conto delle tante persone, sfiduciate, che non si presentano più sul mercato del lavoro od anche dei lavoratori a partita IVA che molte volte sono ridotti ad avere entrate miserevoli.
Non meno impressionanti i dati per l’insieme delle categorie su scala regionale anche se i metalmeccanici sono i più falcidiati: 143 milioni le ore di cassa integrazione nel 2012 sommando ordinaria, straordinaria e in deroga; ma la dinamica dei primi due mesi del 2013 mostra un ulteriore accelerazione, già oltre 22 milioni.
Dentro un trend nazionale che vede una nuova esplosione della cassa integrazione in tutti i suoi segmenti (ordinaria, straordinaria, in deroga), 520 mila persone in cig, un miliardo di redditi tagliati.
E la meccanica che è dominante nella nostra regione è il settore maggiormente colpito.
Alla fine del primo bimestre 2013 erano quasi 550 le aziende che stavano ricorrendo alla cig straordinaria, con circa 37.000 lavoratori coinvolti; ma il dato più drammatico è che, di queste aziende, 78 erano in cig per procedura concorsuale, 136 per cessazione parziale o totale di attività e 273 per crisi aziendale o di mercato; molte di queste sono quindi avviate verosimilmente alla chiusura definitiva con il conseguente licenziamento dei lavoratori.
Le liste di mobilità regionale già registrano più di 47.000 lavoratori coinvolti, di cui oltre 25.000 nella sola provincia di Torino.

5. La realtà è che la crisi comprime quasi tutti i comparti a partire naturalmente dall’auto, dove Mirafiori è ormai da due anni quasi inattiva nel settore carrozzerie e dove dal luglio scorso si lavora solo 3 giorni al mese per produrre un solo modello la Mito.
Coloro che in anni passati hanno sempre sostenuto che l’indotto Fiat era ormai indipendente dalla vecchia casa madre, di fronte agli effetti devastanti che questa situazione della Fiat produce sulle aziende della componentistica, avrebbero di chi fare autocritica.
Ha ripreso a funzionare solo la vecchia Bertone, rimasta chiusa per oltre 6 anni, oggi stabilimento Fiat dove si produce la Maserati e che ha per ora ripreso solo la metà dei lavoratori originali. Marchionne parla per Torino di un polo del lusso, quasi uno schiaffo e una provocazione di fronte alle decine di migliaia di lavoratori da mesi in cig, ridotti alla fame, e di fronte ai vecchi stabilimenti nati per produrre l’auto di massa.
E’ evidente che la produzione del polo di lusso non potrà mai compararsi con la dimensione delle vecchie produzioni e tanto meno degli occupati. Un grande punto interrogativo, grava quindi su decine di migliaia di lavoratori.
E possiamo dire, senza nessun interrogativo, che il progetto della direzione Fiat, è di procedere verso il trasferimento definitivo della Fiat in America e la dismissione di quel luogo simbolico e materiale operaio che è Mirafiori.

6. Il ruolo delle forze politiche dominanti, delle istituzioni, dei sindaci PD della città in questa vicenda che porta allo smantellamento di un’industria fondamentale e alla perdita di decine e decine di migliaia di posti di lavoro, è stato enorme e devastante. La direzione Fiat grazie al loro aiuto e collaborazione sta riuscendo a distruggere e trasferire una ricchezza collettiva costruita col lavoro, lo sfruttamento, i sacrifici di cinque generazioni di lavoratori; quei lavoratori che 70 anni fa con il loro sciopero eroico del marzo del 43 segnarono l’inizio della fine del fascismo, quei lavoratori che subito dopo impedirono lo smantellamento della fabbrica e il trasferimento in Germania.
I responsabili di tutto questo dovranno rispondere davanti al movimento dei lavoratori delle loro responsabilità anche se oggi questo sembra ancora lontano e difficile.
Noi non possiamo però accettare quanto sta avvenendo come ineluttabile, non possiamo dare per scontato che i cancelli di Mirafiori si debbano chiudere definitivamente, vogliamo a provare a costruire ancora una battaglia per difendere l’occupazione e il futuro di migliaia di lavoratori.
Perché è molto lunga la lista delle fabbriche dell’indotto auto, ma anche degli altri settori che sono in crisi per ragioni economiche o per scelte deliberate del padronato di chiuderle e in questa assemblea daremo parola ai loro rappresentanti per raccontarci quanto sta avvenendo.
Così come viviamo in una città che lentamente sprofonda nelle difficoltà e in cui aumenta la povertà e la disperazione dei tanti senza lavoro e senza reddito; il velo del restauro dei palazzi storici e del centro cittadino, l’aumento dei turisti non possono nascondere la realtà di una città in declino, della miseria e disperazione che attraversa fasce sempre più ampie della popolazione e la cui denuncia viene lasciata al vescovo (sic), con delle organizzazioni sindacali, che con la sola eccezione della Fiom hanno lasciato con colpevole responsabilità che i padroni della città, la Fiat, il San Paolo, le fondazioni, portassero avanti i loro progetti finanziari, economici e sociali, senza trovare reali opposizioni.
Una città in cui la giunta comunale (di centro sinistra?!) non si vergogna di proporre una ulteriore riduzione del costo del lavoro (cioè dei salari) in cambio di 81 assunzioni nel deliberato tentativo di contrapporre i disoccupati ai lavoratori del comune.

7. Difficile fare attività sindacale e politica in questa condizione con i lavoratori a casa, che solo per pochi giorni, qualche volta si incontrano sui luoghi di lavoro.
Difficile per loro mantenere un punto di vista collettivo, la volontà di agire, di non demoralizzarsi. Nonostante tutte queste difficoltà quando la Fiom poco più di un mese fa ha chiamato i metalmeccanici a manifestare la risposta è stata ancora superiore alle aspettative.
E in altri settori, quello del welfare, abbiamo vissuto lotte importanti contro il supersfruttamento, contro la privatizzazioni, animati dai sindacati di base e dai comitati delle lavoratrici e dei lavoratori.
E’ da queste potenzialità e disponibilità a non rassegnarsi che riportiamo. E di che cosa fare in questa direzione che vogliamo discutere in questo convegno. Grazie.

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