mercoledì 28 maggio 2008

Più che un cpt, un canile

A Torino esplode la polemica sulla morte di un «trattenuto» nel «nuovo» centro di via Brunelleschi. I compagni accusano: non lo hanno soccorso. Il capo della Croce Rossa: gli immigrati sono abituati a mentire
Gianluca Gobbi
Torino

«Qui siamo come in un canile...tutti abbaiano ma nessuno vuole sapere niente!» Il commento è di Mohammed, iracheno di Falluja «trattenuto» al cpt perché privo di permesso di soggiorno e compagno di destino - cella due, zona rossa - di Hassan Nejl, il 38enne immigrato magrebino morto all'interno della struttura nella notte tra venerdì e sabato in circostanze tutte da chiarire. L'autopsia disposta dal sostituto procuratore Sandro Ausiello è chiamata a confermare se sia stata fatale una polmonite fulminante e soprattutto a identificare l'ora del decesso. Mohammed non si stanca di ripetere ai cronisti che bisogna tornare a venerdì quando Hassan sta male, ha la febbre alta, tanto che alle 15 viene visitato dal medico di guardia, nell'infermeria della Croce Rossa «ma forse pensano sia una cosa leggera... gli danno una medicina senza nemmeno verificare se possa essere allergico». Così - prosegue la sua testimonianza - la situazione peggiora ma nonostante molti dei 60 «trattenuti» nel cpt si avvicinino alle grate fermando il primo operatore che passa, la risposta è sempre la stessa: «Il medico arriverà domattina alle 8». Mohammed conclude: «A mezzanotte e quarantacinque gridiamo tutti» ma un addetto della Croce Rossa ripete lo stesso ritornello. La mattina dopo Hassan è senza vita «con la bava alla bocca e le mani di color bluastro». Il che - spiega l'europarlamentare di Rifondazione comunista (e medico) Vittorio Agnoletto - «potrebbe deporre per una situazione di ipossia» e alla mancanza di ossigeno forse si poteva porre rimedio «già in infermeria».
Agnoletto, al termine della visita, conferma che nel cpt rimane una forte tensione, sfociata subito dopo la notizia della morte di Hassan nella decisione di iniziare lo sciopero della fame e dei farmaci e nel rovesciare in cortile tutti i materassi. La sua impressione è che «quanto raccontato dai detenuti corrisponda alla realtà» perché le persone con cui ha parlato (pronte a testimoniare di fronte agli inquirenti) si trovano in sezioni diverse ma le loro dichiarazioni coincidono. «Può essere verosimile - prosegue Agnoletto - che dopo il tentativo di fuga dal cpt effettuato senza successo quella sera si sia sottovalutato l'allarme, ma non dovrebbe mai succedere quando c'è di mezzo la vita umana». Infine l'appello al magistrato perché «nessuno dei testimoni sia spostato dal centro o allontanato dall'Italia prima che abbia rilasciato le sue dichiarazioni ai magistrati, alla presenza di un interprete per garantire la sicurezza dei procedimenti». Certo brucia il commento del responsabile cpt della Croce Rossa, il colonnello Antonio Baldacci, che ha invitato a non dare troppo peso alle parole degli immigrati «perché sono abituati a mentire, a partire dalla data di nascita e dalla nazionalità, vogliono creare il caos. Nel caso specifico, il servizio medico è garantito 24 ore su 24, non ci sono state richieste di aiuto e alle 3 di sabato mattina gli operatori delle pulizie hanno notato che tutti dormivano».

articolo tratto dal "manifesto.it"

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